TESTO DEL 22-09-14
Mi son preso la briga di
rileggere la mozione su cui Renzi vinse le primarie per la Segreteria del PD
nello scorso inverno, nonché il mio commento in materia di lavoro e diritti,
dove constatavo la mancanza di precisi contenuti e l’assenza di attacchi all’art.
18 dello Statuto dei Lavoratori, esplicitamente presenti invece nella
precedente campagna renziana (quella in contrapposizione a Bersani).
Si trattava probabilmente di una
furbizia tattica (d'altronde anche nella recentissima lettera a tutti gli iscritti
del PD Renzi non è esplicito nel proporre l’abrogazione del diritto al
reintegro nel posto di lavoro per i dipendenti ingiustamente licenziati).
Renzi preferisce attaccare gli
oppositori interni al PD, accusandoli di voler scendere dal suo 41% di consensi
al loro 25%, ed i sindacati, rinfacciandogli di aver subito la divisione tra
“garantiti” e precari, ed imputando a tutti i critici la colpa di
conservatorismo (come se la sua riforma fosse l’unica possibile).
(inoltre quel 41%, riferito alle
europee e solo al 60% di votanti, non è per nulla garantito nel futuro, ed era
dovuto anche ad eccezionali circostanze, a partire dalle sparate in auto-rete
di Grillo).
In attesa che tutte le carte del
“job act” siano tradotte dall’inglese e messe in chiaro (è decisivo capire se
la nuova forma di contratto “a tutele crescenti” sarà “unica”, a danno di tutte
le forme di precariato, oppure andrà solo ad aggiungersi in linea facoltativa o
sperimentale), le voci e i comportamenti
nelle ultime settimane fanno intendere che comunque il governo punta ad
uno strappo contro l’art. 18, per ora probabilmente solo per i neo-assunti
(andando così a sancire una nuova divisione tra giovani e anziani).
Dal momento che questo
orientamento non proviene dal PD (né dalla sua storia, né dal suo ultimo
congresso, come sopra richiamato), e nei
penultimi tempi non era nemmeno al
centro delle rivendicazioni padronali, bensì è invocato esplicitamente dalle
destre politiche (interne ed esterne alla maggioranza) e suggerito più o meno felpatamente
dalla BCE ed altri ambienti europei e/o finanziari (anche se il modello
Fornero, ora vigente, parrebbe simile alla normativa tedesca), si può supporre
che Renzi lo assuma più per questo (pressioni di Draghi?) che non per la
moderata paura che può per ora fargli il moderato Alfano.
Poiché in questa fase ed anche su
questo tema sindacati, componenti minoritarie del PD ed ultra-sinistra hanno il
fiato corto (benché il diritto sia attivo ancora per quasi 8 milioni di
lavoratori), è difficile capire se passerà facilmente questo ulteriore
abbassamento delle garanzie sul posto di lavoro (mi stupisce Michele Serra, che
si aggiunge al coro di chi lo ritiene un inutile simulacro, come scegliere le
tende di una casa che sta crollando, lui dice).
Nel merito della questione, per
parte mia (anche per essere passato molti
anni fa per una dura esperienza di licenziamento discriminatorio, sia pure in
altro contesto normativo) resto molto affezionato all’art. 18, mi duole che
non diventi costitutivo dei rapporti di lavoro dell’intera Europa (che al
momento tutela meglio gli scoiattoli ed i formaggi tipici), anziché essere
cancellato dall’Italia (patria di Beccaria e anche di Brodolini, e non solo di
Pareto e Berlusconi) proprio per far piacere ad una certa Europa, e non capisco
perché una sinistra pragmatica non lo proponga a coronamento del nuovo
contratto a tutele crescenti, che in sua mancanza cresceranno assai poco (pare
si preveda al massimo un indennizzo monetario).
Occorre arrivare tanto a destra,
sempre per “compiacere i mercati”?
PERVENUTO VIA E-MAIL
RispondiEliminaConcordo, e vorrei aggiungere qualcosa.
La sparata di Renzi in risposta al sindacato mi sembra grave e sopratutto di sbalorditiva grossolanità, prima ancora di entrare nel merito (che ancora non conosciamo per intero).
Lasciamo pure stare le vicende familiari e personali che nello specifico non autorizzano di certo nessun tono enfatico e predicatorio verso altri, denotano semmai una preoccupante disinvoltura nel maneggiare l'argomento.
E' vero che il sindacato al di là delle parole è gravemente colpevole di disinteresse verso il doppio canale contrattuale: nella mia recente carriera ho fatto anche la controparte del sindacato (M..... ha superato i 100 dipendenti assunti regolarmente, più qualche dozzina ricorrente di Co.Pro) . Da anni il tono degli operatori nelle trattative è tranciante: parliamo degli assunti, gli altri non ci riguardano, nel caso di passaggio di gestione ex appalto, nel caso di riduzioni di personale, nel dilagare di contratti impropri, ecc. A questi rispondiamo, con gli "altri"non c'entriamo, e detto persino con fastidio.
Qui capisco qualcosa di Grillo e dei ceti senza rappresentanza ....
Ma non è di certo il sindacato l'inventore del doppio canale, spacciato e imposto ai tempi del povero Biagi come la condizione necessaria per sostenere lo sviluppo.
Sempre da imprenditore improvvisato, concordo che l'art. 18 non può essere in cima ai nostri pensieri.
Prima - o di pari calibro - ci sono
- l' accesso al credito bancario
- il sistema delle garanzie vedi sopra
- il sostegno all'innovazione
- il sostegno allo start up
- la formazione al cambiamento
- la deriva ribassista e sgangherata degli appalti pubblici
- i pagamenti della PA
- l'inefficenza della suddetta, costante e pervicace anche se non generalizzata
- ecc. ecc.
la campagna appare più orientata a influenzare "i mercati" che di sensazioni necessitano, e quindi il nuovo padrone finanziario, piuttosto che l'impresa alle prese giorno per giorno con la costruzione di se stessa.
M.C.