lunedì 30 settembre 2019

UTOPIA21 - SETTEMBRE 2019: SUOLO, TERRITORIO, URBANISTICA: A CHE PUNTO E’ IL DIBATTITO



Una breve rassegna, in aggiornamento a precedenti interventi, sullo stato di avanzamento del confronto, politico e disciplinare, nelle questioni relative al consumo di suolo ed al suo possibile controllo, al governo del territorio ed al ruolo dell’urbanistica

Sommario:
-       prosegue il consumo di suolo…
-       …e stancamente prosegue il dibattito parlamentare; mentre cambia il Governo…
-       in Parlamento anche la proposta PD sul governo del territorio
-       in Emilia Romagna si sperimenta la “rigenerazione urbana”
-       il disegno di legge 5Stelle “casa mia”
-       “Casa Italia” avanza, ma a piccoli passi
-       cosa dice l’Istituto Nazionale di Urbanistica?


Nota: questo articolo non esplicita le premesse storiche e culturali dei problemi affrontati, appoggiandosi sui miei precedenti testi, man mano di seguito richiamati, ed in parte raccolti nei “Quaderni di Utopia 21” n° 3 e 5 del settembre 2018 1,2.




















PER LE IMMAGINI CONSULTARE IL TESTO SU "UTOPIA21"




PROSEGUE IL CONSUMO DI SUOLO…

Nell’aggiornamento della ricerca “tra-i-laghi”3 (in questo stesso numero di UTOPIA21) si evidenzia come – in base ai dati I.S.P.R.A., al 2012 ed al 2016-17 4,5 – il consumo di suolo stia proseguendo in misura allarmante, soprattutto nei nostri territori, e malgrado gli effetti della crisi economica, che apparentemente molto ha colpito anche il settore edilizio.


% SUOLO CONSUMATO
2012
% SUOLO CONSUMATO
2016
% SUOLO CONSUMATO
2012-2016
AREA “TRA-I-LAGHI”
12,9
16,8
3,9
PROVINCIA DI VARESE
18,0
21,1
4,1
REGIONE LOMBARDIA
10,3
13,0
2,7
COMUNE DI MILANO
47,8
57,6
9,8
ITALIA
5,8
7,6
1,8

Tabella 1 – riepilogo incremento suolo consumato 2012-2016, secondo I.S.P.R.A.

In particolare non appare per nulla sostenibile un incremento pari ad 1 punto percentuale annuo, come quello riscontrato nel territorio di Varese e “tra-i-laghi”, che – proseguendo così per un altro paio di decenni – porterebbe a raddoppiare il territorio variamente consumato, avvicinandosi ai valori di Milano (dove per altro il consumo non si ferma, anzi marcia a doppia velocità…).

Pertanto potrebbe essere considerata una buona notizia (non riscontrabile sui mass media generalisti) la sentenza della Corte Costituzionale che – su ricorso del Comune di Brescia - ha cassato dalla Legge Regionale Lombarda n° 31 del 2014, finalizzata a contenere il consumo di suolo, la norma che però vietava temporaneamente ai Comuni lombardi di rivedere in ribasso le previsioni edificatorie dei Piani di Governo del Territorio, fino al termine di una lunga fase transitoria.
Fase transitoria che non si è ancora conclusa (mentre la Lombardia ha mangiato circa altri 500.000 metri quadrati di suolo ogni anno), il che rende potenzialmente ancora utile la sentenza costituzionale, maturata con i necessari tempi non brevi.


…E STANCAMENTE PROSEGUE IL DIBATTITO PARLAMENTARE

Nel frattempo apprendo dal bollettino di Salviamo-Il-Paesaggio (sempre nel silenzio dei media generalisti), che in Parlamento procede, con lentezza e con le dovute pubbliche consultazioni, il confronto tra diverse proposte di legge contro il consumo di suolo6, che derivano in parte dallo sterile iter del disegno di legge Catania della precedente legislatura, ed in parte dalla stessa proposta di legge formulata nel 2017-2018 dai comitati di Salviamo-Il-Paesaggio1 (con il sostegno, rammento, anche delle principali associazioni ambientaliste nazionali), che è stata fatta propria da alcuni esponenti del MoVimento 5Stelle: in particolare, relatrice sull’argomento nella competente commissione senatoriale ed ora incaricata di redigere un testo-base per possibili convergenze è la senatrice Nugnes.

Non sfugge alla redazione di Salviamo-Il-Paesaggio il fatto che la recente espulsione della suddetta senatrice dal MoVimento ed il suo passaggio al gruppo parlamentare “misto” indebolisce le prospettive di avanzamento della proposta più radicale; pare sfuggire invece a Salviamo-Il-Paesaggio quello che secondo me è il dato di fondo, e cioè che il tema del “consumo di suolo” era incluso solo formalmente e marginalmente nel “contratto di governo” tra Lega e 5Stelle, per cui l’argomento non aveva trovato percorsi prioritari nell’agenda delle effettive decisioni parlamentari.

Agenda già molto tempestosa per le sempre più divergenti pulsioni dei 2 soggetti politici contraenti, che infatti hanno poi definitivamente divorziato con la crisi politica di agosto.

Con la formazione della nuova alleanza governativa tra 5Stelle e Partito Democratico, il calendario parlamentare sarà tutto da riscrivere: il documento programmatico ufficiale del Governo Conte-Bis, in una cornice complessivamente più “ambientalista” rispetto al precedente “contratto di governo”, menziona due volte il consumo di suolo, ma in modo piuttosto generico (e che non ha forato la disattenzione dei mass media):
-       al punto 9 (ambiente) “occorre intervenire sul consumo di suolo”   
-       al punto 29 (ed ultimo: agricoltura) “conservare e accrescere la qualità del territorio, contenendo il consumo del suolo agricolo”.

In tale quadro, il testo in corso di rielaborazione da parte della senatrice Nugnes (ora aderente alla nuova maggioranza governativa) dovrà probabilmente incontrarsi anche con la divergente impostazione delle questioni urbanistiche avviata alla Camera, come sotto specificato.


IN PARLAMENTO ANCHE LA PROPOSTA P.D. SUL GOVERNO DEL TERRITORIO

E’ ancora Salviamo-Il-Paesaggio6 a segnalare il concomitante lavorio parlamentare (alla Camera) su un disegno di legge in materia di governo del territorio, di più ampia ambizione (e probabilmente all’origine con modeste prospettive di approvazione, ora invece da riconsiderare), proposto dall’onorevole Morassut del Partito Democratico, intitolato “Princìpi generali in materia di rigenerazione urbana nonché di perequazione, compensazione e incentivazioni urbanistiche” 7.
Il testo normativo riprende – cercando solidi fondamenti giuridici nazionali e superando la legge urbanistica nazionale n° 1150, che risale al lontano 1942 –  gli assetti già conferiti da diverse regioni alla pianificazione comunale.
Tali assetti  hanno variamente rielaborato (anzi, rielaborato male, secondo il compianto Federico Oliva) gli indirizzi formulati dall’Istituto Nazionale di Urbanistica negli anni ’90, con lo sdoppiamento del Piano Regolatore in una componente strutturale ed una operativa, di durata quinquennale (affiancate da un “regolamento urbanistico” per i tessuti urbani consolidate e per le aree agricole ecc.): durata a cui Morassut vorrebbe ridurre i diritti di edificabilità dei privati – ora di fatto assegnati a tempo indeterminato -, mentre – dal 1968 - dopo 5 anni decadono invece i vincoli finalizzati agli usi pubblici e dagli eventuali all’espropri
Mi sembra interessante perciò osservare che – mentre parte del Partito Democratico resta affezionato a quel modello di pianificazione, finora privo di una consistenza giuridica nazionale, soprattutto riguardo agli istituti perequativi – l’esperienza concreta delle Regioni (per altro a guida PD) che lo hanno sperimentato ed attuato da un paio di decenni, sta portandole verso altre direzioni.





IN EMILIA ROMAGNA SI SPERIMENTA LA “RIGENERAZIONE URBANA”

Infatti è stata la stessa Emilia Romagna, già dal 2017, con la nuova legge regionale n° 24, a far ritornare i comuni ad un unico Piano Urbanistico Generale (che non conferisce diritti di edificabilità), da attuare non più con Piani Attuativi in ambiti predeterminati ed inquadrati nella sequenza quinquennale del Piano Operativo Comunale, bensì con il ricorso sistematico ad Accordi su iniziativa privata (temperata dalla concorrenza in risposta a bandi comunali) – molto simili ai Programmi Integrati di Intervento sperimentati in Lombardia – cui segue una pianificazione di dettaglio con definizione delle quantità e qualità degli interventi, sia di interesse pubblico che privato, e dei tempi e modi di realizzazione8.

La Regione Emilia Romagna, preso atto che il precedente sistema della Legge Regionale n° 20/2000 (per altro poco cogente, se ancora oggi in alcuni comuni si applicano i precedenti vecchi Piani Regolatori fondati sulla legge regionale del 1978) non ha limitato né il consumo di suolo, né le espansioni urbane disaggregate (sprawl), punta con questa riforma a coniugare il contenimento del consumo di suolo con la gestione della “rigenerazione urbana” orientata ai nuovi criteri della “resilienza” ai cambiamenti climatici ed alla ricerca dei servizi “ecosistemici” 8.

I punti deboli di questa svolta mi sembrano due:
-       lo stop al consumo di suolo, assunto come direttiva principale dei nuovi Piani comunali (ora obbligatori entro tre anni) e con l’obiettivo (europeo) di pervenire al ”consumo zero” entro il 2050, è transitoriamente mitigato sia dalle code dei Piani vigenti, sia da un residuo margine del 3%, da spendere (si spera giudiziosamente) nei prossimi 30 anni, sia ancora da una motivata ma pericolosa deroga, che esclude dal computo parchi urbani ed infrastrutture sovracomunali, ampliamenti aziendali e insediamenti produttivi “strategici“;
-       la delega pressoché generalizzata ai soggetti privati dell’attuazione degli interventi di trasformazione urbana ammessi dal P.U.G. (la legge contempla però ancora, teoricamente, anche Piani Attuativi di iniziativa pubblica), probabilmente dettata dalla consapevolezza della sostanziale mancanza di risorse finanziarie per un diverso percorso, che – partendo dall’iniziativa pubblica – contempli anche procedure di esproprio (necessariamente a prezzi di mercato, come ormai purtroppo consolidato nel diritto europeo).

Su questo secondo punto, al di là della questione di principio sulla maggiore o minore abdicazione al ruolo dell’ente pubblico (cui rimane comunque la primaria responsabilità non solo della redazione del Piano Generale, ma anche la fondamentale gestione dei criteri di selezione e comparazione delle proposte private, anche tramite verifica delle Valutazioni Ambientali), il rischio è soprattutto nella difficoltà di includere  nella “rigenerazione” frammenti di territorio male-urbanizzati, perché le relative proprietà sono troppo frazionate, oppure i proprietari troppo poveri, oppure ricchi ma “a-sociali”, oppure falliti (vedi certe aree produttive dismesse), o soggettivamente marginali; mentre i motivi per rigenerare i tessuti urbani comportano spesso esigenze di continuità territoriale, basti pensare al rischio sismico ed a quello idrogeologico, oppure alle diverse possibili modalità del degrado fisico e sociale.





IL DISEGNO DI LEGGE 5STELLE “CASA MIA”

Interessante sotto il profilo della ipotesi di una qualche sistematicità degli interventi pubblici è in questo senso anche il disegno di legge per un nuovo ciclo di edilizia popolare, formulato dai parlamentari del MoVimento 5Stelle (ma sempre rigorosamente estraneo al “contratto di governo” con la Lega, così come al nuovo “programma condiviso” con il PD), di cui dà conto, invero con toni a mio avviso un po’ troppo sprezzanti, la Repubblica del 26 luglio 2019 9; la proposta include il ripristino di una sorta di “trattenuta Gescal” sui salari, con incidenza progressiva dal 1 al 4 per mille, affiancata dal riciclo ed unificazione di risorse  già destinate al settore (questa ri-denominazione dei fondi già stanziati è una costante propagandistica del “governo-di-cambiamento”, vedi investimenti sul fronte idrogeologico; qui il nuovo nome è “Casa Mia”).
L’aspetto più rilevante mi sembra essere la prospettiva di una durata ventennale del ciclo di finanziamento, per realizzare 600.000 nuovi alloggi (per lo più su aree già edificate), superando il carattere episodico di precedenti pur valide iniziative, come il “piano periferie” del governo Renzi; l’aspetto più negativo è la trattenuta sui salari, in contraddizione con il contestuale tentativo di ridurre il “cuneo fiscale” per agevolare l’introduzione di un salario minimo, mentre a mio avviso10 occorrerebbe il coraggio di rimettere mano sostanzialmente alla fiscalità immobiliare, dalla riforma del catasto (abbandonata dal governo Renzi) al ripristino dell’IMU sulle abitazioni superiori ad un “minimo vitale”, affiancandola invece dalla detraibilità delle spese per gli affitti (fino al suddetto “minimo vitale”).

Analoghe iniziative non risultano dal fronte del Partito Democratico, dove il tema casa non figurava nell’ambito della revisione programmatica che era in fase di consultazione tramite la “Costituente delle Idee”.

Qualche cenno è però emerso nella trattativa programmatica per il nuovo governo: a breve termine un richiamo alla necessità di finanziare “l’emergenza abitativa”, ed a lungo termine un rilancio dell’edilizia pubblica residenziale e del fondo in sostegno degli affitti.


“CASA ITALIA” AVANZA, MA A PICCOLI PASSI

“Casa Italia”: il Governo-Del-Cambiamento non ha ritenuto, invece, di cambiare nome all’iniziativa di prevenzione anti-sismica avviata dal governo Renzi 11 e poi divenuta uno stabile Dipartimento della Presidenza del Consiglio (nel 1° Governo Conte la delega è stata affidata al Sottosegretario Vito Crimi), che ha proseguito in questi anni ad effettuare interessanti sperimentazioni teoriche e pratiche, sia riguardo al coordinamento della prevenzione anti-sismica (e dei connessi piani di emergenza) con l’ordinaria pianificazione 12,13, sia riguardo alle concrete tecniche di intervento, con i “10 cantieri pilota” [A].
Tutto ciò mi sembra positivo, però in termini pratici gli investimenti anti-sismici rimangono solo quelli veicolati, qua e là, dagli incentivi “sisma-bonus”, e si rimane quindi ben lungi da una programmazione sistematica e massiccia di interventi di recupero e trasformazione dei tessuti edilizi storici delle aree classificate a maggior rischio: pertanto al prossimo malaugurabile terremoto ci ritroveremo ancora a constatare quante risorse occorreranno per ricostruire, entità non intaccata dalla pioggerella delle riqualificazioni volontarie agevolate dal “bonus” (per tacere delle possibili vittime).

Il programma del governo Conte-Bis sottolinea con una certa enfasi “gli interventi volti a potenziare le politiche per la messa in sicurezza del territorio e per il contrasto del dissesto idrogeologico (ecc. ecc.)”, ma senza sciogliere il nodo della prevenzione sismica attraverso interventi massicci e coordinati.


COSA DICE L’ISTITUTO NAZIONALE DI URBANISTICA?

In questa situazione, da un lato di rapida trasformazione (governi, suolo e, naturalmente, clima; ma anche nuova legge in Emilia-Romagna), d’altro lato invece di sostanziale immobilità decisionale (Parlamento e Governo), non mi risulta facile comprendere (e tantomeno riferire) quali siano le posizioni prevalenti nell’Istituto Nazionale di Urbanistica, che raccoglie gli intellettuali più coinvolti in questo campo di forze (e di debolezze).

Infatti, anche se l’I.N.U. ha tenuto in aprile a Riva del Garda – nel corale disinteresse dei media generalisti - il suo XXX Congresso (affiancato dalla 7^ Rassegna Urbanistica Nazionale) sul tema “Governare la frammentazione”, il cronico ritardo editoriale delle sue riviste ufficiali, “Urbanistica” e “Urbanistica Informazioni”, consentirà si approfondire solo tra qualche mese i contenuti del confronto ed anche il significato del rinnovo delle cariche sociali, che contemplano il passaggio della Presidenza da Silvia Viviani a Michele Talia.
Poco altro dice il sito www.inu.it , dove tuttavia si può almeno leggere un’intervista rilasciata dal nuovo Presidente al Giornale dell’Architettura14, da cui riporto la seguente succinta dichiarazione programmatica: “Oltre ai temi già richiamati del monitoraggio delle nuove forme di regionalismo e dell’evoluzione verso nuovi strumenti di pianificazione integrata, il programma del prossimo
biennio tenderà a privilegiare due questioni fondamentali: da un lato il potenziamento del contributo delle politiche di piano al superamento delle principali fragilità territoriali e urbane, e dall’altro la ricerca di un apporto peculiare della disciplina urbanistica alla definizione di misure efficaci di adattamento al cambiamento climatico. Si tratta in entrambi i casi di favorire il ricorso complementare alla lettura scientifica delle criticità più rilevanti e alla prefigurazione d’interventi correttivi che la nostra formazione di progettisti ci consente, praticando un approccio alla rigenerazione urbana che sappia affiancare all’esame rigoroso dei costi derivanti dalle misure correttive i benefici anche economici che possono conseguire dalla adozione consapevole di misure settoriali o integrate, quali il contenimento del consumo di suolo, la riduzione delle superfici impermeabili, il risparmio energetico e il governo della mobilità.”

Più prodiga di informazioni, ma non sistematiche, è la news-letter di “Urban-promo” 14, che introduce ai prossimi convegni autunnali; convegni in cui nelle precedenti edizioni Michele Talia si è caratterizzato come gran regista del dibattito sul “Tactical Urbanism”15 (la tendenza a valorizzare gli usi temporanei – più o meno antagonistici - di spazi urbani abbandonati).

Sotto traccia qualcosa di più sul confronto interno all’INU si può arguire dal n° 160 di “Urbanistica”, datato formalmente “luglio-dicembre 2017”, ma pubblicato nel gennaio 2019,16 dove l’ex-Presidente (1993-2001) Stefano Stanghellini,
-       imposta il tema della “rigenerazione urbana” come scelta necessaria a fronte della crisi demografica, produttiva e finanziaria;
-       individua un insieme di ostacoli nella frammentazione dei pubblici poteri e nella obsolescenza di molti aspetti del quadro normativo (non solo urbanistico: fisco e catasto, appalti, bilanci societari e diritto fallimentare, vincoli storici e ambientali), ma  anche nella complessa articolazione delle proprietà e degli interessi privati, nonché degli interessi sociali diffusi;
-       propone una unificazione della “regia pubblica”, una semplificazione della pianificazione, la crescita (in tutti i soggetti interessati) della cultura della valutazione comparativa su tutti gli aspetti in gioco, economici-sociali-ambientali;
(e tutto ciò mi sembra assomigli parecchio alla nuova legge dell’Emilia-Romagna), mentre Laura Ricci 17 invoca la necessità di una riforma legislativa nazionale che generalizzi lo sdoppiamento dei piani comunali tra strutturale ed operativo, ed assegna un ruolo centrale ai meccanismi di perequazione/compensazione/incentivazione, sulla traccia del Piano Regolatore di Roma del 2008 (e ciò mi sembra assomigli abbastanza al disegno di legge Morassut, di cui sopra).

E’ una questione di accenti, perché la “perequazione” (intesa come equa ridistribuzione - tra i proprietari di immobili coinvolti dai Piani - dei diritti edificabili e dei doveri di cessione e urbanizzazione di aree ad uso pubblico) è strumento comunque utile, sia in fase di espansione urbana che in fase di rigenerazione, fase però in cui l’edificabilità tende a restringersi e l’interesse pubblico non è più solo la quantità delle aree a standard, ma anche la qualità dei “servizi eco-sistemici” .
Insistere sulla priorità alla “perequazione” può sembrare anche il privilegiare l’uguaglianza “tra proprietari”, rispetto alla ricerca di una più ampia uguaglianza tra cittadini, il ”wellfare urbano”, reso tra l’altro difficile dalla crescente frammentazione sociale ed anche etnica della popolazione.

In attesa di capire di più, mi permetterei però di constatare che – giustamente intimiditi dalla frammentazione della realtà – gli urbanisti italiani mi sembra evitino di porre alla società obiettivi e parole d’ordine non solo corretti (come mi sembrano gli indirizzi sopra riportati), ma adeguati alla gravità della crisi in atto (suolo, clima, ambiente, casa…) ed al grandioso ciclo di investimenti pubblici e privati, che – a mio avviso – sarebbe necessario per affrontarla.

Fonti:
1.    Aldo Vecchi – IL CONSUMO DI SUOLO – Quaderno n° 3 di “UTOPIA21”, settembre 2018 https://universauser.it/i-quaderni/quaderno-3-il-consumo-di-suolo.html
2.    Aldo Vecchi – SOSTENIBILITA’, DAL FABBRICATO AL TERRITORIO – Quaderno n° 5 di “UTOPIA21”, settembre 2018 https://universauser.it/i-quaderni/quaderno-5-sostenibilita-dal-fabbricato-al-territorio.html
3.    Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi – TRA-I-LAGHI – ricerca compiuta nel 2015 ed aggiornata nel 2016, 2017, 2018, 2019, sul sito http://www.agenda21laghi.it/vivere_tra_laghi.asp
4.    I.S.P.R.A. - CONSUMO DI SUOLO, DINAMICHE TERRITORIALI E SERVIZI ECOSISTEMICI. EDIZIONE 2017 - http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici
5.    I.S.P.R.A. - CONSUMO DI SUOLO, DINAMICHE TERRITORIALI E SERVIZI ECOSISTEMICI. EDIZIONE 2018 - http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici.-edizione-2018
7.    Camera dei Deputati: Proposta Di Legge d’iniziativa del deputato Morassut - PRINCÌPI GENERALI IN MATERIA DI RIGENERAZIONE URBANA NONCHÉ DI PEREQUAZIONE, COMPENSAZIONE E INCENTIVAZIONI URBANISTICHE -Presentata il 23 marzo 2018 https://www.camera.it/leg18/126?leg=18&idDocumento=113
8.    Autori Vari, a cura di Sandra Vecchietti – LA PIANIFICAZIONE COMUNALE NELLA LEGGE 24/2017 “DISCIPLINA SULLA TUTELA E L’USO DEL TERRITORIO” DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA – in “Urbanistica Informazioni” n° 280-281, Luglio/Ottobre 2018 (diffuso nel maggio 2019)
9.    Roberto Petrini – EDILIZIA POPOLARE – 5S, C’E’ UN PIANO PER 600.000 CASE, MA LO PAGHERANNO I LAVORATORI – su “la Repubblica” del 26-07-2019
10. Aldo Vecchi – L’UTOPIA (ITALIANA) DI UNA CASA, PER TUTTI – pubblicato su UTOPIA21 di luglio 2018 - di luglio 2018.
11. Aldo Vecchi – CASA ITALIA? – Pubblicato su UTOPIA21 di ottobre 2016 - http://www.universauser.it/images/CASA_ITALIA.pdf.
12. Carlo Gasparrini – UNA BUONA URBANISTICA PER CONVIVERE CON I RISCHI – su “Urbanistica” n° 159/2017 (diffusa nel luglio 2018)
13. Ettore Di Napoli, Donato Di Ludovico - CONOSCENZE PER LA SICUREZZA URBANA. IL CASO DI SULMONA (AQ) – su “Urbanistica Informazioni” n° 278-279, Marzo/Giugno 2018 (diffuso nel gennaio 2019)
15. “Urbanistica” n° 157/2016 (diffusa nell’agosto 2017)
16. Stefano Stanghellini – UN APPROCCIO INTEGRATO ALLA RIGENERAZIONE URBANA – su “Urbanistica” n° 160/2017 (diffuso nel gennaio 2019)
17. Laura Ricci – GOVERNARE LA CITTA’ CONTEMPORANEA. RIFORME E STRUMENTI PER LA RIGENERAZIONE URBANA” su “Urbanistica” n° 160/2017 (diffuso nel gennaio 2019)







[A] L’azione di Casa Italia consiste in 10 interventi di messa in sicurezza di edifici pubblici a uso residenziale, in siti particolarmente esposti ai rischi naturali: interventi anche sperimentali e innovativi per tecniche e materiali utilizzati, nonché per adozione di metodologie che minimizzino il fastidio per gli abitanti degli edifici prescelti, tali da poter rappresentare dei prototipi, che sia possibile replicare e diffondere altrove

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