“PAESI” CONTRO “BORGHI”
di Aldo
Vecchi
La raccolta di scritti
“Contro i borghi” intende decostruirne la retorica, contrapponendole una
visione integrata di “paesi” e territori.
Sommario:
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la critica alla retorica borghigiana
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la polemica contro il “Bando Borghi”
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alcune valutazioni
personali
LA CRITICA ALLA RETORICA BORGHIGIANA
Il volume collettivo “Contro i borghi – Il
Belpaese che dimentica i paesi” 1, a cura di Filippo Barbera,
Domenico Cersosimo e Antonio De Rossi – ha come autori una trentina di studiosi
(antropologi, sociologi, storici, geografi, urbanisti) e come asse portante la
decostruzione della ‘retorica dei borghi’, intesi come luoghi edificati
pittoreschi e di eccellenza, decontestualizzati dalle relazioni territoriali
storiche e dalle basi socio-economiche tradizionali, ed a rischio di
omologazione in circuiti di turismo alienato (talora di élite e talora di
massa), con risvolti più di “patrimonializzazione” che di effettiva
“valorizzazione”.
Tra i capisaldi della retorica estetizzante
vengono indicati il Pasolini del “profilo di Orte”, l’intero Touring Club
Italiano (che invece a mio avviso negli
ultimi decenni si sta emendando da tale peccato originale) e trasmissioni
televisive quali “Sereno Variabile”; nonché il recente mito del rifugio nei
borghi come soluzione ‘anti-pandemica’ ai problemi sanitari delle città.
A tale prospettiva il testo contrappone una
‘politica dei paesi’, che ricerchi nelle effettive peculiarità dei territori –
e quindi nelle interrelazioni tra i diversi insediamenti, e tra di essi e la
circostante ‘campagna’ – le ragioni per contrastare i fenomeni di abbandono e
spopolamento, per lo più rivendicando un sostegno pubblico in favore dei
servizi indispensabili per la vita delle popolazioni locali (trasporti, scuola,
sanità…): posizioni che echeggiano per lo più le concezioni
‘territorialistiche’, o delle bio-regioni’, di Magnaghi&C2,3.
Anche se articolato in tre parti (Territorio e
policentrismo – Immaginari, tradizioni e ideologie – Politiche e azione
pubblica), il testo non propone una trattazione organica del tema (soprattutto
sul fronte delle proposte), quanto piuttosto una rassegna di articoli, in gran
parte convergenti sull’assunto principale ‘anti-borghi’, ma non sempre: ad
esempio
-
l’antropologo Pietro Clemente, nel cap. 3
della parte I “Chiamiamoli paesi, non borghi”, ben chiarendo che non è una
questione nominalistica, finisce per assolvere la stessa associazione “I borghi
più belli d’Italia” perché ha scoperto che “è una rete dignitosa e meritoria …
costruisce relazioni tra vari comuni… ha uno statuto con regole da rispettare …
fa riferimento al mondo Unesco in cui chi viene riconosciuto non è per il suo
fulgore estetico ma perché una comunità si impegna a curare e a salvare il
proprio patrimonio”
-
il geografo-urbanista Arturo Lanzani (già noto
su Utopia21 4,5) conclude così il suo equilibrato intervento intitolato
“Ricollocare i borghi nella provincia italiana” (di cui riferisco anche più
avanti): “… non negare quell’immagine un poco semplificata dei borghi
inizialmente evocata, ma metterla al lavoro con altri elementi e dentro visioni
di futuro e forme d’azione parziali e differenziate”.
Tra gli altri contributi più interessanti segnalo:
-
“Bruttitalia: la vita quotidiana dove i
turisti non vogliono andare” (p.I, cap. 1) di Filippo Barbera e Joselle Dagnes,
sociologi
-
“Paesi che tremano: la dura storia delle aree
interne” (p.I, cap. 6), relativo alla questione sismica, a firma di Emanuela
Guidoboni e Gianluca Valensise, sismologi
-
“Decostruire i borghi per ricostruire i paesi”
(p. II, cap. 1) di Antonio de Rossi e Laura Mascino, architetti
-
La testimonianza personale dell’antropologo Vito
Teti “Il mio paese non è un borgo” (p. II, cap. 2)
-
“La cucina dei borghi non esiste” (p. II, cap.
8), di Michele A. Fino, giurista ma docente all’Università di Scienze gastronomiche
di Pollenzo
-
“Piccolo non sempre è bello. Quando i borghi
non servono all’ecologia” di Giovanni Carrosio, sociologo (p. III, cap. 4)
ed infine i due capitoli finali, che
specificamente si occupano dei ‘Bandi Borghi’ del PNRR, Programma Nazionale di
Resilienza e Ripresa (a firma dell’architetto Adelina Picone e degli economisti
e politologi Carmela Chiapperini, Emanuela Montenegro, Gianfranco Viesti).
LA POLEMICA CONTRO IL “BANDO BORGHI”
Perché, in particolare, bersaglio polemico
della raccolta (o meglio delle ‘punte di lancia’ all’interno della raccolta) è
il ‘Bando Borghi’ nella quota dei finanziamenti PNRR di competenza del
Ministero della Cultura, e soprattutto la “linea A” di tale Bando, con 21
assegni da 20 milioni di € riservati a 21 singoli “Borghi” di eccellenza (uno
per regione), mentre la polemica si stempera riguardo alla “linea B”, che
contempla anche la partecipazione di aggregazioni locali policentriche (per un
totale quasi equivalente di 380 milioni di €, distribuiti a 229 comuni sulle 1800 richieste pervenute).
Mentre nel testo è poco citata (mai
negativamente) e però non è esaminata in modo specifico, la Strategia Nazionale
per la Aree Interne (varata dal ministro Fabrizio Barca con il governo Monti
2011-2013), che pure ha rafforzato di
circa 1.500 milioni di € con il PNRR le sue dotazioni annuali (circa 700
milioni), assegnate comunque sempre con la logica dei bandi, stante la
consapevolezza – esplicita nella SNAI – del divario tra bisogni e risorse.
ALCUNE VALUTAZIONI
PERSONALI
Per parte mia, a fronte di tali importi, è giustamente criticabile la
scelta del PNRR di affidare al Ministero della Cultura un canale finanziario,
per giunta una-tantum, in qualche misura concorrente alla più corretta
programmazione territoriale della SNAI, ed esposto ai rischi di
spettacolarizzazione e romanticizzazione dei “borghi”, come evidenziati dal
testo in esame: nonché fondato sulla competizione anziché sulla collaborazione
tra i territori.
Però mi chiedo se le energie polemiche degli Autori siano ben riposte
rispetto alla contraddizione principale che riguarda i territori emarginati
dallo ‘sviluppo’ (territori differenziati, che il contributo di Arturo Lanzani
al cap. IV della parte prima aiuta a comprendere nella loro multiforme
articolazione): cosa impedisce alle ‘forze endogene’ di affrancare tali
territori delle condizioni di vario declino e subalternità? Oppure a
selezionare il grano del ‘turismo buono’ dal loglio del ‘turismo cattivo’?
Non credo che l’ostacolo sia l’ideologia dei ‘borghi belli’ né una
manciata di milioni riservati al Bando-Borghi-Linea-A, quanto piuttosto una
serie di questioni strutturali, cui gli Autori accennano talora, senza
approfondirle (forse perché le danno per scontate), quali:
-
la globalizzazione o almeno i suoi eccessi neo-liberisti (che comportano
la frattura dei cicli produttivi locali ed a medio raggio, la concentrazione
della ricchezza anche a danno degli stessi stati nazionali, la polarizzazione
territoriale, la massificazione dei flussi turistici),
-
l’alienazione culturale dei consumi e comportamenti di massa, che da
molti decenni privilegia di fatto l’urbano sul rurale e l’artificiale sul
naturale, malgrado i labili indizi (e gli imbellettamenti) in senso contrario,
-
lo scambio ineguale tra città e campagna, non solo sui frutti della
terra (energia e minerali compresi), ma anche sui ‘servizi eco-sistemici’ (a
partire da aria ed acqua).
Poiché la battaglia è impari, e prima di potere ‘abolire il
capitalismo’, appare più che motivata una rivendicazione di forte sostegno
compensativo in favore delle ‘forze endogene’ da parte dello Stato (sostegno che
il ‘bilancio SNAI’ consente di quantificare sommariamente): ma deve trovare
ascolto negli equilibri politici, fatalmente condizionati dalla oggettiva
prevalenza demografica delle ‘città’.
Può anche aiutare in tal senso l’autocoscienza ‘paesana’ dei ‘paesi’,
come sollecitata da una parte degli Autori?
Forse, meglio se accompagnata da una più generale battaglia su qualità
e quantità dei consumi, anche nelle aree più urbane.
Molto valida a mio avviso sarebbe comunque anche una riforma dei
poteri locali come tratteggiata da Arturo Lanzani nel suddetto capitolo[A]: che
potrebbe essere anticipata ‘dal basso’ con stabili aggregazioni volontarie, che
superino i tradizionali campanilismi (tanto di ‘borghi’ quanto di ‘paesi’).
aldovecchihotmail.it
Fonti:
1.
AA.VV., a cura di Filippo Barbera, Domenico
Cersosimo e Antonio De Rossi - CONTRO I BORGHI – IL BELPAESE CHE DIMENTICA I
PAESI – Donzelli, Roma 2022
2.
Alberto
Magnaghi – IL PRINCIPIO TERRITORIALE – Bollati Boringhieri, Torino 2020.
3.
Fulvio
Fagiani – LA GLOBALIZZAZIONE E IL LOCALE. NOTE
SU ‘PRINCIPIO TERRITORIALE’ DI ALBERTO MAGNAGHI – su Utopia21,
marzo 2021 - https://drive.google.com/file/d/1UZ3G8HpmYfkmB60RZ9owWH41juxDJGuW/view?usp=sharing
4.
Arturo
Lanzani - CITTÀ TERRITORIO URBANISTICA TRA CRISI E CONTRAZIONE - Franco Angeli
editore - Milano, 2015
5.
Aldo
Vecchi - CONVERSAZIONE-INTERVISTA CON ARTURO LANZANI – su Utopia21, maggio 2017
- https://drive.google.com/file/d/1qt0BKmElvaDb5a7wIsUCtWD9TcchfEUl/view?usp=sharing
6.
Filippo
Barbera e Arturo Lanzani - I NUOVI COMUNI, ENTE INTERMEDIO AL POSTO DELLE
REGIONI – su “Il Manifesto”, 02/12/2020
7.
Aldo
Vecchi - RIFORMARE L’URBANISTICA? – su Utopia21, gennaio 2023 - https://drive.google.com/file/d/16jPw7iqPb7D5vJosaMOcCYghJEtNdlT_/view?usp=sharing
[A]
Proposta di “nuovi comuni” avanzata con Filippo Barbera su “Il Manifesto”6;
però ipotizzando tali “nuovi comuni” nell’ambito di “città territoriali” in
alternativa alle attuali 20 Regioni; vedi anche alcune mie considerazioni in
proposito, non convergenti sull’anti-regionalismo. 7
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