Con riferimento
all’articolo dello scorso settembre, il tentativo di capire i termini del
confronto tra gli urbanisti italiani, alla vigilia dell’irruzione della
Pandemia; e le prime ipotesi sulla post-Pandemia
Sommario:
-
il Congresso dell’INU a
Riva del Garda, nell’aprile del 2019
-
i convegni annuali di
UrbanPromo nel successivo autunno
-
lo spazio
“CittàBeneComune” nella Casa della Cultura di Milano
-
si apre il confronto
sull’epidemia Coronavirus?
-
qualche riflessione
finale, ma provvisoria
IL CONGRESSO DELL’INU A
RIVA DEL GARDA, NELL’APRILE DEL 2019
Su
Utopia21 di settembre1 accennavo al 30° Congresso Nazionale
dell’Istituto Nazionale di Urbanistica che si era svolto in aprile a Riva del
Garda (con la 7^ Rassegna Urbanistica Nazionale), aspettandomi dalle riviste (“Urbanistica”
e “Urbanistica Informazioni”) e dal sito
Figura
1 – una schermata della “RUN Gallery” sul sito dell’INU dedicato al 30°
Congresso
dell’INU
(rinnovato con aspetto molto interattivo) una documentazione utile per capire
dove stava andando il dibattito tra gli urbanisti italiani.
Purtroppo
(ripetendomi) il cronico ritardo
nella pubblicazione delle suddette riviste e la sostanziale evanescenza del
sito (pur accattivante di pulsanti multimediali) non consente ancora di
attingere sostanzialmente a tale materiale.[A]
Pertanto,
riguardo al XXX CONGRESSO e alla connessa e conclusiva ASSEMBLEA DEI SOCI, occorre
riferirsi alla dichiarazione del nuovo Presidente Michele Talia (già riprodotta
da me in settembre1) ed al suo articolo sul n° 284-285 di Urbanistica-Informazioni, “marzo-giugno
2019”, diffuso nel gennaio 2020 2, che mi sembra imposti
correttamente la necessità di una svolta nelle politiche urbane e territoriali,
e nelle connesse strumentazioni disciplinari, a partire dalla realtà del Cambio
Climatico (con un fondato pessimismo sui ritardi dei Governi ed un ottimismo a mio avviso meno fondato sui risvolti
occupazionali positivi dell’auspicato Green New Deal), auspicando ricerche
teoriche e sperimentazioni pratiche sul fronte della rigenerazione urbana, con
attenzione ai beni comuni oltre che ai valori ambientali, prima ancora che specifiche
riforme legislative[B].
A
fianco di questa posizione, ho riscontrato invece, sempre nel n° 284-285 di
UrbInf, nell’articolo di apertura del direttore della rivista, Francesco Sbetti
3, una maggior consapevolezza sulla mole degli investimenti pubblici
che sarebbero necessari, in Italia, per coniugare una svolta ambientalista con
la soddisfazione dei fabbisogni arretrati, relativi al territorio ed ai
trasporti (una “discontinuità” che
implica scelte macroeconomiche di cui oggi, a mio avviso, purtroppo non si
ravvisano le premesse politiche).
Ed
è di questa consapevolezza sulle dimensioni della svolta, per recuperare città,
territori e paesaggi, che nel mio precedente articolo segnalavo la mancanza nei
documenti più ufficiali dell’INU (mancanza
che probabilmente persiste, ad eccezione di Francesco Sbetti e pochi altri).
I CONVEGNI ANNUALI DI
URBANPROMO NEL SUCCESSIVO AUTUNNO
Ma
è nel secolo scorso che il confronto sull’urbanistica italiana, – oltre che
sulle riviste e nelle facoltà universitarie - avveniva soprattutto nelle
Rassegne Urbanistiche, organizzate dall’Istituto Nazionale di Urbanistica, a
scala nazionale e spesso anche a scala regionale, più o meno intrecciate ai
Congressi dell’Istituto; con forte partecipazione (e sostegno finanziario) di
Regioni ed Enti Locali, che d’altronde erano (e solo in parte continuano ad
essere) tra i Soci influenti dello stesso I.N.U., mentre i Partiti della 1^
Repubblica (e le loro correnti) si misuravano anche sulla politica urbanistica[C].
Perché
negli ultimi decenni, pur svolgendosi ancora diverse Rassegne (le ultime a
livello nazionale nel 2004, 2010 e 2019), l’INU ha sopperito al calo di
interesse e di partecipazione finanziaria da parte delle Pubbliche
Amministrazioni istituendo, attraverso la propria Agenzia “Urbit”, gli
appuntamenti annuali di “UrbanPromo”, sorretti in buona misura dagli sponsor
privati (o semi-pubblici), che nelle fasi più galoppanti del rinnovamento
urbano di inizio secolo (il 6° ciclo edilizio, dal 1995 al 2006, secondo il
CRESME N) erano invitati ad esporre i loro progetti in questa vetrina: progetti
spesso contrastanti con le direttive predicate da INU e urbanisti.
La
crisi dal 2007-2008 ha ridimensionato le aspettative promozionali degli
investitori immobiliari, ma non ha svuotato UrbanPromo, che – con una più
ridotta schiera di sponsor (da ultimo soprattutto le società promananti dal
gruppo Ferrovie dello Stato, per valorizzare le aree ferroviarie dismesse, e le
Fondazioni Bancarie impegnate nell’edilizia sociale) – è arrivato alla sedicesima
edizione, e si è addirittura moltiplicato (o diviso) per tre, con una sessione
dedicata al “Social Housing” 6 ed una “Green” 7,
affiancando o alternando alla tradizionale sede della Triennale di Milano (vocata
alla sessione “Progetti” 8) altre sedi, come lo IUAV di Venezia o la
“Nuvola Lavazza” di Torino. E raccogliendo sempre numerosi contributi teorici,
soprattutto dai dottorandi dei vari Dipartimenti Universitari interessati.
Gran
parte degli interventi ai convegni UrbanPromo (taluno però SOLO in inglese)
divengono poi disponibili gratuitamente alla lettura (o all’ascolto) remoti,
tramite il sito e la news-letter omonime, quest’ultima arricchita anche da
comunicazioni aggiornate, successive ai convegni; tali materiali vengono in
parte riprodotti, in una fase successiva, sula rivista on-line Urbanistica
Informazioni.
Complessivamente
quindi i materiali provenienti da UrbanPromo costituiscono a mio avviso un
interessante panorama, in parte sull’urbanistica praticata nei territori, ma
soprattutto sul dibattito in corso tra gli “addetti ai lavori”; dibattito su
cui esprimo le seguenti valutazioni sintetiche, riferite alle 3 sessioni di
UrbanPromo 2019 (segnalando inoltre alcuni temi
specifici, come le ricerche sulle costruzioni in legno e le esperienze
di demolizione selettiva degli elementi detrattori del paesaggio):
Figura
2: una parte del programma di Urbanpromo Green, settembre 2019
-
su
aree ex-ferroviarie (Milano, Torino, Firenze, Roma, Napoli, ma
anche Bolzano, Bari, Reggio Calabria): anche se si tratta sempre indubbiamente di suolo già consumato, e se si
riscontra una diffusa attenzione per la qualità urbana, mi sorprende quanto
siano ancora rilevanti le quantità in gioco (ad esempio a Torino, dopo le
polemiche sulle prime “spine” già trasformate, ce ne sarebbe ancora per un
multiplo di tali quantità ; per gli scali di Milano ho già brevemente riferito
sulle ciclopiche dimensioni delle trasformazioni prospettate); e mi chiedo se
una seria strategia di “risparmio del consumo di suolo” possa dare per scontata
una rapida valorizzazione per usi urbani, oppure centellinarne il riuso nei
decenni (come in 150 anni furono acquisite ed accumulate), tenendole come
“scorte strategiche” (anche nei bilanci del gruppo FS), e riconvertendole a
breve termine in aree verdi, anche non fruibili, a basso costo di manutenzione:
scelta che dovrebbe maturare a livello nazionale, fintanto che il gruppo FS,
pur privatizzato, è ancora saldamente controllato dall’azionista pubblico
(Ministero Economia e Finanza), e considerato che “…La sostenibilità è il
principio cui si ispira il Gruppo per perseguire gli impegni dichiarati nelle
politiche aziendali e nel Codice Etico”, come si legge aprendo il sito del
Gruppo FS.
-
Housing
sociale: i pochi esperimenti di edilizia residenziale sociale in
atto nel paese, per lo più a cura di organismi derivanti o partecipati dalle
Fondazioni Bancarie, risultano accompagnati da un notevole l’apparato di
ricerca e di riflessione, sia riguardo alla complessa articolazione della
domanda (in funzione della precarietà del lavoro e degli stessi legami
famigliari, e della differenziazione per età, per etnie, per località) ed ancor
più della “domanda solvibile” (e quindi nuovi poveri o quasi poveri, ma che non
siano così poveri da non poter pagare un canone di locazione), sia riguardo ai
raffinati algoritmi per coniugare l’efficienza economica degli investimenti con
l’efficacia (o “l’impatto”) sociale degli interventi (apprezzabile anche
l’attenzione “alle persone” ed al contesto di relazioni e di servizi
considerati necessari attorno a ciò che fisicamente sono gli edifici
residenziali, in una ottica di “valorizzazione del capitale sociale”); nel
complesso tutto ciò costituisce un prezioso contributo di studi sul problema
della casa e sulla concreta sostenibilità urbana oggi, in Italia, che però
finisce per essere marginale ed infertile, se riguarda solo qualche centinaia
di alloggi in tutta Italia, a causa della mancanza di un poderoso programma
pubblico di investimenti in materia di edilizia sociale (poco consola, a mio avviso, sapere che quel tanto che fanno le
Fondazioni è saggio e ben curato, se tale “quel tanto” è di fatto pochissimo
rispetto alla platea dei fabbisogni, solvibili o ”non solvibili”);
-
Eliminazione delle
barriere architettoniche: l’insieme delle analisi e delle proposte che sono
maturate in questi ultimi anni, tenacemente raccolte e sintetizzate dalla
Commissione guidata dall’arch. Iginio
Rossi, attraversano e si compenetrano ormai con larga parte delle discipline
architettoniche ed urbanistiche, ben oltre la sacrosanta e primigenia
attenzione agli scalini ed ostacoli che imperversano (purtroppo tuttora, in
molte realtà) su marciapiedi e percorsi pedonali, perché correttamente le
valutazioni si sono estese alla molteplicità degli handicap soggettivi ed alla
complessità dei fenomeni urbani; nell’ambito della sessione mi ha in
particolare favorevolmente colpito l’impostazione “capovolta”, di partire –
anziché dai “Piani” - dai bisogni concrete delle singole persone (nel caso
concreto soggetti incorsi in infortuni oppure da avviare alla riabilitazione
dopo un periodo di cure ospedaliere) presentata sia “dal centro” ad opera di esponenti
dell’INAIL, sia “dalla periferia” a cura dei Servizi sociali e sanitari
regionali a Reggio Emilia (impostazione
che mi auguro sia effettivamente applicata ed imitata);
-
Green: il versante “verde”
del discorso urbanistico e territoriale si presenta sempre più sfaccettato in
differenti filoni “specializzati”, talora un po’ variabili in funzione della
“moda mediatica” oppure dei canali di finanziamento specifico, con
approfondimento spesso apprezzabili e talvolta invece più convenzionali; nella
sessione veneziana del settembre 2019 i temi emergenti mi sono sembrati:
o
gli
itinerari ciclabili e pedonali di lungo respiro, da Vento lungo il Po alla
costiera Adriatica, spesso associati a pratiche di narrazione collettiva sui
miti ancestrali ed eno-gastronomici dei luoghi: ma anche la ciclabilità urbana
nella concretezza delle attuazioni dei Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile
o
i
contratti di fiume, quali tentativi di sintesi operativa tra soggetti diversi
attorno ai vari temi, ambientali e non solo, che si intrecciano nei contesti
fluviali e lacustri;
o
la
gestione delle acque, anche oltre la contabilità amministrativa della
cosiddetta “invarianza idraulica” (gli interventi di trasformazione insediativa
non devono aggravare il deflusso delle acque piovane) ed invece verso una
visione dinamica degli equilibri complessivi dei bacini idraulici;
o
i
piani di adattamento climatico delle città, che coinvolgono sotto prospettive
nuove tutto l’assetto fisico e sociale degli insediamenti, dai sotto-servizi
alle alberature, dai fabbricati agli impianti tecnici, dai trasporti alle
consuetudini di protezione civile;
o
la
ricerca di un sistema organico di indicatori per le Valutazioni Ambientali per
il territorio, che è un problema assai più complesso di quello (finora
anch’esso irrisolto) degli indicatori per i fabbricati, e che richiederebbe che
qualche amministrazione pubblica – di rango almeno regionale – assumesse con
coraggio qualcuna delle ipotesi in campo per sperimentarla in modo consistente
(invece di lasciare, come ora, che ogni autorità preposta alla VAS si regoli
come crede); in assenza di una vasta sperimentazione, mi pare che il confronto
puramente teorico tra le diverse proiezioni rischi di non produrre frutti;
o
(meno
frequentati in questa stagione, altri aspetti delle tematiche ambientali, quali
il consumo di suolo, l’impronta ecologica ed il ciclo del cibo).
LO
SPAZIO “CITTÀ-BENE-COMUNE” NELLA CASA DELLA CULTURA DI MILANO
Un’altra
importante finestra da cui osservare (e gratuitamente) il dibattito tra gli
urbanisti, da una angolatura milanese, è “CittàBeneComune” 9, spazio
nella Casa della Cultura di Milano (in collaborazione con il Dipartimento DATSU
del Politecnico) diretto dal prof. Renzo Riboldazzi, che ha da un lato
organizzato, dal 2013 al 2019 (con sessioni parallele, nei singoli anni e con altri
curatori, per il paesaggio o l’ecologia; e con sospensione per Pandemia nel
2020), sessioni primaverili di presentazioni di testi con la presenza non solo
degli Autori, ma anche quasi sempre di altri “discussant” per ogni testo, il
tutto riportato o riassunto sul sito informatico, dove, d’altro lato, si
susseguono frequenti recensioni su altri saggi pubblicati di recente (anche su
temi non strettamente disciplinari), con una prevalenza, tra i commentatori, di
autorevoli professori “emeriti” degli Atenei di Milano e Torino, e tra le
tematiche ed i punti vista della commiserazione per la decadenza della prassi e
della stessa disciplina urbanistica (presentazioni
e recensioni da cui ho di frequente attinto come fonti bibliografiche per i
miei interventi su Utopia21).
Figura
3 – testate dei siti della “Casa della Cultura” (di Milano) e di “Città Bene
Comune”
Il
tutto quindi molto orientato al confronto dialettico tra diversi soggetti (anche se talora prevale la
“diplomazia accademica”), che mi risulta essere diventato costume abbastanza
raro (ne accenno in questo numero nella “conversazione sul Festival e altro----“
[D].
Ogni
“annata” di “CittàBeneComune” è inoltre riepilogata e analizzata dallo stesso
Riboldazzi con un saggio sinottico finale, alla cui raccolta rimando (per le
annate fino al 2018).
Nel
2019 gli ospiti chiamati a presentare i propri saggi sono stati Patrizia
Gabellini (ritrovare un ruolo per l’urbanistica, pur nel venir meno di antiche
certezze), Gabriele Pasqui (la crisi delle discipline
architettoniche/urbanistiche nel contesto di una più generale messa in discussione
del sapere scientifico e delle Università) e Carlo Olmo (la riscoperta dei
fondamenti per una effettiva democrazia negli spazi urbani); tra i temi presenti
negli altri contributi recensori (oltre ai commenti sui testi di
Bertuglia&Vago e di Indovina, che ho già ripreso su Utopia21), mi sembra
che emergano il confronto con l’antropologia nella rilettura dei luoghi urbani,
a partire dalle periferie, dalle aree interne, dal terzo mondo, e l’attenzione
analitica sugli elementi costitutivi del suolo e del paesaggio.
SI APRE IL CONFRONTO
SULL’EPIDEMIA CORONAVIRUS?
Mentre
Urbanpromo in aprile, ha ottimisticamente
confermato il programma delle sue manifestazioni annuali per settembre e
novembre, le riflessioni sulle ripercussioni che la Pandemia in corso avrà su
tutti i fenomeni urbani e territoriali ha iniziato a percorrere anche il mondo
degli architetti ed urbanisti, sia nelle riviste specializzate che sui media
generalisti:
-
su
Urbanistica Informazioni n° 286, uscita all’inizio di aprile, il Direttore
Sbetti nell’articolo di Apertura “Transizioni” 10 affronta
organicamente le problematiche delle conseguenze della pandemia, individuando,
in uno scenario di incremento dell’indebitamento, pubblico e privato, e di
aumento di povertà e disuguaglianze, sociali e territoriali, i seguenti nodi:
o
la
difesa del territorio, già al centro dei suoi precedenti articoli (vedi sopra,
pag. 2), si pone come obiettivo dell’urbanistica, anche come cornice della
complessiva protezione civile oggi imperniata sul fronte sanitario;
o
gli
spazi pubblici, al momento impoveriti dal distanziamento sociale, devono essere
ripensati per assicurare una omogenea accessibilità ai servizi (sanitari, scolastici,
culturali);
o
le
infrastrutture (vedi ad esempio la banda larga per le telecomunicazioni) ed i
trasporti pubblici, come anche la logistica delle merci, vanno resi più
efficienti in tutti i tipi di territori;
o
il
minor inquinamento temporaneo, registrato durante i periodi di blocco
sanitario, può suggerire opportune strategie per migliorare l’offerta degli
“eco-sistemi” nelle aree metropolitane e per valorizzare le “aree interne” che
già ne dispongono.
-
(Il
pezzo del direttore è affiancato da due approfondimenti di carattere
storico-culturale di Elena Dorato e Marzio Favero, l’una sul rapporto tra
scienze del corpo e scienze del territorio, l’altro sulla salute pubblica come
componente delle discipline urbanistiche, con diversi esiti a fronte dei
diversi pericoli).
-
Successivamente
sul Sito dell’INU è stato pubblicato un invito al dibattito 12, che
afferma tra l’altro : “L’Istituto Nazionale di
Urbanistica, …, intende offrire il suo apporto tecnico e di proposta alla
ricerca di soluzioni in grado di far ripartire le città italiane, contribuendo
al superamento delle principali prove che l’Italia dovrà affrontare tanto nel
breve, quanto nel lungo termine.--- si tratta di proporre innanzitutto
soluzioni pragmatiche e convincenti per un tema che appare indiscutibilmente di
nostra competenza, e cioè la messa in sicurezza degli insediamenti ad alta
densità dai pericoli del contagio, con rimedi che affrontino le principali
criticità manifestate dai trasporti urbani, dagli spazi di uso collettivo,
dalle attrezzature culturali e dai luoghi della socializzazione.
In
una prospettiva di più ampio respiro il ridisegno delle aree a più alta
frequentazione dovrà partecipare attivamente ad una manovra integrata, che
punti al tempo stesso ad aumentare la resilienza dei territori e delle reti
urbane nei confronti di nuove, possibili calamità – associate non
necessariamente al diffondersi di ulteriori epidemie, ma forse al riscaldamento
del pianeta – e a varare ambiziosi programmi di sostegno di un sistema
economico duramente provato da una crisi che si preannuncia particolarmente
grave e prolungata.”
Ancora
una volta le principali agglomerazioni e la stessa forma urbana saranno
l’epicentro di questa duplice sfida, dimostrando che i pericoli
dell’addensamento della popolazione e le opportunità offerte dalla prossimità –
che in passato ha favorito i processi innovativi, lo scambio delle idee e le
interazioni sociali – possono convivere efficacemente grazie al formidabile
apporto della cultura della pianificazione, dimostrando che un altro modo di
concepire le città e il loro governo è ancora possibile.”
-
Intervistati
su “La Repubblica”, le “archistar” Massimiliano Fuksas13 e Stefano
Boeri14, hanno espresso alcune idee sul futuro post-Pandemia, che
contemplano anche una possibile fuga dalla città verso le attuali “seconde
case” oppure verso i borghi semi-abbandonati delle “aree interne”, fuga sorretta
dal “lavoro a distanza” (e in qualche modo annunciata, prima della Pandemia, dalla
super-archi-star Rem Koolhass15, con la mostra ed il manifesto
“Countryside”[E]
:
-
-
in particolare, Fuksas affianca a tale ipotesi un massiccio intervento pubblico
sulla casa – a partire dalla manutenzione e riqualificazione dei quartieri
popolari preesistenti – ed una riconsiderazione radicale delle abitazioni (studiata
con un gruppo interdisciplinare), prevedendo uno standard minimo di 60 m2
per alloggio, con predisposizione di spazi per l’eventuale isolamento
individuale e di presidi sanitari minimi[F]; nonché in ogni palazzo un
piano comune per lo smart working (ma non
è più razionale che ognuno provveda nel singolo alloggio?); ed ancora il
superamento dei grandi ospedali e degli impianti centralizzati di aerazione,
più bici e meno auto, ecc.
-
- Boeri auspica una sorta
di gemellaggio tra aree metropolitane e “aree interne”, per incentivare i
trasferimenti; per le città, a breve/medio termine ne ipotizza un uso più
rarefatto, con ritorno alle piazze ed ai luoghi della cultura mantenendo i
distanziamenti sanitari tra gli utenti, con i negozi che sfruttano gli spazi
esterni sulle strade, con carreggiate veicolari ristrette, con più bici e meno
auto (se non elettriche); ed un ripensamento degli spazi comuni dei
“grattacieli”, con atri più ampli e più ascensori, spazio di atterraggio per i
droni sul tetto, ecc.
QUALCHE RIFLESSIONE
FINALE, MA PROVVISORIA
A
mio avviso, poiché non si può prevedere ancora né la durata della Pandemia e le
possibilità di conviverci in attesa dell’auspicato vaccino, né la profondità
delle sue conseguente socio-economiche, è troppo presto per capire cosa
prevarrà tra le tendenze contraddittorie che si stanno manifestando, non solo
per le scelte socio-politiche più generali, ma anche per i complessi fenomeni
urbani, dalla tendenza insediativa ai flussi di persone e merci, dal modo di lavorare
e di consumare alla fruizione dei servizi e delle abitazioni, fino alla
socialità e convivialità quotidiana.
Ad
esempio a Milano, mentre i trasporti pubblici funzionano con capienza ridotta
per garantire i distanziamenti tra le persone, si propone una accelerazione
nell’offerta di percorsi ciclo-pedonali (e in prospettiva anche di “dehors” per
negozi oltre che per bar e ristoranti), ma nel contempo si sospendono
temporaneamente le restrizioni alle auto (zone B e C, nell’unica città italiana
che ha sottoposto a pedaggio l’ingresso al centro); con il rischio che in caso
di effettiva piena ripresa si determini una situazione di congestione fisica
(ancor prima che di eccessive polluzioni), temperata forse dal tentativo di
scaglionare gli orari di uffici, fabbriche (ce ne sono ancora!) e scuole, e dalla
possibile persistenza delle attività a
distanza, mediate dalla rete telematica: una serie di equazioni impossibili da
risolvere a-priori.
Per
questo tutti i contributi teorici possono essere utili, soprattutto se – pur
proiettandosi in scenari sconosciuti – fanno tesoro delle precedenti
riflessioni ed esperienze e si accompagnano a concrete nuove sperimentazioni.
Nel
concreto, perciò, riguardo all’ipotesi di “fuga dalla città”, ritengo che
occorra misurarsi con le ricerche territoriali sugli assetti tendenziali
dell’Italia di inizio secolo, che distinguono tra le aree metropolizzate
(incluse a mio avviso ampi territori sub-urbani e semi-rurali, dove – pur
“fuggendo” dalla densità dei nuclei urbani consolidati – è però facile tornarci
entro un paio di ore, fruendo comunque, fuori dai grandi centri, e a “mezz’ora
da casa” di una rete di molteplici servizi – scolastici, sanitari, sportivi,
consumistici, ecc.) e le vere “aree interne”, (che ridefinirei “aree remote”),
verso cui le distanze aumentano e dove i servizi sono rari e/o poco
raggiungibili e/o poco qualificati (penso soprattutto al commercio al minuto,
estinto nei piccoli centri, che divengono così repulsivi anziché attrattivi):
non immagino che il post-Pandemia unito al tele-lavoro basti a rivitalizzare
tali aree interne/remote, a meno di spingere il processo con massicci
investimenti pubblici in infrastrutture, trasporti e servizi (forse comunque
necessari ed opportuni), che Boeri forse evoca come “gemellaggi” con le
metropoli.
Per
ciò che concerne la rivisitazione delle tipologie edilizie residenziali, le
“provocazioni” di Fuksas (che probabilmente alludono a ragionamenti più
articolati) – e premesso che condivido in toto l’appello a rifondare una
politica pubblica per le abitazioni -
andrebbero mediate con valutazioni sulla consistenza del patrimonio
edilizio esistente e recuperabile (compresi gli “avanzi” cari a Luciano Crespi 18,19)
e sulla articolazione della domanda (utilissime in proposito le elaborazioni
sul campo del “social Housing di cui sopra a pag.4-5): in tal senso, più che ad
uno standard minimo di superficie per alloggio, penso che si debba ragionare su
moduli aggregabili e disaggregabili (come ad esempio i cosiddetti alloggi-canguro20),
per adeguarli alla dimensione variabile di quello che oggi sono i “nuclei
familiari”, accompagnata da una fluidificazione del mercato degli alloggi – in
proprietà ed in affitto – studiata in favore della vita variabile di persone e
famiglie (e non contro di essa).
Più
in generale riscontro che – sia prima della Pandemia che nel suo attuale
perdurare – le riflessioni su casa, città e territorio da parte degli “addetti
ai lavori” continuano ad essere caratterizzate da una elevata frammentazione,
che rispecchia in parte gli specialismi disciplinari ed in parte le divergenze
tra scuole e correnti (divergenze raramente misurate in un diretto confronto
dialettico).
Tale
frammentazione rende in apparenza inadeguati alle grandi sfide dell’oggi e del
domani anche i contributi di ricerca più seri riguardo al ruolo ed alla
trasformazione delle città e degli spazi aperti.
Ma
non esclude un paziente lavoro di ricucitura culturale.
Fonti:
1. Aldo Vecchi
- SUOLO, TERRITORIO, URBANISTICA: A CHE PUNTO È IL DIBATTITO – su UTOPIA21,
settembre 2019 LINK
2.
Michele Talia – L’ECCEZIONE E LA REGOLA – su
“Urbanistica Informazioni” n° 284-285, pubblicato nel gennaio 2020
3.
Francesco Sbetti – BUONI PROPOSITI - su
“Urbanistica Informazioni” n° 284-285, pubblicato nel gennaio 2020
4.
I.N.U., 30° Congresso – CONVEGNO: IL GOVERNO
DEL TERRITORIO MONTANO NELLO SPAZIO EUROPEO – 3 aprile 2019 https://25c7af31-9ab8-49ce-b3c9-4872a0a587f.filesusr.com/ugd/f7633c_4b7f8473844b41799d980ecca482a572.pdf
5.
I.N.U. - VII RASSEGNA URBANISTICA NAZIONALE – 4
aprile 2019 https://25c7af31-9ab8-49ce-b3c9-54872a0a587f.filesusr.com/ugd/f7633c_14a0ee773b194eccb34158ab51939720.pdf
10. Francesco
Sbetti – TRANSIZIONI - su “Urbanistica Informazioni” n° 286, pubblicato
nell’aprile 2020
11. Autori
Vari, a
cura di Marino Regini – FOCUS: IL CAPITALISMO EUROPEO CONTEMPORANEO - LEZIONI
DI SOCIOLOGIA ECONOMICA – sul n° 12/2019 del magazine “Via Borgogna 3”, edito dalla
Casa della Cultura di Milano https://www.casadellacultura.it/magazine-on-line-casa-della-cultura.php
12. Francesco
Merlo - THE DAY AFTER - FUKSAS "RIDISEGNARE LO SPAZIO VITALE NELLA CASA
POST COVID" – su “La Repubblica” del 19 aprile 2020
13. Brunella
Giovara - THE DAY AFTER - BOERI "VIA DALLE CITTÀ NEI VECCHI BORGHI C’È IL
NOSTRO FUTURO" – su “La Repubblica” del 21 aprile 2020
14. Cloe
Piccoli – REM KOOLHAAS – LA CAMPAGNA CI SALVERA’ – su “La Repubblica/Robinson
del 9 maggio 2020
16. Aldo
Vecchi - PROBLEMATICHE DELLA SOSTENIBILITÀ DAL FABBRICATO AL TERRITORIO – https://www.universauser.it/i-quaderni/quaderno-5-sostenibilita-dal-fabbricato-al-territorio.html Quaderno n° 5 di UTOPIA21, settembre
2018
17. Giovanni
Alfredo Barbieri, Federico Benassi, Marianna Mantuano – LE TRAIETTORIE
EVOLUTIVE DELLE CITTA’ ITALIANE: DINAMIHCE DEMOGRAFICHE E CARATTERISTICHE SOCIO-ECONOMICHE
– su “Urbanistica n° 158, pubblicata nel novembre 2017
18. Luciano
Crespi - MANIFESTO DEL DESIGN DEL NON-FINITO – Postmedia Books, Milano 2018
19. Aldo
Vecchi - LUCIANO CRESPI ED IL MANIFESTO DEL DESIGN DEL NON-FINITO – su UTOPIA21
del luglio 2019 - https://drive.google.com/file/d/1O3mfaTWoPW10LIo5ixipqZHcePTorMie/view
[A]
Costringendo così ad
accontentarsi:
- per il
convegno “IL GOVERNO DEL TERRITORIO MONTANO NELLO SPAZIO EUROPEO” 4,
del programma dei lavori, attinenti tra l’altro a:
o Le
centralità urbane nei territori montani tra identità locale e accesso ai
servizi
o Fragilità e
resilienza dell’ambiente di montagna.
o La governance
dei valori ambientali e paesaggistici
o La montagna
nelle reti globali. Prospettive di sviluppo locale integrato
o La
rigenerazione dei sistemi insediativi montani
- per la 7^
RASSEGNA URBANISTICA NAZIONALE 5, del materiale preparatorio, che
include brevi interventi audio-video dei probabili relatori ed una galleria di
58 “spot” di immagini con alcune frasi introduttive per altrettanti casi da
illustrare e discutere nei seminari, sotto il cappello “Mosaico Italia:
raccontare il futuro” (un futuro “caratterizzato da un'inarrestabile urbanesimo
delle popolazioni”) e raggruppati in “Quattro strati narrativi che
rappresentano pratiche innovative, sperimentazioni, inerzie. In una parola,
piani che avanzano progetti di una società in profonda mutazione” :
o ITALIA
FRAGILE
o ITALIA
POLICENTRICA
o ITALIA
DELLE RETI
o ITALIA CHE SI RIGENERA
[B]
Tale indirizzo indicherebbe
pertanto il superamento dell’affezione dell’INU verso la linea dello
“sdoppiamento dei piani comunali tra strutturale ed operativo” e della
“perequazione tra proprietari”, confermata dal disegno di legge Morassut (PD),
che richiamavo nell’articolo di settembre 20191.
[C]
tanto che – ad esempio – il 5°
Presidente dell’INU, dal 1960 al 1969, dopo il decennio di Adriano Olivetti, fu
l’ingegnere Camillo Ripamonti, democristiano di sinistra e sindaco di
Gorgonzola per 34 anni, nonché parlamentare ed addirittura ministro
contemporaneamente alla presidenza dell’INU.
[D]
Nel contrastare queste tendenze al
solipsismo accademico, la Casa della Cultura di Milano si rende benemerita
anche sul fronte delle discipline socio-economiche, con la pubblicazione
on-line – sempre gratuita – delle relazioni e dei file audio-video con i
dibattiti, svolti nel 2017-2018 e concernenti 16 lezioni di “sociologia
economica” 11 attorno al capitalismo europeo, che includono anche
alcune ricerche originali, utili per confermare o smentire diversi luoghi
comuni (di destra e di sinistra) su lavoro, occupazione, migrazioni, credito,
ecc.
[E]
Secondo Koolhaas sono errate le
proiezioni dell’ONU sulla tendenza all’inurbamento, con il 68% della
popolazione mondiale in città all’anno 2050, ed occorre invece esplorare tutte
le risorse per insediamenti dispersi in quel 98% del territorio mondiale che
ancora non è urbanizzato; rammentando le precedenti discutibili posizioni di
Koolhaas sulla bellezza del sub-urbano, mi preoccupa ora la sua attenzione alla
“campagna”; ma soprattutto ritengo che occorra fare preliminarmente, e per
quanto possibile, chiarezza sui concetti di città e di campagna oggi (e
domani), sennò spesso si rischia di non capirsi (Renzo Piano, ad esempio,
sostiene al contrario che in Europa la campagna è già città 16);
rimando in proposito al paragrafo 3.1 del mio Quaderno n° 5 di Utopia2117
e ad un articolo molto serio di fonte ISTAT su Urbanistica n° 158 18.
[F]
(in
parte elementari, come bilancia e termometro, in parte fattibili, come il
saturimetro, altri a mio avviso un po’ meno , come “l’attacco per l’ossigeno”,
se lo si intende alimentato con una rete capillare a pressione; mentre poco
occorre predisporre in casa per una distribuzione organizzata di bombole
all’occorrenza)
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