PAOLO BERDINI, URBANISTA ROMANO,
PASSATO ALLA NOTORIETÀ SOPRATTUTTO PER LA BREVE ESPERIENZA COME ASSESSORE DELLA
GIUNTA RAGGI, È ANCHE L’AUTORE DI “LE CITTÀ FALLITE. I GRANDI COMUNI ITALIANI E
LA CRISI DEL WELFARE URBANO” (DONZELLI, ROMA 2014).
LA TESI DI BERDINI MI APPARE
ASSAI SEMPLICISTA E FORSE NON RICHIEDEREBBE UNA RECENSIONE ANALITICA, ANCHE
PERCHE’ LA PARABOLA ASSESSORILE DI BERDINI A ROMA SI E’ CHIUSA REPENTINAMENTE
ED IN MODALITA’ NON PARTICOLARMENTE QUALIFICANTI, CHE NON LO
RENDONO CERTO UN “PUNTO DI RIFERIMENTO”.
MA LEGGENDO IL PAMPHLET HO COLTO
UN MIO DISAGIO NELLA PERCEZIONE DEI CONCETTI (UNA SORTA DI ALTERAZIONE
SENSORIALE: ERO NELLASTESSA SALA CINEMATOGRAFICA, MA HO VISTO UN ALTRO FILM?) ED HO RITENUTO
OPPORTUNO APPROFONDIRLO PER MEGLIO CAPIRE, FINO A SUPPORRE CHE SI TRATTI
PROBABILMENTE DI UN ESEMPIO SIGNIFICATIVO DI DISINFORMAZIONE (FAKE NEWS)
APPLICATA ALLA SAGGISTICA E CHE PROPRIO PER QUESTO MERITI DI ESSERE STUDIATO E
DE-COSTRUITO.
A – RECENSIONE (in corsivo i miei
commenti più personali)
L’obiettivo del testo è di denunciare
il malessere delle città italiane, ed in particolare dei bilanci comunali, come
effetto delle politiche neo-liberiste varate negli anni ’90 dai governi
Berlusconi e perpetuate dai governi di centro-sinistra.
Sullo sfondo è tratteggiato in termini più vaghi il rapporto tra
queste politiche e la esorbitante finanziarizzazione su scala globale (ma senza approfondire, ad esempio, le
differenze tra la crisi dei mutui americani “sub-prime” e le diverse forme dei
risvolti immobiliari della crisi post 2007 nei diversi paesi europei, ed in
particolare in Italia, dove comunque non è praticato l’indebitamento delle
famiglie con mutui ipotecari finalizzati al consumo o ad altre spese, come
l’istruzione o la sanità, tipiche del carente welfare statunitense).
Molto sullo sfondo stanno anche
le condizioni precedenti del caso italiano; Berdini sembra evocare talora una
specie di “età aurea” della città liberale, dotata di servizi e di decoro
urbano, che si viene a perdere con lo scellerato neo-liberismo, e richiama solo
come incidenti di percorso il rigetto della riforma Sullo per le aree
fabbricabili, nei primi anni ’60, il primo condono edilizio di paternità
Craxiana (1985) e l’emergere di Tangentopoli: ma non spiega le ragioni profonde della diffusa proprietà della casa,
delle periferie degradate e speculative e della corruzione nelle pubbliche
amministrazioni e nei pubblici appalti in quella lunga storia, fatta più di
continuità che di discontinuità, che ha connotato il nostro Paese (ed i nostri
paesaggi) dal regime fascista (e anche dallo stato liberale e giolittiano) al
“regime democristiano”, per arrivare “ben preparati” al controverso periodo
della cosiddetta “seconda repubblica”.
Lo schema (assai schematico) di Berdini vede solo negli ultimi decenni la
crescita esagerata di periferie prive di servizi, anche grazie al dirottamento
degli oneri di urbanizzazione verso la spesa corrente dei Comuni, colpiti nel
frattempo dai tagli alla spesa pubblica ed al welfare, ed il conseguente
fallimento dei bilanci comunali, nel rincorrere invano i fabbisogni di tali
periferie disperse, in un quadro di abbattimento delle regole, spreco di
risorse concentrate sulle inutili “grandi opere” e però anche di coinvolgimento della massa
dei piccoli proprietari in un consenso fondato sulla crescita speculativa dei
valori immobiliari (fino alla svolta della crisi) e sui vari condoni e
“piani-casa”.
In particolare, nella vicenda
della “seconda repubblica”, i governi di centro-sinistra risultano di fatto
assimilati da Berdini a quelli di centro-destra, in “una notte in cui tutte le vacche sono nere”, e le
contraddizioni che pure affiorano (ad esempio la legge “Merloni” sugli appalti,
che nella sua origine sarebbe stata buona, ed i successivi peggioramenti), non
sono affatto spiegate, perché non traspare alcun interesse a capire le diverse
basi sociali e coalizioni di interessi, non solo tra centro-destra e
centro-sinistra, ma anche all’interno del centro-sinistra; il che sarebbe invece necessario per capirne le oscillazioni tra
subalternità e divergenze dal mantra neo-liberista, nell’ipotesi – che Berdini
comunque esclude – di un qualche utile coinvolgimento di quest’area politica in
un futuro risanamento del Paese.
Infatti invece l’approdo politico
che indica Berdini, dando per scontata la perdita della sinistra storica ed a
fronte di un avvio incerto e confuso del MoVimento5Stelle (ai cui esponenti
Berdini attribuisce comunque una generica patente di sensibilità ambientale), è
tutto nella effervescenza molecolare dei Comitati, che qua e là per l’Italia a
tutto si oppongono, ed a cui mancherebbe (solo) una teoria unificante, di cui
Berdini intravede le premesse nei recenti saggi di Salvatore Settis su
paesaggio e costituzione e di Paolo Maddalena sul territorio come bene comune.
B – IL MIO DIVERSO FILM
Nella narrazione di Berdini ci
sono anche alcuni elementi veritieri, però, forse perché lontano dalla
specifica ottica romana, la lettura mi ha dato l’impressione di aver vissuto
gli ultimi decenni in un'altra realtà, indubbiamente ricca di ombre, ma non
così nera: ad esempio, guardando alle periferie delle città settentrionali, ho
la sensazione che i quartieri più problematici e peggio serviti non siano i più
recenti, ma quelli del primo dopo-guerra colpiti dalla de-industrializzazione,
e da peculiari concentrazioni di disoccupati e/o di immigrati; e che la mappa
dei comuni falliti non coincida con la massima estensione delle periferie,
bensì con specifiche vicende
amministrative e scelte di spesa (ad esempio Alessandria, le cui periferie non
sono né peggio né meglio di quelle di altre città analoghe); e, ancora, che in
molti casi l’offerta di servizi nei territori sia aumentata, anche
qualitativamente, e non diminuita, dalle
piste ciclabili alle aree verdi, dalle piazze ed aree pedonali, ai recuperi di
edifici storici per usi universitari (esempi a me prossimi: Università del
Piemonte Orientale e Università dell’Insubria) e cultural-museali.
Mi pare anche, sulla scorta della mia esperienza di semplice “fruitore
del territorio”, che il peggio nello spreco di suolo e nello spregio del
paesaggio non stia tanto nelle criticabili espansioni “urbane”, ma soprattutto
nella galassia “extra-urbana” degli outlet e dei centri commerciali, della
logistica e dei concessionari d’auto, delle tangenziali e degli svincoli, che
in barba alla pianificazione e spesso in applicazione di pessimi piani, sono
disseminati “oltre” le periferie, lungo gli assi stradali, ad esempio nelle
radiali fuori Milano e nell’arco pedemontano, nei fondovalle ed a corona
attorno a poli urbani come Novara, Aosta, Vercelli, Parma, e financo Reggio
Emilia.
C – VERIFICA FATTUALE
Per capire questo mio straniamento come lettore e cittadino, ho
proceduto ad una ri-lettura più sistematica del libro di Berdini, e mi sono
convinto che non dimostra quasi mai ciò che si limita a mostrare,
attraverso una serie di passaggi di varia inattendibilità, di cui propongo un
breve florilegio:
INESATTEZZE PESANTI (in parte mutuate dalla propaganda berlusconiana):
-
Mario
Monti nominato Senatore per “obbedire” all’Europa, “per oscuri motivi” e senza
meriti specifici – PAG. 120 – (ma era stato rettore della Bocconi e commissario
alla concorrenza dell’Unione Europea);
-
tassazione
IMU sulla prima casa da parte del governo Monti senza alcuna detrazione – PAG.
120 – (mentre permaneva la detrazione di
200 € + 50 per ogni figlio a carico);
-
cessazione
degli investimenti per i trasporti urbani (e le linee metropolitane 5 e 4 di
Milano? E a Brescia, Genova, Torino?)
-
quarto
condono edilizio a firma PD nel 2013 – PAG. 129-130 - (in realtà proposta da
una singola senatrice e mai approvato)
SCIATTERIE:
-
il decreto
legislativo n° 380 del 2001 definito A PAG. 63 come “codice degli appalti” mentre
si tratta del testo unico per l’edilizia;
-
un
paragrafo quasi identico per 2 volte A PAGG. 48-49 E 133-134 a proposito del
disegno di legge Lupi per l’edilizia, promettendo in ambedue i casi, ma senza
spiegarlo a fondo, come la promessa alluvione di diritti edificatori avrebbe
attaccato il valore delle abitazioni esistenti e masso “a rischio le case delle
famiglie degli italiani“, capovolgendo il coinvolgimento delle masse dei
proprietari nella valorizzazione speculativa, in precedenza perseguito dal neo-liberismo
nostrano (valorizzazione avvenuta certamente NON in regime di scarsità dei
diritti edificatori);
-
milioni di
famiglie in stato di disagio abitativo in Italia, che alla fine della stessa
frase divengono, più credibilmente, centinaia di migliaia A PAG. 154;
DISTORSIONI:
-
Berdini
attribuisce al solo ministro Bassanini (governo Amato) ed al suddetto decreto 380
del 2001 (ultimi giorno del governo Amato) che in effetti e scorrettamente non
riportava nel nuovo testo unico l’art. 12 della legge Bucalossi riguardo al
conto corrente dedicato per l’introito e l’utilizzo degli oneri di
urbanizzazione (non rispettando la legge delega mirante al mero riordino della
legislazione pre-vigente) la sostanza della scelta di consentire l’uso di tali
oneri per la spesa corrente; scelta che invece, per divenire operativa in forza
di legge, ha avuto bisogno della esplicita formulazione nella finanziaria per
il 2002 (governo Berlusconi), variamente confermata nei successivi anni;
-
le “new
towns” per l’alloggio temporaneo dei terremotati dell’Aquila (ed il crollo
repentino di un balcone in uno di questi moduli) come paradigma generale per la
descrizione delle periferie disgregate (e del malaffare negli appalti);
-
IMU sulla
seconda casa, sempre introdotta da Monti, che porta a svenderle per eccessivo
peso fiscale (ma l’IMU o ICI sulle seconde case c’è dal 1992, non l’ha mai
tolta neanche Berlusconi, e le svendite recenti sono a mio avviso prodotto
della crisi e non della modesta tassazione ICI/IMU);
-
il
suddetto disegno di legge Lupi, accusato di aumentare a dismisura l’offerta di
aree edificabili porta al titolo “MAURIZIO LUPI VUOLE TOGLIERE LA CASA AGLI
ITALIANI” - A PAG. 133 -
FRIVOLEZZE E PARZIALITA’: pur richiamando (senza riassumerne però i
contenuti) una ricca inchiesta de “il Manifesto” tra gennaio e luglio del 2014
sul degrado delle città, a firma di autorevoli commentatori, Berdini perviene a
globali giudizi catastrofici menzionando alla rinfusa alcuni episodi (che
francamente mi sembrano eterogenei e marginali), quali ad esempio:
-
Renzi che
come Sindaco di Firenze mal sopporta la Soprintendenza quando si oppone ad un
uso di spazi storici vincolati come show-room di auto Ferrari;
-
un cornicione
caduto nella galleria Umberto 1° di Napoli;
-
il Sindaco
Doria che accondiscende alla privatizzazione
di parte della municipalizzata per i trasporti;
-
l’ennesima
esondazione del Seveso a Milano, malgrado il Sindaco sia Pisapia (il quale, a
quanto mi risulta, si è però impegnato per sbloccare il progetto idraulico
regionale da tempo incagliato).
SOPRAVVALUTAZIONE di tendenze concrete e pesanti, che però a mio avviso
non hanno prevalso né hanno connotato l’insieme del territorio nazionale, e
cioè:
-
dei
processi derogatori, come i condoni, i piani-casa, i “programmi integrati di
intervento” (concordati tra pubblico e privato);
-
dei
tentativi e parziali esempi di vendite e svendite del patrimonio pubblico;
-
dei
financing project per opere pubbliche fallimentari, scaricati sulle casse dello
Stato (esempio autostrada BeBreMI)
SOTTOVALUTAZIONE della continuità del diritto e della prassi
urbanistica in migliaia di comuni, anche non particolarmente virtuosi, ma
ordinariamente ordinati, con non-devastante impiego anche di strumenti più
“moderni” e flessibili, quali i Programmi Integrati di Intervento (e simili)
oppure la Finanza-di-Progetto, che non sempre né automaticamente costituiscono
fattispecie delittuose.
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