venerdì 26 maggio 2017

UTOPIA21 - MAGGIO 2017 - L’UOMO COME TERZO SCIMPANZE’ SECONDO JARED DIAMOND


Diamond ripercorre le tappe dell’evoluzione umana evidenziandone gli aspetti contradditori e non-lineari: in particolare riguardo al successo conseguito dai gruppi umani che svilupparono l’agricoltura, prevalendo sulle tribù di cacciatori/raccoglitori, ma consolidando nuovi problemi quali le disuguaglianze sessuali/sociali, fino al dispotismo, e più pesanti incidenze delle malattie.

Riassunto – La lunga storia della specie umana nel contesto delle altri specie animali, ed in particolare in relazione agli altri “primati”, con cui condividiamo un altissima percentuale del patrimoni genetico, ma da cui ci differenziamo nettamente per il comportamento, a partire dal linguaggio e dall’assetto del ciclo vitale   assomigliando invece in parte ad altri più remoti segmenti del mondo animale per alcune altre peculiarità. Le gravi conseguenze dell’arrivo dell’uomo in porzioni del pianeta prima abitate solo da altre specie animali, in termini di massicce estinzioni di consistenti quote di tali specie; il nesso tra razzismo e genocidio. La globalizzazione pone l’insieme degli uomini di oggi di fronte al pianeta Terra in una situazione concettualmente simile a quella degli abitanti di una remota isola: ormai conosciamo i limiti delle risorse ambientali e la nostra tendenza ad esaurirle, così come la nostra capacità di distruggere l’intero genere umano.

Jared Diamond,  laureato in medicina, come il padre, e divenuto ornitologo e poi geografo, svolgendo in seguito lunghe indagini in Nuova Guinea e altre terre “selvagge” , si sente antropologo e quant’altro occorre alla sua “storia mondiale” anche attraverso l’esperienza di una madre linguista e di una moglie psicologa.
Ben connesso, ma in parte sovrapposto, con il successivo “Armi, acciaio, malattie” del 1997 (vedi mia recensione in questo stesso numero di UTOPIA21) il testo “IL TERZO SCIMPANZÉ - Ascesa e caduta del primate homo sapiens” di Jared Diamond, pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri nel 1994 e nel 2006, è stato recentemente editato anche in formato digitale, scelta che indica una fiducia dell’editore nella validità dei contenuti e la sua presentazione quasi come un classico: malgrado risultino superati dalle successive ricerche buona parte degli specifici approfondimenti (e i connessi ampli rimandi bibliografici) nelle singole discipline – biologia, etologia, antropologia, archeologia, paleontologia/paletnologia, genetica, linguistica, ecc. - su cui si appoggiano gli intenti divulgativi ed i ragionamenti di sintesi dell’Autore, ben esposti dal medesimo sia nell’introduzione che nella conclusione del testo.
Ed è perché anche a me appaiono seri e convincenti tali ragionamenti, nonché per la piacevolezza della lettura, che ritengo opportuno dedicare spazio nel recensire e segnalare “Il terzo scimpanzè”, che costituisce un ampio racconto attraverso la lunga storia della specie umana nel contesto delle altri specie animali, ed in particolare in relazione agli altri “primati”, con cui condividiamo un altissima percentuale del patrimoni genetico (fino al 98%), ma da cui ci differenziamo nettamente per il comportamento, a partire dal linguaggio e dall’assetto del ciclo vitale (cura dell’infanzia, struttura familiare, menopausa, longevità)  assomigliando invece in parte ad altri più remoti segmenti del mondo animale per alcune peculiarità, non tutte positive, come l’esercizio dell’agricoltura e dell’allevamento (presenti anche in certe specie di formiche), della tecnologia e dell’arte (vedi gli uccelli giardinieri), il consumo di droghe, ed anche la pratica del genocidio (presente tra altri animali ed anche, in piccola scala, tra i nostri cugini scimpanzé).
Con grande attenzione alle basi materiali (e sessuali) ed alle accumulazioni culturali e tecnologiche (e con una divertente digressione sulle ipotesi di incontrare o meno altre civiltà nell’universo, ragionando però sulla nicchia ecologica del picchio e sull’invenzione della radio)  Diamond ripercorre le tappe dell’evoluzione umana, soprattutto negli ultimi 40.000 anni, evidenziandone gli aspetti contradditori e non-lineari: in particolare riguardo al successo conseguito dai gruppi umani che svilupparono l’agricoltura, circa 10.000 anni addietro, prevalendo infine sulle tribù di cacciatori/raccoglitori, ma consolidando nuovi problemi quali le disuguaglianze sessuali/sociali, fino al dispotismo, e più pesanti incidenze delle malattie.
Tuttavia Diamond si oppone ad ogni visione idilliaca di remote “età dell’oro”: pur constatando la presenza, tra le popolazioni di cacciatori/raccoglitori – sia nei tempi antichi che tra le ultime tribù “selvagge” – di alcune tendenze “conservazioniste” nei confronti delle risorse ambientali, Diamond (anche per conoscenza diretta nelle zone interne della Nuova Guinea) segnala la prevalente spinta, anche tra questi gruppi umani, alla distruzione delle altre specie ed alla contrapposizione violenta tra gli abitanti di villaggi diversi.
In particolare l’Autore – pur scontrandosi talora con alcuni indizi contrastanti, esaltati da altri studiosi –evidenzia le gravi conseguenze dell’arrivo dell’uomo (e dei suoi simbionti, come gli specifici micro-organismi, e poi i ratti e altri animali rapaci) in porzioni del pianeta prima abitate solo da altre specie animali, in termini di massicce estinzioni di consistenti quote di tali specie, sia per sterminio diretto (non solo per scopi alimentari), sia per sottrazione ed alterazione degli habitat preesistenti: nelle Americhe, in Madagascar, in Australia e Nuova Zelanda, in molte isole del Pacifico (simile è la vicenda del predominio delle potenze coloniali europee negli ultimi 5 secoli a danno della restante umanità, cui l’Autore qui accenna, sviluppandola poi in “Acciaio-Armi-Malattie”; in questo testo Diamond approfondisce con molto vigore e rigore il nesso tra razzismo e genocidio, e le sue applicazioni in particolare nella genesi degli Stati Uniti d’America – con fulminante florilegio di pensieri di vari Presidenti statunitensi - e nello sterminio dei primitivi abitanti della Tasmania). 
Emblematico il caso dell’Isola di Pasqua, dove le grandi statue megalitiche, in parte incompiute ed in parte abbattute, testimoniano, insieme ad altri ritrovamenti stratigrafici, l’ascesa ed il declino nel giro di un millennio (tramite guerre e cannibalismo) di una civiltà che ha spinto lo sfruttamento delle risorse naturali, in particolare con l’abbattimento degli alberi di alto fusto, oltre la capacità di rigenerazione dello stesso equilibrio ambientale.
Analoghi i casi – non su isole ma su vaste oasi circondate da deserti - della deforestazione del contesto di Petra, nell’attuale Giordania, sviluppatasi dall’età del ferro fino all’impero bizantino (e rappresentativa di un declino geo-ambientale comune ad altre parti del Levante e del Medio Oriente), e dei “pueblos” degli Anasazi (antichi Navajo) nel New Mexico, che costruirono e poi abbandonarono costruzioni in pietra e legno alte fino a 5 piani e lunghe fino a duecento metri.
Illuminante – riguardo all’esaurimento delle risorse – la citazione di una lettera scritta nel 1855 dal capo indiano Seattle, della tribù Duwanish, al presidente USA Franklin Pierce: “Ogni parte della terra è sacra per il mio popolo. Ogni ago di pino scintillante, ogni nebbia nelle foreste buie, ogni radura e ogni insetto sono sacri nella memoria e nell’esperienza del mio popolo --- L’uomo bianco --- è uno straniero che viene nella notte e prende dalla terra tutto ciò di cui ha bisogno. La terra non è sua sorella ma la sua nemica --- Continuate a lordare il vostro letto, e una notte soffocherete soffocati dai vostri escrementi.”
L’attuale globalizzazione pone l’insieme degli uomini di oggi di fronte al pianeta Terra in una situazione concettualmente simile a quella degli abitanti di una remota isola: ormai conosciamo i limiti delle risorse ambientali e la nostra tendenza ad esaurirle, così come la nostra capacità di distruggere l’intero genere umano (se non addirittura ogni forma di vita) mediante le armi di sterminio di massa accumulati negli arsenali chimici, batteriologici e nucleari.
Di fronte a tale constatazione Diamond oscilla tra il pessimismo della ragione (non abbiamo imparato niente dalla precedente storia) e l’ottimismo della ragione stessa (abbiamo più strumenti conoscitivi che mai per imparare dalla precedente storia), e per questo dedica le sue riflessioni ai suoi figli ed alla loro generazione “per aiutarli a capire da dove siamo venuti e dove forse stiamo andando”.

Fonti:
1 - Jared Diamond “IL TERZO SCIMPANZÉ - Ascesa e caduta del primate homo sapiens” Bollati Boringhieri, Torino 1994 e 2006
2 - Jared Diamond “ARMI, ACCIAIO E MALATTIE - Breve storia degli ultimi tredicimila anni” – Einaudi, Torino 1997






 






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