Il rapporto ISPRA/SNPA conferma le
tendenze al consumo di suolo in Italia, variamente differenziato nei territori.
Mentre si affina la tecnica di misurazione, le leggi regionali di contenimento
mostrano scarsa efficacia e latita tuttora di fatto la politica nazionale,
malgrado gli impegni a livello europeo.
Sommario:
- prosegue il consumo di suolo…
-
l’atlante
del consumo di suolo
-
il
contenimento avviato dalle Regioni:
o
Toscana
o
Lombardia
o
Emilia
Romagna
- le iniziative legislative in Parlamento
Nota: questo articolo non
esplicita le premesse storiche e culturali dei problemi affrontati,
appoggiandosi sui miei precedenti testi, man mano di seguito richiamati, ed in
parte raccolti nei “Quaderni di Utopia 21” n° 3 e 5 del settembre 2018 1,2
e n° 22 del settembre 2020 3)
PROSEGUE IL CONSUMO DI SUOLO…
La
pubblicazione, nel recente mese di ottobre, dell’annuale rapporto sul consumo
di suolo da parte dell’I.S.P.R.A. 4 per conto dell’intero Sistema
Nazionale di Protezione Ambientale (S.N.P.A., costituito dall’I.S.P.R.A. e
dalle Agenzie Ambientali “ARPA” delle Regioni e Provincie Autonome), non ha
suscitato particolare attenzione nell’opinione pubblica e sui media
generalisti, malgrado l’evidente connessione tra questi fenomeni insediativi e
le problematiche idro-geologiche drammaticamente evidenziata nei mesi
precedenti dall’alluvione in Romagna (e in altri territori) e puntualmente
ribadita poche settimane dopo in Toscana.
A
ridosso dell’alluvione a Prato e dintorni, in novembre, si è svolto proprio a
Firenze l’annuale convegno di UrbanPromo, che nella sezione “Green” ha
annoverato un dibattito dal titolo “GOVERNO DEL TERRITORIO E SOSTENIBILITÀ” 5,
in cui il tema del consumo di suolo è stato affrontato nei suoi termini
“giuridici” (aree edificabili nei piani comunali) e “fattuali” (aree
effettivamente trasformate), con attenzione soprattutto alla realtà toscana, ma
anche con il confronto con Lombardia ed Emilia-Romagna e con la partecipazione del
responsabile delle ricerche I.S.P.R.A. sul suolo, Michele Munafò.
L’intervento
del dott. Munafò costituisce un agile riassunto del rapporto S.N.P.A., il cui
messaggio sintetico è che il consumo di suolo complessivo nazionale, dopo una
breve flessione nel periodo pandemico, ha ripreso a svilupparsi ai ritmi
precedenti, mostrando quindi una tendenza divergente dai propositi virtuosi
espressi a livello europeo ed anche nazionale [A] di anticipare di fatto dal 2050 al 2030
l’obiettivo del “consumo zero”.
Attingendo
direttamente alla Sintesi del Rapporto SNPA/ISPRA, sempre interessante è l’articolazione
territoriale dei dati relativi al suolo consumato, sia riferiti agli ultimi
anni, sia al risultato complessivo totalizzato:
- LIVELLO
REGIONALE
“In
15 regioni il suolo consumato stimato al 2022 supera il 5% (Tabella 4), con i
valori percentuali più elevati in Lombardia (12,16%), Veneto (11,88%) e
Campania (10,52%). La Lombardia detiene il primato anche in termini assoluti,
con oltre 290mila ettari di territorio artificializzati (il 13,5% del suolo
consumato in Italia è in questa regione).
Gli
incrementi maggiori, in termini di consumo di suolo netto avvenuto nell’ultimo
anno, riguardano Lombardia (con 908 ettari in più), Veneto (+739 ettari),
Puglia (+718 ettari), Emilia-Romagna (+635), Piemonte (+617).”
- LIVELLO PROVINCIALE
“Monza
e Brianza si conferma la provincia con la percentuale di suolo artificiale più
alta al 2022, con circa il 41% di suolo consumato in rapporto alla superficie
provinciale e un ulteriore incremento di 48 ettari, dopo i quasi 11 dello
scorso anno. Sopra il 30% troviamo anche le province di Napoli (35%) e Milano
(32%), e sopra al 20% ci sono Trieste (21%) e Varese (21%) e, poco al di sotto,
Padova (19%) e Treviso (17%). …
La
provincia di Foggia è anche tra quelle con il maggiore aumento di consumo di
suolo netto nell’ultimo anno (+313 ettari), insieme a Verona (+296 ettari) e
Roma (+236 ettari), mentre i valori più bassi si registrano nelle province di
Pistoia, Genova e Vibo Valentia, dove il consumo di suolo si attesta al di
sotto dei cinque ettari.”
- LIVELLO
COMUNALE
“Roma
Capitale è il comune con il consumo di suolo più elevato anche nel 2022 …, attestandosi
a 124 ettari di nuovo consumo di suolo netto ...[B] Dopo Roma, compaiono Uta
(in provincia di Cagliari) e Casalpusterlengo (Lodi), con, rispettivamente, 98
e 63 ettari di nuovo consumo di suolo netto nell’ultimo anno. Uta deve la quasi
totalità delle sue trasformazioni a un grande impianto fotovoltaico di circa 80
ettari …, mentre a Casalpusterlengo circa 50 ettari di territorio comunale sono
stati interessati dai cantieri della
S.P.141…”
Il
problema dell’incidenza sull’occupazione di suolo dei nuovi impianti
fotovoltaici, esemplificato dal suddetto caso del Comune di Uta, viene
approfondito dal rapporto ISPRA/SNPA 2023 stimando – in alternativa alla posa
sul terreno – la quantità che potrebbe essere installata sulle coperture
esistenti e su pertinenze tipo i parcheggi, con le opportune esclusioni (centri
storici, ostacoli tecnici, ecc.): “I risultati mostrano che la superficie netta
disponibile può variare da 757 a 989 km2, ….” con “ una potenza installabile … compresa
fra 70 e 92 GW, un quantitativo sufficiente a coprire l’aumento di energia
rinnovabile complessiva previsto dal PNIEC (Piano Nazionale per l’Energia e il
Clima) al 2030.”
(Ciò
conferma in termini più scientifici quanto grossolanamente stimato, nel nostro
piccolo, su Utopia21 nel 2021, già utilizzando dati e indicazioni di ISPRA e di
Munafò).
Il
rapporto vede con favore anche soluzioni intermedie, quali il cosiddetto
agri-fotovoltaico, che lascia permanere le colture, solo parzialmente
ombreggiate da “filari” radi di pannelli, riproducendo in termini tecnologici
l’antico abbinamento del “seminativo arborato”.
La
sensibilità dell’I.S.P.R.A. a tematiche specifiche di questo tipo (come anche
per la logistica) è connessa al perfezionamento delle tecnologie e delle
procedure con sui si produce il rapporto che contemplano, a valle del
trattamento “automatico” dei rilievi satellitari, una interazione con Regioni e
Comuni per meglio interpretare i dati grezzi, mentre le “categorie” di
classificazione dei suoli, in armonia con le direttive europee, si sono
affinate, sia riguardo alle occupazioni permanenti, sia riguardo a quelle
“reversibili” ed alle coperture che non si considerano “consumo”, come da
seguente elenco:
Le altre parti del Rapporto
riguardano cause ed effetti del consumo di suolo e – come negli anni precedenti
– l’intersezione tra i dati sul consumo e quelli sulle connotazioni qualitative
del suolo: paesaggio, idro-geologia, colture.
Quanto sopra concorre a far
riconoscere il sistema di monitoraggio italiano, che fa capo ad I.S.P.R.A.,
come uno dei migliori a livello europeo, primato che ci manca invece riguardo
all’oggetto dell’indagine, cioè la quantità di suolo consumata.
L’ATLANTE
DEL CONSUMO DI SUOLO
Il rapporto è affiancato da un
Atlante d’Italia in scala 1:250.000 8, da cui riportiamo un estratto
concernente l’area “tra-i-laghi”, con l’avvertenza che la legenda attribuisce
il nero al suolo consumato prima del 2022 ed il rosso all’ultimo anno, rosso
che risulta quasi assente nell’area qui ritagliata.
IL
CONTENIMENTO AVVIATO DALLE REGIONI:
- TOSCANA
Con gli interventi di alcuni
dirigenti ed un saluto (non solo rituale) dell’Assessore Regionale, la Regione
Toscana – con qualche senso di colpa per la recentissima alluvione, attenuato
però dal rimando a cause pregresse – ha esposto lo stato di attuazione
dell’apparato normativo regionale, avviato con la legge n° 5 del 1995 (prossima
al “modello INU” del congresso di Bologna di quell’anno, con la tripartizione
tra le componenti strutturali, operative e regolamentari del piano comunale, che in Toscana assumono diverse
denominazioni) e ad oggi costituito dalla L.R. 65/2014 e dal Piano
Paesaggistico Regionale, puntando l’attenzione soprattutto sulla perimetrazione
del “tessuto urbanizzato” e sul sistema di monitoraggio (nella parte finale del seminario sono stati illustrati casi specifici
di rigenerazione urbana in progetto):
- il
procedimento di co-pianificazione tra Comuni, Province e Regione (cui spetta
“l’ultima parola”), una volta definite le “invarianti” paesistiche e
ambientali, individua nel riconoscimento dei confini del “tessuto urbanizzato”
il passaggio fondamentale per contenere e ricompattare le espansioni urbane,
premessa sia per il controllo sul consumo di suolo che per la riorganizzazione
degli abitati;
-
all’esterno dei “tessuti urbanizzati” sono
ammesse limitate previsioni insediative solo per infrastrutture e altri
interventi di interesse pubblico, attentamente monitorate dalla Regione (che
sulla base delle risultanze sta infatti meditando sull’opportunità di ulteriori
restrizioni in materia);
-
tutte le previsioni di trasformazione, anche
all’interno dei “tessuti”, vengono contabilizzate dal sistema informativo
regionale, con criteri di calcolo che mirano a quantificarne anche la
conseguente perdita (o guadagno) di “risorse ambientali” (che potrebbero corrispondere ai “servizi eco-sistemici” variamente
resi dai suoli), cercando quindi di conferire omogeneità e concretezza alle
“Valutazioni Ambientali Strategiche”;
- nel
contempo l’Istituto di Ricerche Economiche e Sociali regionale svolge una sorta
di ‘controprova’ per escludere che - attraverso la strumentazione comunale - l’attuazione
del Piano Paesaggistico Regionale provochi danni allo sviluppo economico.
Dalle considerazioni degli
stessi attori regionali emerge che tale raffinata elaborazione delle procedure
di governo del territorio toscano riduce ma non esclude il consumo di suolo
(sia all’interno che all’esterno dei “tessuti urbanizzati”); i discreti risultati raggiunti sono
d’altronde attestati dai dati ISPRA di cui sopra; nel dibattito ad
UrbanPromo però l’attenzione era (giustamente?)
rivolta alle carenze delle risorse finanziarie pubbliche che sarebbero
necessarie per rendere appetibili ed attuabili – anche nei piccoli centri e
nelle “aree interne” – quegli interventi di rigenerazione urbana sul patrimonio
edilizio vetusto e/o dismesso che costituirebbero valida e concreta alternativa
al consumo di suolo libero: argomento particolarmente sostenuto dall’Assessore Stefano
Baccelli (il quale per altro, in un
dibattito nella giornata successiva di UrbanPromo, ha affermato di essere
rimasto colpito da parole e dati dell’intervento di Munafò, riguardo al residuo
aumento di consumo di suolo, anche all’interno dei tessuti urbanizzati).
- LOMBARDIA
Per la Lombardia, il dirigente
Roberto Laffi ha premesso una rilettura sulle graduatorie del consumo di suolo,
che vede tra le regioni la Lombardia con il più alto valore assoluto e
percentuale, rilevando invece i più virtuosi valori per consumo di suolo
pro-capite (in effetti le situazioni
peggiori, secondo SNPA/ISPRA, si hanno con urbanizzazioni rade, come in Molise,
Basilicata e Val d’Aosta) e per consumo di suolo rispetto al Prodotto
Interno Lordo.
Ha confermato tuttavia le
preoccupazioni della Regione per il fenomeno, non abbastanza ostacolato dalle
previsioni per i Piani comunali di Governo del Territorio, formati a seguito
della legge regionale n° 12 del 2005 (che prevedeva blandi controlli da parte
della Regione), gli effetti di tale pianificazione è stata monitorata alcuni
anni dopo, constatando l’ipertrofia di molti Piani nella individuazione degli
“Ambiti di Trasformazione” (in taluni casi fino al raddoppio della capacità
insediativa comunale).
Ne sono seguite le leggi
regionali n° 31 del 2014 sul consumo di suolo e n°18 del 2019 sulla rigenerazione urbana (da parte mia già illustrate e commentate su
Utopia21 nel 2020) 9, di cui lo stesso Direttore Laffi ha
evidenziato la lentezza di attuazione, con solo il 20% dei Comuni (pari però al
40% della popolazione regionale) che si sono già adeguati al necessario taglio
degli “Ambiti di Trasformazione” su suolo libero.
Anche il dirigente lombardo ha
convenuto sul differente comportamento del mercato rispetto alle potenzialità
degli interventi di rigenerazione, che non richiedono incentivi a Milano od in
altre aree urbane, mentre languono nei piccoli comuni e nelle aree periferiche
della Regione, dalla montagna alle pianure agricole.
- EMILIA ROMAGNA
Per
la Regione Emilia-Romagna è intervenuto il dirigente Marcello Capucci,
illustrando il punto di svolta nella attuazione della legge regionale n° 24/17 (anch’essa già da me riassunta e commentata
su Utopia21 nel 2020, vedi Quaderno n° 22) 3 svolta determinata dalla imminente scadenza, a
fine 2023, di tutte le possibilità edificatorie – esterne ai tessuti urbanizzati
– previste dai piani comunali pre-vigenti, salvo quelle che a fine 2023 siano
arrivate al compiuto convenzionamento, con versamento di oneri e assunzione di
garanzie: scadenza che ha innescato una corsa a mettere in salvo tali diritti
edificatori, probabilmente al di sopra delle effettive necessità e capacità di
investimento.
Nei
nuovi piani comunali, in parte già avviati od approvati (a partire dal comune
di Bologna), e non più direttamente “conformativi” delle aspettative di
trasformazione edilizia (conformazione rinviata agli “accordi” attuativi,
quando conformi alle condizioni strategiche ed ambientali definite dai piani),
risulta decisivo anche in Emilia-Romagna il tracciamento del confine dei
“tessuti urbanizzati” (anche sulla scorta del “manuale” edito dalla Regione).
Perché al di fuori di tali tessuti sarà possibile, di qui al 2050, trasformare
solo un massimo del 3% del territorio libero, per comprovati motivi di
interesse pubblico, al netto però delle infrastrutture e degli ampiamenti di
impianti produttivi (“ampliamenti” su cui si sta giocando un braccio di ferro
interpretativo tra privati, comuni e Regione).
L’effettivo
contenimento del consumo di suolo è pertanto ancora assai problematico in
Emilia-Romagna (come confermano i dati SNPA/ISPRA), Regione che – come
evidenziato dallo stesso Capucci –, non avendo ancora un sistema di
monitoraggio raffinato sui piani comunali, ha stimato sommariamente l’estensione
dei “tessuti già urbanizzati” in 180/200 km2 per l’intero territorio
regionale, e che però sta facendo i conti – vedi sopra – con una quantità
analoga di previsioni dei vecchi piani, nel tentativo di sradicare la mala
pianta della rendita sui diritti edificatori.
Inoltre
il dirigente Capucci ha portato all’attenzione la recente esperienza del bando
regionale per gli interventi di rigenerazione urbana nei piccoli comuni, con
interventi spesso limitati ad un singolo fabbricato significativo, bando che ha
rilevato in generale l’assenza di convergenti investimenti privati e quindi il
solo sostegno dei fondi pubblici.
LE
INIZIATIVE LEGISLATIVE IN PARLAMENTO
Mentre i temi del territorio e dell’ambiente –
al di là degli atti strettamente dovuti per gli accordi internazionali –
restano largamente lontani dall’attenzione del Governo, come dimostra la Legge
di Stabilità, in Parlamento qualcosa si muove[AM1] , con un accordo procedurale tra Camera e
Senato per l’esame nelle Commissioni dei disegni di legge, in parte recuperati
dalla precedente legislatura, relativi alla “rigenerazione urbana” e al
“risparmio del consumo di suolo”, senza per ora un calendario stringente.
Isolata risulta per ora l’iniziativa
dell’onorevole Morassut (PD) per una legge generale sul Governo del Territorio,
materia su cui sta maturando anche la proposta dell’INU, recentemente
formalizzata (su cui mi riservo di
tornare).
Nell’ambito del convegno UrbanPromo le Regioni
hanno unanimemente espresso l’auspicio che il Parlamento pervenga ad una legge
di programmazione pluriennale per i fondi necessari per la rigenerazione urbana
ed alla rimozione degli ostacoli a livello giuridico e fiscale, ed il timore
che il legislatore nazionale intervenga invece direttamente ed impropriamente
sulle procedure della pianificazione e sugli indici di edificabilità (premi di
cubatura per i recuperi), senza una logica territoriale.
Fonti:
1.
Aldo
Vecchi – IL CONSUMO DI SUOLO – Quaderno n° 3 di “UTOPIA21”, settembre 2018 https://universauser.it/i-quaderni/quaderno-3-il-consumo-di-suolo.html
2.
Aldo
Vecchi – SOSTENIBILITA’, DAL FABBRICATO AL TERRITORIO – Quaderno n° 5 di “UTOPIA21”,
settembre 2018 https://universauser.it/i-quaderni/quaderno-5-sostenibilita-dal-fabbricato-al-territorio.html
3.
Aldo
Vecchi – IL DIBATTITO SULL’URBANISTICA (PRIMA E DOPO LA PANDEMIA) – Quaderno n°
22 di “UTOPIA21”, settembre 2021 https://drive.google.com/file/d/1h6JNx1bSWyh69mTCshFCdCRSJtwVtPTs/view?usp=sharing
4.
I.S.P.R.A.
- CONSUMO DI SUOLO, DINAMICHE TERRITORIALI E SERVIZI ECOSISTEMICI. EDIZIONE
2023 -
5. URBANPROMO
GREEN 2023 – GOVERNO DEL TERRITORIO E SOSTENIBILITA’ – Firenze, 7 novembre 2023
https://urbanpromo.it/2023/eventi/il-governo-del-territorio/
6. Fulvio
Fagiani e Aldo Vecchi - RINNOVABILI E PAESAGGIO: UN POTENZIALE CONFLITTO DA
SCIOGLIERE CON TRASPARENZA – su Utopia21, settembre 2021 https://drive.google.com/file/d/1gV7-_XuulCFPVRlLoAAeV2qlCN2i4PUz/view?usp=sharing
7. Fulvio
Fagiani - DOVE METTERE I PANNELLI FOTOVOLTAICI - su Utopia21, novembre 2021 https://drive.google.com/file/d/1ZAcSXcFvBf_DNt0LohsInSIznUkwMERf/view?usp=sharing
9. Aldo
Vecchi - LO STRABISMO DEL LEGISLATORE LOMBARDO SU SUOLO ED EDILIZIA – su
Utopia21, gennaio 2020 https://drive.google.com/file/d/1SbIqx6XEtn5MepZNqsYeSvSf9cHOwB9U/view?usp=sharing
[A] L’anticipazione al 2030, già implicita
nelle strategie europee, che prevedevano per tale data “l’allineamento del
consumo alla crescita demografica” (e pertanto per l’Italia e diversi altri
paesi europei in calo demografico passare ad una diminuzione del suolo
consumato), è stata anche esplicitata nel “Piano di Transizione Ecologica”
varato nel giugno 2022 dal Governo Draghi, e non smentita dalla versione 2023
della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile.
[B] Il dato di Roma indica la permanente
criticità delle previsioni insediative del Piano Regolatore dell’Urbe approvato
all’inizio del secolo, in parte ereditate ancora dal Piano ipertrofico del 1962
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