Il
“Festival dell’Utopia” di Varese, giunto nell’autunno 2019 alla 4^ edizione, si
è sviluppato in parallelo con la vita di “UTOPIA21”, nella reciproca autonomia,
pur avendo in comune la guida di Fulvio Fagiani, la promanazione da
Auser/Universauser ed il medesimo sito informatico. Pur essendo già radicata
una sostanziale transumanza di temi e proposte tra Festival e “rivista”, con
questa rubrica intendiamo rendere maggiormente presenti ai lettori di
“Utopia21” alcuni dibattiti svolti nei mesi precedenti nell’ambito del
Festival, che nel 2019 si è articolato sui seguenti filoni: I cambiamenti climatici -
- La
società digitale - Visioni a lungo termine delle città
I temi deI filone del
Festival 2019 “Visioni a lungo termine delle città”: La città è sempre più
l’intreccio tra ambiente, vivibilità, socialità, cultura. Come può essere la
piazza di domani? Recuperare gli ‘avanzi urbani’, costruire nuovi spazi di
vita, far convivere ed integrare smart city, green city, social city, mobilità
sostenibile. In una parola l’agenda urbana sostenibile.
Parte Seconda: gli avanzi urbani, la pedonalità a Varese e
altre utopie della mobilità
Sommario:
-
Luciano Crespi e la
rigenerazione degli avanzi urbani
-
utopie della mobilità,
con l’arch. Aldo Ciocia e l’assessore comunale Andrea Civati
- APPENDICE: SESTO CALENDE, SERATA SUL FUTURO
DELLA MOBILITA’ , 17 GEN 20 - UN COMMENTO
in corsivo le considerazioni più personali,
nonché una proposta finale (anticiclica e auspicabilmente
post-pandemica)
(per le figure, andare sul sito www.universauser.it)
Ai
temi ed alle domande di questo filone, il Festival 2019 ha provato a rispondere
con il concorso di esperti di diverse discipline, tendenze e formazioni; la
documentazione, purtroppo disuguale, nell’ampiezza dei materiali disponibili e
purtroppo anche nella qualità delle registrazioni sonore (queste presenti
comunque per tutti gli incontri) è accessibile sul sito www.universauser.it
e verrà analiticamente richiamata nei
rimandi alle “Fonti” di questo articolo.
Ho pensato di
suddividere in due parti la trattazione del “filone città”, per motivi
dimensionali e per affinità tematiche, a prescindere dalla successione
cronologica degli incontri nel calendario del Festival.
Inoltre, nell’economia
di questo articolo ho ritenuto opportuno dedicare un minor approfondimento ai
Relatori il cui pensiero è già stato affrontato più largamente da “Utopia21”,
come Luciano Crespi.1,2 Ho scelto altresì di trascurare i momenti
finali di dibattito dei singoli incontri, sia per motivi di spazio, sia per la
difficoltà di ricondurli ad elementi di continuità; così facendo ho sacrificato
anche il dovere di cronaca verso i puntuali interventi dell’assessore comunale
Andrea Civati, i cui contributi fondamentali però riferisco qui per il 5°
incontro (e per il 3° nel precedente articolo).
LUCIANO CRESPI E LA
RIGENERAZIONE DEGLI AVANZI URBANI
La
seconda puntata del ciclo si è svolta il 17 ottobre presso lo spazio Coop con
l’architetto Luciano Crespi e l’Assessore Civati, sul tema della rigenerazione
degli “avanzi urbani” 3,4,5 ed anche in relazione al laboratorio
condotto nel 2019, dal professor Crespi e colleghi con gli studenti della
Facoltà del Design degli Interni (Politecnico di Milano), specificamente
su quattro luoghi della città di Varese.
Di
tale esperienza e del testo programmatico (e del profilo professionale) del
prof. Crespi ho ampiamente trattato (anche
criticamente ed anche intervistando lo stesso Autore) nel numero di luglio
2019 di UTOPIA21,1 cui rimando pertanto per la conoscenza e la
discussione complessiva del tema, di cui riprendo di seguito i capisaldi
concettuali (traendoli dalle diapositive di presentazione del 17 ottobre)4:
-
“Attraverso
gli avanzi è possibile percepire una città invisibile. Ed è proprio la loro natura
di avanzo che sembra prestarsi particolarmente a operazioni di riscatto
finalizzate a offrire forme molteplici di ospitalità ai viandanti della
contemporaneità, agli «attraversatori di frontiere», ai neo-nomadi, ai
migranti, come in una sorta di passaggio di testimone, dalle precedenti storie
di cui quei luoghi sono stati teatro alle nuove storie che ancora devono avere
inizio.”
-
“
Si tratta di accogliere nel progetto come un «dono» gli elementi di degrado, le
«rughe», le crepe, presenti nell’opera esistente”.
-
“
Il XXI sarà, nel campo del progetto, il secolo destinato a misurarsi con il
tema della provvisorietà e precarietà, anche sotto l’aspetto delle pratiche
estetiche. ll design del non-finito si inscrive in questa prospettiva e
richiede l’elaborazione di una propria sintassi…..Rinuncia all’immagine
levigata per dare forma all’incompiuto, all’inaudito, all’impensato.”
Oltre
ad inquadrare, in premessa, la problematica degli ‘avanzi urbani’ nelle
prospettive drammatiche della crisi socio-economica ed ambientale e dei suoi
risvolti migratori, nonché negli sviluppi recenti del dibattito progettuale
sulle ‘abitazioni’, Luciano Crespi ha illustrato sia sinteticamente le proposte
degli studenti sui quattro manufatti varesini (più un quinto, lo spazio di via
Moro utilizzato temporaneamente per la mostra finale del laboratorio), sia
diversi casi di ‘avanzi’ (da sistemare o progettati o sistemati) in Italia e
nel mondo (in parte già presenti nel “Manifesto” del 20182, in parte
inediti), confrontandosi anche con l’attiguo tema delle costruzioni provvisorie
per l’emergenza abitativa (esempio IKEA e modulo proposto da Marco Zanuso nel
1972).
Ha inoltre presentato, con
affascinanti disegni (in parte effettuati da suo fratello, arch. Marino Crespi,
purtroppo recentemente scomparso), due progetti – a mio avviso eccedenti il riuso temporaneo e più prossimi ad un
duraturo recupero – relativi ad un magazzino ferroviario dismesso in Varese
(già oggetto del laboratorio didattico del 2018) e ad una ex-fabbrica di
Venegono Superiore (in collaborazione con l’arch. Giorgio Vassalli),
evidenziando anche – per il magazzino ferroviario – gli ostacoli normativi
incontrati dal Comune di Varese, che hanno finora impedito un seguito
all’iniziativa.
Infine il prof. Crespi ha
lanciato una suggestione – non verificata però in termini di fattibilità
“viabilistica” – sulla estensione dell’isola pedonale del centro di Varese
all’intera piazza Montegrappa ed al trafficato asse che la attraversa, da via
Volta a via Marcobi,
Figure 1-2: Varese, planimetria
dell’isola pedonale di corso Matteotti e dintorni e proposta di estensione (in
rosso gli spazi pedonali)
presentando suggestive immagini
virtuali degli spazi pedonalizzati e vissuti (a cure di Francesca Girola e
Giorgia Licari), nonché la sua proiezione “metafisica” – vedi oltre figura 3 - (e ricollegandoci quindi pienamente al tema
delle ‘piazze’).
Mentre Crespi ha sostenuto la sua
proposta - che contiene al momento indubbi elementi di utopia - anche come
possibile obiettivo “politico” per alzare il livello culturale del confronto
urbano, l’Assessore Civati ha ricondotto la questione in termini di realismo,
richiamando le complesse vicende dei precedenti interventi di pedonalizzazione
(quelli tentati e quelli riusciti) e di esasperate proposte di ‘sensi unici
globali’ per il traffico veicolare, modalità di trasporto purtroppo oggi ancora
vincente sul piano ideologico; inoltre ha collegato il tema della rigenerazione
degli ‘avanzi’ con altri aspetti, quotidiani e/o strategici, della
pianificazione a livello comunale, dal risparmio del consumo di suolo alla
trasformazione e crisi del commercio tradizionale, mostrando di apprezzare gli
‘usi temporanei’, perché utili a sperimentare flessibilmente la possibilità di
nuove destinazioni (complementari al commercio) per ravvivare gli spazi urbani.
Ha da ultimo espresso ottimismo su
nuove forme di gestione amministrativa degli spazi pubblici dimessi (come le
“concessioni di valorizzazioni”, sperimentate dall’Agenzia del Demanio per fari
e case cantoniere), per superare inerzie come quelle verificatesi sul progetto
del magazzino ferroviario di Varese.
Figura 3 - “Piazza
Monte Grappa, Alla maniera di Giorgio De Chirico”, disegno di Luciano
Crespi, 2019
UTOPIE DELLA MOBILITÀ,
CON L’ARCH. ALDO CIOCIA E L’ASSESSORE COMUNALE ANDREA CIVATI
Nell’incontro
finale del filone sulle città 6, il 28 novembre allo spazio Coop,
modificando il programma, è intervenuto all’inizio l’Assessore Civati, che ha
illustrato i criteri riformistici dell’Amministrazione Comunale in materia di
traffico e trasporti, in un contesto culturale ancora molto affezionato
all’automobile (Varese è al massimo in Italia per l’indice di motorizzazione,
cioè il numero di auto immatricolate per ogni residente; ma anche per la
percentuale di vetture ibride od elettriche).
Il
Piano “Varese si muove” include interventi coordinati sul trasporto pubblico e
sulla sosta delle autovetture, privilegiando i parcheggi esterni di
interscambio, dai quali gli autobus verso il centro sono resi gratuiti, e
polarizzando i servizi degli autobus sulle linee forti (dai suddetti parcheggi
e dai quartieri più popolati), per ridurre l’assedio delle auto in città; sulle
linee degli autobus urbani funzionano nuovi obliteratori, con tessere
pre-pagate che applicano sconti progressivi automatici in favore degli utenti
più assidui.
Ricollegandosi
anche agli altri incontri del ciclo, l’Assessore ha inoltre segnalato ulteriori
studi per il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, che – previa analisi dei
flussi di tutti i tipi di traffico – potrebbe portare anche ad una estensione
delle aree pedonali.
Secondo
Civati l’utopia oggi possibile non è una città senza auto, bensì uno spazio
veramente “urbano”, in cui gli automobilisti, responsabilizzati anche
tariffariamente sui costi sociali dell’auto, coesistono con gli altri mezzi di
trasporto (valutando positivamente il gradualismo del Comune di Milano, che con
fatica sta facendo rinascere significative parti della città).
Aldo
Ciocia, architetto/urbanista milanese, con diversificate esperienze da
ricercatore-progettista-valutatore e dirigente pubblico manager nel campo
della mobilità sostenibile, ha quindi impostato laal
sua conferenza7 sul valore del pensiero utopico
nello sviluppo della mobilità sostenibile, pensiero che può trovare un
rapporto proficuo con il progresso tecnologico senza confondersi con esso e coltivando
le proprie ispirazioni etiche. divario tra il
“neutrale” progresso tecnologico e l’effettiva ricerca di soluzioni favorevoli
per l’uomo e per l’ambiente, come ha clamorosamente rivelato lo scandalo del
Dieselgate, dove l’innovazione tecnica è stata piegata a fini aziendali contrastanti
con il benessere e la salute.
Ciocia
ha focalizzato l’attenzione su tre esperienze a suo parere emblematiche, specifiche
che coprono
un arco di tempo lungo, ma sono legate
da un triplice filo
conduttore: la sensibilità verso l’ambiente; la creatività
metodologica stimolata dalle nuove
potenzialità tecnologiche ed informatiche; la generosità degli
operatori che le hanno concretizzate o promosse. La prima
esperienza si è positivamente conclusa ed ha fatto scuola; (cui ha
personalmente partecipato a vario titolo), la prima positivamente conclusa,; la seconda è stata tentata ed è rimasta
sulla carta ma sta registrando una lenta “proliferazione” nell’odierna pratica di pianificazione della
mobilità; ed aperta, la terza
è ancora
in nuce
e potrebbe dar luogo a novità normative d’interesse europeo di vasta
portata.:
1.
-Il passato: G Genova anni ’80. : aA fronte delle problematiche
complesse di un territorio intensamente urbanizzato, stretto tra il mare e le
valli appenniniche, la necessità di una riformulazione dell’offerta di
trasporto pubblico (per alleggerire una congestione del traffico veicolare già allora
insostenibile), – grazie alla fiducia degli
amministratori verso il metodo scientifico proposto da un ampio
gruppo di lavoro costituito da tecnici e i ricercatori, e studiosi ha portato alla comportato l costruzione
ex-novo di un sistema completo di simulazione della mobilità su strada e su
mezzi pubblici, sistema in grado di valutare la situazione esistente, ma anche di formulare
previsioni future in base a scenari urbanistici ed economico-comportamentali.
L’esito è stato il primo piano italiano della mobilità sostenibile,
imperniato sullo sviluppo dei sistemi su rotaia (ferrovia urbana e
metropolitana).
2.
Il presente:
Piemonte, - Lombardia, primi anni
2000:
un concessionario del Trasporto Pubblico Locale, preoccupato per la progressiva perdita
di clienti in ambito extraurbano e per la
rigidità dei contratti di servizio del TPL solitamente affidati messi
abitudinariamente a base degli appalti per la gestione delle linee del TPL
(con
frequenze di corse, numero di corse,
orari ed,
itinerari
fissi), ha voluto finanziare una ricerca originale per ipotizzare
una diversa soluzione alla crisi strutturale del servizio bus l TPL nelle
ore “non-di-punta”;: si è così
proceduto a costruire inventare un particolare sondaggio
di mercato su un nuovo tipo di servizioprodotto che non esiste,
una sorta di taxi-bus a chiamata. Ad un campione di utenti bus è stato
chiesto di immaginare questo servizio ipotetico, valutandone gli attributi
essenziali: la distanza della fermata da casa o dal luogo di destinazione, le modalità
di prenotazione del servizio ed il tempo di attesa conseguente, il tempo di percorrenza
a bordo, i costi:, il tutto
ponendo a confronto il sistema bus di gestione
“tradizionale” con il sistema “a chiamata”. (Ponendo dei quesiti a
scalare del tipo “prenderesti il mezzo pubblico anziché usare l’auto privata se
la fermata fosse a tot metri, con attesa di tot minuti, con una tariffa di tot
€?”) Ne è scaturito un quadro molto
articolato del gradimento degli utenti ed anche della loro
disponibilità a pagare per miglioramenti
sostanziali del servizio.
Se la ricerca ha portato a risultati
promettenti, con benefici attesi sia per gli utenti sia per il
concessionario, più problematico è risultato l’avvio di
una negoziazione con gli Organi competenti e le componenti sindacali circa
l’effettiva applicabilità del nuovo modello di servizio “a chiamata”, anche
solo a titolo sperimentale. Al di là dell’esperienza citata
le sperimentazioni del servizio a chiamata si stanno diffondendo in contesti
molto vari, dalle città metropolitane alle valli alpine ed appenniniche, alle
aree a bassa densità insediativa in genere. La discussione sul vecchio
modello di gestione e sul suo superamento è ormai
ineludibile.
3.
Il futuro:- Europa. , oggi: aSostenibilità è lotta al cambiamento climatico ma anche sicurezza stradale. Al cospetto con la permanente gravità dell’incidentalità stradale i rischi, mortali e non mortali, per gli incidenti
stradali, e
delle inerzie dei legislatori in materia (malgrado i 3500 caduti ogni anno, già
solo in Italia), un gruppo europeo di esperti ricercatori ha lanciato un appello per introdurre
obbligatoriamente sulle automobili il sistema l’I.S.A.(Intelligent Speed Adaptation ssistance ovvero un
"limitatore di velocità intelligente"), cioè un dispositivo che fa interagire il motore del
singolo veicolo con la segnaletica stradale rilevata per via satellitare, adeguando automaticamente il regime di giri ai limiti di
velocità vigenti. L’appello segue di alcuni anni una serie di studi svolti in
Danimarca, Olanda e Gran Bretagna alla fine degli anni ’90 ed una sperimentazione svolta con
successo in Svezia (con
ripetitori locali) fra il 1999 ed il 2002 su circa 5000 veicoli. Oggi interattivo, già sperimentato largamente in
Svezia all’inizio del secolo (con ripetitori locali) ed oggi quell’esperienza appare generalizzabile grazie alla diffusione dei con i navigatori e di una rete la rete satellitare ad alta qualità, in grado di georeferenziare
con precisione ed in tempo
reale ogni veicolo
sulla rete stradale percorsa., che interviene direttamente
sul motore (oppure segnalando al guidatore, in una versione più blanda) per
trasmettere gli impulsi di riduzione della velocità, adeguandola ai limiti
vigenti e/o alle condizioni specifiche momentanee per la sicurezza del
traffico.
L’appello, cui stanno aderendo Enti Locali e Associazioni di tutti i
Paesi UE, già esaminato
favorevolmente dal Parlamento Europeo nel 2019;, dopo diversi rinvii, è
ancora lungi dal divenire una cogente Direttiva, perché occorre vincere le
resistenze culturali connesse al mito della
velocità (irresponsabile) come libertà, che già oggi si manifestano nella
diffusa insofferenza verso gli strumenti passivi di mitigazione, del tipo dossi
e chicane (invero meno efficaci di quanto sarebbe l’I.S.A.).
Figura 4 – l’incontro con Aldo Ciocia e Andrea Civati allo
spazio Coop il 28 novembre
Collegando
le tre esperienze, l’architetto Ciocia ha evidenziato che i passi in avanti non
sono scontati, ma che ciascun tentativo dimostra di poter lasciare un
seme: il passato (in questo caso, di Genova) è diventato presente ed i software
di simulazione sono ormai commercializzati ovunque ed utilizzati anche in
piccole cittadine; il presente prospettato
dalle indagini di mercato sull’utenza (nel citato tentativo
piemontese) sta per diventare futuro; il futuro (nel caso dell’appello di
ISA) è un nuovo sogno di sostenibilità, da condividere. Per la
sostenibilità, in conclusione, serve tenacia, creatività e richiedono
memoria del passato, tenacia e generosità di sforzi nel tentare
qualcosa di nuovo, senza garanzie di successo. E con la capacità di sfruttare
al meglio le potenzialità dell’innovazione tecnologica., e sono
possibili solo se si elabora una visione del futuro, discernendo quanto vi è di
positivo nelle opzioni delle nuove tecnologie.
Sono queste le
componenti Tessendo quindi l’elogio del “pensiero
utopico” che ci è necessario, come è per con l’immagine
di un bambino che cerca per la prima volta di camminare, compiendon
successivi
numerosi tentativi dapprima
infruttuosi, ma imparando dalla memoria dei suoi stessi errori, perché insegue
il sogno di muoversi liberamente (forse
non a caso il sogno, per un “trasportista”, consiste nella “mobilità”; la
difficoltà è ora di renderla “sostenibile”, e forse non a caso ho trovato altri
“trasportisti”, come Aldo Ciocia, combinare l’utopia con la concretezza del riformismo
quotidiano, tra un semaforo ed una rotatoria).
In connessione con due
argomenti affrontati da Aldo Ciocia, il DieselGate e la mortalità per incidenti
stradali, ritengo opportuno agganciare di seguito come Appendice una mia
riflessione su una serata di divulgazione ambientalista svoltasi a Sesto Calende
nello scorso gennaio, sul tema del futuro della mobilità (ma di fatto solo
dell’auto elettrica).
APPENDICE:
SESTO CALENDE: SERATA SUL FUTURO DELLA MOBILITA’ , 17 GENNAIO 2020: UN
COMMENTO
Diversamente dai precedenti
incontri promossi dall’Associazione E.T. ed altri e patrocinati
dall’Amministrazione Comunale, sempre con la partecipazione di ricercatori
connessi al Centro di Ricerca Comunitario di Ispra, la terza serata, dedicata
al futuro della mobilità, con Giorgio Martini (specialista della motorizzazione
tradizionale) e Harald Scholz
(specialista della motorizzazione elettrica), a mio avviso è rimasta troppo
racchiusa nella specificità dei contributi tecnici (all’opposto dei precedenti
confronti), e non ha spaziato a sufficienza sulla questione complessiva di una
“mobilità sostenibile” .
Pur apprezzando la tenace
competenza scientifica dei relatori, e la loro capacità di divulgazione in un
campo facile ad essere invaso dalla fake-news e dalla leggende da bar, più o
meno metropolitano, mi è sembrato che - malgrado alcuni accenni dell’ing.
Scholz ai vantaggi del trasporto pubblico (purché elettrico) ed una clamorosa
immagine da lui stesso, presentata, con la congestione del traffico auto-veicolare
a New Delhi, e malgrado la statistica (calante, ma tuttora impressionante) sui
25.000 morti annui per incidenti stradali in Europa, richiamata invece dal
dott. Martini - i ragionamenti
sostanziali della serata (tranne una timida domanda sul rapporto tra velocità e
consumi) si siano svolti nella direzione di un auspicio verso nuove
normative e nuove tecnologie in grado di rendere la motorizzazione privata
compatibile con la qualità dell’aria, dapprima (“Euro 7”), e poi con la
riduzione delle emissioni di CO2 (auto elettrica e relative batterie e
ricariche).
Come se le auto non avessero:
-
un volume, che – ai nostri elevati
livelli di motorizzazione - incide sull’uso e consumo del suolo già quando le
auto sono ferme (box, autorimesse, parcheggi), e diviene insostenibile quando
molte di esse insieme convergono nelle città alle ore di punta (la foto di New
Delhi è pazzesca anche immaginandola composta da vetture tutte quante
elettrificate; ma anche Sesto Calende alle 18 del venerdì e sabato non è un
bello spettacolo, in specie se nell’attigua CastelVegas sono in campo saldi e
cotillons);
-
una superficie, che quando è esposta al
sole lo riflette, peggiorando il microclima locale (effetti mitigabili in parte
con “carrozzerie fotovoltaiche”, oggi proposte solo da alcuni produttori, o
almeno con tettoie fotovoltaiche e/o vegetali sopra i parcheggi);
-
un peso, da una tonnellata (utilitaria) a
due tonnellate (SUV), di materiali costosi da reperire, lavorare e smaltire
(l’argomento in serata è stato accennato per le sole batterie al litio), e
ancora ben lungi dall’essere incluso in una logica di economia circolare (la
vita media di un autoveicolo è attorno al decennio, e le sue componenti vengono
distrutte per poter essere – solo in parte – riutilizzate): a fronte di un residuo
secco del ciclo dei rifiuti urbani medio di 100 kg/anno pro capite (solo pochi
comuni virtuosi come Sesto C. &C. sono già scesi sotto i 75 kg), i “rifiuti
speciali automobilistici” prodotti da ogni europeo medio risultano circa
altrettanto (poco meno di un auto pro-capite per poco più di dieci anni, per
più di una tonnellata/auto >= 100 Kg/anno);
-
una velocità, limitata in Italia teoricamente
a 50 Km/h in città, 90 fuori città ed a 130 Km/h in autostrada, che – applicata
alla suddetta massa tra 1 e 2 tonnellate di ogni veicolo – lo trasforma in un
proiettile sempre pericolosamente puntato contro la vita degli altri, pedoni ed
automobilisti, nonché verso i conducenti stessi ed i loro passeggeri;
pericolosità che aumenta, se non ricordo male, in funzione del quadrato della
velocità stessa; mentre resta intatto il sostrato mitologico e pubblicitario
della velocità come progresso e come potenza maschilista.
Figura 5 – una
autovettura con pannelli fotovoltaici incorporati nella copertura
Mi aspettavo (e mi aspetterei)
che, invece, da un lato l’automobile venisse (venga) trattata come un merce più
o meno sostenibile in tutti gli aspetti del suo ciclo di vita (come ci ha
spiegato nel precedente incontro la dott.ssa Serenella Sala, sempre del CCR di
Ispra), e d’altro lato che la mobilità sostenibile fosse (sia) indagata
come un sistema complesso di diverse
modalità di trasporto, dalla bici e dal monopattino al jet ed alla nave porta-
container, in parte alternative ed in parte complementari, dove – nella dinamica delle tecnologie e dei
prezzi, delle normative e degli incentivi/disincentivi fiscali - si cerchi di privilegiare – guidati dai
pubblici poteri – i mezzi di volta in volta meno inquinanti per ogni specifico
tipo e lunghezza del viaggio: ad esempio i piedi, il mono-pattino, la bici o
l’auto elettrica (magari a guida automatica e condivisa in “car sharing”) fino
alla prima fermata del trasporto pubblico, il treno fino alla fine del
continente, l’aereo solo tra un continente e l’altro, ecc. (con le dovute
complicazioni per bambini, anziani, disabili; differenziando i movimenti per il
lavoro e lo studio da quelli per il tempo libero; verificando gli impatti
positivi del tele-lavoro e della telematica in generale; con tutt’un altro
ragionamento daccapo per le merci, e così via). Criteri che sono tratteggiati
anche nella nuova strategia di riconversione ecologica della Commissione
Europea.
Ed è proprio il peso concreto e
positivo dell’Europa nel condizionare e al tempo stesso promuovere i “mercati”,
come dimostrato nelle analitiche dissertazioni di Martini e Scholz, che mi
porta ad auspicare una concretizzazione delle nuove strategie della Commissione
UE, anche in materia di mobilità, in direttive e normative efficaci e cogenti,
ben aldilà di Euro7 e dell’elettrificazione di tutta la flotta.
UNA
PROPOSTA FINALE (anticiclica e auspicabilmente post-pandemica)
Se alla scala locale
l’approccio riformista alla mobilità sostenibile, anche quando ispirato a
visioni utopiche, non può essere altro che graduale, per tenere conto della
vischiosità delle abitudini e della necessità di guadagnare consenso con
piccoli passi, ritengo che alle scala delle decisioni di competenza nazionale
ed europea siano invece possibili e necessari alcuni decisivi “balzi in
avanti”, quali la drastica limitazione delle velocità massime degli autoveicoli
(sulla scia di quanto esposto da Aldo Ciocia) e parte di quelli annunciati
dalla Commissione Europea (i cui progetti dovranno ora essere esplicitati, ma
in correlazione con le problematiche della sopravvivenza socio-economica alla
Pandemia da Coronavirus).
Proprio anche in
funzione anticiclica, mi piacerebbe immaginare, ad esempio, che – in una
situazione di inquinamento atmosferico “strutturale” come quella delle città
italiane, in particolare nel bacino padano, ma anche in casi geografici di
“catino locale”, come Frosinone – venissero radicalmente accelerati i programmi
di sostituzione degli autobus diesel con autobus elettrici (che Milano – pur
all’avanguardia in Italia - prevede di ultimare solo entro il 2030, mentre Roma
ritiene di poter iniziare solo dal 2025), ivi compresa l’ipotesi di “riadattamento
elettrico” (retrofit) degli stessi veicoli, quando recenti e validi.
Si potrebbe e dovrebbe così
pilotare anche – tramite una domanda pubblica così massiccia – una adeguata
politica industriale per l’offerta di tali prodotti (mentre al momento le
aziende italiane del settore sono pressoché agonizzanti).
Ipotizzo nel contempo,
sempre nell’ipotesi di un uso dinamico della spesa pubblica in funzione
anti-ciclica, una contestuale accentuazione dell’offerta di trasporto pubblico
– urbano e locale – da finanziare almeno in parte con un incremento mirato dei
pedaggi a carico delle autovetture private (in particolare se con singolo passeggero),
non solo sulle autostrade (possibilmente non a beneficio dei concessionari…),
ma anche nell’accesso alle città, sul modello della zona C di Milano, oppure
anche tramite la modulazione delle tariffe dei parcheggi, dalla gratuità di quelli periferici
di interscambio al maggior scaglione per quelli centrali (come in parte già
avviato dal Comune di Varese, ed illustrato dall’Assessore Civati – vedi sopra
-).[A]
Il trasporto pubblico
su gomma è solo un tassello delle diverse politiche da orchestrare per
promuovere complessivamente la sostenibilità della mobilità (mobilità la cui
compressione forzata stiamo tutti mal-sopportando in questo periodo di
resistenza alla pandemia): come sopra accennato, si tratta di politiche che
vanno dal tele-lavoro alla logistica intercontinentale, dall’integrazione
aereo/treno e navi/TIR, alla riorganizzazione dei percorsi urbani, dalla
riconversione dell’industria automobilistica alla disciplina di taxi ed
autonoleggi, dalla “guida autonoma” al car-sharing (senza dimenticare bici e
monopattini…).
Ma in questo contesto
mi pare che una maxi-offerta di autobus elettrici sia il tassello più adatto
per una rapida accelerazione, anche simbolica, e capace di coniugare benessere
ambientale, vivibilità urbana e rilancio occupazionale, senza attendere i tempi
lunghi delle pur necessarie opere infrastrutturali – dalle ciclabili alle
ferrovie – e delle complesse operazioni di rigenerazione urbana.
Questa proposta di
accelerazione, specificamente mirata al rinnovo dei mezzi pubblici su gomma,
può beni inserirsi negli sforzi di programmazione in atto, in materia di
Mobilità Sostenibile (e più seri di altri programmi settoriali avviati in
Italia), definiti dalla legge 232 del 2016 (Piano Strategico Nazionale) ed in
corso di elaborazione da parte delle Città Metropolitane e di altre città, per
lo più superiori a 100.000 abitanti, coordinate dal Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti 8: il cui bilancio pluriennale è però a mio avviso
largamente insufficiente rispetto alle necessità ecologiche e sociali di una
vera svolta progressista (le scadenze per i bus
elettrici previste da Milano e Roma, cui sopra ho accennato, sono indicative di
questo divario).
Inoltre, nel breve periodo
(auspicando cioè che dalla pandemia Coronavirus si esca in tempi brevi), una
maggior offerta in termini di numero di corse dei mezzi pubblici (per quanto
possibile con l’attuale parco-macchine e con il personale disponibile) potrebbe
divenire necessaria per consentirne di nuovo un uso di massa, ma in condizioni
di sicurezza anti-contagio (come già si sta facendo in
queste prime settimane di ripresa,ad
esempio con solo con i posti contingentati, ed
estendendo – a mio avviso - l’obbligo di prenotazione, per
non accrescere gli assembramenti alle fermate)a
sedere, dimezzati e prenotati): a pena, altrimenti, di un “ritorno
alla normalità” con un traffico autoveicolare privato ancora più anomalo ed
insostenibile per i nostri poveri bronchi e polmoni, appena scampati al
terribile virus coronato.
Figura 6 – un autobus trasformato a trazione elettrica
La proposta di un
intervento massiccio di spesa pubblica mirata al trasporto pubblico fa il paio
con quella di affrontare sul serio, in ottica pluri-decennale, ma - da subito
(cioè subito dopo la pandemia) - con una cospicua accelerazione rispetto agli
investimenti finora programmati, i bisogni sociali arretrati di casa, di città
e di “territorio risanato” (rispetto alle problematiche sismica, idrogeologica
ed ambientale, e quindi anche ed ancora trasportistica), di cui su Utopia21 ci
siamo già più volte occupati (ad esempio nell’editoriale di luglio 2018, anche
riguardo alle risorse da reperire 98),
e ci occupiamo in altri articoli di questo numero.
In tale ambito di
“rigenerazione urbana” rientrano pienamente gli “avanzi” vivi-sezionati da
Luciano Crespi (con maggiore o minore importanza, mi permetta però Luciano, per
la sua “estetica del non-finito”).
Fonti:
1.
Autori
Vari - LA RIGENERAZIONE DEGLI AVANZI URBANI -
registrazione vocale dell’incontro del 17 ottobre 2019 al Festival
dell’Utopia di Varese https://drive.google.com/file/d/155EHwnnnNUOV_F7Fq8jHKB_B8HmMMQmw/view?usp=sharing
2.
Luciano
Crespi - LA RIGENERAZIONE DEGLI AVANZI URBANI -
slides di presentazione per l’incontro del 17 ottobre 2019 al Festival
dell’Utopia di Varese
3.
Luciano
Crespi – DESIGN DEL NON FINITO - testo
elaborato per l’incontro del 17 ottobre 2019 al Festival dell’Utopia di Varese https://drive.google.com/file/d/1Za_MWWD7kXHcl5WgwW49pDrcw7DILvzu/view?usp=sharing
4.
Aldo
Vecchi - LUCIANO CRESPI ED IL MANIFESTO DEL DESIGN DEL NON-FINITO – su UTOPIA21
del luglio 2019 - https://drive.google.com/file/d/1O3mfaTWoPW10LIo5ixipqZHcePTorMie/view.
5. Luciano
Crespi - MANIFESTO DEL DESIGN DEL NON-FINITO – Postmedia Books, Milano 2018
6.
Autori
Vari – LE UTOPIE DI MOBILITA’ URBANA -
registrazione vocale dell’incontro del 28 novembre 2019 al Festival
dell’Utopia di Varese
7.
Aldo Ciocia - LE UTOPIE DI MOBILITA’ URBANA - testo della comunicazione all’incontro del 28 novembre 2019 al Festival
dell’Utopia di Varese
https://drive.google.com/file/d/1EWaSUTwKgh9DTYy8aad2PZZ8GzN-eZxp/view?usp=sharing
8.
Autori
Vari, a cura di Ilario Abate Daga – MOBILITA’ SOSTENIBILE NELLE CITTA’ CONTEMPORANEE:
PUMS METROPOLITANI – su “Urbanistica Informazioni n° 286 del “luglio-agosto
2019”, pubblicata in aprile 2020
9.
Aldo
Vecchi - L’UTOPIA (ITALIANA) DEL DIRITTO
A UNA CASA, PER TUTTI – su UTOPIA21 del luglio 2018 - https://drive.google.com/file/d/1BX9Vb9D-20iw3gvlhLkN9jU1yTVWg5UR/view.
[A]
Su Varese rileverei però, come utente,
che l’offerta attuale di parcheggi di interscambio mi sembra limitata: arrivando
da Sesto Calende finisco (finivo?) facilmente a parcheggiare sotto la centralissima
piazza Repubblica (autosilo), perché di parcheggi di interscambio non se ne
incontrano, né salendo da Mornago-Azzate (via Gasparotto/viale Europa), né da
Cassinetta-Cazzago Brabbia (via Corridoni/viale Pietro Chiara).
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