La dotta articolazione
di una proposta di antropologia alternativa all’individualismo economicista
come premessa ad un programma di politica economica neo-keynesiana.
Riassunto. L’Autrice
muove dalle correnti più sociali dell’illuminismo (fraternité), dal
personalismo cattolico e dal femminismo, mantenendo invece le distanze dal
comunitarismo (sia identitario sia “bene-comunista”), per impostare una critica
radicale al neo-liberismo ed al finanz-capitalismo, sia in termini filosofici,
sia sul concreto campo della politica economica. Solo sullo sfondo il tema dei “beni comuni”, mentre mi pare rimossa
ogni ricerca sui motivi del fallimento del socialismo reale e sulle
ripercussioni psicologiche del suo crollo.
Laura Pennacchi (già
parlamentare PDS e PD e sottosegretaria nel 1° governo Prodi) in “FILOSOFIA DEI
BENI COMUNI. Crisi e primato della sfera pubblica” si occupa in realtà più di
filosofia (e di macroeconomia) che di “beni comuni”.
L’operazione principale del
suo testo infatti mi pare che consista nella ambiziosa ricerca di una
antropologia (definibile come “personalista”), che si contrapponga al riduttivo
utilitarismo dell’ “individuo” neo-liberista, e su cui fondare una teoria delle
relazioni sociali, idonea a riqualificare la “sfera pubblica” e rilanciare una politica economica
neo-keynesiana.
A partire dalla riscoperta del
filone piuttosto trascurato della “fraternità”, all’interno della triade
illuminista con “libertà ed uguaglianza”, la Pennacchi propone una
ricomposizione (fin troppo pacificata, a
mio avviso) di molte altre diverse correnti di pensiero, dal personalismo
cattolico al femminismo della “cura degli altri”, ed un superamento del
razionalismo astratto per includere a pieno titolo intuizioni ed emozioni, sia
nella fase cognitiva (cercando di
risolvere d’incanto le più insolute problematiche filosofiche della modernità
in poi), sia nella lettura dei comportamenti umani, individuali e
collettivi.
“L’antinomia tra razionalismo
(per cui la ragione è totalmente aliena dalla passione) e sentimentalismo (….)
va, dunque, superata, e va scoperto il
ruolo epistemologico (…) che le emozioni svolgono nell’articolazione della
ragione …” “l’Io quindi non è sostanza, ma relazione, esiste solo nella
misura in cui si riferisce ad un Tu la cui esistenza, a sua volta, è data dalla
parola con cui risveglia alla vita l’Io.”
In tal modo l’Autrice si
contrappone frontalmente al neo-liberismo, cui imputa da un lato l’incapacità
di comprendere (e quindi di regolare) tutti i fenomeni sociali di gratuità,
dall’amicizia al volontariato, dal dono alla abnegazione sul lavoro di non
pochi dipendenti pubblici (anche se mal pagati) e dall’altro le clamorose
smentite in merito alla presunta cieca saggezza della “mano invisibile” del
mercato, costituite da ripetute instabilità e crisi locali e da ultimo dalla
grande crisi finanziaria ed economica quasi mondiale esplosa nel 2007 (di cui
l’Autrice descrive modalità e perversioni, non molto diversamente dall’ormai
classico “Finanz-capitalismo” di Luciano Gallino2,3).
Meno sviluppate le
demarcazioni che il testo traccia rispetto alle concezioni comunitariste, sia
quelle abbarbicate alle identità locali e tradizionali, sia quelle protese alle
mitologie “bene-comuniste” (su questo
fronte mi è sembrato più chiaro ed esauriente Ermanno Vitale4, da me
recensito su Utopia21 nell’ottobre 20165), così come contro i
sostenitori del “reddito di cittadinanza”, cui la Pennacchi oppone sia la
realtà variegata dei bisogni, sia l’alternativa del “lavoro di cittadinanza”.
Infatti mi pare che l’Autrice
tenda più a rivitalizzare, nelle virtù civiche dei soggetti sociali e dei
movimenti, la categoria dei beni pubblici, che non a distinguere da questi,
approfondendone la natura, i cosiddetti beni comuni (vedi invece ad esempio Paolo
Maddalena6 ); di cui per altro paventa giustamente i possibili
rischi di uso non-inclusivo da parte delle comunità che si attivano attorno ad
essi.
Nella parte finale la
Pennacchi traccia una sorta di programma di politica economica per una uscita
dalla crisi dell’Europa in direzione neo-keynesiana (simile al Piano per il
Lavoro che la stessa Pennacchi ha suggerito alla CGIL nel 20137),
attraverso un rilancio qualificato della spesa pubblica e la priorità ai
“consumi collettivi” (come scuola, sanità e cultura) ed una non ben precisata
attenzione ecologica.
Su
siffatte proposte di uscita dalla crisi (pur sapendo che in giro c’è di peggio)
mi permetto di ribadire le mie critiche riguardo a:
-
Scarsa
credibilità di un uso tattico di un maggior debito pubblico, soprattutto da
parte di paesi già super-indebitati, come l’Italia (e privi del peso imperiale
degli U.S.A., che ha giovato comunque alle operazioni in deficit di Obama);
-
Forte
difficoltà a mutare il segno della crescita rispetto agli squilibri sociali,
come ha mostrato lo stesso limitato successo di Obama (minor disoccupazione ma
bassi salari e aumento delle
disuguaglianze);
-
Subalternità
culturale al mito della crescita permanente, senza una seria considerazione dei
limiti oggettivi allo sviluppo, insiti nell’esaurimento tendenziale delle
risorse e non solo nei problemi di clima ed energia;
-
Mancata
riflessione sulla debolezza sostanziale delle proposte di intervento pubblico
nell’economia, conseguenti al tramonto del “socialismo reale”, non solo, ma
soprattutto della dimostrazione di una non-riformabilità del mondo socialista,
sancita dalla sconfitta della linea di Gorbaciov: elementi che pesano tuttora
nell’immaginario collettivo almeno quanto la attuale palese inefficienza e
iniquità della globalizzazione neo-liberista.
Riguardo
al modo di scrivere della Pennacchi, in questo testo risulta a mio avviso fin
troppo trapuntato di citazioni, che l’Autrice utilizza per conferire autorità
ai propri assunti, rischiando però di conseguire l’effetto contrario, cioè di
apparire incerta nelle sue affermazioni, se privata dalle preziose fonti (che,
per contrappasso, evito di citare).
Fonti:
1. Laura
Pennacchi “FILOSOFIA DEI BENI COMUNI. CRISI E PRIMATO DELLA SFERA PUBBLICA” -
Donzelli editore, Roma 2012
2. Luciano
Gallino “FINANZ-CAPITALISMO” – Einaudi, Torino 2011
3. Commento
a “FINANZ-CAPITALISMO” su questo blog PAG. I^ FILOSOFIA-SOCIOLOGIA-ECONOMIA
4. Ermanno
Vitale “CONTRO I BENI COMUNI – UNA CRITICA ILLUMINISTA” – Editori Laterza, Bari
2013
5. Aldo
Vecchi “ERMANNO VITALE: UN ILLUMINISTA CONTRO IL BENE-COMUNISMO” su UTOPIA21,
Ottobre 2016 https://universauser.it/utopia21.html
6. Paolo
Maddalena “IL TERRITORIO BENE COMUNE DEGLI ITALIANI” Donzelli, Roma 2014
7. CGIL “IL
PIANO DEL LAVORO 2013” – www.cgil.it/admin_nv47t8g34/wp-content/.../Piano_Del_Lavoro_CGIL_gen13.pdf
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