martedì 5 aprile 2016

TRIVELLE 3 – ALCUNE S-RAGIONI DEL “NO+ASTENUTI”

Riporto, e poi commento, una significativa risposta all’Unità di Borghini, comitato “Ottimisti e Razionali” (per l’astensione al referendum):
Che cosa succede se vince il Sì?
Prima di tutto si crea un’incertezza di fondo: smantellare le piattaforme in uso provocherebbe un danno inutile che produrrebbe disinvestimenti nel settore dell’estrazione di gas metano. E’ facile intuire che questo potrebbe portare a molti contenziosi con lo Stato, che secondo noi, potrebbero essere vinti dalle aziende. E’ come se affittassimo con un regolare contratto un appartamento e poi dicessimo agli affittuari che se ne devono andare prima del tempo.

Rammento che, prima del decreto-legge governativo “Sblocca-Italia” del settembre 2014, le concessioni per l’estrazione di idrocarburi nelle acque territoriali marittime erano a termine (per lo più trentennale, con ulteriori facoltà di proroghe), come tutte le concessioni demaniali “regolari” (e conformi ai criteri europei sulla concorrenza).
Il Governo, con il decreto-legge “Sblocca-Italia”, ha introdotto una eccezione, prorogando d’ufficio le concessioni fino ad esaurimento dei giacimenti, e lo ha fatto in modo alquanto spericolato ed a rischio di turbare i mercati (come ha dimostrato la successiva complessa vicenda della conversione in legge tramite fiducia, e poi delle rettifiche con la legge di Stabilità per evitare gli altri referendum abrogativi promossi dalle Regioni).
Queste proroghe al momento sono mere previsioni, non ancora operative, perché nel frattempo nessuna concessione è scaduta, e non sono oggetto di atti negoziali sottoscritti da Stato ed Imprese.
Con la eventuale vittoria del SI al referendum le concessioni tornerebbero a scadere alla loro naturale conclusione.
Un vero “ottimista razionale” a mio avviso non scorgerebbe nessun pericolo di contenziosi.
Quanto agli investimenti, mi pare che siano in gioco solo quelli eventualmente necessari per la manutenzione straordinaria delle piattaforme (che già ci sono) in caso di loro mantenimento in servizio oltre la durata inizialmente programmata.  
In compenso slitterebbero in avanti gli investimenti, già garantiti con fidejussioni, per il necessario smaltimento delle piattaforme a fine concessione.
La sotto-segretaria Bellanova, invece, ha anche quantificato le fughe di investimenti: L’annuncio del referendum ha fatto già fuggire dall’Italia sei miliardi di euro tra il 2014 e il 2015. La vittoria dei sì ce ne farebbe perdere altri sette di miliardi.”
Inoltre conteggia “in perdita” le spese a carico e delle compagnie per i necessari smantellamenti e ripristini: “ci saranno costi enormi una volta che tutte le concessioni finiranno. I pozzi dovranno essere chiusi con un costo stimato per difetto intorno ai due miliardi di euro”
Al che ulteriori commenti mi sembrano superflui (forse la Sottosegretaria si riferisce a flussi complessivi di investimenti nel settore idrocarburi, non riferiti alle sole concessioni in acque territoriali).



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