SUGLI “APPUNTI DI STORIA E TEORIA DELL’UTOPIA” DI CARLO ALTINI
di Aldo
Vecchi
Breve riepilogo di un
sintetico panorama sull’ampio ventaglio delle utopie nella storia
dell’Occidente
Sommario:
- utopia e distopia nella crisi della
modernità’
-
dai
filosofi greci al Rinascimento, ed oltre
-
utopia
degli anti-utopisti
- llluminismo, e considerazioni finali
UTOPIA E DISTOPIA NELLA CRISI DELLA MODERNITA’
L’introduzione di Carlo Altini al testo, edito
da “Il Mulino” nel 2013, “Utopia – storia e teoria di un’esperienza filosofica
e politica” 1 (di cui mi riservo di recensire in futuro anche i
singoli contributi dei diversi Autori che lo compongono[1])
costituisce una sintetica esposizione del pensiero utopico (occidentale),
inquadrato storicamente, anche se non è interamente proposta lungo una sequenza
temporale lineare.
Infatti il primo capitolo si apre con il ri-proporre
le note categorie utopia/distopia, evidenziando che la distopia pretende
“omologazione culturale” ed una ‘perfezione sociale’ che bandiscono ogni
ulteriore utopia, mentre l’utopia
“giusta” comporta apertura e incompiutezza, attesa e libertà; e colloca le
radici di tale dicotomia nella “modernità”, dove l’homo faber inizia a
progettare la stessa società umana.
Mentre il secondo capitolo ne attualizza il
dibattito rispetto alle recenti fasi storiche:
-
della caduta del socialismo reale e della
connessa utopia liberale di un mondo senza barriere e senza guerre;
-
della realtà della globalizzazione con
l’emergere di nuovi conflitti e nuove crisi, sociali e migratorie, economiche e
finanziarie, climatiche ed ambientali, politiche e religiose, e con il
rinascere di soggetti pre-moderni come il fondamentalismo islamico;
-
della inadeguatezza dei modelli dello stato di
diritto e del welfare ed anche in particolare degli incerti sviluppi
dell’Unione Europea (in cui comunque l’Autore ripone residue speranze).
Altini puntualizza la crisi della modernità nel passaggio da un
“sapere è potere” (Bacon) assunto dall’Illuminismo come “prassi rivoluzionaria”
ad un assetto attuale in cui i poteri monopolistici usano il sapere come
dominio classista, acquisendo il consenso delle masse attraverso “il controllo
dell’immaginario” (una sorta di “utopia dell’eterno presente”): e vede una
speranza di democrazia solo attraverso la riappropriazione dal basso del sapere
e dell’immaginario.
DAI FILOSOFI GRECI AL RINASCIMENTO, ED OLTRE
Dopo questo scorcio quasi militante sulla
contemporaneità, l’Autore inizia ad esporre nei capitoli terzo e quarto una
rassegna (in ordine cronologico) dei principali passaggi storici di maturazione
della problematica dell’utopia, focalizzando in particolare l’attenzione sulla
filosofia dell’antica Grecia e sulla svolta rinascimentale:
-
nel triangolo Sofisti/Socrate/Platone,
evidenzia soprattutto il nascente conflitto tra la “filosofia” – che ricerca la
“verità” contro le credenze tradizionali – e la “politica” – che invece
esercita prudenza verso le tradizioni e verso gli interessi, perché ha bisogno
di fondarsi su qualche mito e non può “sconfiggere la resistenza radicata
nell’’amor proprio’ degli uomini, in definitiva nel corpo”; se nella pratica
occorre accontentarsi della soluzione migliore tra quelle (imperfette) che sono
possibili, si apre al peso delle “opinioni” soggettive, ma ci si allontana
dalla “verità” ipotizzata dai filosofi;
-
nella ricerca di “renovatio” innescata nel
Rinascimento, e proseguita nei secoli successivi, oltre all’immaginazione (poi
divenuta ‘canonica’) di Thomas More, Altini sottolinea la dialettica tra la
consapevolezza sulla tragicità della condizione umana e le tensioni profetiche
e apocalittiche, dal disincanto di Macchiavelli e Guicciardini alla spirale
innovativa di Giordano Bruno (e poi di Campanella, però con risvolti
totalitari).
Il capitolo quarto esamina poi il consolidarsi
– a partire dal Seicento - della
letteratura utopica come ‘genere letterario’, connesso in parte agli sviluppi
delle scienze (dalla Nuova Atlantide di Bacone al Sogno di Keplero), ma anche
come manifestazione e strumento di ribellioni sociali: in particolare, nelle “…
utopie politiche fondate su fedi religiose…” come “La legge della Libertà” di
Gerard Winstanley (1652) “…le rivendicazioni sociali – di libertà, uguaglianza
e giustizia – si fondono con le attese escatologiche e millenaristiche…” e vi
“… emergono tratti di contestazione radicale nei confronti della società
esistente che determinano violente rivolte e sollevazioni popolari in cui la
dimensione utopica non ha alcun carattere consolatorio; al contrario essa è il
motore attivo del mutamento politico”.
Sorvolando sull’Illuminismo, che viene
trattato in un successivo capitolo, l’Autore passa ai grandi disegni utopici dell’Ottocento,
tra cui i più noti quelli di Owen, Saint-Simon, Fourier e Proudhon (in parte
sperimentati ‘sul campo’), caratterizzati dal confronto con la nascente
industria capitalistica, e differenziati dall’accentuazione dei temi liberali
(individualismo, concorrenza, proprietà) in alternativa ai temi socialisti
(lavoro, solidarietà, cooperazione).
UTOPIA DEGLI ANTI-UTOPISTI
Nel quinto capitolo Altini analizza il nesso
tra utopia, attivismo e fiducia nel progresso e rileva come una sorta di
progettualità politica (e quindi oggettivamente di utopia) emerga anche dalle
posizioni anti-utopistiche di pensatori come Hobbes e Spinoza: quest’ultimo si
riferisce non ad un “uomo ideale”, ma concreto, e quindi impastato dei suoi
“vizi”, e in tale contesto – in contrapposizione ai filosofi utopisti –
rivaluta i politici in quanto conoscitori della realtà delle relazioni umane;
ed è da simili considerazioni che si fonda poi il giusnaturalismo, che
presuppone una uguaglianza tra gli uomini che delegano la sovranità allo stato,
concepito quindi come una costruzione artificiale.
Esplicitamente anti-utopista è anche Marx, che
vede negli esperimenti comunitari dei vari ‘falansteri’ una fuga romantica
rispetto alla realtà della lotta di classe, sulla cui lettura, con pretese di
scientificità, Marx stesso invece proietta un necessario futuro di superamento
del potere della borghesia. Cristallizzando il quale, si sconfina nuovamente
nell’utopia, in questo caso nell’utopia del comunismo, che Altini così articola
tra le successive tendenze del marxismo:
-
riformisti, che sfumano il comunismo al
termine di un processo graduale, ancorché ineluttabile,
-
rivoluzionari leninisti, che – attraverso la
coscienza rivoluzionaria del partito – ipotizzano la dittatura del
proletariato, con l’orizzonte del comunismo come utopia finale,
-
rivoluzionari radicali, come gli spartachisti, che partono dalla spontaneità rivoluzionaria
delle masse e leggono nella dittatura proletaria l’affermarsi di una casta
burocratica.
Al termine di questo ventaglio divergente[2]
Altini segnala anche il messianismo utopistico di Ernst Bloch, per il quale “…
il comunismo non è solo una dottrina economica o politica, ma un progetto di
salvezza dell’essere umano in grado di riscattare la condizione di miseria
sofferta dagli oppressi e dai perseguitati. …contro ogni autoritarismo,
l’utopia svolge un ruolo decisivo nel sostenere la speranza di una possibilità
di rigenerazione sociale e politica. … Una tale prospettiva utopica …
costituisce l’essenza stessa dell’umano attraverso cui può trovare compimento
la conciliazione, da un lato, tra uomo e uomo e, dall’altro, tra uomo e
natura.”
ILLUMINISMO, E CONSIDERAZIONI FINALI
Il testo ritorna poi, nel capitolo sesto, agli
illuministi (soprattutto Voltaire e Kant), di cui vengono sottolineate le
battaglie frontali contro l’ignoranza e la miseria - determinate da fanatismo,
dispotismo, superstizione e pregiudizio – in un percorso di ricerca della
conoscenza e della felicità, attraverso la ragione, lo spirito critico e la tolleranza:
un processo di crescita culturale come accumulazione critica delle esperienze,
come realizzazione di sè e come crescente influenza dell’opinione pubblica sul
potere. Una dinamica di emancipazione e di affermazione progressiva dei
diritti, in una dimensione comunque utopica.
Il capitolo finale riepiloga alcune
caratteristiche delle visioni utopiche sopra esaminate, rilevando che nelle
fasi più antiche sono collocate per lo più in luoghi “altrove” (il che sarà
ripreso modernamente dalla “fantascienza”), mentre dal Settecento prevalgono le
“ucronie”, che si proiettano in tempi futuri (o talvolta nel passato mitico
delle “età dell’oro”: tra queste la Kabbalah ebraica).
Dai primi scricchiolii dell’idea di progresso
(vedi Leopardi) emergono le prime esplicite “distopie” (“Frankestein” di Mary
Shelley, “Erewon” di Samuel Butler), riprese poi largamente nelle recenti
finzioni fantascientifiche, però il dominio corrente della scienza e della
tecnica produce ipotesi di “nuovo ordine” concrete e dettagliate, che spostano
l’utopia del messianismo ad una sorta di “secolarizzazione”.
Poiché il romanticismo, l’idealismo, il
marxismo ed il positivismo, con diverse modalità, hanno postulato una sorta di
“fattibilità della storia”, si sono profilate proiezioni utopiche del tipo
‘traguardo realizzato’, criticate variamente da Popper, Hajek e Dahrendorf (ci aggiungerei Orwell).
Più interessanti per l’Autore, nel Novecento, le
posizioni più dialettiche di Benjamin e di Bloch (vedi sopra), di Mannheim –
che contrappone alla “ideologia”, con cui il potere trasfigura l’esistente per
stabilizzarlo, la “utopia” come motore critico delle classi subalterne – nonché
di Marcuse, che muove dalla negazione del presente per sollevare il possibile
contro il reale: con assonanze a quanto
espresso dallo stesso Altini nei primi capitoli (passi evidenziati in grassetto).
E con qualche assonanza anche con la sensibilità del recensore:
richiamo in proposito le mie precedenti recensioni ad un testo – più generale,
ma sul solo ‘900 – di Remo Bodei 2,3
del 2006 ed al testo – assai specifico – di Roberto Mordacci 4,5 del
2020 [3].
aldovecchi@hotmail.it
Fonti:
1. Carlo Altini – INTRODUZIONE. APPUNTI DI STORIA E TEORIA DELL’UTOPIA
in A.A.V.V., a cura di Carlo Altini: “UTOPIA – STORIA DI UN’ESPERIENZA
FILOSOFICA E POLITICA” – Il Mulino, Bologna 2013
2. Remo Bodei - LA
FILOSOFIA DEL NOVECENTO (E OLTRE) – Donzelli, Roma 2006
3. Aldo Vecchi - INSEGUENDO
L’UTOPIA, ATTRAVERSO “LA FILOSOFIA DEL NOVECENTO (E OLTRE)” DI REMO BODEI – in Quaderno n° 11 di UTOPIA21,
settembre 2019 - https://drive.google.com/file/d/1Dy_lbDf5QqNMiupCd0hPKiDHrLGeIvk-/view?usp=sharing
4. Roberto Mordacci – RITORNO A UTOPIA –
Laterza, Bari 2020
5. Aldo Vecchi - L’ELOGIO
DELL’UTOPIA DA PARTE DI ROBERTO MORDACCI – su Utopia21, marzo 2020 - https://drive.google.com/file/d/1FBd_mhTAYIX2_RSTLN4dGxn22FhvnaEM/view?usp=sharing
[1] Tra cui Carlo Bertelli, Luciano
Canfora, Paolo Rossi, Dario Antiseri.
[2]
Ventaglio
in cui sarebbe interessante collocare i Trotzkisti, che denunciarono la
degenerazione del socialismo reale, ma non credo in nome della spontaneità
delle masse.
[3] Mordacci non da’ conto in
bibliografia del testo curato da Altini nel 2013