Sulla scia
dell’Enciclica “Laudato sì” di Papa Bergoglio, un vasto raggruppamento di
operatori sociali e di intellettuali presenta un ampio catalogo programmatico,
a scala nazionale/europea/mondiale, di obiettivi per la battaglia
politico-culturale dei movimenti ambientalisti/sociali/pacifisti, ed in parte
anche per la transizione dall’economia estrattiva ad una coesistenza tra
uomo/donna e natura: “Un’alleanza per il clima, la Terra e la giustizia
sociale”.
Che solleva però
qualche dubbio ed interrogativo.
Sommario:
l’ampio elenco dei promotori e l’ampio indice
degli argomenti
laicità ed enciclica: rischio di confusione dei
ruoli (e frattanto i cattolici?)
onnicomprensività ed ambiguità del documento:
scala e tipo di obiettivi
frammistione tra principi etico-filosofici e
rivendicazioni dettagliate
oscillazioni tra estremismo e riformismo
L’AMPIO ELENCO DEI PROMOTORI E L’AMPIO INDICE
DEGLI ARGOMENTI
“Hanno
contribuito alla stesura, all’integrazione e alla revisione” del documento,
anche attraverso momenti assembleari (seminari e Forum del giugno 2018, gennaio
2019, luglio 2019) circa 200 persone (come singoli o come rappresentanti di
associazioni), per lo più appartenenti alla sinistra cattolica, alla sinistra
sindacale oppure alla sinistra radicale e/o ambientalista e/o femminista, tra
cui – per dare un’idea dell’insieme - i
nomi a me più noti vanno dalla A di Vittorio Agnoletto e Mario Agostinelli alla
V e Z di Guido Viale e Luca Zevi,
passando tra gli altri da Aldo Bonomi, Paolo Cacciari, Franco Calamida,
don Virginio Colmegna, il gruppetto in qualche misura varesino di Rocco Cordì, Massimo
Crugnola, Valerio Crugnola, Lelio Demichelis, e ancora Luigi Ferrajoli, Grazia
Francescato, Alfiero Grandi, Raniero La Valle, Flavio Lotti, Gianni Mattioli, Giorgio
Nebbia, Antonio Pizzinato, Basilio Rizzo, Massimo Scalia.
Il
documento1 è piuttosto ampio (oltre 60 pagine), ma ancor più ampia è
la gamma degli argomenti trattati, come risulta dall’indice che di seguito
riproduco (per risparmiarmi un mio riassunto):
1. Clima
2. Depredazione
ambientale
3. Migranti
e profughi
4. Cittadinanza,
accoglienza e politiche per il ritorno volontario
5. Povertà
ed economia dello scarto
6. Conversione
ecologica, debito, finanza
7. Lavoro
8. Vivente
9. Stili
di vita e beni comuni
10. Ecofemminismo
11. Diritto
di pace e bando della minaccia nucleare
12. Umano,
virtuale e artificiale: coniugare solidarietà e innovazione
13. Educazione,
comunicazione, resistenza, antifascismo.
Si
tratta, come si può ben vedere, di argomenti affrontati – con diversi punti di
vista - anche sul sito di Utopia21, e qui raggruppati con un taglio in parte
analitico (forse non sempre adeguatamente approfondito), ma per lo più
programmatico, come orizzonte per l’attività dei movimenti.
Pensando che la lettura
integrale del testo sia la scelta prevalente dei nostri lettori abituali,
concentro il mio commento sulle criticità che personalmente ho riscontrato.
LAICITÀ ED ENCICLICA:
RISCHIO DI CONFUSIONE DEI RUOLI (E FRATTANTO I CATTOLICI?)
Nella
mia lettura laica2 dell’enciclica “Laudato si”3 mi ero
permesso un solo appunto sull’impianto (necessariamente) religioso del testo,
che - pur risultando aperto alla collaborazione di tutti gli uomini di buona
volontà – riserva in qualche misura il ‘monopolio della spiritualità’ alla fede
in un “Dio onnipotente e creatore” (altrimenti, ammonisce l’Enciclica,
“finiremmo per adorare altre potenze del mondo o ci collocheremmo al posto del
Signore, fino a pretendere di calpestare la realtà da Lui creata, senza
conoscere limite”).
Ora
mi sembra che appoggiarsi sui contenuti laicamente descrittivi ed operativi del
testo bergogliano, trascurandone l’ispirazione religiosa (fondata sulle Sacre
Scritture, sul pensiero di San Francesco di Assisi ed altri Santi e sulle
encicliche dei precedenti Papi, nonché sulle pronunce di diverse Conferenze
Episcopali), risulti da un lato poco rispettoso della stessa specificità
culturale e teologica dell’Enciclica e dall’altro lato potenzialmente ambiguo
verso gli ‘ecologisti laici e/o non credenti’, che (come me) potrebbero
ritenere importante una linea di demarcazione rispetto a quella pretesa
monopolistica sulla spiritualità, e preferire una collaborazione con i credenti
anche molto intensa, ma fondata sulla chiarezza e non sulla confusione.
Inoltre
riprendere il nome stesso dell’Enciclica per battezzare questo documento
(laico) che estende l’attenzione su numerosi temi attigui al testo originale
bergogliano, in assenza di un (improbabile) ‘imprimatur’ vaticano, rischia di
coinvolgere impropriamente l’autorevolezza papale sulle libere elaborazioni dei
promotori, e di non esplicitare invece gli sviluppi dialettici tra i due testi.
Ciò
mi sembra particolarmente rilevante perché si può constatare che – al di là
delle buone pratiche della Caritas e di altri benemerite espressioni operative
del mondo cattolico in campo sociale e solidaristico – l’Enciclica sia caduta
abbastanza nel vuoto tra i credenti, sia in termini di elaborazioni teoriche (o
teologiche) ulteriori, sia soprattutto in termini di comportamenti quotidiani
di massa.4
Quindi
ben venga un rilancio delle tematiche ambientali richiamando l’Enciclica (e
rammentandola ai credenti distratti), ma meglio se nella chiarezza, dando a
Francesco (tutto e solo) ciò che è di Francesco.
ONNICOMPRENSIVITÀ ED
AMBIGUITÀ DEL DOCUMENTO: SCALA E TIPO DI OBIETTIVI
Anche
l’Enciclica di Papa Francesco, dopo un impegnativo percorso teorico e
l’individuazione di obiettivi generali, si conclude anche – in appendice, a
fianco ad una inedita preghiera formulata da Bergoglio - con un semplice
decalogo di azioni concrete che ciascuno può compiere per contribuire alla
salvezza della biosfera.
Nel
Documento in esame questo tipo di raccomandazioni viene ripreso ed ampliato
(confermando anche gli indirizzi del movimento Fridays For Future), e
personalmente, ad esempio, apprezzo molto il paragrafo “Badare a se stessi” (ed
evitare quindi di fruire del lavoro domestico servile), che però sta dentro al
capitolo sul Lavoro.
Mentre
– sempre ad esempio – nel pregevole capitolo su pace e disarmo (ma anche in
quello sull’educazione anti-fascista) non vi è cenno all’importanza della
pratica soggettiva della Nonviolenza, che figura solo come una delle
fattispecie della “differenza femminile da valorizzare”.
Ho
l’impressione infatti che manchi nel testo in esame una chiara distinzione tra
i vari livelli degli obiettivi che i movimenti devono porsi, da quelli di comportamento
soggettivo (paragrafo 9.2 sugli “stili di vita” e altro sparso come sopra
accennato) a quelli di efficacia comunicativa (capitolo 13), dalle
rivendicazioni istituzionali di breve periodo (esempio: la destinazione sociale
dei beni confiscati alla criminalità organizzata) alle soluzioni transitorie di medio termine (le
varie declinazioni della riconversione ecologica della produzione).
E
parimenti mi pare che si intreccino in modo un po’ confuso gli obiettivi di
scala locale, quelli di scala nazionale (rivolti in particolare al caso
italiano, come per esempio lo “ius soli”) e quelli di scala internazionale o
globale.
Vi
sono evidentemente dei nessi trasversali, anche complessi, tra tutti questi
livelli e queste scale: ma forse dipanarli meglio consentirebbe di comprendere più
a fondo sia i singoli elementi, sia le correlazioni. Così com’è il testo –
suddiviso solo per “argomenti” - dà un po’ l’immagine di “affastellamento”
(forse dovuta alla sua elaborazione collettiva).
FRAMMISTIONE TRA
PRINCIPI ETICO-FILOSOFICI E RIVENDICAZIONI DETTAGLIATE
Lungo
il percorso del testo, infatti, si affiancano dissertazioni sui principi
etico-filosofici, talora ineccepibili (come al paragrafo 7.4 “le tre dimensioni
del lavoro degno: soddisfare
chi lo compie, mettere in relazione le persone, creare beni e servizi utili”),
talaltra alquanto fumose, anche se suggestive, come il paragrafo 12.10
“Valorizzare il ‘luogo’, ponte tra locale e globale, tra campagna, città e
periferia”, che verso la conclusione propone anche “Bisogna liberarli [i
luoghi] dal vincolo della città come conservazione: il futuro delle periferie
si scontra infatti con i ‘guardiani del centro’” (i quali spero non vadano
identificati con Italia Nostra e gli altri benemeriti paladini della tutela dei
caratteri storici della città).
Con
una certa predilezione per concetti astratti come “il vivente” (dove io direi
“la biosfera”), “il terrestre” “il locale”: ci viene però risparmiato “il
comune”, ed anzi il paragrafo 9.11 sui “beni comuni” si configura con una
impostazione concreta ed equilibrata, a fronte di altre diffuse retoriche in
argomento.
Mi
pare però che su tale livello teorico manchi una sintesi coerente e
complessiva, se non in quanto affidata al magistero teologico di Papa
Francesco, mentre il documento in esame alterna le affermazioni di principio
con una gamma di rivendicazioni dettagliate, più o meno urgenti e/o fattibili,
come la Tobin Tax, il superamento del PIL (ma non ci dice se va bene il BES –
l’indice di Benessere Equo e Solidale, elaborato dall’ISTAT e già formalmente
inserito nella Contabilità Nazionale, anche se in pratica nessuno se ne accorge),
l’opposizione al Fiscal Compact ed ai grandi accordi commerciali
inter-continentali.
OSCILLAZIONI TRA
ESTREMISMO E RIFORMISMO
Sul
terreno delle rivendicazioni istituzionali e delle ipotesi di transizione ad
una diversa società, infine, mi pare di riscontrare una variabile oscillazione
tra posizioni più concretamente riformiste ed altre esplicitamente estremiste.
Ad
esempio si ipotizza il passaggio ad una siderurgia totalmente elettrica, ma senza
accettare l’utilizzo del gas come fase intermedia verso le de-carbonizzazione
(perché sarebbe veicolo strumentale della centralizzazione, contro l’autonomia
decentrata caratteristica delle energie rinnovabili).
Si
demonizza l’agricoltura 4.0 (“aziende agricole computerizzate, fornite di
droni, GPS, tecnologie satellitari e digitali che impongono un’accelerazione
impensabile allo smantellamento delle comunità rurali”), ma si auspica un
(diverso?) trasferimento di tecnologie avanzate in favore delle piccole imprese
agricole africane.
Si
postula la cessazione del consumo di suolo (cui non posso che aderire), ma
senza valutare se sia possibile estendere a breve termine tale obiettivo ai
paesi che sono ancora in forte incremento demografico.
Si
auspica una ridiscussione dei vincoli derivanti dal debito pubblico
storicamente accumulato, ma si rifiuta per il futuro una politica di pareggio
del bilancio (come se il rigore fosse possibile solo a carico dei ceti meno
abbienti, e non rovesciabile sui più abbienti e finora evasori/elusori
fiscali).
Nell’insieme,
quindi, più che di un organico testo programmatico, mi sembra che si tratti,
sotto questo aspetto, di una ricca traccia per una organica discussione, ancora
da farsi, in vista della effettiva costruzione di un programma, sia come
percorso di lotta, sia come orizzonte di transizione.
Fonti:
4.
Fulvio Fagiani - A TRE ANNI
DALL'ENCICLICA "LAUDATO, SI'" – su UTOPIA21 del maggio 2018 https://drive.google.com/file/d/11T3Ge_Vw6OTmj3_2qd60yxFUOMJOr_6d/view
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