martedì 30 settembre 2014

ANCORA SULL'ART. 18

TESTO DEL 22-09-14

Mi son preso la briga di rileggere la mozione su cui Renzi vinse le primarie per la Segreteria del PD nello scorso inverno, nonché il mio commento in materia di lavoro e diritti, dove constatavo la mancanza di precisi contenuti e l’assenza di attacchi all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, esplicitamente presenti invece nella precedente campagna renziana (quella in contrapposizione a Bersani).
Si trattava probabilmente di una furbizia tattica (d'altronde anche nella recentissima lettera a tutti gli iscritti del PD Renzi non è esplicito nel proporre l’abrogazione del diritto al reintegro nel posto di lavoro per i dipendenti ingiustamente licenziati).
Renzi preferisce attaccare gli oppositori interni al PD, accusandoli di voler scendere dal suo 41% di consensi al loro 25%, ed i sindacati, rinfacciandogli di aver subito la divisione tra “garantiti” e precari, ed imputando a tutti i critici la colpa di conservatorismo (come se la sua riforma fosse l’unica possibile).
(inoltre quel 41%, riferito alle europee e solo al 60% di votanti, non è per nulla garantito nel futuro, ed era dovuto anche ad eccezionali circostanze, a partire dalle sparate in auto-rete di Grillo).
In attesa che tutte le carte del “job act” siano tradotte dall’inglese e messe in chiaro (è decisivo capire se la nuova forma di contratto “a tutele crescenti” sarà “unica”, a danno di tutte le forme di precariato, oppure andrà solo ad aggiungersi in linea facoltativa o sperimentale), le voci e i comportamenti  nelle ultime settimane fanno intendere che comunque il governo punta ad uno strappo contro l’art. 18, per ora probabilmente solo per i neo-assunti (andando così a sancire una nuova divisione tra giovani e anziani).
Dal momento che questo orientamento non proviene dal PD (né dalla sua storia, né dal suo ultimo congresso, come sopra richiamato), e  nei penultimi tempi  non era nemmeno al centro delle rivendicazioni padronali, bensì è invocato esplicitamente dalle destre politiche (interne ed esterne alla maggioranza) e suggerito più o meno felpatamente dalla BCE ed altri ambienti europei e/o finanziari (anche se il modello Fornero, ora vigente, parrebbe simile alla normativa tedesca), si può supporre che Renzi lo assuma più per questo (pressioni di Draghi?) che non per la moderata paura che può per ora fargli il moderato Alfano.

Poiché in questa fase ed anche su questo tema sindacati, componenti minoritarie del PD ed ultra-sinistra hanno il fiato corto (benché il diritto sia attivo ancora per quasi 8 milioni di lavoratori), è difficile capire se passerà facilmente questo ulteriore abbassamento delle garanzie sul posto di lavoro (mi stupisce Michele Serra, che si aggiunge al coro di chi lo ritiene un inutile simulacro, come scegliere le tende di una casa che sta crollando, lui dice).

Nel merito della questione, per parte mia (anche per essere passato molti anni fa per una dura esperienza di licenziamento discriminatorio, sia pure in altro contesto normativo) resto molto affezionato all’art. 18, mi duole che non diventi costitutivo dei rapporti di lavoro dell’intera Europa (che al momento tutela meglio gli scoiattoli ed i formaggi tipici), anziché essere cancellato dall’Italia (patria di Beccaria e anche di Brodolini, e non solo di Pareto e Berlusconi) proprio per far piacere ad una certa Europa, e non capisco perché una sinistra pragmatica non lo proponga a coronamento del nuovo contratto a tutele crescenti, che in sua mancanza cresceranno assai poco (pare si preveda al massimo un indennizzo monetario).     

Occorre arrivare tanto a destra, sempre per “compiacere i mercati”?     

1 commento:

  1. PERVENUTO VIA E-MAIL
    Concordo, e vorrei aggiungere qualcosa.
    La sparata di Renzi in risposta al sindacato mi sembra grave e sopratutto di sbalorditiva grossolanità, prima ancora di entrare nel merito (che ancora non conosciamo per intero).
    Lasciamo pure stare le vicende familiari e personali che nello specifico non autorizzano di certo nessun tono enfatico e predicatorio verso altri, denotano semmai una preoccupante disinvoltura nel maneggiare l'argomento.
    E' vero che il sindacato al di là delle parole è gravemente colpevole di disinteresse verso il doppio canale contrattuale: nella mia recente carriera ho fatto anche la controparte del sindacato (M..... ha superato i 100 dipendenti assunti regolarmente, più qualche dozzina ricorrente di Co.Pro) . Da anni il tono degli operatori nelle trattative è tranciante: parliamo degli assunti, gli altri non ci riguardano, nel caso di passaggio di gestione ex appalto, nel caso di riduzioni di personale, nel dilagare di contratti impropri, ecc. A questi rispondiamo, con gli "altri"non c'entriamo, e detto persino con fastidio.
    Qui capisco qualcosa di Grillo e dei ceti senza rappresentanza ....
    Ma non è di certo il sindacato l'inventore del doppio canale, spacciato e imposto ai tempi del povero Biagi come la condizione necessaria per sostenere lo sviluppo.
    Sempre da imprenditore improvvisato, concordo che l'art. 18 non può essere in cima ai nostri pensieri.
    Prima - o di pari calibro - ci sono
    - l' accesso al credito bancario
    - il sistema delle garanzie vedi sopra
    - il sostegno all'innovazione
    - il sostegno allo start up
    - la formazione al cambiamento
    - la deriva ribassista e sgangherata degli appalti pubblici
    - i pagamenti della PA
    - l'inefficenza della suddetta, costante e pervicace anche se non generalizzata
    - ecc. ecc.
    la campagna appare più orientata a influenzare "i mercati" che di sensazioni necessitano, e quindi il nuovo padrone finanziario, piuttosto che l'impresa alle prese giorno per giorno con la costruzione di se stessa.
    M.C.

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