martedì 4 novembre 2014

ROTTAMA ITALIA

Segnalato da Salviamo-Il-Paesaggio, ho scaricato e letto il libro istantaneo di diversi ed autorevoli autori “Rottama Italia - perchè il decreto Sblocca-Italia è una minaccia per il nostro futuro"  (e-book a 2 €, edito da Altraeconomia, pagg.. 86), per approfondire i guasti minacciati dal Decreto Legge “Sblocca Italia”, e che si stanno pur troppo in gran parte confermando a causa della forzosa conversione in legge del decreto stesso, con poche modifiche, tramite l’abituale voto di fiducia.

Il volume tradisce un poco l’impostazione improvvisata e risulta costituito da una miscellanea di interventi non omogenei, né sotto il profilo della “scala” di approccio al testo legislativo (che alcuni autori colgono come pretesto per ribadire proprie teorie generali), né sotto quello dell’ispirazione politica, perché alcuni partono da una opposizione pregiudiziale a questo Governo ed altri più laicamente dalla realtà del Decreto: realtà che comunque emerge nell’insieme come un clamoroso marcia indietro per molti valori della sinistra (seppure già stemperati dai precedenti governi di centro-sinistra che hanno interpuntato il ventennio berlusconiano).
Per inciso, è sfuggita agli autori la gravità dell’art. 16, dove sottopone a oneri di urbanizzazione anche gli interventi di manutenzione straordinaria, finora gratuiti (invece di penalizzare le nuove costruzioni su suolo libero).

Dopo una introduzione di Tomaso Montanari ed una introduzione sull’aspetto comunicativo del giornalista di Altraeconomia Pietro Reitano, Giovanni Losavio (ex magistrato) interviene con puntualità a verificare se esistano i presupposti di omogeneità e di urgenza per la promulgazione del Decreto, che prosegue una pratica di dubbia costituzionalità perdurante da alcuni decenni (da quando sono emersi i concetti di “congiuntura avversa” e di crisi economica); tema ripreso più avanti, con diversa angolazione dal parlamentare PD ed ex-ministro della cultura Massimo Bray, che conviene con il Governo sulla necessita di aggiornare le procedure, ma in un insieme organico e non caso per caso con un provvedimento di urgenza abborracciato e privo della dovuta relazione di impatto della nuova normativa.

L’ex-vice presidente della Corte Costituzionale magistrato Paolo Maddalena contesta l’identificazione tra “ripresa delle attività produttive” e bene pubblico, a scapito di altri veri “beni pubblici”, quali la tutela del territorio e del paesaggio, ed estende le sue valutazioni esponendo – oltre ad una critica radicale al concetto di cartolarizzazione dei debiti - la sua tesi di interpretazione avanzata sull’art. 42 della Costituzione, sulla funzione sociale della proprietà, quando privata, fino a prevederne l’esproprio senza indennizzo quando inutilizzata: ipotesi molto interessante, ma che a mio avviso potrebbe camminare nel diritto solo se procedesse con forza nella società.


Più ideologico l’urbanista Edoardo Salzano, che tende a ricostruire una continuità ideologica, per l’appunto, da Craxi a Berlusconi fino a Renzi in materia di privatizzazioni, grandi opere  e de-regulation, con l’occhio attento più al disegno di legge Lupi sul governo del territorio che non alle concrete contingenze del decreto Sblocca-Italia.

Paolo Berdini, urbanista, analizza i guasti di alcune deroghe alle norme urbanistiche e soprattutto la tendenziale degenerazione del “Financing project” per le grandi opere (tipo Brebemi o quadrangolo Marche-Umbria) dove a partire dalla de-fiscalizzazione e per finire con il subentro dello Stato a garanzia, è concreto il rischio di trasferire a carico del bilancio pubblico interventi vantati all’origine come prive di oneri per lo stato.
(Analogo lo specifico commento di Luca Martinelli sul progetto di autostrada Orte-Mestre).

Vezio De Lucia, ancora urbanista, ripercorre la complessa vicenda del recupero dell’area ex-industriale di Bagnoli e relative (mancate) bonifiche e denuncia il tentativo di ripartire da zero, accentrando le decisioni in capo a Commissari governativi e scavalcando il Comune e la vigente specifica pianificazione locale, aventi prevalenti contenuti di interesse pubblico.

Salvatore Settis, archeologo, riepilogando i tentativi finora falliti di estendere il principio del silenzio-assenso alle procedure relative ai beni culturali ed l paesaggio, evidenzia la forzatura prevista dallo Sblocca-Italia per alcune grandi opere, che trasferiscono di fatto le decisioni finali dalle Sovrintendenze ad altri organi governativi o loro emanazioni imprenditoriali.

Tomaso Montanari, storico dell’arte, affronta l’accelerazione e generalizzazione delle procedure di vendita o ”valorizzazione” (con cessione del solo diritto di superficie temporaneo) dei beni demaniali, con il coinvolgimento dei Comuni, e rivendica per contro una sacralità degli stessi immobili in quanto “beni comuni”: non mi convince, perché non è detto che tutte le ex-caserme, ad esempio, possano trovare immediata e valida utilità pubblica, in relazione ai bisogni, alle risorse e dalla capacità di intervento e di gestione degli enti locali; se non sempre “privato è bello”, anche il “pubblico a-priori” rischia di generare abbandono e degrado.
Anna Donati, ambientalista, esamina la politica dei trasporti nello Sblocca-Italia, avara verso il trasporto pubblico locale e prodiga verso alcune grandi opere, in modo diretto per la TAV e in modo indiretto per le autostrade, attraverso l’ipotesi di ampi rinnovi, senza gara, delle concessioni autostradali in scadenza, a fronte di vari progetti di potenziamento ed estensione della rete.

Maria Pia Guermandi, archeologa, illustra lo stato comatoso dell’archeologia in Italia (e dentro di esso il precariato povero dei giovani archeologi), la mancata ratifica italiana della Convenzione di Malta del 1992, che prevede il coinvolgimento preventivo dell’archeologia nella progettazione delle principali opere, al fine di monitorare e prevenire i conflitti tra lavori pubblici e tutela del patrimonio archeologico, mentre il decreto Sblocca Italia, a coronamento di una prassi incalzante in tal senso, asserisce di fatto a priori la compatibilità archeologica di qualunque progetto, costringendo le Sovrintendenza a organizzare in fretta e furia gli scavi “in emergenza” per rimuovere i reperti rinvenuti.

Pietro Donmarco, giornalista, espone la resa del Governo alle pretese delle compagine petrolifere per avere mani libere nelle prospezioni e trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas e petrolio, quali che siano i vincoli ambientali, anche se le quantità in gioco non saranno risolutive per il fabbisogno nazionale e comunque indirizzate ad aumentare enon a diminuire le emissioni di CO2).

Domenico Finiguerra, già Sindaco di Cassinetta di Lugagnano, segnala le forzature procedurali in favore degli inceneritori, sia ai fini della costruzione di nuovi impianti, sia per il mantenimento dell’utilizzo – ma in favore di altri territori - di alcuni impianti in via di  superamento grazie al progresso della raccolta differenziata in numerose province.

Anna Maria Bianchi, documentarista, evidenzia il progressivo slittamento delle procedure contro l’autonomia delle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli, in favore dei privati che “auto-certificano” e contro la effettiva partecipazione popolare nelle decisioni sulle opere pubbliche, costretta nei tempi e surrogata da caricature di nuove forme di partecipazione, limitate alla manutenzione delle aree verdi con l’incentivo di sgravi fiscali.

Antonello Caporale, giornalista, se la prende in generale con la mania delle grandi opere urgenti, con la consueta scia di extra-costi e corruzione.

In conclusione Carlo Petrini, presidente di Slow Food, riepiloga le vicende del disegno di legge contro il consumo di suolo, proposto dal ministro Catania durante il governo Monti, in contrasto con il clima emergenziale di quella fase ed invece in sintonia con la lunga marcia culturale promossa dei movimenti per la valorizzazione della terra e del cibo, disegno di legge ancor vivo con i governi Letta e  Renzi, rispetto al quale lo Sblocca-Italia ha rappresentato una brusca svolta, rilanciando cemento, autostrade e trivellazioni, e troncando le speranze riposte dai movimenti e dallo stesso Petrini. che conclude con un accorato e motivato appello alla ragione e alla coerenza per il nuovo corso renziano (verso il quale si dichiara non pregiudizialmente ostile), in nome della bellezza del paesaggio italiano e della peculiare creatività delle attività più legate al territorio, negate e frustrate dalle scelte dello Sblocca-Italia,.

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