giovedì 23 marzo 2023

UTOPIA21 - MARZO 2023: RECENSIONE - “PAESI” CONTRO “BORGHI”

                                        “PAESI” CONTRO “BORGHI”

di Aldo Vecchi

 

 

La raccolta di scritti “Contro i borghi” intende decostruirne la retorica, contrapponendole una visione integrata di “paesi” e territori.

 

 

Sommario:

-       la critica alla retorica borghigiana

-       la polemica contro il “Bando Borghi”

-       alcune valutazioni personali

 

 

 

LA CRITICA ALLA RETORICA BORGHIGIANA

 

Il volume collettivo “Contro i borghi – Il Belpaese che dimentica i paesi” 1, a cura di Filippo Barbera, Domenico Cersosimo e Antonio De Rossi – ha come autori una trentina di studiosi (antropologi, sociologi, storici, geografi, urbanisti) e come asse portante la decostruzione della ‘retorica dei borghi’, intesi come luoghi edificati pittoreschi e di eccellenza, decontestualizzati dalle relazioni territoriali storiche e dalle basi socio-economiche tradizionali, ed a rischio di omologazione in circuiti di turismo alienato (talora di élite e talora di massa), con risvolti più di “patrimonializzazione” che di effettiva “valorizzazione”.

Tra i capisaldi della retorica estetizzante vengono indicati il Pasolini del “profilo di Orte”, l’intero Touring Club Italiano (che invece a mio avviso negli ultimi decenni si sta emendando da tale peccato originale) e trasmissioni televisive quali “Sereno Variabile”; nonché il recente mito del rifugio nei borghi come soluzione ‘anti-pandemica’ ai problemi sanitari delle città.

A tale prospettiva il testo contrappone una ‘politica dei paesi’, che ricerchi nelle effettive peculiarità dei territori – e quindi nelle interrelazioni tra i diversi insediamenti, e tra di essi e la circostante ‘campagna’ – le ragioni per contrastare i fenomeni di abbandono e spopolamento, per lo più rivendicando un sostegno pubblico in favore dei servizi indispensabili per la vita delle popolazioni locali (trasporti, scuola, sanità…): posizioni che echeggiano per lo più le concezioni ‘territorialistiche’, o delle bio-regioni’, di Magnaghi&C2,3.

 

Anche se articolato in tre parti (Territorio e policentrismo – Immaginari, tradizioni e ideologie – Politiche e azione pubblica), il testo non propone una trattazione organica del tema (soprattutto sul fronte delle proposte), quanto piuttosto una rassegna di articoli, in gran parte convergenti sull’assunto principale ‘anti-borghi’, ma non sempre: ad esempio

-       l’antropologo Pietro Clemente, nel cap. 3 della parte I “Chiamiamoli paesi, non borghi”, ben chiarendo che non è una questione nominalistica, finisce per assolvere la stessa associazione “I borghi più belli d’Italia” perché ha scoperto che “è una rete dignitosa e meritoria … costruisce relazioni tra vari comuni… ha uno statuto con regole da rispettare … fa riferimento al mondo Unesco in cui chi viene riconosciuto non è per il suo fulgore estetico ma perché una comunità si impegna a curare e a salvare il proprio patrimonio” 

-       il geografo-urbanista Arturo Lanzani (già noto su Utopia21 4,5) conclude così il suo  equilibrato intervento intitolato “Ricollocare i borghi nella provincia italiana” (di cui riferisco anche più avanti): “… non negare quell’immagine un poco semplificata dei borghi inizialmente evocata, ma metterla al lavoro con altri elementi e dentro visioni di futuro e forme d’azione parziali e differenziate”. 

 

Tra gli altri contributi più interessanti segnalo:

-       “Bruttitalia: la vita quotidiana dove i turisti non vogliono andare” (p.I, cap. 1) di Filippo Barbera e Joselle Dagnes, sociologi

-       “Paesi che tremano: la dura storia delle aree interne” (p.I, cap. 6), relativo alla questione sismica, a firma di Emanuela Guidoboni e Gianluca Valensise, sismologi

-       “Decostruire i borghi per ricostruire i paesi” (p. II, cap. 1) di Antonio de Rossi e Laura Mascino, architetti

-       La testimonianza personale dell’antropologo Vito Teti “Il mio paese non è un borgo” (p. II, cap. 2)

-       “La cucina dei borghi non esiste” (p. II, cap. 8), di Michele A. Fino, giurista ma docente all’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo

-       “Piccolo non sempre è bello. Quando i borghi non servono all’ecologia” di Giovanni Carrosio, sociologo (p. III, cap. 4)

ed infine i due capitoli finali, che specificamente si occupano dei ‘Bandi Borghi’ del PNRR, Programma Nazionale di Resilienza e Ripresa (a firma dell’architetto Adelina Picone e degli economisti e politologi Carmela Chiapperini, Emanuela Montenegro, Gianfranco Viesti).

 

 

LA POLEMICA CONTRO IL “BANDO BORGHI”

 

Perché, in particolare, bersaglio polemico della raccolta (o meglio delle ‘punte di lancia’ all’interno della raccolta) è il ‘Bando Borghi’ nella quota dei finanziamenti PNRR di competenza del Ministero della Cultura, e soprattutto la “linea A” di tale Bando, con 21 assegni da 20 milioni di € riservati a 21 singoli “Borghi” di eccellenza (uno per regione), mentre la polemica si stempera riguardo alla “linea B”, che contempla anche la partecipazione di aggregazioni locali policentriche (per un totale quasi equivalente di 380 milioni di €, distribuiti a 229 comuni sulle 1800 richieste pervenute).

Mentre nel testo è poco citata (mai negativamente) e però non è esaminata in modo specifico, la Strategia Nazionale per la Aree Interne (varata dal ministro Fabrizio Barca con il governo Monti 2011-2013), che pure ha rafforzato di circa 1.500 milioni di € con il PNRR le sue dotazioni annuali (circa 700 milioni), assegnate comunque sempre con la logica dei bandi, stante la consapevolezza – esplicita nella SNAI – del divario tra bisogni e risorse.

 

 

ALCUNE VALUTAZIONI PERSONALI

 

Per parte mia, a fronte di tali importi, è giustamente criticabile la scelta del PNRR di affidare al Ministero della Cultura un canale finanziario, per giunta una-tantum, in qualche misura concorrente alla più corretta programmazione territoriale della SNAI, ed esposto ai rischi di spettacolarizzazione e romanticizzazione dei “borghi”, come evidenziati dal testo in esame: nonché fondato sulla competizione anziché sulla collaborazione tra i territori.

 

Però mi chiedo se le energie polemiche degli Autori siano ben riposte rispetto alla contraddizione principale che riguarda i territori emarginati dallo ‘sviluppo’ (territori differenziati, che il contributo di Arturo Lanzani al cap. IV della parte prima aiuta a comprendere nella loro multiforme articolazione): cosa impedisce alle ‘forze endogene’ di affrancare tali territori delle condizioni di vario declino e subalternità? Oppure a selezionare il grano del ‘turismo buono’ dal loglio del ‘turismo cattivo’?

Non credo che l’ostacolo sia l’ideologia dei ‘borghi belli’ né una manciata di milioni riservati al Bando-Borghi-Linea-A, quanto piuttosto una serie di questioni strutturali, cui gli Autori accennano talora, senza approfondirle (forse perché le danno per scontate), quali:

-       la globalizzazione o almeno i suoi eccessi neo-liberisti (che comportano la frattura dei cicli produttivi locali ed a medio raggio, la concentrazione della ricchezza anche a danno degli stessi stati nazionali, la polarizzazione territoriale, la massificazione dei flussi turistici),

-       l’alienazione culturale dei consumi e comportamenti di massa, che da molti decenni privilegia di fatto l’urbano sul rurale e l’artificiale sul naturale, malgrado i labili indizi (e gli imbellettamenti) in senso contrario,

-       lo scambio ineguale tra città e campagna, non solo sui frutti della terra (energia e minerali compresi), ma anche sui ‘servizi eco-sistemici’ (a partire da aria ed acqua).

Poiché la battaglia è impari, e prima di potere ‘abolire il capitalismo’, appare più che motivata una rivendicazione di forte sostegno compensativo in favore delle ‘forze endogene’ da parte dello Stato (sostegno che il ‘bilancio SNAI’ consente di quantificare sommariamente): ma deve trovare ascolto negli equilibri politici, fatalmente condizionati dalla oggettiva prevalenza demografica delle ‘città’.

Può anche aiutare in tal senso l’autocoscienza ‘paesana’ dei ‘paesi’, come sollecitata da una parte degli Autori?

Forse, meglio se accompagnata da una più generale battaglia su qualità e quantità dei consumi, anche nelle aree più urbane.

Molto valida a mio avviso sarebbe comunque anche una riforma dei poteri locali come tratteggiata da Arturo Lanzani nel suddetto capitolo[A]: che potrebbe essere anticipata ‘dal basso’ con stabili aggregazioni volontarie, che superino i tradizionali campanilismi (tanto di ‘borghi’ quanto di ‘paesi’).

 

aldovecchihotmail.it

 

 

Fonti:

1.    AA.VV., a cura di Filippo Barbera, Domenico Cersosimo e Antonio De Rossi - CONTRO I BORGHI – IL BELPAESE CHE DIMENTICA I PAESI – Donzelli, Roma 2022

2.    Alberto Magnaghi – IL PRINCIPIO TERRITORIALE – Bollati Boringhieri, Torino 2020.

3.    Fulvio Fagiani – LA GLOBALIZZAZIONE E IL LOCALE. NOTE SU ‘PRINCIPIO TERRITORIALE’ DI ALBERTO MAGNAGHI – su Utopia21, marzo 2021 - https://drive.google.com/file/d/1UZ3G8HpmYfkmB60RZ9owWH41juxDJGuW/view?usp=sharing

4.    Arturo Lanzani - CITTÀ TERRITORIO URBANISTICA TRA CRISI E CONTRAZIONE - Franco Angeli editore - Milano, 2015

5.    Aldo Vecchi - CONVERSAZIONE-INTERVISTA CON ARTURO LANZANI – su Utopia21, maggio 2017 - https://drive.google.com/file/d/1qt0BKmElvaDb5a7wIsUCtWD9TcchfEUl/view?usp=sharing

6.    Filippo Barbera e Arturo Lanzani - I NUOVI COMUNI, ENTE INTERMEDIO AL POSTO DELLE REGIONI – su “Il Manifesto”, 02/12/2020

7.    Aldo Vecchi - RIFORMARE L’URBANISTICA? – su Utopia21, gennaio 2023 - https://drive.google.com/file/d/16jPw7iqPb7D5vJosaMOcCYghJEtNdlT_/view?usp=sharing

 



[A] Proposta di “nuovi comuni” avanzata  con Filippo Barbera su “Il Manifesto”6; però ipotizzando tali “nuovi comuni” nell’ambito di “città territoriali” in alternativa alle attuali 20 Regioni; vedi anche alcune mie considerazioni in proposito, non convergenti sull’anti-regionalismo. 7

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