Una introduzione alla
moderna economia politica, a metà strada tra un approccio didascalico e la
formulazione di critiche e proposte per umanizzare il capitalismo.
Riassunto. Famiglie,
imprese, mercati, moneta, prezzi, finanza: a partire dalla illustrazione di
questi concetti fondamentali dell’economia moderna, Becchetti introduce
elementi critici sia riguardo ai limiti del mercato, che non riesce ad
integrare e ad ottimizzare valori pur basilari nelle relazioni umane, quali la
“fiducia”, sia riguardo alla finanza, che distorce ulteriormente le
funzionalità dell’economia e della società in direzione di un ristretto
utilitarismo; da qui la proposta di interventi correttivi innanzitutto da parte
degli stessi consumatori, orientando gli acquisti in favore delle “imprese
virtuose”. Ne segnalo limiti, sottovalutazioni e
sopravalutazioni.
Ho letto “CAPIRE L’ECONOMIA IN
SETTE PASSI” 1di Lorenzo Becchetti, ordinario di economia a Tor
Vergata, giornalista di Avvenire e blogger su Repubblica (nonché pensatore ascoltato
dal MoVimento5Stelle): qualcosa ho
capito, ma molti dubbi mi sono rimasti.
Certamente la capacità
didascalica dell’Autore rende facile l’acquisizione dei concetti basilari
dell’economia contemporanea, a cui comunque in buona parte siamo abituati per
necessità, decenni di economicismo dominante sulla vita quotidiana, tanto in
fase di magnifiche sorti dell’Occidente (dagli anni novanta al 2007) sia in
fase di “crisi globale”, dopo il 2008.
Famiglie, imprese, mercati,
moneta, prezzi, finanza sono ben raccontati, anche se in qualche misura in
termini “statici”, come in una fotografia che coglie un attimo di equilibrio
del complesso sistema (e non nei termini
più dinamici e drammatici che ho invece riscontrato ad esempio in Paolo Leon “Il
capitalismo e lo stato” 2, in un testo altrettanto didattico del
defunto esponente neo-keynesiano, ma incentrato sulla impossibilità
dell’equilibrio insita nel mercato capitalistico, ruotando attorno alla caduta
tendenziale del saggio di profitto che consegue dallo stesso principio di
concorrenza).
“I mercati … sono un
meccanismo quasi provvidenziale che automaticamente incrocia i gusti dei
consumatori con la disponibilità/scarsità dei beni e le possibilità offerte
dalle tecnologie …” “I mercati hanno molti pregi ma altrettanti difetti …”: dentro
a questo racconto, Becchetti sviluppa una sua vena critica, evidenziando da un
lato la parzialità della visione del mondo della disciplina economica classica,
che non riesce ad occuparsi delle molteplici pulsioni e dimensioni delle
persone, riducendone i comportamenti all’utilitarismo dell’homo economicus (senza
saper dominare variabili pur essenziali e misurabili, come il grado di
“fiducia” tra i vari soggetti nel mercato), e dall’altro le degenerazioni del
sistema finanziario, che si auto-alimenta perdendo le funzioni essenziali di
servizio allo sviluppo dell’economia reale, ed anzi recandole danno.
(Talune
argomentazioni si approssimano a quelle di Laura Pennacchi in “Filosofia dei
Beni Comuni” 3, che recensisco su questo stesso numero di Utopia21)
Becchetti evidenzia come
l’economia classica trascuri il “capitale sociale”, il cui “hardware … sono le
organizzazioni e le associazioni …. che segnalano il grado di coesione di un
determinato territorio “ (come per l’Italia in Trentino ed in Emilia) ed il cui
“software ….” è costituito da cinque
elementi chiave: la fiducia, la meritevolezza di fiducia …, il senso civico, la
disponibilità a pagare per i beni pubblici … e la fiducia nelle istituzioni” .
Ed illustra tali concetti anche
con il resoconto di divertenti test comportamentali, quali quello del “trustor”,
in cui al primo giocatore si regala un gruzzoletto, con la possibiltà di
sub-regalarne quota-parte al secondo giocatore e con la sola regola che
l’eventuale restituzione di parte di questo sub-regalo al primo giocatore, come
spontanea gratitudine del secondo giocatore, sarà raddoppiata dal “banco”.
L’autore mostra inoltre come le stesse imprese possano
sfuggire alle definizioni rozze quali “massimizzatrici di profitti”, assumendo
il profilo di “imprese responsabili” (di Olivettiana memoria4).
Da
queste critiche alle teorie dominanti, l’Autore deriva una serie di proposte,
dalla valorizzazione di indici alternativi al PIL (quali l’indice di benessere
BES, teoricamente ormai ben definito in Europa ed in Italia dallo stesso ISTAT)
alla crescita di consapevolezza dei consumatori (e risparmiatori), in favore
delle imprese responsabili e contro le distorsioni del mercato, fino a fare di
questa “leva di Archimede”, costituita dalla capacità di “votare con il
portafoglio” (di cui Becchetti riporta concreti esempi, quali quello dei fondi
etici che incentivano le imprese a ridurre le emissioni di CO2), uno strumento
quasi rivoluzionario verso una nuova “economia civile”.
Una rivoluzione innanzitutto
culturale, attorno ad una nuova “teoria della relatività”, che riesca a
integrare negli strumenti di governo delle nazioni e delle imprese i fattori di
socialità insiti nell’uomo, dalla fiducia alla solidarietà, oggi considerati
quasi come una “materia oscura” dalle teorie economiche dominanti: “I beni
relazionali [sono…] ancora una particella oscura e in via di definizione. Il
fatto di non averla ancora messa a fuoco è uno dei maggiori problemi
dell’economia che da questo punto di vista è un po’ come la fisica prima della
scoperta dell’elettrone”.
Il tutto senza uscire dal
mercato, bensì forzandolo a subire le ragionate e ragionevoli pretese dei
consumatori.
Ritengo
molto interessante questo tentativo di sistematizzare i benefici che un
orientamento organizzato dei consumatori (ed elettori?) potrebbe apportare per
superare distorsioni e storture dell’attuale sistema economico e sociale; mi permetto però di segnalare quelle che a mio
avviso sono le rilevanti sottovalutazioni e sopravvalutazioni nella visione di
Becchetti (e che lo rendono in qualche misura subalterno alla cultura dominante
che vorrebbe avversare).
Sottovalutazioni:
-
riguardo
alle problematiche ecologiche, anche se avverte che “esiste … una contabilità
delle risorse ambientali che non può e non deve essere trascurata”, il testo
assume come solo esempio i combustibili fossili, in quanto esauribili ma anche
inquinanti, e individua nel meccanismo dei prezzi un potenziale alleato in
favore della ricerca ed applicazione delle energie alternative (la relativa
scarsità di petrolio e carbone rende convenienti le altre risorse energetiche,
finché la loro abbondanza e convenienza, con qualche ragionevole aiuto pubblico
e sociale, può mettere fuori gioco i fossili); ma non si fa carico per nulla
del tema generale dell’esaurimento tendenziale delle materie prime e del
degrado ambientale accumulato, che possono surriscaldare i prezzi e “bruciare”
il pianeta prima che la svolta dei consumatori consapevoli si decida a
civilizzare l’economia;
-
riguardo
al divario tra i ricchi e i poveri, il testo lascia molto sullo sfondo alcuni
nodi centrali, ovvero che nelle imprese la formazione del valore (o chiamiamolo
ancora plus-valore) è ancora e sempre funzione diretta dello sfruttamento del
lavoro altrui (anche se non sempre nella forma canonica del lavoro salariato) e
quindi che la esistenza dei “poveri” (soprattutto su scala mondiale) è fattore
necessario, e non conseguenza accidentale, della accumulazione delle ricchezze
(che finisce per alimentare la superfetazione
finanziaria); se i consumatori possono influire sulle imprese, ad
esempio penalizzando quelle che sfruttano oltre ogni regola risorse naturali ed
umane, perché non assegnare più alcun ruolo alla possibilità di organizzarsi
degli stessi lavoratori sfruttati?
-
riguardo
alla circolazione della moneta ed alla crescita dei debiti, le immissioni di
liquidità variamente sviluppate dalla banche centrali, per uscire da questa
crisi, forse richiedono qualche specifica riflessione e preoccupazione sulla
futura tenuta strategica degli equilibri macroeconomici (ovvero: vuoi vedere
che si stanno alimentando nuove pericolose bolle finanziarie?).
Sopravvalutazioni:
-
riguardo
alla estensione delle “lobbies positive” verso nuove forme di democrazia e di
civilizzazione dal basso dell’economia, il testo reca (alcuni) esempi positivi,
ma non si confronta con un panorama alquanto preoccupante che include nei
fatti:
o
gli
esempi non esaltanti delle auto-promosse micro-associazioni dei consumatori,
che in Italia finora mi sembrano piccole burocrazie in affannosa rincorsa delle
più consolidate (e purtroppo un po’ burocratiche) associazioni dei produttori
(Confindustria ecc.; sindacati),
o
il mal
funzionamento dei social media come amplificatori di campagne non sempre
fondate su oggettivi riscontri scientifici (dai vaccini all’olio di palma: nel
primo caso una criminale disinformazione, nel secondo una ambigua
demonizzazione, che non assicura affatto migliori tutele per la salute,
l’ambiente ed il terzo mondo attraverso l’uso di altri grassi alimentari),
o
la
parabola emblematica del MoVimento5Stelle, che parte da una concezione
semplicistica del “cittadino eguale”(ovvero “uno-vale-uno”) per approdare alla
formazione di un partito politico che nega di essere tale, ma tale si comporta,
senza però mai sottoporre a discussione la leadership dei fondatori (ed eredi),
in quanto elemento a-priori ed “indiscutibile”;
o
la frequente
cecità parziale dei “movimenti”, dai NoTAv, che mettono a ferro e fuoco la Val di
Susa contro i trafori ferroviari, ma nulla dicono e fanno contro il
contemporaneo raddoppio del traforo autostradale del Frejus (che trasferirà lì
di fatto anche parte del traffico veicolare dal M.Bianco), fino
all’acqua-bene-comune che strilla allo scippo referendario contro la presenza
dei privati in qualunque ruolo gestionale, mentre altri beni comuni altrettanto
delicati e strategici, dall’energia alle telecomunicazioni, dall’informazione
ai social media sono per lo più tranquillamente in mani private (e spesso
straniere o internazionali), sia come proprietari che come gestori, con poche e
instabli eccezioni (RAI, ENEL, ENI, di cui solo la prima con controllo pubblico
per legge);
o
la
stessa crisi storica delle socialdemocrazie (ed anche dei partiti cattolici
solidaristici) e dei connessi sindacati, perché in teoria basterebbe la
concorde volontà degli elettori (che sono anche lavoratori, consumatori e
risparmiatori) a piegare verso il meglio stati ed imprese: una concordia che
oggi appare decisamente poco conseguibile.
Mi
sembra che nei limiti delle scienze economiche, anche nella versione
civilizzata di Becchetti (anzi soprattutto in questo suo tentativo di
organizzare a tal fine i consumatori),
manchi una profonda integrazione con le scienze sociali, che – nell’analisi dei
comportamenti dei singoli soggetti: individui, famiglie, imprese – oltre allo
studio dei caratteri socializzanti dell’uomo e alle modalità di sedimentazione
del “capitale sociale” tendono a includere specificamente le “forme” dei
rapporti di aggregazione tra i soggetti (e l’eventuale definizione di “soggetti
sociali”): dalla “microfisica del potere” di Foucault5 alla “società
liquida” di Bauman6, dalla formazione di “nuove tribù” di Maffesoli7
alla sempiterna selezione delle élites politiche (Pareto, Michels, Revelli)8,
dalla costituzione del villaggio globale (McLuhan)9 al funzionamento
specifico delle reti (Castells10-11, Morozov12). E anche Marx può ancora essere utile (il
capitalista singolo ed il capitale collettivo)13.
Fonti:
1.
Lorenzo
Becchetti “CAPIRE L’ECONOMIA IN SETTE PASSI” - Minimum fax, Roma
2016
2.
Paolo
Leon “IL CAPITALISMO E LO STATO” – Castelvecchi editore, Roma 2014
3.
Laura
Pennacchi “FILOSOFIA DEI BENI COMUNI. CRISI E PRIMATO DELLA SFERA PUBBLICA” -
Donzelli editore, Roma 2012
4.
Adriano
Olivetti “SOCIETA’, STATO, COMUNITA’. PER UN’ECONOMIA E POLITICA COMUNITARIA”
Edizioni di Comunità, Milano 1952
5.
Michel
Foucault “MICROFISICA DEL POTERE: INTERVENTI POLITICI” Einaudi, Torino 1977
6.
Zygmunt
Bauman “VITA LIQUIDA” - Laterza, Bari 2006
7.
Michel
Maffesoli
“IL TEMPO DELLE TRIBÙ. IL DECLINO DELL'INDIVIDUALISMO NELLE SOCIETÀ
POSTMODERNE” - Guerini
e Associati,
Milano 2004
8.
Marco
Revelli “FINALE DI PARTITO” – Einaudi, Torino 2012
9.
Marshall
McLuhan “IL VILLAGGIO GLOBALE. XXI SECOLO: TRASFORMAZIONI NELLA VITA E NEI
MEDIA” – SugarCo, Milano 1992
10.
Manuel
Castells “LA NASCITA DELLA SOCIETÀ IN RETE” - UBE Paperback, Milano 2002
11.
Manuel
Castells “LA CITTÀ DELLE RETI” Marsilio, Padova 2004
12.
Evgeny
Morozov “SILICON VALLEY: I SIGNORI DEL SILICIO” – Codice, Torino 2017
13.
Karl
Marx “IL CAPITALE. CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA (libro III)” –Editori
Riuniti, Roma 1964
14. Commenti
a Bauman, Castells, Maffesoli su questo blog PAG.I^
“FILOSOFIA-SOCIOLOGIA-ECONOMIA”
15. Recensione
su MARCO REVELLI/FINALE DI PARTITO su questo blog
“ULTERIORI LETTURE”
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