lunedì 30 settembre 2019

UTOPIA21 - SETTEMBRE 2019: COMMENTO AL DOCUMENTO PROGRAMMATICO LAUDATO SI’




Sulla scia dell’Enciclica “Laudato sì” di Papa Bergoglio, un vasto raggruppamento di operatori sociali e di intellettuali presenta un ampio catalogo programmatico, a scala nazionale/europea/mondiale, di obiettivi per la battaglia politico-culturale dei movimenti ambientalisti/sociali/pacifisti, ed in parte anche per la transizione dall’economia estrattiva ad una coesistenza tra uomo/donna e natura: “Un’alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale”.
Che solleva però qualche dubbio ed interrogativo.

Sommario:
l’ampio elenco dei promotori e l’ampio indice degli argomenti
laicità ed enciclica: rischio di confusione dei ruoli (e frattanto i cattolici?)
onnicomprensività ed ambiguità del documento: scala e tipo di obiettivi
frammistione tra principi etico-filosofici e rivendicazioni dettagliate
oscillazioni tra estremismo e riformismo


L’AMPIO ELENCO DEI PROMOTORI E L’AMPIO INDICE DEGLI ARGOMENTI

“Hanno contribuito alla stesura, all’integrazione e alla revisione” del documento, anche attraverso momenti assembleari (seminari e Forum del giugno 2018, gennaio 2019, luglio 2019) circa 200 persone (come singoli o come rappresentanti di associazioni), per lo più appartenenti alla sinistra cattolica, alla sinistra sindacale oppure alla sinistra radicale e/o ambientalista e/o femminista, tra cui – per dare un’idea dell’insieme -  i nomi a me più noti vanno dalla A di Vittorio Agnoletto e Mario Agostinelli alla V e Z di Guido Viale e Luca Zevi,  passando tra gli altri da Aldo Bonomi, Paolo Cacciari, Franco Calamida, don Virginio Colmegna, il gruppetto in qualche misura varesino di Rocco Cordì, Massimo Crugnola, Valerio Crugnola, Lelio Demichelis, e ancora Luigi Ferrajoli, Grazia Francescato, Alfiero Grandi, Raniero La Valle, Flavio Lotti, Gianni Mattioli, Giorgio Nebbia, Antonio Pizzinato, Basilio Rizzo, Massimo Scalia.

Il documento1 è piuttosto ampio (oltre 60 pagine), ma ancor più ampia è la gamma degli argomenti trattati, come risulta dall’indice che di seguito riproduco (per risparmiarmi un mio riassunto):
1.    Clima
2.    Depredazione ambientale
3.    Migranti e profughi
4.    Cittadinanza, accoglienza e politiche per il ritorno volontario
5.    Povertà ed economia dello scarto
6.    Conversione ecologica, debito, finanza
7.    Lavoro
8.    Vivente
9.    Stili di vita e beni comuni
10. Ecofemminismo
11. Diritto di pace e bando della minaccia nucleare
12. Umano, virtuale e artificiale: coniugare solidarietà e innovazione
13. Educazione, comunicazione, resistenza, antifascismo.

Si tratta, come si può ben vedere, di argomenti affrontati – con diversi punti di vista - anche sul sito di Utopia21, e qui raggruppati con un taglio in parte analitico (forse non sempre adeguatamente approfondito), ma per lo più programmatico, come orizzonte per l’attività dei movimenti.
Pensando che la lettura integrale del testo sia la scelta prevalente dei nostri lettori abituali, concentro il mio commento sulle criticità che personalmente ho riscontrato.
  

LAICITÀ ED ENCICLICA: RISCHIO DI CONFUSIONE DEI RUOLI (E FRATTANTO I CATTOLICI?)

Nella mia lettura laica2 dell’enciclica “Laudato si”3 mi ero permesso un solo appunto sull’impianto (necessariamente) religioso del testo, che - pur risultando aperto alla collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà – riserva in qualche misura il ‘monopolio della spiritualità’ alla fede in un “Dio onnipotente e creatore” (altrimenti, ammonisce l’Enciclica, “finiremmo per adorare altre potenze del mondo o ci collocheremmo al posto del Signore, fino a pretendere di calpestare la realtà da Lui creata, senza conoscere limite”).

Ora mi sembra che appoggiarsi sui contenuti laicamente descrittivi ed operativi del testo bergogliano, trascurandone l’ispirazione religiosa (fondata sulle Sacre Scritture, sul pensiero di San Francesco di Assisi ed altri Santi e sulle encicliche dei precedenti Papi, nonché sulle pronunce di diverse Conferenze Episcopali), risulti da un lato poco rispettoso della stessa specificità culturale e teologica dell’Enciclica e dall’altro lato potenzialmente ambiguo verso gli ‘ecologisti laici e/o non credenti’, che (come me) potrebbero ritenere importante una linea di demarcazione rispetto a quella pretesa monopolistica sulla spiritualità, e preferire una collaborazione con i credenti anche molto intensa, ma fondata sulla chiarezza e non sulla confusione.

Inoltre riprendere il nome stesso dell’Enciclica per battezzare questo documento (laico) che estende l’attenzione su numerosi temi attigui al testo originale bergogliano, in assenza di un (improbabile) ‘imprimatur’ vaticano, rischia di coinvolgere impropriamente l’autorevolezza papale sulle libere elaborazioni dei promotori, e di non esplicitare invece gli sviluppi dialettici tra i due testi.
Ciò mi sembra particolarmente rilevante perché si può constatare che – al di là delle buone pratiche della Caritas e di altri benemerite espressioni operative del mondo cattolico in campo sociale e solidaristico – l’Enciclica sia caduta abbastanza nel vuoto tra i credenti, sia in termini di elaborazioni teoriche (o teologiche) ulteriori, sia soprattutto in termini di comportamenti quotidiani di massa.4

Quindi ben venga un rilancio delle tematiche ambientali richiamando l’Enciclica (e rammentandola ai credenti distratti), ma meglio se nella chiarezza, dando a Francesco (tutto e solo) ciò che è di Francesco.


ONNICOMPRENSIVITÀ ED AMBIGUITÀ DEL DOCUMENTO: SCALA E TIPO DI OBIETTIVI

Anche l’Enciclica di Papa Francesco, dopo un impegnativo percorso teorico e l’individuazione di obiettivi generali, si conclude anche – in appendice, a fianco ad una inedita preghiera formulata da Bergoglio - con un semplice decalogo di azioni concrete che ciascuno può compiere per contribuire alla salvezza della biosfera.
Nel Documento in esame questo tipo di raccomandazioni viene ripreso ed ampliato (confermando anche gli indirizzi del movimento Fridays For Future), e personalmente, ad esempio, apprezzo molto il paragrafo “Badare a se stessi” (ed evitare quindi di fruire del lavoro domestico servile), che però sta dentro al capitolo sul Lavoro.
Mentre – sempre ad esempio – nel pregevole capitolo su pace e disarmo (ma anche in quello sull’educazione anti-fascista) non vi è cenno all’importanza della pratica soggettiva della Nonviolenza, che figura solo come una delle fattispecie della “differenza femminile da valorizzare”.
Ho l’impressione infatti che manchi nel testo in esame una chiara distinzione tra i vari livelli degli obiettivi che i movimenti devono porsi, da quelli di comportamento soggettivo (paragrafo 9.2 sugli “stili di vita” e altro sparso come sopra accennato) a quelli di efficacia comunicativa (capitolo 13), dalle rivendicazioni istituzionali di breve periodo (esempio: la destinazione sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata)  alle soluzioni transitorie di medio termine (le varie declinazioni della riconversione ecologica della produzione).
E parimenti mi pare che si intreccino in modo un po’ confuso gli obiettivi di scala locale, quelli di scala nazionale (rivolti in particolare al caso italiano, come per esempio lo “ius soli”) e quelli di scala internazionale o globale.
Vi sono evidentemente dei nessi trasversali, anche complessi, tra tutti questi livelli e queste scale: ma forse dipanarli meglio consentirebbe di comprendere più a fondo sia i singoli elementi, sia le correlazioni. Così com’è il testo – suddiviso solo per “argomenti” - dà un po’ l’immagine di “affastellamento” (forse dovuta alla sua elaborazione collettiva).


FRAMMISTIONE TRA PRINCIPI ETICO-FILOSOFICI E RIVENDICAZIONI DETTAGLIATE

Lungo il percorso del testo, infatti, si affiancano dissertazioni sui principi etico-filosofici, talora ineccepibili (come al paragrafo 7.4 “le tre dimensioni del lavoro degno: soddisfare chi lo compie, mettere in relazione le persone, creare beni e servizi utili”), talaltra alquanto fumose, anche se suggestive, come il paragrafo 12.10 “Valorizzare il ‘luogo’, ponte tra locale e globale, tra campagna, città e periferia”, che verso la conclusione propone anche “Bisogna liberarli [i luoghi] dal vincolo della città come conservazione: il futuro delle periferie si scontra infatti con i ‘guardiani del centro’” (i quali spero non vadano identificati con Italia Nostra e gli altri benemeriti paladini della tutela dei caratteri storici della città).
Con una certa predilezione per concetti astratti come “il vivente” (dove io direi “la biosfera”), “il terrestre” “il locale”: ci viene però risparmiato “il comune”, ed anzi il paragrafo 9.11 sui “beni comuni” si configura con una impostazione concreta ed equilibrata, a fronte di altre diffuse retoriche in argomento.
Mi pare però che su tale livello teorico manchi una sintesi coerente e complessiva, se non in quanto affidata al magistero teologico di Papa Francesco, mentre il documento in esame alterna le affermazioni di principio con una gamma di rivendicazioni dettagliate, più o meno urgenti e/o fattibili, come la Tobin Tax, il superamento del PIL (ma non ci dice se va bene il BES – l’indice di Benessere Equo e Solidale, elaborato dall’ISTAT e già formalmente inserito nella Contabilità Nazionale, anche se in pratica nessuno se ne accorge), l’opposizione al Fiscal Compact ed ai grandi accordi commerciali inter-continentali.


OSCILLAZIONI TRA ESTREMISMO E RIFORMISMO

Sul terreno delle rivendicazioni istituzionali e delle ipotesi di transizione ad una diversa società, infine, mi pare di riscontrare una variabile oscillazione tra posizioni più concretamente riformiste ed altre esplicitamente estremiste.
Ad esempio si ipotizza il passaggio ad una siderurgia totalmente elettrica, ma senza accettare l’utilizzo del gas come fase intermedia verso le de-carbonizzazione (perché sarebbe veicolo strumentale della centralizzazione, contro l’autonomia decentrata caratteristica delle energie rinnovabili).
Si demonizza l’agricoltura 4.0 (“aziende agricole computerizzate, fornite di droni, GPS, tecnologie satellitari e digitali che impongono un’accelerazione impensabile allo smantellamento delle comunità rurali”), ma si auspica un (diverso?) trasferimento di tecnologie avanzate in favore delle piccole imprese agricole africane.
Si postula la cessazione del consumo di suolo (cui non posso che aderire), ma senza valutare se sia possibile estendere a breve termine tale obiettivo ai paesi che sono ancora in forte incremento demografico.
Si auspica una ridiscussione dei vincoli derivanti dal debito pubblico storicamente accumulato, ma si rifiuta per il futuro una politica di pareggio del bilancio (come se il rigore fosse possibile solo a carico dei ceti meno abbienti, e non rovesciabile sui più abbienti e finora evasori/elusori fiscali).
Nell’insieme, quindi, più che di un organico testo programmatico, mi sembra che si tratti, sotto questo aspetto, di una ricca traccia per una organica discussione, ancora da farsi, in vista della effettiva costruzione di un programma, sia come percorso di lotta, sia come orizzonte di transizione.

Fonti:
2.    POST  IN QUESTO BLOG: lenciclica-laudato-si-di-papa-bergoglio.html
4.    Fulvio Fagiani - A TRE ANNI DALL'ENCICLICA "LAUDATO, SI'" – su UTOPIA21 del maggio 2018 https://drive.google.com/file/d/11T3Ge_Vw6OTmj3_2qd60yxFUOMJOr_6d/view



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