giovedì 21 maggio 2020

UTOPIA21 - MAGGIO 2020: DOVE STA(VA) ANDANDO IL DIBATTITO TRA GLI URBANISTI ITALIANI



Con riferimento all’articolo dello scorso settembre, il tentativo di capire i termini del confronto tra gli urbanisti italiani, alla vigilia dell’irruzione della Pandemia; e le prime ipotesi sulla post-Pandemia  

Sommario:
-       il Congresso dell’INU a Riva del Garda, nell’aprile del 2019
-       i convegni annuali di UrbanPromo nel successivo autunno
-       lo spazio “CittàBeneComune” nella Casa della Cultura di Milano
-       si apre il confronto sull’epidemia Coronavirus?
-       qualche riflessione finale, ma provvisoria

     (per le figure, andare al sito www.universauser.it)

IL CONGRESSO DELL’INU A RIVA DEL GARDA, NELL’APRILE DEL 2019

Su Utopia21 di settembre1 accennavo al 30° Congresso Nazionale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica che si era svolto in aprile a Riva del Garda (con la 7^ Rassegna Urbanistica Nazionale), aspettandomi dalle riviste (“Urbanistica” e “Urbanistica Informazioni”) e dal sito


Figura 1 – una schermata della “RUN Gallery” sul sito dell’INU dedicato al 30° Congresso
dell’INU (rinnovato con aspetto molto interattivo) una documentazione utile per capire dove stava andando il dibattito tra gli urbanisti italiani.
Purtroppo (ripetendomi) il cronico ritardo nella pubblicazione delle suddette riviste e la sostanziale evanescenza del sito (pur accattivante di pulsanti multimediali) non consente ancora di attingere sostanzialmente a tale materiale.[A]

Pertanto, riguardo al XXX CONGRESSO e alla connessa e conclusiva ASSEMBLEA DEI SOCI, occorre riferirsi alla dichiarazione del nuovo Presidente Michele Talia (già riprodotta da me in settembre1) ed al suo articolo  sul n° 284-285 di Urbanistica-Informazioni, “marzo-giugno 2019”, diffuso nel gennaio 2020 2, che mi sembra imposti correttamente la necessità di una svolta nelle politiche urbane e territoriali, e nelle connesse strumentazioni disciplinari, a partire dalla realtà del Cambio Climatico (con un fondato pessimismo sui ritardi dei Governi ed un ottimismo a mio avviso meno fondato sui risvolti occupazionali positivi dell’auspicato Green New Deal), auspicando ricerche teoriche e sperimentazioni pratiche sul fronte della rigenerazione urbana, con attenzione ai beni comuni oltre che ai valori ambientali, prima ancora che specifiche riforme legislative[B].

A fianco di questa posizione, ho riscontrato invece, sempre nel n° 284-285 di UrbInf, nell’articolo di apertura del direttore della rivista, Francesco Sbetti 3, una maggior consapevolezza sulla mole degli investimenti pubblici che sarebbero necessari, in Italia, per coniugare una svolta ambientalista con la soddisfazione dei fabbisogni arretrati, relativi al territorio ed ai trasporti (una “discontinuità” che implica scelte macroeconomiche di cui oggi, a mio avviso, purtroppo non si ravvisano le premesse politiche).
Ed è di questa consapevolezza sulle dimensioni della svolta, per recuperare città, territori e paesaggi, che nel mio precedente articolo segnalavo la mancanza nei documenti più ufficiali dell’INU (mancanza che probabilmente persiste, ad eccezione di Francesco Sbetti e pochi altri).


I CONVEGNI ANNUALI DI URBANPROMO NEL SUCCESSIVO AUTUNNO

Ma è nel secolo scorso che il confronto sull’urbanistica italiana, – oltre che sulle riviste e nelle facoltà universitarie - avveniva soprattutto nelle Rassegne Urbanistiche, organizzate dall’Istituto Nazionale di Urbanistica, a scala nazionale e spesso anche a scala regionale, più o meno intrecciate ai Congressi dell’Istituto; con forte partecipazione (e sostegno finanziario) di Regioni ed Enti Locali, che d’altronde erano (e solo in parte continuano ad essere) tra i Soci influenti dello stesso I.N.U., mentre i Partiti della 1^ Repubblica (e le loro correnti) si misuravano anche sulla politica urbanistica[C].

Perché negli ultimi decenni, pur svolgendosi ancora diverse Rassegne (le ultime a livello nazionale nel 2004, 2010 e 2019), l’INU ha sopperito al calo di interesse e di partecipazione finanziaria da parte delle Pubbliche Amministrazioni istituendo, attraverso la propria Agenzia “Urbit”, gli appuntamenti annuali di “UrbanPromo”, sorretti in buona misura dagli sponsor privati (o semi-pubblici), che nelle fasi più galoppanti del rinnovamento urbano di inizio secolo (il 6° ciclo edilizio, dal 1995 al 2006, secondo il CRESME N) erano invitati ad esporre i loro progetti in questa vetrina: progetti spesso contrastanti con le direttive predicate da INU e urbanisti.

La crisi dal 2007-2008 ha ridimensionato le aspettative promozionali degli investitori immobiliari, ma non ha svuotato UrbanPromo, che – con una più ridotta schiera di sponsor (da ultimo soprattutto le società promananti dal gruppo Ferrovie dello Stato, per valorizzare le aree ferroviarie dismesse, e le Fondazioni Bancarie impegnate nell’edilizia sociale) – è arrivato alla sedicesima edizione, e si è addirittura moltiplicato (o diviso) per tre, con una sessione dedicata al “Social Housing” 6 ed una “Green” 7, affiancando o alternando alla tradizionale sede della Triennale di Milano (vocata alla sessione “Progetti” 8) altre sedi, come lo IUAV di Venezia o la “Nuvola Lavazza” di Torino. E raccogliendo sempre numerosi contributi teorici, soprattutto dai dottorandi dei vari Dipartimenti Universitari interessati.

Gran parte degli interventi ai convegni UrbanPromo (taluno però SOLO in inglese) divengono poi disponibili gratuitamente alla lettura (o all’ascolto) remoti, tramite il sito e la news-letter omonime, quest’ultima arricchita anche da comunicazioni aggiornate, successive ai convegni; tali materiali vengono in parte riprodotti, in una fase successiva, sula rivista on-line Urbanistica Informazioni.

Complessivamente quindi i materiali provenienti da UrbanPromo costituiscono a mio avviso un interessante panorama, in parte sull’urbanistica praticata nei territori, ma soprattutto sul dibattito in corso tra gli “addetti ai lavori”; dibattito su cui esprimo le seguenti valutazioni sintetiche, riferite alle 3 sessioni di UrbanPromo 2019 (segnalando inoltre alcuni temi  specifici, come le ricerche sulle costruzioni in legno e le esperienze di demolizione selettiva degli elementi detrattori del paesaggio):



Figura 2: una parte del programma di Urbanpromo Green, settembre 2019

-       su aree ex-ferroviarie (Milano, Torino, Firenze, Roma, Napoli, ma anche Bolzano, Bari, Reggio Calabria): anche se si tratta sempre  indubbiamente di suolo già consumato, e se si riscontra una diffusa attenzione per la qualità urbana, mi sorprende quanto siano ancora rilevanti le quantità in gioco (ad esempio a Torino, dopo le polemiche sulle prime “spine” già trasformate, ce ne sarebbe ancora per un multiplo di tali quantità ; per gli scali di Milano ho già brevemente riferito sulle ciclopiche dimensioni delle trasformazioni prospettate); e mi chiedo se una seria strategia di “risparmio del consumo di suolo” possa dare per scontata una rapida valorizzazione per usi urbani, oppure centellinarne il riuso nei decenni (come in 150 anni furono acquisite ed accumulate), tenendole come “scorte strategiche” (anche nei bilanci del gruppo FS), e riconvertendole a breve termine in aree verdi, anche non fruibili, a basso costo di manutenzione: scelta che dovrebbe maturare a livello nazionale, fintanto che il gruppo FS, pur privatizzato, è ancora saldamente controllato dall’azionista pubblico (Ministero Economia e Finanza), e considerato che “…La sostenibilità è il principio cui si ispira il Gruppo per perseguire gli impegni dichiarati nelle politiche aziendali e nel Codice Etico”, come si legge aprendo il sito del Gruppo FS.

-       Housing sociale: i pochi esperimenti di edilizia residenziale sociale in atto nel paese, per lo più a cura di organismi derivanti o partecipati dalle Fondazioni Bancarie, risultano accompagnati da un notevole l’apparato di ricerca e di riflessione, sia riguardo alla complessa articolazione della domanda (in funzione della precarietà del lavoro e degli stessi legami famigliari, e della differenziazione per età, per etnie, per località) ed ancor più della “domanda solvibile” (e quindi nuovi poveri o quasi poveri, ma che non siano così poveri da non poter pagare un canone di locazione), sia riguardo ai raffinati algoritmi per coniugare l’efficienza economica degli investimenti con l’efficacia (o “l’impatto”) sociale degli interventi (apprezzabile anche l’attenzione “alle persone” ed al contesto di relazioni e di servizi considerati necessari attorno a ciò che fisicamente sono gli edifici residenziali, in una ottica di “valorizzazione del capitale sociale”); nel complesso tutto ciò costituisce un prezioso contributo di studi sul problema della casa e sulla concreta sostenibilità urbana oggi, in Italia, che però finisce per essere marginale ed infertile, se riguarda solo qualche centinaia di alloggi in tutta Italia, a causa della mancanza di un poderoso programma pubblico di investimenti in materia di edilizia sociale (poco consola, a mio avviso, sapere che quel tanto che fanno le Fondazioni è saggio e ben curato, se tale “quel tanto” è di fatto pochissimo rispetto alla platea dei fabbisogni, solvibili o ”non solvibili”);

-       Eliminazione delle barriere architettoniche: l’insieme delle analisi e delle proposte che sono maturate in questi ultimi anni, tenacemente raccolte e sintetizzate dalla Commissione  guidata dall’arch. Iginio Rossi, attraversano e si compenetrano ormai con larga parte delle discipline architettoniche ed urbanistiche, ben oltre la sacrosanta e primigenia attenzione agli scalini ed ostacoli che imperversano (purtroppo tuttora, in molte realtà) su marciapiedi e percorsi pedonali, perché correttamente le valutazioni si sono estese alla molteplicità degli handicap soggettivi ed alla complessità dei fenomeni urbani; nell’ambito della sessione mi ha in particolare favorevolmente colpito l’impostazione “capovolta”, di partire – anziché dai “Piani” - dai bisogni concrete delle singole persone (nel caso concreto soggetti incorsi in infortuni oppure da avviare alla riabilitazione dopo un periodo di cure ospedaliere) presentata sia “dal centro” ad opera di esponenti dell’INAIL, sia “dalla periferia” a cura dei Servizi sociali e sanitari regionali a Reggio Emilia  (impostazione che mi auguro sia effettivamente applicata ed imitata);

-       Green: il versante “verde” del discorso urbanistico e territoriale si presenta sempre più sfaccettato in differenti filoni “specializzati”, talora un po’ variabili in funzione della “moda mediatica” oppure dei canali di finanziamento specifico, con approfondimento spesso apprezzabili e talvolta invece più convenzionali; nella sessione veneziana del settembre 2019 i temi emergenti mi sono sembrati:
o   gli itinerari ciclabili e pedonali di lungo respiro, da Vento lungo il Po alla costiera Adriatica, spesso associati a pratiche di narrazione collettiva sui miti ancestrali ed eno-gastronomici dei luoghi: ma anche la ciclabilità urbana nella concretezza delle attuazioni dei Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile
o   i contratti di fiume, quali tentativi di sintesi operativa tra soggetti diversi attorno ai vari temi, ambientali e non solo, che si intrecciano nei contesti fluviali e lacustri;
o   la gestione delle acque, anche oltre la contabilità amministrativa della cosiddetta “invarianza idraulica” (gli interventi di trasformazione insediativa non devono aggravare il deflusso delle acque piovane) ed invece verso una visione dinamica degli equilibri complessivi dei bacini idraulici;
o   i piani di adattamento climatico delle città, che coinvolgono sotto prospettive nuove tutto l’assetto fisico e sociale degli insediamenti, dai sotto-servizi alle alberature, dai fabbricati agli impianti tecnici, dai trasporti alle consuetudini di protezione civile;
o   la ricerca di un sistema organico di indicatori per le Valutazioni Ambientali per il territorio, che è un problema assai più complesso di quello (finora anch’esso irrisolto) degli indicatori per i fabbricati, e che richiederebbe che qualche amministrazione pubblica – di rango almeno regionale – assumesse con coraggio qualcuna delle ipotesi in campo per sperimentarla in modo consistente (invece di lasciare, come ora, che ogni autorità preposta alla VAS si regoli come crede); in assenza di una vasta sperimentazione, mi pare che il confronto puramente teorico tra le diverse proiezioni rischi di non produrre frutti;
o   (meno frequentati in questa stagione, altri aspetti delle tematiche ambientali, quali il consumo di suolo, l’impronta ecologica ed il ciclo del cibo).


LO SPAZIO “CITTÀ-BENE-COMUNE” NELLA CASA DELLA CULTURA DI MILANO
Un’altra importante finestra da cui osservare (e gratuitamente) il dibattito tra gli urbanisti, da una angolatura milanese, è “CittàBeneComune” 9, spazio nella Casa della Cultura di Milano (in collaborazione con il Dipartimento DATSU del Politecnico) diretto dal prof. Renzo Riboldazzi, che ha da un lato organizzato, dal 2013 al 2019 (con sessioni parallele, nei singoli anni e con altri curatori, per il paesaggio o l’ecologia; e con sospensione per Pandemia nel 2020), sessioni primaverili di presentazioni di testi con la presenza non solo degli Autori, ma anche quasi sempre di altri “discussant” per ogni testo, il tutto riportato o riassunto sul sito informatico, dove, d’altro lato, si susseguono frequenti recensioni su altri saggi pubblicati di recente (anche su temi non strettamente disciplinari), con una prevalenza, tra i commentatori, di autorevoli professori “emeriti” degli Atenei di Milano e Torino, e tra le tematiche ed i punti vista della commiserazione per la decadenza della prassi e della stessa disciplina urbanistica (presentazioni e recensioni da cui ho di frequente attinto come fonti bibliografiche per i miei interventi su Utopia21).
    

Figura 3 – testate dei siti della “Casa della Cultura” (di Milano) e di “Città Bene Comune”


Il tutto quindi molto orientato al confronto dialettico tra diversi soggetti (anche se talora prevale la “diplomazia accademica”), che mi risulta essere diventato costume abbastanza raro (ne accenno in questo numero nella “conversazione sul Festival e altro----“ [D].
Ogni “annata” di “CittàBeneComune” è inoltre riepilogata e analizzata dallo stesso Riboldazzi con un saggio sinottico finale, alla cui raccolta rimando (per le annate fino al 2018).

Nel 2019 gli ospiti chiamati a presentare i propri saggi sono stati Patrizia Gabellini (ritrovare un ruolo per l’urbanistica, pur nel venir meno di antiche certezze), Gabriele Pasqui (la crisi delle discipline architettoniche/urbanistiche nel contesto di una più generale messa in discussione del sapere scientifico e delle Università) e Carlo Olmo (la riscoperta dei fondamenti per una effettiva democrazia negli spazi urbani); tra i temi presenti negli altri contributi recensori (oltre ai commenti sui testi di Bertuglia&Vago e di Indovina, che ho già ripreso su Utopia21), mi sembra che emergano il confronto con l’antropologia nella rilettura dei luoghi urbani, a partire dalle periferie, dalle aree interne, dal terzo mondo, e l’attenzione analitica sugli elementi costitutivi del suolo e del paesaggio.


SI APRE IL CONFRONTO SULL’EPIDEMIA CORONAVIRUS?

Mentre Urbanpromo in aprile, ha ottimisticamente confermato il programma delle sue manifestazioni annuali per settembre e novembre, le riflessioni sulle ripercussioni che la Pandemia in corso avrà su tutti i fenomeni urbani e territoriali ha iniziato a percorrere anche il mondo degli architetti ed urbanisti, sia nelle riviste specializzate che sui media generalisti:

-       su Urbanistica Informazioni n° 286, uscita all’inizio di aprile, il Direttore Sbetti nell’articolo di Apertura “Transizioni” 10 affronta organicamente le problematiche delle conseguenze della pandemia, individuando, in uno scenario di incremento dell’indebitamento, pubblico e privato, e di aumento di povertà e disuguaglianze, sociali e territoriali, i seguenti nodi:
o   la difesa del territorio, già al centro dei suoi precedenti articoli (vedi sopra, pag. 2), si pone come obiettivo dell’urbanistica, anche come cornice della complessiva protezione civile oggi imperniata sul fronte sanitario;
o   gli spazi pubblici, al momento impoveriti dal distanziamento sociale, devono essere ripensati per assicurare una omogenea accessibilità ai servizi (sanitari, scolastici, culturali);
o   le infrastrutture (vedi ad esempio la banda larga per le telecomunicazioni) ed i trasporti pubblici, come anche la logistica delle merci, vanno resi più efficienti in tutti i tipi di territori;
o   il minor inquinamento temporaneo, registrato durante i periodi di blocco sanitario, può suggerire opportune strategie per migliorare l’offerta degli “eco-sistemi” nelle aree metropolitane e per valorizzare le “aree interne” che già ne dispongono.
-       (Il pezzo del direttore è affiancato da due approfondimenti di carattere storico-culturale di Elena Dorato e Marzio Favero, l’una sul rapporto tra scienze del corpo e scienze del territorio, l’altro sulla salute pubblica come componente delle discipline urbanistiche, con diversi esiti a fronte dei diversi pericoli).

-       Successivamente sul Sito dell’INU è stato pubblicato un invito al dibattito 12, che afferma tra l’altro : “L’Istituto Nazionale di Urbanistica, …, intende offrire il suo apporto tecnico e di proposta alla ricerca di soluzioni in grado di far ripartire le città italiane, contribuendo al superamento delle principali prove che l’Italia dovrà affrontare tanto nel breve, quanto nel lungo termine.--- si tratta di proporre innanzitutto soluzioni pragmatiche e convincenti per un tema che appare indiscutibilmente di nostra competenza, e cioè la messa in sicurezza degli insediamenti ad alta densità dai pericoli del contagio, con rimedi che affrontino le principali criticità manifestate dai trasporti urbani, dagli spazi di uso collettivo, dalle attrezzature culturali e dai luoghi della socializzazione.
In una prospettiva di più ampio respiro il ridisegno delle aree a più alta frequentazione dovrà partecipare attivamente ad una manovra integrata, che punti al tempo stesso ad aumentare la resilienza dei territori e delle reti urbane nei confronti di nuove, possibili calamità – associate non necessariamente al diffondersi di ulteriori epidemie, ma forse al riscaldamento del pianeta – e a varare ambiziosi programmi di sostegno di un sistema economico duramente provato da una crisi che si preannuncia particolarmente grave e prolungata.”
Ancora una volta le principali agglomerazioni e la stessa forma urbana saranno l’epicentro di questa duplice sfida, dimostrando che i pericoli dell’addensamento della popolazione e le opportunità offerte dalla prossimità – che in passato ha favorito i processi innovativi, lo scambio delle idee e le interazioni sociali – possono convivere efficacemente grazie al formidabile apporto della cultura della pianificazione, dimostrando che un altro modo di concepire le città e il loro governo è ancora possibile.”

-       Intervistati su “La Repubblica”, le “archistar” Massimiliano Fuksas13 e Stefano Boeri14, hanno espresso alcune idee sul futuro post-Pandemia, che contemplano anche una possibile fuga dalla città verso le attuali “seconde case” oppure verso i borghi semi-abbandonati delle “aree interne”, fuga sorretta dal “lavoro a distanza” (e in qualche modo annunciata, prima della Pandemia, dalla super-archi-star Rem Koolhass15, con la mostra ed il manifesto “Countryside”[E] :
-       - in particolare, Fuksas affianca a tale ipotesi un massiccio intervento pubblico sulla casa – a partire dalla manutenzione e riqualificazione dei quartieri popolari preesistenti – ed una riconsiderazione radicale delle abitazioni (studiata con un gruppo interdisciplinare), prevedendo uno standard minimo di 60 m2 per alloggio, con predisposizione di spazi per l’eventuale isolamento individuale e di presidi sanitari minimi[F]; nonché in ogni palazzo un piano comune per lo smart working (ma non è più razionale che ognuno provveda nel singolo alloggio?); ed ancora il superamento dei grandi ospedali e degli impianti centralizzati di aerazione, più bici e meno auto, ecc.
-       - Boeri auspica una sorta di gemellaggio tra aree metropolitane e “aree interne”, per incentivare i trasferimenti; per le città, a breve/medio termine ne ipotizza un uso più rarefatto, con ritorno alle piazze ed ai luoghi della cultura mantenendo i distanziamenti sanitari tra gli utenti, con i negozi che sfruttano gli spazi esterni sulle strade, con carreggiate veicolari ristrette, con più bici e meno auto (se non elettriche); ed un ripensamento degli spazi comuni dei “grattacieli”, con atri più ampli e più ascensori, spazio di atterraggio per i droni sul tetto, ecc.


QUALCHE RIFLESSIONE FINALE, MA PROVVISORIA

A mio avviso, poiché non si può prevedere ancora né la durata della Pandemia e le possibilità di conviverci in attesa dell’auspicato vaccino, né la profondità delle sue conseguente socio-economiche, è troppo presto per capire cosa prevarrà tra le tendenze contraddittorie che si stanno manifestando, non solo per le scelte socio-politiche più generali, ma anche per i complessi fenomeni urbani, dalla tendenza insediativa ai flussi di persone e merci, dal modo di lavorare e di consumare alla fruizione dei servizi e delle abitazioni, fino alla socialità e convivialità quotidiana.
Ad esempio a Milano, mentre i trasporti pubblici funzionano con capienza ridotta per garantire i distanziamenti tra le persone, si propone una accelerazione nell’offerta di percorsi ciclo-pedonali (e in prospettiva anche di “dehors” per negozi oltre che per bar e ristoranti), ma nel contempo si sospendono temporaneamente le restrizioni alle auto (zone B e C, nell’unica città italiana che ha sottoposto a pedaggio l’ingresso al centro); con il rischio che in caso di effettiva piena ripresa si determini una situazione di congestione fisica (ancor prima che di eccessive polluzioni), temperata forse dal tentativo di scaglionare gli orari di uffici, fabbriche (ce ne sono ancora!) e scuole, e dalla possibile persistenza delle attività  a distanza, mediate dalla rete telematica: una serie di equazioni impossibili da risolvere a-priori.

Per questo tutti i contributi teorici possono essere utili, soprattutto se – pur proiettandosi in scenari sconosciuti – fanno tesoro delle precedenti riflessioni ed esperienze e si accompagnano a concrete nuove sperimentazioni.
Nel concreto, perciò, riguardo all’ipotesi di “fuga dalla città”, ritengo che occorra misurarsi con le ricerche territoriali sugli assetti tendenziali dell’Italia di inizio secolo, che distinguono tra le aree metropolizzate (incluse a mio avviso ampi territori sub-urbani e semi-rurali, dove – pur “fuggendo” dalla densità dei nuclei urbani consolidati – è però facile tornarci entro un paio di ore, fruendo comunque, fuori dai grandi centri, e a “mezz’ora da casa” di una rete di molteplici servizi – scolastici, sanitari, sportivi, consumistici, ecc.) e le vere “aree interne”, (che ridefinirei “aree remote”), verso cui le distanze aumentano e dove i servizi sono rari e/o poco raggiungibili e/o poco qualificati (penso soprattutto al commercio al minuto, estinto nei piccoli centri, che divengono così repulsivi anziché attrattivi): non immagino che il post-Pandemia unito al tele-lavoro basti a rivitalizzare tali aree interne/remote, a meno di spingere il processo con massicci investimenti pubblici in infrastrutture, trasporti e servizi (forse comunque necessari ed opportuni), che Boeri forse evoca come “gemellaggi” con le metropoli.

Per ciò che concerne la rivisitazione delle tipologie edilizie residenziali, le “provocazioni” di Fuksas (che probabilmente alludono a ragionamenti più articolati) – e premesso che condivido in toto l’appello a rifondare una politica pubblica per le abitazioni -  andrebbero mediate con valutazioni sulla consistenza del patrimonio edilizio esistente e recuperabile (compresi gli “avanzi” cari a Luciano Crespi 18,19) e sulla articolazione della domanda (utilissime in proposito le elaborazioni sul campo del “social Housing di cui sopra a pag.4-5): in tal senso, più che ad uno standard minimo di superficie per alloggio, penso che si debba ragionare su moduli aggregabili e disaggregabili (come ad esempio i cosiddetti alloggi-canguro20), per adeguarli alla dimensione variabile di quello che oggi sono i “nuclei familiari”, accompagnata da una fluidificazione del mercato degli alloggi – in proprietà ed in affitto – studiata in favore della vita variabile di persone e famiglie (e non contro di essa).       

Più in generale riscontro che – sia prima della Pandemia che nel suo attuale perdurare – le riflessioni su casa, città e territorio da parte degli “addetti ai lavori” continuano ad essere caratterizzate da una elevata frammentazione, che rispecchia in parte gli specialismi disciplinari ed in parte le divergenze tra scuole e correnti (divergenze raramente misurate in un diretto confronto dialettico).
Tale frammentazione rende in apparenza inadeguati alle grandi sfide dell’oggi e del domani anche i contributi di ricerca più seri riguardo al ruolo ed alla trasformazione delle città e degli spazi aperti.
Ma non esclude un paziente lavoro di ricucitura culturale.

Fonti:
1.    Aldo Vecchi - SUOLO, TERRITORIO, URBANISTICA: A CHE PUNTO È IL DIBATTITO – su UTOPIA21, settembre 2019 LINK
2.    Michele Talia – L’ECCEZIONE E LA REGOLA – su “Urbanistica Informazioni” n° 284-285, pubblicato nel gennaio 2020
3.    Francesco Sbetti – BUONI PROPOSITI - su “Urbanistica Informazioni” n° 284-285, pubblicato nel gennaio 2020
4.    I.N.U., 30° Congresso – CONVEGNO: IL GOVERNO DEL TERRITORIO MONTANO NELLO SPAZIO EUROPEO – 3 aprile 2019 https://25c7af31-9ab8-49ce-b3c9-4872a0a587f.filesusr.com/ugd/f7633c_4b7f8473844b41799d980ecca482a572.pdf
5.    I.N.U. - VII RASSEGNA URBANISTICA NAZIONALE – 4 aprile 2019 https://25c7af31-9ab8-49ce-b3c9-54872a0a587f.filesusr.com/ugd/f7633c_14a0ee773b194eccb34158ab51939720.pdf
10. Francesco Sbetti – TRANSIZIONI - su “Urbanistica Informazioni” n° 286, pubblicato nell’aprile 2020
11. Autori Vari, a cura di Marino Regini – FOCUS: IL CAPITALISMO EUROPEO CONTEMPORANEO - LEZIONI DI SOCIOLOGIA ECONOMICA – sul n° 12/2019 del magazine “Via Borgogna 3”, edito dalla Casa della Cultura di Milano https://www.casadellacultura.it/magazine-on-line-casa-della-cultura.php
12. Francesco Merlo - THE DAY AFTER - FUKSAS "RIDISEGNARE LO SPAZIO VITALE NELLA CASA POST COVID" – su “La Repubblica” del 19 aprile 2020
13. Brunella Giovara - THE DAY AFTER - BOERI "VIA DALLE CITTÀ NEI VECCHI BORGHI C’È IL NOSTRO FUTURO" – su “La Repubblica” del 21 aprile 2020
14. Cloe Piccoli – REM KOOLHAAS – LA CAMPAGNA CI SALVERA’ – su “La Repubblica/Robinson del 9 maggio 2020
16. Aldo Vecchi - PROBLEMATICHE DELLA SOSTENIBILITÀ DAL FABBRICATO AL TERRITORIO – QqQuaderno n° 5 di UTOPIA21, settembre 2018 https://www.universauser.it/i-quaderni/quaderno-5-sostenibilita-dal-fabbricato-al-territorio.html
17. Giovanni Alfredo Barbieri, Federico Benassi, Marianna Mantuano – LE TRAIETTORIE EVOLUTIVE DELLE CITTA’ ITALIANE: DINAMIHCE DEMOGRAFICHE E CARATTERISTICHE SOCIO-ECONOMICHE – su “Urbanistica n° 158, pubblicata nel novembre 2017
18. Luciano Crespi - MANIFESTO DEL DESIGN DEL NON-FINITO – Postmedia Books, Milano 2018
19. Aldo Vecchi - LUCIANO CRESPI ED IL MANIFESTO DEL DESIGN DEL NON-FINITO – su UTOPIA21 del luglio 2019 - https://drive.google.com/file/d/1O3mfaTWoPW10LIo5ixipqZHcePTorMie/view



[A] Costringendo così ad accontentarsi:
-           per il convegno “IL GOVERNO DEL TERRITORIO MONTANO NELLO SPAZIO EUROPEO” 4, del programma dei lavori, attinenti tra l’altro a:
o          Le centralità urbane nei territori montani tra identità locale e accesso ai servizi
o          Fragilità e resilienza dell’ambiente di montagna.
o          La governance dei valori ambientali e paesaggistici
o          La montagna nelle reti globali. Prospettive di sviluppo locale integrato
o          La rigenerazione dei sistemi insediativi montani
-           per la 7^ RASSEGNA URBANISTICA NAZIONALE 5, del materiale preparatorio, che include brevi interventi audio-video dei probabili relatori ed una galleria di 58 “spot” di immagini con alcune frasi introduttive per altrettanti casi da illustrare e discutere nei seminari, sotto il cappello “Mosaico Italia: raccontare il futuro” (un futuro “caratterizzato da un'inarrestabile urbanesimo delle popolazioni”) e raggruppati in “Quattro strati narrativi che rappresentano pratiche innovative, sperimentazioni, inerzie. In una parola, piani che avanzano progetti di una società in profonda mutazione” :
o          ITALIA FRAGILE
o          ITALIA POLICENTRICA
o          ITALIA DELLE RETI
o           ITALIA CHE SI RIGENERA
[B] Tale indirizzo indicherebbe pertanto il superamento dell’affezione dell’INU verso la linea dello “sdoppiamento dei piani comunali tra strutturale ed operativo” e della “perequazione tra proprietari”, confermata dal disegno di legge Morassut (PD), che richiamavo nell’articolo di settembre 20191.
[C] tanto che – ad esempio – il 5° Presidente dell’INU, dal 1960 al 1969, dopo il decennio di Adriano Olivetti, fu l’ingegnere Camillo Ripamonti, democristiano di sinistra e sindaco di Gorgonzola per 34 anni, nonché parlamentare ed addirittura ministro contemporaneamente alla presidenza dell’INU.
[D] Nel contrastare queste tendenze al solipsismo accademico, la Casa della Cultura di Milano si rende benemerita anche sul fronte delle discipline socio-economiche, con la pubblicazione on-line – sempre gratuita – delle relazioni e dei file audio-video con i dibattiti, svolti nel 2017-2018 e concernenti 16 lezioni di “sociologia economica” 11 attorno al capitalismo europeo, che includono anche alcune ricerche originali, utili per confermare o smentire diversi luoghi comuni (di destra e di sinistra) su lavoro, occupazione, migrazioni, credito, ecc.
[E] Secondo Koolhaas sono errate le proiezioni dell’ONU sulla tendenza all’inurbamento, con il 68% della popolazione mondiale in città all’anno 2050, ed occorre invece esplorare tutte le risorse per insediamenti dispersi in quel 98% del territorio mondiale che ancora non è urbanizzato; rammentando le precedenti discutibili posizioni di Koolhaas sulla bellezza del sub-urbano, mi preoccupa ora la sua attenzione alla “campagna”; ma soprattutto ritengo che occorra fare preliminarmente, e per quanto possibile, chiarezza sui concetti di città e di campagna oggi (e domani), sennò spesso si rischia di non capirsi (Renzo Piano, ad esempio, sostiene al contrario che in Europa la campagna è già città 16); rimando in proposito al paragrafo 3.1 del mio Quaderno n° 5 di Utopia2117 e ad un articolo molto serio di fonte ISTAT su Urbanistica n° 158 18.

[F] (in parte elementari, come bilancia e termometro, in parte fattibili, come il saturimetro, altri a mio avviso un po’ meno , come “l’attacco per l’ossigeno”, se lo si intende alimentato con una rete capillare a pressione; mentre poco occorre predisporre in casa per una distribuzione organizzata di bombole all’occorrenza)

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