Diamond ripercorre le
tappe dell’evoluzione umana evidenziandone gli aspetti contradditori e
non-lineari: in particolare riguardo al successo conseguito dai gruppi umani
che svilupparono l’agricoltura, prevalendo sulle tribù di
cacciatori/raccoglitori, ma consolidando nuovi problemi quali le disuguaglianze
sessuali/sociali, fino al dispotismo, e più pesanti incidenze delle malattie.
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Riassunto
– La lunga storia della specie umana nel contesto delle altri specie animali,
ed in particolare in relazione agli altri “primati”, con cui condividiamo un
altissima percentuale del patrimoni genetico, ma da cui ci differenziamo
nettamente per il comportamento, a partire dal linguaggio e dall’assetto del
ciclo vitale assomigliando invece in
parte ad altri più remoti segmenti del mondo animale per alcune altre
peculiarità. Le gravi conseguenze dell’arrivo dell’uomo in porzioni del pianeta
prima abitate solo da altre specie animali, in termini di massicce estinzioni
di consistenti quote di tali specie; il nesso tra razzismo e genocidio. La
globalizzazione pone l’insieme degli uomini di oggi di fronte al pianeta Terra
in una situazione concettualmente simile a quella degli abitanti di una remota
isola: ormai conosciamo i limiti delle risorse ambientali e la nostra tendenza
ad esaurirle, così come la nostra capacità di distruggere l’intero genere umano.
Jared Diamond, laureato in medicina, come il padre, e
divenuto ornitologo e poi geografo, svolgendo in seguito lunghe indagini in
Nuova Guinea e altre terre “selvagge” , si sente antropologo e quant’altro
occorre alla sua “storia mondiale” anche attraverso l’esperienza di una madre
linguista e di una moglie psicologa.
Ben connesso, ma in parte
sovrapposto, con il successivo “Armi, acciaio, malattie” del 1997 (vedi mia
recensione in questo stesso numero di UTOPIA21) il testo “IL TERZO SCIMPANZÉ -
Ascesa e caduta del primate homo sapiens” di Jared Diamond, pubblicato in
Italia da Bollati Boringhieri nel 1994 e nel 2006, è stato recentemente editato
anche in formato digitale, scelta che indica una fiducia dell’editore nella
validità dei contenuti e la sua presentazione quasi come un classico: malgrado risultino superati dalle successive
ricerche buona parte degli specifici approfondimenti (e i connessi ampli
rimandi bibliografici) nelle singole discipline – biologia, etologia, antropologia,
archeologia, paleontologia/paletnologia, genetica, linguistica, ecc. - su cui
si appoggiano gli intenti divulgativi ed i ragionamenti di sintesi dell’Autore,
ben esposti dal medesimo sia nell’introduzione che nella conclusione del testo.
Ed è perché anche a me appaiono seri e convincenti tali ragionamenti,
nonché per la piacevolezza della lettura, che ritengo opportuno dedicare spazio
nel recensire e segnalare “Il terzo scimpanzè”, che costituisce un ampio
racconto attraverso la lunga storia della specie umana nel contesto delle altri
specie animali, ed in particolare in relazione agli altri “primati”, con cui
condividiamo un altissima percentuale del patrimoni genetico (fino al 98%), ma
da cui ci differenziamo nettamente per il comportamento, a partire dal
linguaggio e dall’assetto del ciclo vitale (cura dell’infanzia, struttura
familiare, menopausa, longevità) assomigliando
invece in parte ad altri più remoti segmenti del mondo animale per alcune
peculiarità, non tutte positive, come l’esercizio dell’agricoltura e
dell’allevamento (presenti anche in certe specie di formiche), della tecnologia
e dell’arte (vedi gli uccelli giardinieri), il consumo di droghe, ed anche la
pratica del genocidio (presente tra altri animali ed anche, in piccola scala, tra
i nostri cugini scimpanzé).
Con grande attenzione alle basi
materiali (e sessuali) ed alle accumulazioni culturali e tecnologiche (e con
una divertente digressione sulle ipotesi di incontrare o meno altre civiltà
nell’universo, ragionando però sulla nicchia ecologica del picchio e
sull’invenzione della radio) Diamond
ripercorre le tappe dell’evoluzione umana, soprattutto negli ultimi 40.000
anni, evidenziandone gli aspetti contradditori e non-lineari: in particolare
riguardo al successo conseguito dai gruppi umani che svilupparono
l’agricoltura, circa 10.000 anni addietro, prevalendo infine sulle tribù di
cacciatori/raccoglitori, ma consolidando nuovi problemi quali le disuguaglianze
sessuali/sociali, fino al dispotismo, e più pesanti incidenze delle malattie.
Tuttavia Diamond si oppone ad
ogni visione idilliaca di remote “età dell’oro”: pur constatando la presenza,
tra le popolazioni di cacciatori/raccoglitori – sia nei tempi antichi che tra
le ultime tribù “selvagge” – di alcune tendenze “conservazioniste” nei
confronti delle risorse ambientali, Diamond (anche per conoscenza diretta nelle
zone interne della Nuova Guinea) segnala la prevalente spinta, anche tra questi
gruppi umani, alla distruzione delle altre specie ed alla contrapposizione
violenta tra gli abitanti di villaggi diversi.
In particolare l’Autore – pur
scontrandosi talora con alcuni indizi contrastanti, esaltati da altri studiosi
–evidenzia le gravi conseguenze dell’arrivo dell’uomo (e dei suoi simbionti,
come gli specifici micro-organismi, e poi i ratti e altri animali rapaci) in
porzioni del pianeta prima abitate solo da altre specie animali, in termini di
massicce estinzioni di consistenti quote di tali specie, sia per sterminio
diretto (non solo per scopi alimentari), sia per sottrazione ed alterazione
degli habitat preesistenti: nelle Americhe, in Madagascar, in Australia e Nuova
Zelanda, in molte isole del Pacifico (simile è la vicenda del predominio delle
potenze coloniali europee negli ultimi 5 secoli a danno della restante umanità,
cui l’Autore qui accenna, sviluppandola poi in “Acciaio-Armi-Malattie”; in
questo testo Diamond approfondisce con molto vigore e rigore il nesso tra
razzismo e genocidio, e le sue applicazioni in particolare nella genesi degli
Stati Uniti d’America – con fulminante florilegio di pensieri di vari
Presidenti statunitensi - e nello sterminio dei primitivi abitanti della Tasmania).
Emblematico il caso dell’Isola di
Pasqua, dove le grandi statue megalitiche, in parte incompiute ed in parte
abbattute, testimoniano, insieme ad altri ritrovamenti stratigrafici, l’ascesa
ed il declino nel giro di un millennio (tramite guerre e cannibalismo) di una
civiltà che ha spinto lo sfruttamento delle risorse naturali, in particolare
con l’abbattimento degli alberi di alto fusto, oltre la capacità di
rigenerazione dello stesso equilibrio ambientale.
Analoghi i casi – non su isole ma
su vaste oasi circondate da deserti - della deforestazione del contesto di
Petra, nell’attuale Giordania, sviluppatasi dall’età del ferro fino all’impero
bizantino (e rappresentativa di un declino geo-ambientale comune ad altre parti
del Levante e del Medio Oriente), e dei “pueblos” degli Anasazi (antichi
Navajo) nel New Mexico, che costruirono e poi abbandonarono costruzioni in
pietra e legno alte fino a 5 piani e lunghe fino a duecento metri.
Illuminante – riguardo
all’esaurimento delle risorse – la citazione di una lettera scritta nel 1855
dal capo indiano Seattle, della tribù Duwanish, al presidente USA Franklin
Pierce: “Ogni parte della terra è sacra per il
mio popolo. Ogni ago di pino scintillante, ogni nebbia nelle foreste buie, ogni
radura e ogni insetto sono sacri nella memoria e nell’esperienza del mio popolo
--- L’uomo bianco --- è uno straniero che viene nella notte e prende dalla
terra tutto ciò di cui ha bisogno. La terra non è sua sorella ma la sua nemica ---
Continuate a lordare il vostro letto, e una notte soffocherete soffocati dai
vostri escrementi.”
L’attuale globalizzazione pone
l’insieme degli uomini di oggi di fronte al pianeta Terra in una situazione
concettualmente simile a quella degli abitanti di una remota isola: ormai
conosciamo i limiti delle risorse ambientali e la nostra tendenza ad esaurirle,
così come la nostra capacità di distruggere l’intero genere umano (se non
addirittura ogni forma di vita) mediante le armi di sterminio di massa
accumulati negli arsenali chimici, batteriologici e nucleari.
Di fronte a tale constatazione
Diamond oscilla tra il pessimismo della ragione (non abbiamo imparato niente
dalla precedente storia) e l’ottimismo della ragione stessa (abbiamo più
strumenti conoscitivi che mai per imparare dalla precedente storia), e per
questo dedica le sue riflessioni ai suoi figli ed alla loro generazione “per
aiutarli a capire da dove siamo venuti e dove forse stiamo andando”.
Fonti:
1 - Jared Diamond “IL TERZO SCIMPANZÉ - Ascesa e
caduta del primate homo sapiens” Bollati Boringhieri, Torino 1994 e 2006
2 - Jared Diamond “ARMI, ACCIAIO E MALATTIE - Breve
storia degli ultimi tredicimila anni” – Einaudi, Torino 1997
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