sabato 20 luglio 2024

UTOPIA21 - LUGLIO 2024: GLI ESITI CONTADDITTORI DELLE ELEZIONI EUROPEE

 

GLI ESITI CONTADDITTORI

DELLE ELEZIONI EUROPEE

di Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi

 

Mentre in apparenza la convergenza tra Popolari, Socialisti e Liberali si conferma alla guida dell’Unione Europea, la rumorosa avanzata dei partiti sovranisti, soprattutto nei principali Paesi Fondatori, apre pesanti incognite sul destino delle politiche avviate (assetto istituzionale, transizione ecologica, sostegno alle imprese, difesa comune). Le successive elezioni legislative francesi attenuano però l’impatto dell’onda sovranista.

 

Sommario:

-       i dati numerici

-       i dati politici

-       la posta in gioco

-       timori per il destino dell’Occidente

 

 

I DATI NUMERICI

 

Le valutazioni più diffuse sull’esito delle elezioni europee si concentrano su un avanzamento delle destre sovraniste a fronte di un relativo successo del Partito Popolare Europeo (+2%) e di un arretramento degli schieramenti più europeisti (- 8% nell’insieme a Verdi, Socialisti&Democratici, Liberali – sconfitti soprattutto questi ultimi: -4% [A]).

Ciò è vero in parte, come mostriamo nella seguente tabella 1 (i due raggruppamenti sovranisti avanzano in totale solo dell’1,6%, cui però bisogna aggiungere importanti componenti degli  gli ‘Altri’ partiti nazionali, ad esempio in Ungheria e in Germania), ma è indubbiamente rafforzato dai risultati specifici in alcuni importanti Paesi, come Germania, Austria e Francia (dove però la partita – con esito inverso – è stata rigiocata in questi giorni a scala nazionale); ed ulteriormente appesantito dalla percezione, confermata da alcuni istituti demoscopici [B], che tale voto a destra abbia anche una rilevante matrice giovanile (non così in Italia, dove per altro l’ondata di destra si è sostanzialmente fermata ai livelli delle politiche del 2022); con una appariscente contro-marcia rispetto al movimentismo giovanile transnazionale ambientalista del 2019 (Fridays For Future): risulta però che nelle successive elezioni legislative francesi, con il significativo aumento dell’affluenza, si sia riscontrata una opposta prevalenza a sinistra per il voto giovanile.

 

NOTA: il numero dei seggi complessivi è sceso da 751 a 720 a seguito dell’uscita del Regno Unito (‘Brexit’ 2020); pertanto il confronto tra 2019 e 2024 è da noi riportato alle percentuali dei seggi assegnati; nella tabella non teniamo conto dei passaggi successivi di eurodeputati da un gruppo ad un altro [C]; nell’incremento degli “Altri” occorre considerare anche il partito ungherese di Orban, che nel 2019 aderiva al Partito Popolare Europeo e l’estrema destra tedesca AFD, da pochi giorni espulsa dal gruppo Identità e Democrazia.

Fonti: 2024 = European Union; 2019: Wikipedia

 

TABELLA 1 – Risultati elezioni europee 2024 e 2019

 

Altro dato da considerare, un po’ sopravvalutato a causa dalla sensibile diminuzione della partecipazione al voto in Italia (dal 54 al 48%, per la prima volta al di sotto della metà degli aventi diritto) è l’astensionismo, che a scala europea è invece abbastanza contenuto (la media complessiva sale in apparenza di mezzo punto, raggiungendo il 51%, ma solo per effetto della uscita del Regno Unito, che aveva sempre espresso valori molto bassi):

-       l’astensionismo aumenta significativamente (di oltre 5 punti), oltre che in Italia, solo in Danimarca, Grecia, Estonia, Lituania, Croazia e Polonia; più blandamente in altri 7 Paesi;

-       mentre diminuisce variamente in 14 paesi su 27;

-       le percentuali di adesione al voto sono parimenti assai differenziate, dal 21% della Croazia all’89% del Belgio.

 

 

TABELLA 2 – Affluenza al voto alle elezioni europee, per singolo Paese, dal 1979. Fonte European Union. Evidenziati in giallo i principali decrementi, dal 2019 al 2024 (A) e dal 2014 al 2024 (B).

 

 

I DATI POLITICI

 

Al di là dei dati numerici, che hanno spostato ‘a destra’ un pacchetto di seggi significativo, ma non determinante (resta al momento anche matematicamente impossibile una maggioranza che associ i Popolari con le Destre sovraniste, escludendo le forze più europeiste), gli esiti politici del voto sono essenzialmente due, tra loro contradditori:

-      malgrado la debolezza degli attuali governi di Francia e Germania, gli stati maggiori dei raggruppamenti Popolari, Socialisti&D e Liberali, e di conseguenza la maggioranza del Consiglio Europeo (Capi di Stato o di Governo), hanno confermato la storica alleanza, e proporranno al Parlamento Europeo la conferma di Ursula Von der Leyen come Presidente della Commissione (con un assetto complessivo coerente nella spartizione delle altre cariche di vertice) [D]: conferma che non è scontata, visto il margine di circa 40 voti potenziali della maggioranza e l’euro-tradizione dei ‘franchi tiratori’ nello scrutinio segreto; da ciò le tattiche in corso per possibili allargamenti a manca (Verdi) e a dritta (Meloni?);

-      la tendenziale attrazione verso i sovranisti per ampie frange dei Popolari, sia perché già collaborano con alcuni partiti di destra a scala nazionale, al governo (come in Italia, in Svezia ed in Croazia) o all’opposizione (es. Spagna), sia per assonanza su alcuni temi forti della propaganda sovranista, contro i migranti, contro il Green Deal e contro “la burocrazia europeista”: considerato che su taluni temi anche lo schieramento liberale Renew non è insensibile alle suddette sirene (vedi programmi elettorali 1), si può prevedere che nella complessa navigazione delle future decisioni europee tra Consiglio, Commissione e  Parlamento si verificheranno – più di frequente che in passato –  oscillazioni tra gli orientamenti coerenti con l’indirizzo ufficiale della Commissione e le mediazioni e scorribande verso le posizioni sovraniste.

 

Tali oscillazioni verso i sovranisti sarebbero state più temibili se elezioni francesi avessero portato al governo il Rassemblement National di Bardella e LePen, che invece è stato sorprendentemente neutralizzato dalla pur precaria alleanza al secondo turno elettorale tra la rinata unità delle sinistre e lo schieramento di centro.

Occorre inoltre considerare che i partiti sovranisti europei al momento non sono affatto uniti (anche per le connaturate rivalità nazionali) [E], e che si sta definendo un diverso assetto delle loro aggregazioni, che ha come discriminante la relazione con la Russia (vedi l’inedito protagonismo di Orban quale presidente di turno dell’Unione): il che può acuire la spina della guerra in Ucraina nel corpo dell’Europa, ma probabilmente può allontanare i popolari dalla voglia di ballare dei valzer sulla destra.

Infine su tutto questo aleggia l’eventuale influsso di una vittoria di Trump nelle prossime presidenziali U.S.A.

 

 

LA POSTA IN GIOCO

 

Come evidenziato da molti commentatori e come già tratteggiato negli articoli su Utopia21 di maggio 1,2 e di questo numero 3, anche senza una formale svolta a destra degli organi di governo dell’Unione, saranno probabili frenate e retromarce su diversi argomenti, il che già si è visto nel finire della precedente legislatura, sia sul fronte del Green Deal (abitazioni) sia su quello delle politiche agricole e della biodiversità (la cui direttiva è stata salvata in extremis dalla ministra Austriaca, in contrasto con il suo stesso governo): tra le prossime possibili vittime si intravede la scadenza al 2035 per i motori a combustione per autotrazione.

Ma, ancor più rilevante del rallentamento delle direttive già avviate, risulterà il rischio del rinvio o della mancata partenza, ovvero del depotenziamento, per le nuove iniziative che erano in preparazione o in fase di studio, come in primo luogo:

-       una ‘politica industriale’ adeguata alla competizione con U.S.A. e Cina, nel quadro della doppia transizione, ecologica e digitale, con le necessarie premesse riguardo al mercato comune dei capitali ed agli investimenti pubblici, mediante debito comune e incremento del bilancio comunitario;

-       una ‘difesa comune’ al servizio di una politica estera unitaria, a fronte delle guerre in atto (Ucraina, Palestina) e delle altre tensioni geopolitiche (U.S.A./Cina, Balcani, Medio Oriente, Africa) e nella prospettiva della ‘variabile Trump’ (che potrebbe rendere inutilizzabile la NATO);

-       una evoluzione ‘federalista’ delle stesse istituzioni europee, sia riguardo al superamento delle decisioni all’unanimità nel Consiglio dei 27 Stati, sia riguardo al ruolo del Parlamento (mentre assai remote sembrano ora le proposte di ulteriore democratizzazione maturate nella ‘Conferenza sul Futuro dell’Europa dl 2021-22 4).

 

Si tratta di indirizzi strategici – complessivamente antitetici alle grida e agli umori delle forze sovraniste – ma non per questo sinonimo di concordia tra le forze europeiste, perché in ciascuno di essi sono possibili differenti interpretazioni ed accentuazioni (come già si vedeva confrontando i rispettivi programmi).

 

Ad esempio la cosiddetta ‘politica industriale’ può puntare, di diritto o di fatto, alla formazione di grandi imprese in quanto ‘campioni europei’ in grado di competere nel mondo, ma ciò si scontra da un lato con la tradizionale filosofia pro-concorrenza dell’Europa ‘ordoliberista’ e dall’altro lato con le spinte democratiche per una maggior tutela degli interessi dei cittadini-consumatori (emblematica in tal senso è l’attuale impotenza di diverse ‘Authority’, come quella italiana per l’energia, che ha ben rilevato il comportamento truffaldino e oligopolistico di numerose compagnie venditrici di elettricità e gas, durante l’impennata dei prezzi del 2022-23, ma non è stata in grado di comminare adeguate sanzioni e ristori in favore dei clienti).

In questo quadro evidenti sono anche le contraddizioni in materia di transizione digitale e di regolazione dell’Intelligenza Artificiale, dove le buone intenzioni espresse dal Parlamento Europeo possono portare ad esiti paradossali, quali il nanismo forzato delle start-up europee e la contestuale impotenza nel controllare i monopoli altrui (U.S.A. e Cina).

E certamente non sono univoche le proposte e le ricette in materia di finanza, fisco e investimenti.

 

Ancor più complessa appare la partita della politica militare, dove – nella difficile ipotesi di un effettivo coordinamento tra le forze armate europee – si aprono divaricazioni teoriche e pratiche tra i rischi di un neo-euro-imperialismo (seppur probabilmente più debole di quello dei competitori) e la impervia strada di un’Europa con armamenti minimi a servizio di una politica di pace: mentre attorno incombono i pericoli già noti, aggravabili dall’incognita del ritorno di Trump.

 

 

TIMORI PER IL DESTINO DELL’OCCIDENTE

 

Se il campo ‘europeista’, come sopra accennato è solcato da contraddizioni, che schematicamente si potrebbero leggere come tese tra un polarità più tecnocapitalista ed istanze più democratizzanti, l’opposto fronte ‘sovranista’, che al momento appare molto frastagliato sul terreno tattico (vedi sopra), risponde invece ad una svolta strategica di importanti settori del capitalismo neo-liberista occidentale, in cerca di una impostazione più autoritaria della società, avvalendosi del consenso populista variamente accumulato (e invidiando i capitalisti di Cina, Arabia e dintorni - ed anche forse Russia -, i cui affari possono prosperare senza preoccupazioni di tipo democratico)? 

Le cospicue sottoscrizioni di fondi elettorali da parte di alquanti miliardari in favore di Trump e del Rassemblement National e alcune esternazioni di soggetti come Elon Musk testimonierebbero in tale direzione.

E i precedenti della tragica epopea del nazi-fascismo mostrano quanto il capitalismo possa divorziare dalla democrazia (e dalla pace), rimanendo tuttavia in qualche modo nell’ambito del ‘pensiero occidentale’, soprattutto se turbato dai rischi di una alternativa (quale fu la rivoluzione sovietica e quel che ne seguì, nel bene e anche nel male).

 

In questa fase non c’è in vista nessuna ‘alternativa’ di sistema, però può esserci una convergenza di interessi tra chi – nell’ambito dei miliardari e ampi dintorni – non ama pagare le tasse, né abbandonare i profitti dalle energie fossili, né subordinare le iniziative di imprese  e monopoli a nessuna ‘Authority’ di stampo democratico: possono questi interessi coalizzati pesare fino al punto di buttare a mare quel che resta della pace mondiale e della globalizzazione (che pure hanno giovato ai recenti sviluppi dell’accumulazione capitalistica)?

Capire se sia possibile rispondere a simili domande sul ‘destino dell’Occidente’ potrebbe aiutare a muoversi meglio nel groviglio di contraddizioni che ci circondano, considerando che è comunque in questo stesso Occidente che ci troviamo, con fatica, a galleggiare.

E che tale Occidente è ancora determinante per le sorti dell’intera umanità.

 

aldovecchi@hotmail.it

annavailati@tiscali.it

 

 

Fonti:

1.    Aldo Vecchi - ELEZIONI: I REMOTI PROGRAMMI DEI PARTITI EUROPEI – su Utopia21, maggio 2024 -  https://drive.google.com/file/d/1igO3W41dILVvptIoa1mvbahdJFiUK4gP/view?usp=drive_link-

2.    Fulvio Fagiani  ELEZIONI EUROPEE: EUROPA AL BIVIO, SALTO DECISIVO IN AVANTI O REGRESSIONE - su Utopia21, luglio 2022 -  https://drive.google.com/file/d/18spqokJt3iY2FpldcvaNDnHRvhWRYKf9/view?usp=drive_link

3.    Fulvio Fagiani  - L’AGENDA STRATEGIA EUROPEA AL 2029: I PRINCIPI E I VUOTI – in questo numero di Utopia21, luglio 2024

4.    Aldo Vecchi – CONCLUSA LA FASE CONSULTIVA DELLA CONFERENZA SUL         FUTURO DELL’EUROPA – su Utopia21, luglio 2022 - https://drive.google.com/file/d/1-MJO5f-4ysnwnuv5IM-LGPrmJfxFvZ7V/view?usp=sharing

 

 

 



[A] grazie anche alla brillante idea dei Lib italiani di dividersi in 2 liste (Renzi+Bonino e Calenda) rimaste ambedue sotto alla soglia di sbarramento del 4%

[C] denominati “cambi di casacca” dagli anti-inciucisti del centro-destra italiano, che per altro praticano tali scambi sia a scala europea che nazionale vedi la notoria compravendita di senatori da parte di Berlusconi tra 2006 e 2008, vedi il caso del senatore Sergio De Gregorio, reo confesso

[D] Con l’abituale rispetto per le istituzioni, il ministro Salvini ha tuonato contro il “colpo di stato” che contrasterebbe la volontà di milioni di elettori

[E] Come ad esempio tra Ungheresi e Romeni a proposito della Transilvania.

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