lunedì 10 ottobre 2016

UTOPIA21 OTT16 - LA LIMITAZIONE AL CONSUMO DI SUOLO - PARTE 1^

LA LIMITAZIONE AL CONSUMO DI SUOLO: PARTE 1^ - RAPPORTO I.S.P.R.A. 2016 E INDIRIZZI SOVRANAZIONALI
di Aldo Vecchi

Il rapporto I.S.P.R.A. 2016:
-  misurare il consumo di suolo
-  come e dove avviene il consumo del suolo
-  le trasformazioni dei suoli e le valenze eco-sistemiche
-  ipotesi di valutazioni monetarie
Indirizzi sovranazionali e iniziativa people-4-soil


Riassunto: nel quadro di una crescente ma contradditoria sensibilizzazione degli organismi europei e dell’ONU sul tema del risparmio nel consumo di suolo, il Rapporto 2016 dell’I.S.P.R.A. costituisce un punto fermo nei criteri di misurazione, localizzazione e qualificazione del fenomeno, con attenzione alle molteplici valenze eco-sistemiche del suolo stesso.


IL RAPPORTO I.S.P.R.A. 2016 - MISURARE IL CONSUMO DI SUOLO
La pubblicazione del “Rapporto 2016” sul suolo a cura di ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale, organo del Ministero dell’Ambiente), dal titolo “CONSUMO DI SUOLO, DINAMICHE TERRITORIALI E SERVIZI ECOSISTEMICI” (edito nel luglio 2016 e disponibile on-line come tutti i documenti e materiali di ISPRA) segna un passaggio alla maturità della consapevolezza scientifica su queste tematiche, sia riguardo alla definizione ed alla misurazione del consumo di suolo, sia riguardo alle interrelazioni qualitative con i numerosi fenomeni connessi.
Per suolo consumato si intende l’insieme delle superfici terrestri che - in quanto cementificate, impermeabilizzate, compresse (esempio: cortili, depositi e strade sterrate) o scorticate (esempio: cave, miniere, cantieri) – hanno perso totalmente od in gran parte le capacità naturali di scambio tra atmosfera e sottosuolo che invece caratterizzano i suoli, liberi o coltivati, che ospitano varie forme di vegetazione.
La misurazione avviene attraverso l’interpretazione delle immagini satellitari della superficie terrestre, che consentono di rappresentare la situazione con reticoli sempre più stretti, ormai anche solo di 5 metri per 5, integrata con rilievi a campione e con informazioni cartografiche e data-base da diverse fonti (con più difficoltà viene misurata la situazione nei precedenti decenni, sulla scorta delle riprese aeree disponibili negli archivi).
L’approssimazione del dato riguarda condizioni ibride od incerte, come ad esempio i vialetti dei giardini, pubblici e privati, gli impianti sportivi, le coperture a verde di volumi edilizi interrati, ecc.: ma le tecniche di misurazione si vanno affinando in tutta Europa (pur senza raggiungere ancora una omogeneità assoluta) e soprattutto, con la stabilizzazione delle metodologie, offrono valide possibilità di comparazione geografica (essendo costante il margine di errore al variare dei luoghi) ed anche di confronto diacronico e transcalare (anche se cambiando tempo e scala l’incidenza degli errori non è costante, è però controllabile).  
Il rapporto 2016 indica per l’Italia un consumo di suolo medio superiore al 7% (sul totale del suolo), [FF1] con regioni quali Lombardia e Veneto collocate oltre il 10%, e con punte del 40% nella provincia di Monza e Brianza (i dati sono disponibili fino al livello comunale), e segnala un abbondante raddoppio rispetto alla situazione degli anni 50, ed una progressione ulteriore, tra 2012 e 2015 (in conclamato stato di crisi economica e di stagnazione demografica) stimata pari ad un decimo del precedente livello di consumo (dal 6,9% al 7,6%, cioè più 0,7%), corrispondente a 15.000 ettari; il dato medio di consumo di suolo nell’Unione Europea è invece del 4,3% e l’Italia figura al 5° posto tra i maggiori consumatori, dopo i 3 paesi del BeNeLux, che risultano oltre il 10% e la Germania, poco superiore al 7%.

IL RAPPORTO I.S.P.R.A. 2016  - COME E DOVE AVVIENE IL CONSUMO DEL SUOLO
La gravità di questi numeri, e della tendenza espansiva finora inarrestabile, si coglie compiutamente osservando la dislocazione dei suoli consumati, che ricadono in prevalenza nelle aree pianeggianti, fertili ed in precedenza coltivate, e che sono enormemente frazionati lungo le maglie di una rete infrastrutturale ipertrofica (essa stessa protagonista del consumo di suolo), secondo logiche insediative anarco-individualiste non solo dove regna  l’abusivismo edilizio, ma anche all’ombra di compiacenti piani urbanistici che di fatto assai poco hanno pianificato (secondo alcuni interpreti, ospitati nel “Rapporto 2016” la situazione e la dinamica italiana vanno oltre lo “sprawl ” urbano – tipica espansione a macchia d’olio lungo gli assi stradali, indotta dalla motorizzazione privata - per raggiungere invece una condizione di “sprinkling”: qualcosa che, si potrebbe dire, va oltre lo stato liquido, rasenta il gassoso).
L’impatto indiretto di infrastrutture ed insediamenti moltiplica così i suoi effetti negativi sul circostante suolo agricolo o naturale, minandone la continuità e l’efficacia ecologica; da un approfondimento presentato nel “Rapporto 2016”, attribuendo ad ogni porzione di suolo consumato una fascia circostante (buffer) di larghezza di 100 metri quale “suolo disturbato” (per i potenziali effetti indotti), viene coinvolta oltre la metà del territorio nazionale.
L’analisi del consumo di suolo è inoltre declinata dal “Rapporto 2016” per le parti più delicate del territorio, quali le fasce costiere del mare e delle acque interne, i parchi e le aree protette, le aree montane o comunque a forte declivio, le zone a rischio sismico ed idrogeologico.
Il “Rapporto 2016” propone inoltre varie forme di classificazione degli insediamenti urbani e di quelli dispersi, suggerendo criteri interpretativi derivanti da algoritmi, che a mio avviso non sono immediatamente significativi, ma che potrebbero utilmente stimolare gli studiosi del territorio (geografi, urbanisti, sociologi, ecc.) per aggiornare e incrociare le rispettive chiavi di lettura degli odierni rapporti tra città e campagna.

IL RAPPORTO I.S.P.R.A. 2016 - LE TRASFORMAZIONI DEI SUOLI E LE VALENZE ECO-SISTEMICHE
Il “Rapporto 2016” analizza altresì, in termini qualitativi e quantitativi, i flussi di trasformazione tra i diversi usi del suolo (le aree coltivate si riducono non solo per effetto diretto e indiretto della “cementificazione”, ad esempio per l’abbandono in attesa di utilizzi più redditizi, ma anche per il puro e semplice abbandono, per  motivi socio-economici, nelle aree montane e collinari più marginali, a vantaggio di una riforestazione spontanea di modesta qualità) e soprattutto le molteplici valenze ambientali del fenomeno “suolo”, ovvero i servizi eco-sistemici che le aree non trasformate rendono a beneficio degli insediamenti umani, tra cui:
            sequestro del carbonio e filtro di altre componenti atmosferiche (particolato, ozono, ecc.),
            assorbimento della pioggia e protezione dall’erosione,
            depurazione delle acque,
            biodiversità e impollinazione,
            produzione agricola e di biomasse forestali,
            mitigazione dei micro-climi,
            riequilibrio psico-fisico per la specie umana.
Tutti questi argomenti, approfonditi nel ”Rapporto 2016”, meriterebbero anche riassunti e commenti altrettanto approfonditi, qui impossibili per motivi di spazio (con riserva di ritornarci).

IL RAPPORTO I.S.P.R.A. 2016  - IPOTESI DI VALUTAZIONI MONETARIE
Meno maturo e convincente mi sembra invece il tentativo del “Rapporto 2016” di tradurre in moneta la quantificazione dei suddetti “servizi ecosistemici” ovvero dei costi ambientali occulti, che comporta il consumo di suolo, a danno delle comunità umane, attuali e future: operazione ancora esplicitamente embrionale, come dichiarato dagli stessi ricercatori, indubbiamente utile per richiamare l’attenzione sulle diverse qualità dei suoli potenzialmente vittime delle trasformazioni, ma ancora da sviluppare non solo nei suoi aspetti  concreti (ad esempio l’effetto cumulativo tra i diversi “servizi” resi dal suolo libero), ma soprattutto nel nocciolo teorico sostanziale del rapporto con il mercato, che al momento ignora tali valori, mentre potrebbe riconoscerli esso stesso, a mio avviso, all’interno di un sistema di regole fiscali poste dalla mano pubblica (ad esempio rendendo cogenti forme di compensazione ambientale preventiva per ogni tipo di intervento di trasformazione urbanistica, anche nella rigenerazione dei suoli già consumati, in funzione del carico ambientale, positivo o negativo, analiticamente derivante per ogni parametro ecologico considerato).
In mancanza di un effettivo sforzo per “internalizzare” nei valori di mercato i costi sociali ed ambientali, la valutazione monetaria astratta può apparire una inutile rincorsa alla moda anglosassone di voler tutto quantificare (e monetizzare) in campo scientifico.
La valutazione in € dei singoli “servizi eco-sistemici” comporta tra l’altro qualche paradosso, come quello emergente al paragrafo 43 (e nella tabella 52.1), dove risulta che ai fini della “purificazione delle acque” i consumi di suolo di tipo urbano sarebbero più virtuosi di quelli agricoli; il che dovrebbe spingere ad una maggior attenzione a quell’altro importante capitolo che è la sostenibilità di molte attuali attività agricole, in termini di consumo di acqua e di energia, di carichi inquinanti, di resilienza ai fenomeni atmosferici ed idrogeologici, di esaurimento delle capacità naturali di riproduzione biologica, ecc.

INDIRIZZI SOVRANAZIONALI E INIZIATIVA PEOPLE-4-SOIL
L’attività scientifica sul tema del suolo condensata nel “Rapporto ISPRA 2016” si inquadra nell’ambito  delle ricerche ed esperienze internazionali, rappresentate da ultimo  nei convegni “Global Soil Week Berlin” del  2013 e 2015, ed in gran parte recepite in documenti di indirizzo degli organismi mondiali (Conferenza “Rio+20” del 2012; indirizzi ONU del 2015) e soprattutto dell’Unione Europea, già dal 2002 e nel 2006, ed in modo più serrato dal 2011, con la delineazione di obiettivi anche quantitativi per il 2020 e 2030, culminanti nel traguardo di “consumo di suolo zero al 2050” (traguardo già tradotto in normative cogenti nella sola Germania).
Tuttavia la Commissione Europea nel 2014 – nell’ambito dell’incertezza decisionale e della debolezza politica che si euro-diffondono negli ultimi anni - ha ritirato una proposta di Direttiva, che avrebbe reso operativi tutti gli studi e gli auspici di cui sopra: pertanto le associazioni ambientaliste si propongono di rilanciare dal basso queste proposte con l’iniziativa “PEOPLE-4-SOIL” che si svilupperà nel prossimo autunno.

Fonti:
  1. I.S.P.R.A. – CONSUMO DI SUOLO, DINAMICHE TERRITORIALI E SERVIZI ECOSISTEMICI edizione 2016 www.isprambiente.gov.it
  2. I.S.P.R.A. & SALVIAMO-IL-PAESAGGIO & SLOW FOOD ITALIA – CONVEGNO “RECUPERIAMO TERRENO” – MILANO 06-05-2015 – atti, sessione poster, Volume I e II www.isprambiente.gov.it
  3. SALVIAMO IL PAESAGGIO www.salviamoilpaesaggio.it
  4. CENTRO RICERCA CONSUMO SUOLO (Istituto Nazionale di Urbanistica & Dipartimento DAStU del Politecnico di Milano & LegaAmbiente) – “RAPPORTO 2014” tramite www.inuedizioni.com (a pagamento)



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