IL CONGRESSO E LE PRIMARIE 2023
DEL PARTITO DEMOCRATICO
di Anna
Maria Vailati e Aldo Vecchi
Riflessioni e comparazioni
sui testi delle mozioni congressuali di Schlein e Bonaccini
Sommario:
-
L’ESITO DELLE PRIMARIE
-
IL CONGRESSO DEL PD
-
ASPETTI GENERALI DELLE MOZIONI
-
MOZIONE BONACCINI
-
MOZIONE SCHLEIN
-
PROGRAMMI E ORGANIZZAZIONE
L’ESITO DELLE PRIMARIE
Il risultato, forse sorprendente, delle
primarie per la scelta del Segretario del partito Democratico, con una netta
maggioranza per Elly Schlein (54% a 46%, su 1.100.000 votanti) su Stefano
Bonaccini, che ha capovolto la scelta degli iscritti (Bonaccini 53%, Schlein 34[av1] %, su 150.000 votanti), è stato ampliamente pubblicizzato e commentato
da tutti i media (a partire dal dato stesso dell’affluenza, in ulteriore calo
rispetto alle precedenti analoghe primarie, ma superiore alle attese ed ai
sondaggi, nella difficile situazione in
cui ristagnava il P.D.).
Anche i primi passi della nuova Segretaria
hanno riscosso un notevole successo mediatico, che potrebbe profilare un suo
ruolo specifico a quel livello, indubbiamente utile nella competizione per il
consenso elettorale, ma nel contempo pericoloso, sia per le frequenti
disillusioni che caratterizzano la sinistra italiana, sia per la natura stessa
del confronto tra leadership personali “televisive”.
Ci sembra invece ancora prematuro valutare la
portata politica effettiva della segreteria Schlein, per cui riteniamo invece
utile offrire come materia di riflessione le analisi che – proseguendo in una
recente tradizione 4,5,6,7 - abbiamo
condotto in precedenza sui testi delle mozioni congressuali di Schlein “Parte
da Noi!“ e di Bonaccini “Energia
popolare per il PD e per l’Italia”; pur con tutte le riserve sul significato
circoscritto che tali tipi di testo, così come i programmi elettorali, assumono
in generale nell’effettivo svolgersi della realtà politica, e forse anche per questo
Congresso.
La nostra attenzione è rivolta in ugual misura
alle due mozioni, e non solo a quella vincente, sia per il notevole consenso
comunque raccolto dalla seconda, sia tra gli iscritti che nelle primarie, sia
perché si va profilando una gestione unitaria del Partito, sia ancora per le
corrispondenze di contenuto rilevate tra le mozioni stesse, come vedremo nel
dettaglio.
IL CONGRESSO DEL PD
Nel percorso complesso del Partito Democratico
[1]
dalla sconfitta elettorale del 25 settembre 2022 alle Primarie del 26 febbraio
2023, la “fase costituente” attorno al Manifesto del 2007 (da aggiornare o non
aggiornare)[2],1
e sostanzialmente attorno alle modalità di rientro di gran parte dei
fuoriusciti di “articolo 1” (Speranza e bersaniani) ha compresso i tempi di
confronto sulle tradizionali “mozioni” 2 dei canditati alla
Segreteria del Partito, che di fatto hanno svolto le loro campagne di reclutamento
dei consensi interni alla residua ‘nomenclatura’ PRIMA della formale partenza
del Congresso.
Cosicché i Circoli hanno iniziato a votare
pochissimi giorni dopo la pubblicazione delle 4 mozioni (da una trentina di
pagine al minimo), facendo supporre una scarsa lettura delle stesse mozioni da
parte degli iscritti[3],
che si saranno espressi probabilmente quindi piuttosto su quanto rappresentato
in loco dagli esponenti delle diverse ‘cordate’, nonché dall’eco mediatica fin
qui suscitata dai 4 candidati, e dalla stima sulla validità delle rispettive
‘leadership’.
In parte diverso è stato forse il confronto
sulle alternative rappresentate dai 2 candidati che, superato positivamente il
Congresso, si sono sfidati alle primarie aperte agli elettori [4],
sia perché è rimasto più tempo complessivo per raffrontare due sole sia perché
la polarizzazione tra i due è stata più ampiamente rappresentata, in
particolare con il confronto diretto in televisione.
ASPETTI GENERALI DELLE MOZIONI
Leggendo i testi, la nostra impressione
generale è che ne emergano due “visioni” [5]
programmatiche, abbastanza coerenti e delineate (e nemmeno troppo divergenti,
perché ambedue spostano a sinistra l’asse dei contenuti tradizionali),
superando in buona parte il classico “ecumenismo” delle mozioni congressuali
del PD.
Anche se nella mozione Bonaccini traspaiono
‘ammiccamenti moderati’, soprattutto attraverso il tacere di alcuni argomenti,
come ad esempio il ritorno all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori oppure lo
stop alla ‘motovedette libiche’; o ancora nel rivendicare la permanenza del
“Manifesto dei valori” del PD 2007 e nel limitare l’analisi delle sconfitte del
PD agli anni più recenti.
Altra impressione di insieme è che ambedue le
proposte risultino (diversamente) poco convincenti in termini di ‘strategia
politica’, cioè come tradurre le indicazioni di riorganizzazione del Partito (che
risultano diverse, ma non contrapposte: vedi più avanti a pagg. 6-7) in
iniziative concrete per acquisire, dall’opposizione, il consenso necessario a
riconquistare il potere governativo, con cui attuare i programmi legislativi
promessi.
Quanto sopra anche per evidenti carenze di
analisi politica e sociale, pur confermando ambedue la consapevolezza della
perdita di rappresentanza del PD verso i ceti subalterni: le mozioni si
contrappongono alla propaganda di destra, ma non indagano sulle basi sociali e
sulle strategie politiche della Destra (o delle Destre, e non solo in Italia). Non
si chiedono quale fenomeno sociale sia oggi il MoVimento 5Stelle, conclusa la
parabola pan-populista “né di destra né di sinistra”; e neppure quale seguito
effettivo nei “ceti medi” raccolga il “3° Polo” di Renzi e Calenda: ad esempio, a chi interessa la
loro linea iper-garantista e anti-intercettazioni in materia di giustizia?
Bonaccini da un lato si appella ad una
retorica tradizionale sulla buona militanza in mezzo alla gente (resta da capire
perché tale modello risulti in crisi da anni) ed avanza concrete proposte di
riorganizzazione del partito, dall’altro ricicla la teoria della “vocazione
maggioritaria”, per cui si cerca di rappresentare gran parte della società e
non si cercano alleati politici se non quando si è forti ed egemoni; partendo
dall’attuale 15%-20% di consensi ci sembra una teoria tra il pretenzioso e
l’arrogante, e che comunque è priva di un “piano B” (significa forse che finché
non si è forti si lascia vincere la Destra, perché si rifiuta ogni alleanza).
Schlein propone un più umile atteggiamento di
ascolto e di mobilitazione locale dal basso, ipotizzando di incontrare altri
soggetti interessati ad una alternativa alla Destra sia nella società civile (movimenti
e associazioni) che nella opposizione politica: non è molto, ma sembra più
semplice ed onesto.
Nel merito
dei contenuti programmatici (per lo più obiettivi da conseguire quando si
tornerà al governo, escludendo ambedue di tornarci senza mandato elettorale),
le due mozioni hanno in comune un sostanziale orizzonte (non disprezzabile):
rilanciare un nuovo welfare, articolato sulla pluralità dei bisogni (e dei
diritti), ed avviare nella società un grande processo di “formazione permanente”
per accompagnare ed attutire (e guidare forse) le transizioni ecologica e
digitale.
E però scontano
in parte alcuni difetti che a nostro avviso sono ‘genetici’ del centro-sinistra
(italiano, ma non solo), e cioè:
-
un saldo europeismo che però diventa
eurocentrismo, con limitata attenzione al quadro mondiale (USA/Cina, paesi
poveri, guerre, autocrazie) e comunque senza critica al ruolo post-coloniale
che ricoprono nel mondo gli stati e le imprese europee; ed un atlantismo filo
Ucraina senza approfondimenti dialettici sulla questione guerra/pace (e
concretamente come sia possibile adoperarsi per una pace giusta);
-
un ottimismo tecnologico che affida al
progresso (e alle imprese) il superamento delle contraddizioni attuali e future
sia sul fronte ambientale sia sul fronte sociale, sia dentro alla stessa
transizione digitale;
-
un appellarsi alla coesione e alla concordia,
che è apprezzabile contro una Destra affezionata agli interessi corporativi e
ai muri etnico-culturali, ma non affronta la questione dei grumi di interesse
sociali che prima o poi andrebbero aggrediti per reperire le risorse necessarie
per le molte riforme promesse (per altro aleggia sempre anche un divario tra
l’ampiezza dei propositi e l’incertezza delle fonti di finanziamento).
MOZIONE BONACCINI
Questa serie di difetti ‘genetici’, più
stemperata nella mozione Schlein, è ben presente nella mozione Bonaccini, che
inoltre – pur elencando molte valide proposte per affrontare il cambio
climatico e orientare la produzione in direzione della “economia circolare” –
non sembra che mostri una adeguata consapevolezza sulla drammatica
accelerazione della crisi climatica/ambientale, sulla inadeguatezza delle
proposte finora maturate nell’ambito delle COP clima/energia e biodiversità, e
sull’intreccio perverso dei diversi aspetti delle crisi in atto (ad esempio tra
contrapposizioni geopolitiche e paralisi delle collaborazioni internazionali
per l’ambiente).
Detto questo sul tenore generale della
mozione, classicamente articolata per temi e condita da apprezzabili citazioni
(da Moro Pertini Sassoli e Berlinguer a Naomi Klein Olivetti e Carlin Petrini),
il testo di Bonaccini consolida e sviluppa posizioni che già erano affiorate
nei più recenti programmi elettorali del PD (e nel gruppo S&D
all’Europarlamento), assumendo però orientamenti nettamente progressisti su
ambiente, lavoro e diritti, di cui segnaliamo di seguito solo le proposte più
significative:
-
ambiente: piano nazionale per le energie
rinnovabili, stop al consumo di suolo, no al nucleare;
-
transizione digitale e politica industriale: strategia
nazionale pubblico/privata per la transizione digitale, sovranità digitale sui
dati a scala europea, formazione digitale continua, con attenzione alla
pubblica amministrazione e alle “aree interne”;
-
lavoro e fisco: salario minimo e rafforzamento
dei contratti nazionali di lavoro, reddito di formazione (anche per la “transizione”
ecologica e digitale) senza le riduzioni progressive dell’attuale NASPI, apprendistato
retribuito (non tirocini gratis), “buonuscita compensatoria” per lavori a
termine (quindi costo superiore ai contratti a tempo indeterminato), no agli
appalti al “3° settore” per sottosalari nei servizi pubblici, equiparazione tra
lavoratori autonomi e dipendenti (sia nel fisco e nei contributi sia nei diritti
al welfare), “condivisione della genitorialità” (con congedi paritari);
-
servizi sociali: scuola pubblica da 0 a 18
anni con meno alunni per classe e maggior tempo a scuola, contrasto alla
dispersione, risorse per edilizia e diritto allo studio, sanità pubblica, con
risorse al 7% del PIL (cioè 5 miliardi di € in più);
-
diritti: legge contro l’omotransfobia,
matrimonio ugualitario, sostegno all’intersessualità, “dignità dell’ultima ora”,
ius soli e ius scholae, agenzia indipendente per l’accoglienza ai migranti,
superamento della Bossi-Fini, collaborazione con le ONG.
In un quadro che risulta molto dettagliato e
di buon senso (e si estende anche a fisco progressivo, industria, sicurezza, giustizia
e legalità, natalità, donne, giovani, italiani all’estero, sud, cultura, sport,
turismo,….), rileviamo (oltre alle “omissioni tattiche di cui sopra) che alcune
proposte risultano più vaghe (riforma elettorale e istituzionale; pensioni; tassazione
di “rendite e ricchezze”; affitti e case popolari).
Spese militari non pervenute (invero anche
nella mozione Schlein).
In sintesi la mozione Bonaccini sembra
proporre una robusta correzione di rotta, cercando di riportare in
galleggiamento la barca del partito.
MOZIONE SCHLEIN
La mozione di Elly Schlein, considerando che
da diversi anni si è “… rotta la connessione sentimentale con chi vogliamo
rappresentare”, tende soprattutto a prospettare una speranza di ‘redenzione
collettiva’, oltre il “non c’è alternativa”, per “cambiare insieme … il modello
di sviluppo neoliberista”, il quale è effetto di scelte politiche e comporta
l’aumento delle disuguaglianze e la tendenziale distruzione “del pianeta”.
Il testo manifesta una adeguata consapevolezza
sulla gravità della crisi climatica e quindi sulla urgenza degli interventi
correttivi, e la convinzione di poter ricucire dei nessi tra le diverse
condizioni di subalternità e di sofferenza:
“noi dobbiamo ricostruire la sinistra. Una sinistra che nel nostro tempo
non può che essere ecologista e femminista. La visione del futuro che parte da
noi, si fonda su tre sfide cruciali e intrecciate che le destre non nominano
mai: disuguaglianze, clima e precarietà.”
Il testo, ben scritto ed organico (unica
citazione esplicita che rammentiamo è l’enciclica “Laudato sì” riguardo alla
“ecologia integrale” su ambiente e diritti sociali), attraversa pressoché tutti
i contenuti programmatici della mozione concorrente, per cui ci limitiamo a indicare
alcuni dei maggiori scostamenti in senso ancor più progressista (parte dei
quali mutuati dalle proposte del Forum Disuguaglianze e Diversità [6]):
-
ambiente: carbon tax e superamento dei Sussidi
Ambientalmente Dannosi, rigenerazione edilizia urbana e territoriale connessa
alla salute dell’uomo e dell’ambiente (“one health”);
-
transizione digitale e politica industriale: agenzia
pubblica europea per la ricerca sanitaria e farmaceutica, con revisione della
disciplina dei brevetti (accordi internazionali “TRIPS”), nuova frontiera dei
diritti digitali tra cui l’accesso agli algoritmi e la “disconnessione”,
conferimento di ‘missioni’ alle aziende a partecipazione pubblica,
partecipazione dei lavoratori alle imprese e autogestione di imprese in crisi;
-
lavoro e fisco: “sperimentazione” della
riduzione dell’orario di lavoro a 4 giorni/settimana, ripristinare l’art. 18
dello Statuto dei Lavoratori sui licenziamenti individuali, classificare i
‘lavoratori delle piattaforme’ come dipendenti, salvo diversa dimostrazione e
sottoporne gli “algoritmi” a contrattazione, revisione del reddito di
cittadinanza come indicato dalla commissione Saraceno (ad esempio compatibilità
con modesti redditi da lavoro), spostare il carico fiscale dal lavoro alle
rendite e alle emissioni inquinanti, con esplicita accenno alle tasse di
successione (già indicate anche da Enrico Letta);
-
servizi sociali: (scuola e sanità circa come
Bonaccini), diritto alla casa anche con intermediazione tra proprietà ed
inquilini per affitti lunghi;
-
diritti: accoglienza dei migranti con
esplicitazione di un programma pubblico di salvataggi in mare ed estensione dei
flussi in ingresso alla fase di ricerca di un lavoro,
-
rilanciare la riforma umanitaria delle pene
detentive (ed alternative), legalizzazione della cannabis;
In questa proiezione progressista, che per
altro ben si integra con l’impianto base della mozione Bonaccini (ne
rappresenta in un qualche senso la versione “plus” o “Abarth”), ci permettiamo
di rilevare che non compare una patrimoniale ordinaria e che il ritorno all’art.
18 figura limitato a quanto già deciso dalla Corte Costituzionale: il che
(assieme alla questione delle armi all’Ucraina) lascia ancora una qualche
distanza rispetto agli indirizzi della attigua formazione Verdi/Sinistra.
Apprezzabili a nostro avviso, in senso
anti-demagogico, l’intento di rivedere la legge Fornero “ma salvaguardando
l’equilibrio del sistema” ed il proposito di “…evitare di lasciare in eredità
alle prossime generazioni un debito pubblico insostenibile”.
In sintesi la mozione Schlein si profila come
un appello alle ciurme disperse della sinistra e dei movimenti per ricostruire
vascello e velatura.
PROGRAMMI E ORGANIZZAZIONE
Fin qui il nostro contributo alla lettura e
comparazione dei contenuti programmatici delle mozioni.
Dopo di che
resta, per entrambe le mozioni, – oltre al difficile confronto sia con il
tecno-capitalismo sia con il sovranismo populista – da riguadagnare la
credibilità perduta, tra propaganda e realtà, in varie esperienze di governi di
coalizione (in cui la mediazione ha prevalso sull’identità) e di governo Renzi
(in cui l’identità stava “più con Marchionne” che con gli operai).
Il difficile
tentativo di recupero della credibilità, alla luce dei risultati delle
regionali in Lazio ed in Lombardia, comporta la necessità di misurarsi anche
con l’enorme crescita degli elettori assenti dai seggi, astensionismo che
costituisce ad un tempo un grande detrattore del significato democratico
effettivo delle istituzioni ed una mina vagante per nuove possibili sirene ancor
più populiste delle precedenti (Berlusconi, Grillo, Salvini, Meloni).
E però forse
pure una grande occasione di riconquista del consenso, in quanto meno
immobilizzato dalle barriere paleo-ideologiche.
Occasione di
fronte alla quale il PD, diversamente da tutti gli altri partiti, potrebbe
valorizzare la peculiare risorsa della residua dimensione di massa dei suoi
iscritti e dei suoi simpatizzanti fidelizzati: se non fossero più depressi
delle fasce di popolazione colpite per l’appunto da precarietà, disillusione e
depressione.
Le due
mozioni, pur sviluppando proposte di riorganizzazione del partito e del suo
intorno, a nostro avviso non esprimono compiute teorie per sviluppare tale
missione.
Poiché non si
tratta di scegliere ora il candidato alla Presidenza del Consiglio, ma il
Segretario del partito Democratico, la ‘questione dell’organizzazione’ non ci
sembra affatto secondaria: pensando anche ad una Segreteria che non se ne stia
a Roma, ma giri per i territori a capire cosa succede.
Tornando
pertanto sui testi delle due mozioni riguardo alle proposte per la
riorganizzazione del partito (oltre quanto già detto in nota D sulle primarie,
abbiamo riscontrato più convergenze che divergenze: seppur con qualche
differenza terminologica, ambedue propongono di ridare ruolo ai circoli (anche
come quote di finanziamento), di aprirli al confronto con associazioni e
movimenti, di curare la formazione dei quadri e la circolarità di informazione
tra gli amministratori locali, di indire conferenze programmatiche annuali e
referendum tra gli iscritti, di promuovere osservatori tematici e luoghi di
confronto con “i saperi”.
Ed ambedue
affidano alla rivendicazione di una legge sui partiti la speranza di un ritorno
al finanziamento pubblico ed una disciplina sui fenomeni lobbistici, mentre
manca in entrambi la formulazione di una più stretta autodisciplina per i
comportamenti degli iscritti (anche se Schlein indica: no ai doppi incarichi,
autonomia politica dalle amministrazioni locali e organi di garanzia più
incisivi)
Sul versante
Bonaccini si insiste sui Giovani Democratici e sugli Iscritti all’Estero (argomenti
pure trattati anche da Schlein).
Sul versante
Schlein si rilevano numerose specificazioni in favore dei ‘circoli digitali’, della
partecipazione dei non-iscritti (albo degli elettori) e della parità di genere
(dai “co-segretari” al superamento del giochetto delle candidature parlamentari
multiple, che di fatto penalizzano le candidate femmine).
Anche se ci è
difficile formulare suggerimenti in materia (la questione è niente meno come
sia possibile aggregare un consenso di massa a sinistra nella società odierna…)
ci pare di poter rilevare che nelle elaborazioni dei due candidati alla
segreteria del PD manchi un approccio adeguato alle seguenti problematiche:
-
qual è il profilo attuale (sociale,
psicologico, antropologico, ma anche più banalmente: età, professione,
attitudini, aspirazioni) dei militanti, degli iscritti, e dei simpatizzanti;
-
quali sono le cause di disaffezione, OLTRE al
disagio verso i contenuti ed i tatticismi della linea politica nazionale: per
esempio quanto i circoli possono sembrare chiuse combriccole autoreferenziali
(in cui spartirsi cariche onorifiche o sostanziali…);
-
come limitare la ‘politica come professione’
(senza cadere nelle promesse demagogiche e poco mantenute dal MoVimento
5Stelle), non solo al livello ufficiale del rinnovo dei mandati elettorali
(locali e nazionali), ma anche a quello più incisivo della prosecuzione delle
carriere in quanto ‘portaborse’ o nominati in vari enti;
-
quale ruolo di iniziativa politica si intende
affidare al partito, oltre alla formulazione e propaganda sui programmi
elettorali (e connesse liste di candidati): ad esempio nella inchiesta (ed
informazione) sui bisogni sociali locali e sui sistemi di potere locali (prima
che questa Destra diventi un regime) oppure a livello nazionale con referendum
abrogativi e leggi di iniziativa popolare (c’è solo un cenno in tal senso di
Bonaccini per il “congedo parentale paritario”).
annavailati@tiscali.it
aldovecchi@hotmail.it
Fonti:
1.
https://www.partitodemocratico.it/news/manifesto-per-il-nuovo-pd_italia-2030/
2.
https://www.partitodemocratico.it/congresso2023/candidate-candidati-e-mozioni/
3.
Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi - DOPO 30
ANNI DI FRATTURE SOCIALI E
POLITICHE, A SINISTRA;
CHE FARE? – su Utopia21, novembre 2022
https://drive.google.com/file/d/1kSi_8BDxQNIq44U4yzMb1MJc1Tcx2CID/view?usp=share_link
4.
Aldo Vecchi - LEGGENDO I PROGRAMMI ELETTORALI
PER IL 25 SETTEMBRE 2022 - su Utopia21, settembre 2023 https://drive.google.com/file/d/1cL7MvXk4xotR4jZiNQvlifC4_6nlBJS/view?usp=sharing
5.
Aldo Vecchi – LA GRANDE SVOLTA (QUASI)
ANNUNCIATA DAI SOCIALISTI E DEMOCRATICI EUROPEI – su Utopia21, gennaio 2022 -
https://drive.google.com/file/d/1yBkWm43n1rFMF92-Gp8D3-xiSGUzha7z/view?usp=sharing
6.
Aldo Vecchi - VERSO LE ELEZIONI EUROPEE – su
Utopia21, maggio 2019 –
https://drive.google.com/file/d/1AkCiSPsccsSTYa1VfFTCtR4gi9xM3GW/view?usp=sharing
7.
Aldo Vecchi – LETTURA E CRITICA DEI PROGRAMMI
ELETTORALI PER IL 4 MARZO 2018 – su Utopia21, marzo 2018 -
https://drive.google.com/file/d/1pAwy3E5KHCamh_rOyxResPMGUhAROwkE/view?usp=sharing
8.
Aldo Vecchi – VERSO LE ELEZIONI EUROPEE – su
Utopia21, maggio 2019 - https://drive.google.com/file/d/1-AkCiSPsccsSTYa1VfFTCtR4gi9xM3GW/view?usp=sharing
9.
Aldo Vecchi – LA GRANDE SVOLTA (QUASI)
ANNUNCIATA DAI SOCIALISTI E DEMOCRATICI EUROPEI – su Utopia21, gennaio 2023 - https://drive.google.com/file/d/1yBkWm43n1rFMF92-Gp8D3-xiSGUzha7z/view?usp=sharing
[1]
Perché occuparsi ancora del PD abbiamo
cercato di motivarlo nell’articolo di novembre3 sui risultati
elettorali; in breve, anche se il PD non è più (come fu il PCI) il partito per
cui vota la classe operaia, e anche se al momento non è l’area più ampia di condensazione
di opinioni elettorali progressiste (sorpassato nei sondaggi dal M5Stelle di
Conte), rimane l’erede più diretto di quell’”arco costituzionale” che ha
guidato la “prima repubblica” nonché l’articolazione in Italia del Partito
Socialista Europeo e dintorni.
L’estinzione “alla francese” non ci sembra ad oggi
probabile; visto anche l’esito delle regionali in Lazio e Lombardia, dove ad
estinguersi risultano in primo luogo gli stessi elettori di tutti i partiti, la
Destra comunque vince, ma le alternative M5S e 3° Polo vanno molto peggio del
PD.
D’altronde chi ha teorizzato la opportunità di
scioglimento del PD, come il Direttore di “Domani” Stefano Feltri (diversamente
dai suoi editorialisti, alcuni dei quali hanno partecipato alla stesura del
nuovo Manifesto) non ci pare che abbia finora raccolto molto successo, così
come gli embrioni di nuovi partiti auspicati da “Domani”, come i ‘nuovi verdi’ oppure
i pacifisti tra Landini e S.Egidio.
[2] Il “manifesto rifondativo”, scaturito
da una commissione di dirigenti storici e di intellettuali di area, benché
scritto disordinatamente, e trascurato dai media e dallo stesso Partito (a
partire dalle mozioni congressuali in esame), motiva storicamente, nel
succedersi delle “crisi” intervenute dopo la fondazione del PD (2007), la
necessità di una svolta in direzione ambientale ed egualitaria, con una
discreta consapevolezza sulle implicazioni internazionali.
[3] Occorre considerare se il calo degli
iscritti (pare attorno ai 200.000 dai 400.000 del 2019) rappresenti un regresso
anche qualitativo, nel senso del venir meno del carattere “di massa” del
Partito Democratico, per lo meno in numerose realtà locali.
[4] La questione delle primarie aperte
per la scelta del Segretario è tuttora materia controversa, perché influisce
evidentemente sulla stessa “idea di partito”: in
proposito, la mozione Bonaccini propone di confermare l’attuale assetto; Cuperlo
vorrebbe limitare la scelta del Segretario ai soli iscritti (proponendo primarie
solo per le cariche istituzionali), mentre la mozione Schlein avanza la
istituzione di un “registro degli elettori” e propone di chiamarli anche a
pronunciarsi su future scelte strategiche; sia Bonaccini che Schlein promettono
di estendere l’obbligo di primarie per le candidature al Parlamento, qualora
permanga una legge elettorale del tipo del vigente “Rosatellum”.
[5]
Ci contrapponiamo pertanto ai
molti che sostengono che “il PD non ha una visione” oppure “la sinistra non ha
una visione”. A nostro avviso le
“visioni” abbondano, forse anche troppo; il problema è che spesso non sono o
non appaiono “vincenti”, a partire dal semplice motivo che è difficile
aggregare i ceti subalterni in una società liquida, e ancor più difficile se
chi cerca di aggregare subalterno non è. Oppure il problema è anche solo che
tali visioni non piacciono a chi ha – legittimamente – altre visioni: come
accade innanzitutto ai commentatori di destra e di centro; ma anche alla
galassia degli elettori potenzialmente di sinistra, perché la oggettiva
dispersione sociale induce ad ampie divaricazioni della soggettività
individuale, proprio nel campo politico che più dovrebbe sentirsi “collettivo”.
[6] Ad esempio : “Dobbiamo cambiare il
modello di sviluppo per distribuire più equamente il potere economico, i
vantaggi e i benefici prima delle tasse e del welfare in modo da combattere le
diseguaglianze partendo da dove si formano. E dobbiamo riscoprire una parola
fondamentale: redistribuzione. Delle ricchezze, del sapere, del potere, del tempo.”
Parte di questi contenuti risalgono ad Atkinson e a Piketty, ma in qualche
misura ad ogni passaggio (da Piketty a Barca e poi da Barca a Schlein) sembrano
perdere un po’ di mordente.
Nessun commento:
Posta un commento