Su “La Stampa” del 20 luglio, Massimiliano
Panerari, commentatore abitualmente acuto, ma forse con troppa ambizione di
sembrare brillante, indossa i panni delle “scienze sociali” proponendo per l’ISIS
la definizione di “islamo-fascismo”, fondata su un serie di analogie con il
nazifascismo europeo tra le due guerre mondiali, analogie che così riassumo:
- rigetto della modernità
illuminista, ma utilizzo del suo portato tecnologico
- totalitarismo ed aggressività
geo-politica
- esaltazione della violenza,
della morte e della “bella morte” degli eroi
- disprezzo per l’arte
(degenerata)
- simbologia funerea (con
predilezione per il colore nero).
Non so quanto aiuti questa definizione per
comprendere e combattere lo Stato Islamico, ma non sono per nulla convinto
della bontà di gran parte delle analogie proposte:
-
in società dove l’illuminismo era nato e si era
sviluppato nel quadro di una più ampia secolarizzazione, il nazi-fascismo
europeo è maturato come contrapposizione alla corrente laica (ma anche
neo-religiosa) del social-comunismo, estrema incarnazione del giacobinismo: la
reinvenzione di ascendenze religiose pre-cristiane da parte del solo nazismo
tedesco fu una operazione piuttosto artificiosa, anche se non marginale; il
fondamentalismo islamico invece affonda le sue radici nella continuità di una religione tradizionale, che ha pure
attraversato fasi di tolleranza, ma senza misurarsi con la moderna laicità se
non nelle forme, non sempre gradevoli, importate dal colonialismo europeo: e
questo purtroppo è un suo specifico
duplice punto di forza (la radicalità di una religione comune a popoli solo
recentemente de-colonizzati)
-
la “bella morte” degli eroi di stampo
dannunziano è una sorta di sfida, che il super-uomo spera di evitare, mentre
per i fondamentalisti islamici il martirio suicida è proclamato in quanto tale,
proprio per la sua natura religiosa ultraterrena (il paradiso per il martire, con le numerose vergini a perenne
sollazzo, ecc.);
-
il nazismo era contro l’arte “degenerata”, ma
santificava il classicismo ed il
romanticismo rurale (il fascismo era assai più eclettico), mentre il
fondamentalismo islamico mi pare che estenda all’arte unicamente criteri di
intolleranza religiosa;
-
(le camicie hitleriane erano brune e non nere).
Resta in piedi la categoria del “totalitarismo
aggressivo”: la vedrei bene come definizione comune al nazi-fascismo ed al
fondamentalismo islamico (ma anche ad altri fenomeni storici, da Gengis Khan a
Stalin, senza trascurare, ad esempio, Filippo II di Spagna), più utile di
quella proposta da Panarari.
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RispondiEliminaConcordo, certi articoli sono tempo perso, va da sé che li ha paragonati al fascismo così qualcosa si porta a casa a livello propaganda, viviamo il secolo dell'emotività che non basta mai, ogni giorno deve fagocitare notizie ed esperienze che sono per lo più tragiche, perché stimola di più la paura rispetto alla ragione, credo che tecnologia-comunicazione-tempi rapidamente veloci di evoluzione specialmente per le tecnologie forniscono ottimi mezzi per chi vuole arrivare rapidamente al potere, saltare le fasi del confronto etc. e questo fa comodo anche a chi dalle nostre parti non ha mai smesso di pensare a Filippo II...
U.M.
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RispondiEliminaammiro la capacità di vivisezionare i pensieri e le loro estreme conseguenze ideologiche, del resto mi sono sempre piacute le mongolfiere; non leggo la Stampa,ed è senza dubbio un limite, oggi più che mai associata a La Repubblica:stampa della repubblica o repubblica della stampa?
saluto
M.F.
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RispondiEliminanon ha inportanza il termine lessicale con cui si definisce la banda di assassini che va sotto il nome di ISIS, la sostanza non cambia, la cruda realta è che una fazione di mussulmani, sunniti, ha dichiarato guerra all'umanità, e con questa verità dobbiamo fare i conti; poi si possono fare tutte le analisi del caso, si il colonialismo, si le guerre in medio oriente, tutto quello che si vuole, ma alla guerra si va come alla guerra
Ricordo le parole di un grande rivoluzionario, il generale Giap, rispondendo alle domande dei giornalisti, si era in piena guerra del Viet Nam, gli chiesero cosa ne pensasse dell'America intesa come USA rispose tranquillo, noi non abbiamo nessun rancore verso il popolo americano e non vogliamo fare nessun male agli uomini e alle donne del popolo americano, ma combatteremo fino alla morte o alla vittoria finale, il suo governo e il suo esercito, invasore della nostra terra.
Altri uomini, altre idee, altro che questi tagliagole che sembrano usciti da un inferno medioevale.
ciao
T.C.
Egregio Prof. Vecchi, la ringrazio per l'attenzione e le definizioni di apprezzamento all'inizio del suo articolo. Rimaniamo di opinioni differenti, ma le camicie brune si riferivano alle squadracce fasciste, e non a quelle naziste (o prenaziste). Un cordialissimo saluto
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