mercoledì 22 gennaio 2020

UTOPIA21 - GENNAIO 2020: ORDINE E DISORDINE URBANO, A PARTIRE DA FRANCESCO INDOVINA




Una recensione impropria, che riassume brevemente il testo “Ordine e disordine nella città contemporanea” 1 e sviluppa piuttosto i pensieri indotti da questo testo, molto stimolante ma per l’appunto assai discutibile.

Sommario:
-     l’articolazione e i contenuti del testo (anche citando altrui recensioni)
- la dialettica tra ordine e disordine, alternativamente poli negativi o positivi, e la perorazione finale in difesa della pianificazione
-  mie critiche alla perorazione: poco coraggiosa, poco aggiornata (o fiduciosa), poco lungimirante
-    mie critiche puntuali a taluni elementi di analisi
-    sul florilegio di citazioni
   (in corsivo le parti più personali)

L’Autore del testo: Francesco Indovina (1933), giurista ed economista, già docente di Pianificazione Territoriale presso lo IUAV (Venezia) ed ancora docente ad Alghero, già direttore della rivista  "Archivio di studi urbani e regionali", con un passato politico dallo PSI allo PSIUP e poi al Manifesto

Per le illustrazioni, vedi l'articolo sul sito www.universauser.it

Il tema mi è sembrato assai stimolante, soprattutto per chi – come me – ha ricoperto il ruolo di funzionario pubblico, e quindi anche di sistematica applicazione delle norme (norme che in parte ha anche contribuito a definire), avendo alle spalle una giovinezza talora “rivoluzionaria”, e quindi in parte di critica e di violazione di alcune norme, ritenute ingiuste (propensione alla critica per altro sviluppata anche in età matura).


L’ARTICOLAZIONE E I CONTENUTI DEL TESTO (ANCHE CITANDO ALTRUI RECENSIONI)

Come ha scritto l’urbanista e accademica Patrizia Gabellini 2 “La formula scelta da Indovina è di scandire il discorso in tre parti e due intermezzi: la prima parte dedicata all'Ordine come concepito e perseguito dagli urbanisti nel tempo lungo; la seconda dedicata al Disordine come esito di processi socio-economici; la terza all'Azione, ovvero al modo di porsi dell'autore stesso di fronte al tema sollevato. I due intermezzi sono costituiti da altrettanti ‘florilegi’ (successioni di citazioni: 32 nel primo e 10 nel secondo florilegio), elegante modo per accostare liberamente ‘fiore’ a ‘fiore’ con grande libertà interpretativa (libertà dichiarata).”

Come ha meglio dettagliato il geografo (e politico) catalano Oriol Nel.lo 3 “Indovina sviluppa il suo saggio, come impongono i canoni della dialettica, in tre capitoli.
Dedica il primo alla volontà di ordine urbanistico e alle sue concretizzazioni nel corso della
storia della città contemporanea: da Ebenezer Howard e Le Corbusier all'urbanistica riformista italiana della fine del secolo scorso.
Il secondo capitolo, invece, si concentra sul disordine urbano, le sue cause e le sue conseguenze sulla funzionalità e l'equità della città.
L'epilogo costituisce invece la rivendicazione di una diversa urbanistica: ovvero quella che, senza rinunciare all'aspirazione di raggiungere forme di ordine urbano più giuste, efficienti e sostenibili, è consapevole dell'impossibilità (e dell'inopportunità) di cancellare i conflitti. Il superamento della contrapposizione tra ordine e disordine si deve dunque raggiungere, per Indovina, non con una chimerica imposizione assoluta di uno stato sull'altro, bensì mediante un costante governo delle trasformazioni economiche, sociali e urbane.”


LA DIALETTICA TRA ORDINE E DISORDINE, ALTERNATIVAMENTE POLI NEGATIVI O POSITIVI,  E LA PERORAZIONE FINALE IN DIFESA DELLA PIANIFICAZIONE

In diverse parti del testo, infatti, Indovina esplicita la complessa dialettica tra l’ordine ed il disordine (urbani),  esplicitando la possibilità che una condizione di ordine possa essere ingiusta (perché conserva i privilegi di alcuni, ad esempio nella distribuzione delle proprietà fondiarie) e opportunamente messa in crisi da nascenti spinte al disordine, e viceversa che sia invece il disordine a privilegiare interessi di parte a danno di un vigente ordine che tutela i più deboli (ad esempio una occupazione abusiva di uno spazio pubblico); evidenziando sempre le corrispondenze non univoche tra potere politico/potere economico/struttura sociale ed assetti urbani.

In particolare, nella trasformazione irrisolta tra “città moderna” e “città contemporanea”, Indovina vede la prima “caratterizzata da contrasti sociali ed economici … spesso piazza di conflitti…” come “un mix variegato e ricco, talvolta esplosivo”, mentre la seconda “con la sua rafforzata tendenza alla polarizzazione, accompagnata dalla frammentazione sociale …. appare costituita da strati sociali non comunicanti neanche conflittualmente …. determinando un contesto generale di insicurezza…”        

Ma nell’insieme l’Autore, pur esprimendo comprensione e simpatia per le “pratiche sociali”, legali e talvolta illegali, che rimettono in discussione i canoni consolidati e che caratterizzano la città come ambiente vitale e vivace, propone infine una apologia della pianificazione, pianificazione che però andrebbe emendata da talune distorsioni ed errori (al livello politico, a quello tecnico ed a quello amministrativo), e riproposta in modo adeguato per affrontare le problematiche della ”città contemporanea”, quali ad esempio l’adattamento climatico, l’immigrazione, la sicurezza, i divari generazionali, ecc. (riassumo i principali tra i 9 “temi emergenti” del capitolo 4 della 3^ parte).

(Il tutto comunque in un’ottica eurocentrica o addirittura “all'interno del perimetro della dimensione nazionale”, come osserva criticamente anche lo studioso e pianificatore ‘terzo-mondista’ Marcello Balbo 4, richiamando nella sua recensione le diverse tendenze delle città e delle megalopoli degli altri continenti).


MIE CRITICHE ALLA PERORAZIONE: POCO CORAGGIOSA, POCO AGGIORNATA (O FIDUCIOSA), POCO LUNGIMIRANTE

A parte le specifiche divergenze di analisi che mi permetterò di evidenziare nella seconda parte di questa recensione, la sommessa perorazione di Indovina in difesa della pianificazione, posizione che pure condivido nei suoi sommi capi, non mi convince essenzialmente per i seguenti motivi:

-       perché mi sembra poco coraggiosa, e non adeguata alle sfide che attendono l’umanità [A]: l’argomento del mutamento climatico ed ambientale è affrontato da Indovina solo a pag. 182 e seguenti (quasi alla fine del libro), e limitatamente ai problemi di adattamento degli organismi urbani ai possibili “eventi estremi”, mentre a mio avviso i rischi di estinzione delle condizioni di vita in larga parte del Pianeta,  connessi al cambio climatico, comportano un nuovo grande criterio di “ordine” nell’intero ciclo della gestione del territorio, in tutti gli aspetti produttivi ed insediativi della vita umana, in territori dove si fatica a distinguere tra “città” e “campagna”, con una necessaria ed inedita preponderanza del momento collettivo (eguaglianza e fraternità) rispetto al momento individuale (senza totalitarismi, alcune libertà andranno necessariamente compresse, a partire dalla “libertà di inquinare”);

-       Perché mi sembra poco aggiornata (o poco fiduciosa) su recenti elementi positivi della legislazione europea e nazionale, quali l’obbligo di sviluppare serie forme di partecipazione popolare nelle procedure di formazione di quasi tutte le forme di pianificazione paesaggistica, territoriale ed urbana  (nonché delle principali opere pubbliche) attraverso le Valutazioni Ambientali Strategiche e la Valutazioni di Impatto Ambientale (con le dovute “sintesi non-tecniche”).
Tale obbligo (spesso purtroppo ridotto a mero adempimento burocratico) non può colmare “d’ufficio” lo scollamento tra cittadini ed istituzioni, ma almeno vale la pena di provarci: con la necessaria umiltà con cui  il “sapere tecnico” ed il “potere politico” (ed il sotto-potere amministrativo), trovando nuove forme di comunicazione (argomento questo abbozzato correttamente anche da Indovina), devono  riguadagnare la necessaria credibilità presso “il popolo sovrano”; anche affinché cessi di essere un “popolo sovranista”, oscillante tra l’invettiva e la delega in bianco ai demagoghi ed agli aspiranti ”uomini forti”.

-       Perché mi sembra poco aperta ad innovazioni radicali (che coinvolgano i legislatori) in direzione di una maggior efficacia sociale ed ambientale della pianificazione (intesa come azione complessiva di enti locali opportunamente riformati) e al tempo stesso di una concentrazione degli sforzi sugli obiettivi prioritari (suolo, aria, acque, cibo, biodiversità, lavoro…..), monitorando i risultati parziali e mantenendo flessibili gli strumenti; l’Autore ci rammenta nel finale che la pianificazione “non può modificare la struttura sociale… non può evitare le discriminazioni e le sperequazioni prodotte dal sistema sociale”, e ciò è senz’altro vero per i tradizionali piani urbanistici [B] , ma mi sembra una moderata utopia ipotizzare che, per esempio, – pur nell’ambito del vigente sistema capitalistico – il potere locale (opportunamente potenziato) possa progettare, in tutt’uno, l’adeguamento della rete dei servizi scolastici sia come spazi fisici che come servizi alle famiglie, allocando le risorse necessarie per i bisogni formativi delle varie fasce di età e le varie componenti etniche e sociali di un territorio (a partire dalle ‘periferie’); analoghi esempi si possono ipotizzare integrando piani della mobilità con le politiche tariffarie e con la fiscalità sull’auto, oppure gli interventi sulle abitazioni sociali con le politiche attive per il lavoro (come per altro già si fa in alcune parti d’Europa e anche di Italia).


MIE CRITICHE PUNTUALI A TALUNI ELEMENTI DI ANALISI

Colgo inoltre pretesto dal libro di Indovina, per puntualizzare, in contradditorio, alcune sue valutazioni analitiche:

-       CITTA’ ANTICA: pur non essendo un vero e proprio trattato storico, il testo di Indovina introduce la dinamica tra “città moderna” e “città contemporanea” sullo sfondo di una introduzione storica, risalendo a Ippodamo [C] ed a Vitruvio, dando sostanzialmente per scontato che nella città “antica” le trasformazioni fossero molto lente e stazionarie: criterio che a mio avviso sottovaluta la enorme instabilità data innanzitutto da pestilenze, guerre, invasioni e saccheggi e poi di frequente comunque dalle componenti sociali: si pensi ai disordini ed anche agli “ordini” religiosi dal medioevo alle riforme protestanti; ma anche ad alcune fasi straordinarie di rapida innovazione urbana, come la Roma di Nerone e poi quella degli Imperatori Flavii.

-       ESEMPI DI “ORDINE”: le esemplificazioni su cui l’Autore si sofferma sono la  “addizione” di Ferrara Estense (Rossetti), la ricostruzione di Lisbona Illuminista (Pombal) e la ristrutturazione di Parigi Ottocentesca (Haussmann), che hanno in comune sia l’intervento su organismi urbani esistenti, sia la determinazione solo parziale delle forme architettoniche da realizzare, e quindi (opportunamente) assomigliano abbastanza ai compiti dell’urbanistica contemporanea, quasi sempre condizionata (anche in bene) dalle preesistenze e dalle permanenze. Ciò limita (forse utilmente) la riflessione alla perenne tensione tra un possibile ordine progettuale ed un certo disordine comunque preesistente; tale rassegna non contempla quindi, volutamente, i tentativi storici di impostazione di un “ordine urbano totale” (almeno fisico, e con la presunzione di domare le diversità della sottostante natura e quella della fluttuante società) che è invece tipico delle “città di fondazione”, di diverse epoche, talune delle quali sono state anche completate e  sono rimaste poi così invariate nei secoli successivi [D]. Casi limite che però potrebbero arricchire le verifiche sulle modalità dell’insorgere del “disordine”, sia nei modi di uso dei manufatti edilizi che nella loro trasformazione.


Figura 1 – la cittadina di Richelieu (1800 abitanti), Indre et Loire, Francia

-       STATICITA’ DELLA CAMPAGNA: parimenti, in antitesi all’effervescenza della città, dove molte scelte di uso del suolo sono sempre possibili, l’Autore enfatizza la staticità della campagna, dove le scelte colturali (e quindi anche quelle insediative) sono in gran parte determinate da oggettive condizioni geografiche e geo-pedologiche: mi sembra errato trascurare la continua mutevolezza del suolo agricolo, in quanto comunque “naturale”, e le interazioni, anche rapide, tra eventi atmosferici/evoluzioni colturali/andamenti di mercato/eventi socio-politici (si pensi alla varie carestie, alla peronospera ed alla fillossera, alla Peste Nera; a disboscamenti, bonifiche ed opere irrigue, ed ai fenomeni opposti; ma anche all’introduzione in Europa dei vegetali provenienti dall’Oriente, dal riso alla filiera della seta e dalle Americhe, dal pomodoro alla patata).

-       ORDINI ESPLICITI ED ORDINI IMPLICITI: mi pare che il testo si occupi soprattutto dell’ordine urbano in quanto definito dai Piani o comunque dagli ordinamenti, mentre sarebbe interessante allargare la riflessione anche a quel livello primario di regolazione della convivenza civile (e quindi anche edilizia ed urbana) che sta a monte delle norme formalizzate.
Penso agli “usi e consuetudini” interiorizzati dagli individui, fino ad un certo grado di sviluppo della complessità sociale, nell’ambito di società molto coese (ed anche repressive, anche se non necessariamente autoritarie), non solo primitive, ma anche ad esempio nei nostri territori montani, dai villaggi Walser ai masi Tirolesi. L’ordine “spontaneo” di cui tratta mirabilmente Gianfranco Caniggia(&C) 5, e che tende ad estinguersi con lo sviluppo della stessa auto-coscienza progettuale, con la divisione sociale del lavoro, ed in particolare con il mercato capitalistico.

Figura 2 – Abaco sui  modelli di formazione del tessuto urbano, da Caniggia&Maffei, “Lettura dell’edilizia di base”- 1979

Ritengo sia utile valutare se alla radice della società e dei suoi conflitti non vi sia solo il disordine spontaneo ed egoista, con la necessità di un ordine che si impone da sopra e “dall’esterno” (salvo la miracolosa ricomposizione spontanea nel mercato, in cui credono tuttora molti – troppi? - seguaci di Adam Smith), ma anche qualche traccia di un ordine intrinseco all’essere sociale dell’umanità: probabilmente diverso da luogo a luogo e da tempo in tempo (motivo per cui è oggi appare più facile fare urbanistica in Svizzera che non in Sicilia; ai tempi di Ippodamo forse era vero il contrario).

-       EMANCIPAZIONE INTERROTTA? – in una nota, ma senza sviluppare ulteriormente il concetto, Indovina riporta un importante affermazione di Rodotà sulla dialettica ordine/disordine nel campo del diritto e lungo l’evoluzione della società a partire dall’ “ancient régime”: “…la conquista del diritto di territori prima affidati unicamente alla regola religiosa o all’imperativo etico o alla conformità sociale o al dato naturalistico …. costituiva… una forma di liberazione da regole costrittive che, proprio perché imposte da entità astratte … non erano modificabili con un atto della volontà. La legge, invece, come opera consapevole dell’uomo, rimane nella sua disponibilità…”
Che rapporto c’è tra questa fiducia illuministica in una progressiva laicizzazione e razionalizzazione dell’Ordine Giuridico (e perciò sociale ed istituzionale) e la realtà odierna di crisi della democrazia e di disordine ‘non polarizzato’, che Indovina tratteggia (senza approfondirla) come connotato tipico della città contemporanea (e della difficoltà di governarla)?
Nel testo si trova qualche accenno a Zagrebelsky e ad Urbinati, ad altri autori stranieri e – un po’ malvolentieri – a Bauman, ma mi sembra manchi una adeguata trattazione di tale problematica di grande attualità (che nel nostro piccolo di Utopia21 abbiamo cercato di affrontare sotto l’impreciso nome di ‘populismo’).
Con il rischio di brancolare un po’ acciecati nel difficile scenario della contemporaneità.

-       MORTE DEL LAVORO – Nel descrivere la città contemporanea e le tendenze in atto, pur in un quadro dialettico riguardo alla trasformazione dalla città “moderna”, l’Autore mi sembra indulgere eccessivamente in favore dell’ipotesi della prossima estinzione del lavoro [E] “Il capitale finanziario non sembra aver bisogno di masse di operai da sfruttare, … ma soltanto di algoritmi intelligenti… Le produzioni materiali, che continuano ad esserci, non sono più significative rispetto all’intera valorizzazione del capitale…. La fabbrica senza operai è una prospettiva non più teorica….le città … non sono più la sede della grande concentrazione di lavoro e capitale (fatta eccezione di alcuni paesi, che diventano tendenzialmente i produttori mondiali)…”
A parte la condivisibile e pesante parentesi, che in realtà include gran parte del mondo (vedi sopra la critica di Balbo), mi permetterei di affermare che
a)    – anche per il domani – la produzione materiale resterà comunque passaggio determinante per la valorizzazione delle merci (ma anche di molti prodotti ‘immateriali’), perché senza di esse tali merci (e anche molti prodotti ‘immateriali’) nemmeno sussistono: i moderni operai, ridotti di numero e trasformati nella qualità (o nascosti nelle cantine del quarto mondo), più o meno pagati, restano necessari per produrre, far funzionare e manutenere tutte le macchine automatiche del nuovo capitalismo
b)    – almeno per l’oggi – non è vero che la produzione materiale è stata espulsa dalla città, ma solo dalle sue aree centrali o neo-centrali: prendendo ad esempio Milano (fenomeno urbano che a mio avviso non finisce al confine comunale con Bresso e con Cormano, ma spesso travalica il confine amministrativo della stessa “città metropolitana”), malgrado la globalizzazione ed il decentramento produttivo, la “città” continua a contenere rilevanti attività manifatturiere, anche se disperse nel territorio metropolitano, perché non esistono più le grandi fabbriche del Novecento, ma esiste ancora una miriade di piccole fabbriche.
Ho apprezzato invece la lettura pluralista che Indovina propone per i fenomeni di segregazione sociale, specifici della città contemporanea (pur con il dovuto richiamo a Saskia Sassens 6), e però differenziati da luogo a luogo, con la permanenza in Italia ed in Europa di una consistente libertà di movimento – ad esempio – dei giovani di diversi ceti sociali nelle aree centrali pedonalizzate (il fenomeno della movida), e conseguente promiscuità delle offerte di consumo (ad esempio a Milano il negozio a prezzi popolari di HM  a fianco della più esclusiva Rinascente); aree da cui però ovviamente i ceti subalterni rimangono esclusi quando si tratta del ‘dove abitare’.  


SUL FLORILEGIO DI CITAZIONI

Quanto ai florilegi di citazioni che – come giustamente rileva Nel.lo “offrono una panoramica particolarmente suggestiva che delizierà il lettore” – mi permetto però di osservare che – terminato il piacere letterario, e accettando (e forse apprezzando, perché li conosco) la prevalenza di autori italiani (come censurato invece da Balbo) – mi restano pesanti dubbi:
-       sulla rappresentatività dei testi estratti (ed ancor più dei riassunti che li precedono nel capitolo 3 della parte prima) rispetto al percorso culturale ed operativo di taluni autori: ad esempio (già ho detto nella nota B sugli “antichi maestri”, come Piccinato, Astengo e Bottoni):
o    Magnaghi appare inchiodato ad una visione molto utopistica della “federazione di villaggi”, non considerando sue elaborazioni più mature come “Il progetto locale” 7,8 del 2001 e 2011 (o più immature, come “La città fabbrica” 9) e quelle della più ampia “scuola territorialista”;
o   Benevolo viene evocato per una sua tarda visione meta-storica e non per ricordare le sue ferree convinzioni sulla indispensabile acquisizione preventiva alla mano pubblica dei suoli da trasformare, sulla operatività immediata dei piani generali e sul ruolo degli uffici di piano (ben ribaditi nel servizio commemorativo su “Urbanistica” n° 158 10);
o   analogamente risultano impoverite le proposte, invece sempre molto concrete, di Campos Venuti 8 (mentre è dato il giusto rilievo ed una adeguata esposizione soprattutto a De Carlo ed a Secchi, forse anche a Salzano);
-       sulla esclusione dei teorici che di recente più hanno focalizzato propriamente la questione del disordine della città contemporanea, da Stefano Boeri ad Arturo Lanzani, da Ennio Nonni al ‘Tactical Urbanism’ 8.

Per finire mi permetto di segnalare che – a dispetto del prestigio accademico dell’Autore, così come della casa editrice Franco Angeli – , nel testo ci si imbatte in numerosi refusi (in media uno per pagina) e che anche il controllo della forma espressiva non sempre risulta convincente: una freudiana rivincita del “disordine”?

Fonti:
1.        Francesco Indovina – ORDINE E DISORDINE NELLA CITTA’ CONTEMPORANEA – Franco Angeli, Milano 2017
2.        Patrizia Gabellini - UN NUOVO LESSICO PER UN NUOVO ORDINE URBANO - in “città-bene-comune”, ottobre 2018 - http://www.casadellacultura.it/806/un-nuovo-lessico-per-un-nuovo-ordine-urbano
3.        Oriol Nel.lo - DELL'ORDINE E DEL DISORDINE URBANO - in “città-bene-comune”, dicembre 2018 - http://www.casadellacultura.it/832/dell-ordine-e-del-disordine-urbano
4.        Marcello Balbo - DISORDINE? IL PROBLEMA È LA DISUGUAGLIANZA - in “città-bene-comune”, settembre 2018 - http://www.casadellacultura.it/779/disordine-il-problema-egrave-la-disuguaglianza
5.        Gianfranco Caniggia e Gian Luigi Maffei – LETTURA DELL’EDILIZIA DI BASE – Marsilio, Venezia 1979
6.        Saskia Sassens - LE CITTÀ NELL'ECONOMIA GLOBALE – Il Mulino, Bologna 2010
7.        Alberto Magnaghi - IL PROGETTO LOCALE: VERSO LA COSCIENZA DI LUOGO – Bollati Boringhieri – Milano 2010
8.        Aldo Vecchi - PROBLEMATICHE DELLA SOSTENIBILITA’, DAL FABBRICATO AL TERRITORIO (parte III) – Quaderno n° 5/2018 di “UTOPIA 21” –  https://www.universauser.it/i-quaderni/quaderno-5-sostenibilita-dal-fabbricato-al-territorio.html
9.        Alberto Magnaghi, Augusto Perelli, Riccardo Sarfatti, Cesare Stevan - LA CITTA' FABBRICA. CONTRIBUTI PER UN'ANALISI DI CLASSE DEL TERRITORIO - Clup, Milano 1970
10.     Autori Vari – RICORDANDO LEONARDO BENEVOLO – su “Urbanistica” n° 158, pubblicata nel novembre 2017


[A] Con riferimento al mio articolo di settembre  su Utopia21 “SUOLO, TERRITORIO, URBANISTICA: A CHE PUNTO E’ IL DIBATTITO” , in cui mi chiedevo tra l’altro in che direzione si muovesse l’Istituto Nazionale di Urbanistica dopo il Congresso di Riva del Garda, colgo l’occasione per segnalare l’intervista al nuovo presidente Talia su Urbanistica Informazioni n° 283, dove si confermano le buone intenzioni dell’Istituto, soprattutto riguardo al ruolo dell’INU e degli urbanisti, di certo sensibili ai problemi ambientali, ma non si coglie la necessità di una svolta nella gestione del territorio che sia all’altezza della complessiva sfida posta all’umanità dal cambio climatico, che la stessa umanità sta provocando

[B] Non intendo riesumare la fiducia quasi ingenua nell’urbanistica come soluzione di ogni problema (quale traspare nelle citazioni che Indovina estrae da Piccinato, Astengo e Bottoni; citazioni datate che pertanto non riflettono il pensiero più maturo di personaggi quali Astengo e Bottoni, che ho avuto l’onore di incontrare quando erano per l’appunto più che maturi), bensì rivendicare la possibilità che la pianificazione urbana e territoriale sia opportunamente integrata con altre importanti leve del potere pubblico in campo sociale ed economico.
[C] Non ricordavo che Aristotele, unica fonte storica specifica su Ippodamo da Mileto, usasse una prosa da ‘giornalista di colore’, segnalandoci del proto-urbanista la “folta zazzera e gli ornamenti costosi … la veste pesante … anche durante la stagione estiva…”
[D] Di città fondate ex-novo nella campagna è ricca non solo la storia antica, in particolare greca e romana, ma anche quella dell’ultimo millennio (città medioevali – tra cui Borgomanero, in cui per caso nacqui – , rinascimentali, barocche, illuministe; coloniali e post-coloniali, come le capitali Washington, Canberra, Brasilia, Chandigarth…; e poi le new-towns e le villes nouvelles, ecc.) Particolarmente interessanti alcuni insediamenti, più piccoli, che sono rimasti anche fisicamente  “cristallizzati”, quali – a mia memoria visuale –  i borghi sabaudi di Stupinigi e di Venaria, quelli sabaudi/devozionali di Vicoforte e di Oropa, la cittadina di Richelieu (voluta dall’omonimo cardinale e ministro, rimasta intatta tranne il suo stesso castello, radicalmente raso al suolo dalla Rivoluzione: un massimo del Disordine contro un massimo dell’Ordine) e le “cittadelle” militari progettate da Vauban, come quella di Besancon, tutte caratterizzate anche da rigorose simmetrie ortogonali.
[E] Sul tema dell’automazione e della estinzione/non estinzione del lavoro Utopia21 si è largamente occupata, da ultimo commentando il dialogo tra Maurizio Ferraris e Lelio Demichelis, ed in diversi interventi di Fulvio Fagiani

UTOPIA21 - GENNAIO 2020: LO STRABISMO DEL LEGISLATORE LOMBARDO SU SUOLO ED EDILIZIA




Commento della nuova Legge Regionale lombarda sulla “rigenerazione urbana” 1, che – nell’intento di risparmiare consumo di suolo - volge un occhio ai nuovi compiti dei comuni e un occhio di favore ai privati, sbocconcellando varie norme urbanistiche

Sommario:
-       premessa: la legge regionale (falsamente) salva-suolo del 2014 e la sua lentissima attuazione
-       la nuova legge regionale lombarda sulla rigenerazione urbana
-       i nuovi adempimenti comunali: ambiti di rigenerazione e censimento fabbricati dismessi e degradati
-       le innovazioni a-normative in favore dei privati: ampliamento automatico quasi generalizzato e cambio d’uso dei fabbricati rurali dismessi
-       usi temporanei liberalizzati
-       oneri di urbanizzazione e dintorni
-       il dibattito sulla nuova legge
APPENDICE: riassunto principali novità L. R. Lombardia n° 18/26nov19

per le illustrazioni, vedi l'articolo sul sito www.universauser.it 

PREMESSA: LA LEGGE REGIONALE (FALSAMENTE) SALVA-SUOLO DEL 2014 E LA SUA LENTISSIMA ATTUAZIONE

Nell’ambito dei miei articoli sul consumo di suolo 2 avevo brevemente affrontato anche la Legge Regionale Lombarda n° 31 del novembre 2014, specificamente finalizzata a contrastare il consumo di suolo, tra le prime in Italia, e però non  brillante per efficacia nei tempi brevi, perché differiva le necessarie riduzioni delle aree di espansione edilizia su suoli liberi, contenute nei vigenti piani Comunali, ad un lungo processo a cascata, attraverso l’aggiornamento del Piano Territoriale Regionale e poi dei P.T.C.P. Provinciali.
Vietando paradossalmente, nel frattempo, ogni variante in riduzione auto-promossa dai Comuni: norma vessatoria (e pro-consumo di suolo) finalmente cassata nel luglio 2019  dalla Corte Costituzionale, su ricorso del Comune di Brescia 3.

L’aggiornamento del P.T.R. disposto dalla Legge Lombarda n° 31/14 doveva essere approvato entro un anno: è stato invece approvato solo nell’aprile del 20194, con 3 anni e mezzo di ritardo, suscitando per altro scarsa eco informativa (intanto la Lombardia ha continuato a consumare suolo nella misura di circa 500.000 m2 annui).
Inoltre i suoi contenuti sono piuttosto blandi4 (tipo “state buoni, se potete” [1]), perché prevede di far correggere in ribasso le previsioni dei Piani comunali di Governo del Territorio – passando per le attese revisioni dei Piani territoriali Provinciali - solo nei casi di maggiore congestione (e contestuale maggior offerta di aree dismesse da riutilizzare), - come dalle  nostre parti per l’area Busto Arsizio/Gallarate/Malpensa – oppure dove le nuove costruzioni distruggerebbero potenziali corridoi ecologici – come è previsto per l’area tra il Verbano, il Lago di Varese ed il Campo dei Fiori, denominata “Conca dei Laghi di Varese” -.

 

Figura 1 – Estratto tav. 1 del P.T.R. revisionato:
DEFINIZIONE DEGLI AMBITI TERRITORIALI OMOGENEI
(ai fini delle riduzioni nel consumo di suolo)
quadrante Nord-Ovest comprendente la Provincia di Varese

LA NUOVA LEGGE REGIONALE LOMBARDA SULLA RIGENERAZIONE URBANA

A fronte di tale situazione, invece di accelerare e rafforzare le procedure “taglia-piani” di cui alla precedente Legge, la Regione Lombardia ha pensato di intervenire legislativamente (L.R. 18 del novembre 2019)1 con una serie di ulteriori massicce modifiche al Testo Unico sul Governo del Territorio (L.R. n° 12 del 2005), con alcuni aspetti positivi, di concretizzazione del ruolo comunale nei tentativi di recupero del patrimonio edilizio variamente degradato, e alcuni aspetti negativi, di dirompente “deregulation” in favore dei privati, intesa come scorciatoia per incentivare il riuso dei fabbricati esistenti e così indirettamente frenare gli interventi di costruzione sui suoli liberi (scoraggiati anche da un incremento degli oneri di urbanizzazione).

Per facilitare la lettura della nuova legge, superando la (necessaria) dispersione dei concetti nei vari commi modificati del “Testo Unico”, allego in APPENDICE un mio riassunto schematico, che evidenzia invece i due suddetti filoni (adempimenti comunali e facoltà per i privati), sui quali articolo i miei seguenti commenti, trattando poi a parte gli “usi temporanei” e la questione degli oneri di urbanizzazione.


I NUOVI ADEMPIMENTI COMUNALI: AMBITI DI RIGENERAZIONE E CENSIMENTO FABBRICATI DISMESSI E DEGRADATI

In raccordo con la “Carta del Consumo di suolo”, già prevista dalla L.R. 31/14 al momento dell’adeguamento dei Piani comunali alle nuove direttive (limitative) di P.T.R. e P.T.C.P., i Comuni devono provvedere comunque entro il giugno 2020 alla individuazione degli “ambiti di rigenerazione urbana” (nei cui confini saranno consentiti anche “usi temporanei” in difformità dalle previsioni di Piano) e soprattutto al censimento degli immobili in diversi modi inutilizzati (non però anche delle singole unità immobiliari, come invece richiede “Salviamo-il-Paesaggio”)2: l’inclusione degli immobili nel censimento comporta la dichiarazione di pubblico interesse al recupero di aree e fabbricati.

Tale dichiarazione costituisce una importante innovazione giuridica, di cui sarà interessante seguire l’evoluzione in sede giudiziaria/amministrativa, vista le debolezza dei precedenti tentativi di imporre il risanamento edilizio, fondati sui soli Regolamenti Edilizi, e quindi sul concetto del “decoro urbano”, come ad esempio da parte del Comune di Milano.[2]
Però i procedimenti conseguenti che tale enunciazione innesca nella stessa legge regionale n° 18/19 contemplano un eventuale intervento pubblico, sostitutivo dell’inerzia dei proprietari, solo 5 anni dopo la notifica iniziale da parte del Comune; una durata teorica, perché occorrerà verificare le lentezze burocratiche degli stessi Comuni (e di eventuali amministratori locali timorosi e frenanti), nonché le probabili interruzioni per ricorsi e cavilli.

Per il resto, in realtà, non si va molto oltre le “buone pratiche” che i comuni più virtuosi hanno già sperimentato all’interno dei Piani di Governo del Territorio; con il vantaggio però di imporne una applicazione generalizzata a tutti i Comuni Lombardi; ed anche se in taluni casi ciò avverrà “obtorto collo”, si può supporre che comunque si determinerà una crescita culturale, di attenzione e di dibattito sui temi concreti del recupero edilizio (e della più ambiziosa rigenerazione urbana), sia tra gli amministratori ed i tecnici comunali, sia tra i professionisti operanti nel settore (ed infine tra la popolazione); nonché un contesto favorevole per l’intervento di comitati di volonterosi, con qualche supporto normativo in più.

Un’altra norma particolare, di difficile applicazione, ma di indubbio interesse ai fini del controllo sul consumo di suolo, è la possibilità di traslare tra Comuni diversi sia diritti volumetrici che altre partite compensative (esempio incasso e spesa di oneri di urbanizzazione), avviando una sorta di perequazione territoriale, che permetterebbe di ammortizzare su una scala geografica più vasta l’impatto di nuovi impianti (più per la logistica che non per la produzione ed il commercio, guardando all’attuale dinamica insediativa), collocandoli auspicabilmente su aree dismesse da recuperare, e però riequilibrando i costi ed i benefici tra più comuni interessati (la mappa dei confini comunali ha profonde ragioni storiche, ma è spesso superata dai flussi effettivi della vita contemporanea, sia che riguardino il movimento delle persone che quello delle merci e degli interessi economici).


LE INNOVAZIONI A-NORMATIVE IN FAVORE DEI PRIVATI: AMPLIAMENTO AUTOMATICO QUASI GENERALIZZATO E CAMBIO D’USO DEI FABBRICATI RURALI DISMESSI

A prescindere dalle nuove incombenze pianificatorie affidate ai comuni in materia di recupero edilizio e di rigenerazione urbana, con la nuova legge sarà possibile conseguire un ampiamento fino al 20% della superficie edificabile (già definita dai paini comunali) per ogni fabbricato esistente, alla sola condizione di introdurre una qualche miglioria (non si capisce se estesa almeno all’intero fabbricato), in una ampia gamma di aspetti normativi e funzionali, che vanno dai più ambiziosi (edilizia sociale, sicurezza statica/sismica/idrogeologica, miglioramento reti ecologiche/piste ciclabili/ecc.) ai più banali o convenienti, vuoi perché comunque già obbligatori per legge (bonifiche di siti inquinati, eliminazione di barriere architettoniche, “invarianza idraulica” nella gestione delle acque piovane, smaltimento differenziato dei rifiuti edilizi) vuoi perché già in sé premianti per le proprietà (come la chiusura di porticati anche a fini energetici).

Particolarmente preoccupanti mi sembrano due fattori:
-       la possibilità per il privato di applicare anche una sola tra tutte queste possibili migliorie (anziché tutte quelle ragionevolmente possibili, oppure quota parte con un possibile sistema di punteggi);
-       la contestuale deroga “.. all’altezza massima … alle norme quantitative, morfologiche, sulle tipologie di intervento, sulle distanze … fatte salve” SOLO “le norme statali e quelle sui requisiti igienico-sanitari.”: il che indica, da parte della Regione, un profondo disprezzo per le elaborazioni normative che i Comuni lombardi si sono dati negli ultimi 15 anni, innovando con i Piani di Governo del Territorio tutta la pianificazione comunale in coerenza a precisi indirizzi della Regione stessa, ed in particolare sulla qualità dei tessuti edilizi esistenti, attraverso i “Piani delle Regole” [3]; tale deroga si estende potenzialmente ai Piani sovracomunali vincolanti (es. Piani dei Parchi), non mi è chiaro con quale grado di libertà nel deliberare (obbligatoriamente) sulle singole richieste da parte degli Enti gestori.

Tali ampiamenti “a chiamata” non si cumulano ad eventuali analoghe (e forse più intelligenti) norme premiali già vigenti nei singoli Comuni.

La logica di questi ampliamenti a pioggia è simile – anche dal punto di vista elettoralistico – a quella dei “Piani-Casa” dei governi Berlusconi; ed a mio avviso simile rischia di esserne l’efficacia: come gli incentivi di Berlusconi non hanno influito più di tanto sul fabbisogno arretrato di case (a cominciare dai non-proprietari), così temo che gli incentivi lombardi non spegneranno più di tanto il consumo di suolo (se nel frattempo non si tagliano seriamente le aree edificabili).

Solo per effetto di un emendamento promosso dal Partito Democratico (che è collocato all’opposizione rispetto alla Giunta di Centrodestra), tale facoltà di ampiamento potrà essere limitata e modulata dai singoli Comuni, sulla scorta di futuri criteri definiti dalla Giunta Regionale.

Analoga genesi ha avuto un altro importante emendamento, che ha ristretto ai soli fabbricati rurali già abbandonati da tre anni PRIMA della nuova legge la possibilità di cambiarne l’uso, sempre ampliandoli fino al 20% (sia pure nel rispetto delle tipologie architettoniche e del contesto agricolo), con esclusione delle sole destinazioni industriali e commerciali (di media e grande distribuzione).
Cosicché in quasi tutta la Lombardia numerosi cascinali potranno diventare complessi residenziali o turistici, con annesse attività artigianali e commerciali “di vicinato” (cioè fino a 150 m2 di superficie di vendita), semplicemente per iniziativa dei proprietari, senza alcun vaglio preventivo della pianificazione, né comunale né territoriale, e senza alcuna considerazione sulle possibilità residue di riutilizzo rurale nel quadro di una diversa politica relativa alle risorse agricole.
Mi sembra una risposta rozza e indiscriminata ad un problema effettivo e rilevante, che è quello dell’abbandono delle campagne e del degrado di molti cascinali, anche di pregio storico, architettonico e paesaggistico.
Inoltre con l’accoglimento dell’emendamento del P.D. (che così scongiura il temibile effetto incentivante della nuova legge nell’accelerare ulteriori dismissioni di fabbricati rurali), l’articolo è divenuto una sorta di “norma transitoria” e lascia scoperta per il futuro una specifica gestione del problema, salvo affidarla alla possibile saggezza di quegli stessi Piani Comunali, che la Regione ha appena sconfessato.

Nell’insieme le due innovazioni liberiste suddette (benché mitigate dagli emendamenti proposti dal P.D.), unite alle seguenti su usi temporanei ed oneri di urbanizzazione, configurano a mio avviso una netta svolta “centralista” (nel senso di centralismo regionale) contro le autonomie locali ed in spregio dell’ampia retorica localistica ed identitaria che aveva accompagnato la genesi della Legge n° 12 del 2005 per il ”Governo del Territorio”.

USI TEMPORANEI LIBERALIZZATI

Piuttosto innovativa, ma controvertibile, mi sembra invece la norma sugli “usi temporanei” di fabbricati dismessi, che diverranno possibili, dentro gli “ambiti di rigenerazione” ed in attesa di più definitivi recuperi e trasformazioni, per una durata massima di 5 anni, in deroga alle destinazioni d’uso prescritte dai Piani Comunali e senza versamento di oneri di urbanizzazione né cessione di aree ad uso pubblico.
Tale inedito regime normativo (che può essere opportuno per prevenire ulteriori abbandoni e degradi e per soddisfare nel contempo fabbisogni urgenti o temporanei), si applica infatti indifferentemente sia per iniziative socio-culturali, che per iniziative “economiche”: a mio avviso in questo secondo caso è del tutto contradditoria la gratuità “a prescindere” in materia di oneri di urbanizzazione così come di dotazione di spazi pubblici di servizio (questi ultimi potrebbero coerentemente essere assoggettati solo temporaneamente ai necessari usi pubblici).
E’ da notare che le attività comunque escluse, riguardo agli “usi temporanei”, oltre a “sale giochi, sale scommesse e sale bingo” sono solo le “attrezzature religiose” (leggi in primis “moschee”), mentre non si vieterebbero, come principio generale, né il Commercio di Media e Grande Distribuzione, né la Logistica, né la Produzione Industriale (nemmeno se “nociva e molesta”).


ONERI DI URBANIZZAZIONE E DINTORNI

Come già avviato in parte con la precedente L.R. 31/2014, la Regione decide d’autorità una sforbiciata di sconti su tutti gli “oneri concessori” dovuti per gli interventi di recupero e di ampliamento dei fabbricati esistenti, con una contestuale super-tassazione per gli interventi di nuova costruzione su aree libere.
Sembrerebbe un giusto principio (pur considerando che gli oneri di urbanizzazione, e connessi, previgenti per gli interventi sui fabbricati esistenti erano già ridotti, anche in considerazione di un minor fabbisogno – almeno teorico – di servizi, sia in rete che puntuali, nei tessuti edilizi consolidati); ma imposto così ai Comuni, senza possibilità di manovre di aggiustamento locali, rischia di creare gravi frane nei bilanci comunali, nonché ulteriori sperequazioni tra i diversi Comuni.
Infatti il giusto freno, variamente in atto, al consumo di suolo, rende e renderà molto raro un bilanciamento tra i suddetti sconti e la suddetta supertassazione; mentre l’attuazione effettiva della “rigenerazione urbane” comporterà, almeno in alcuni casi, costi elevati anche nella rigenerazione delle dotazioni pubbliche, a partire dalle reti dei servizi nel sottosuolo, fognature in primis, ed a finire con i “nuovi bisogni” che maturano nella nostra società matura (assistenza agli anziani e alle famiglie, formazione permanente, spazi sani di aggregazione  giovanile).
La Regione avrebbe potuto limitarsi ad affermare il principio di un nuovo punto di equilibrio, affidando ai comuni la quantificazione di sconti e super-tassazione; oppure por mano al portafoglio e finanziare i potenziali deficit urbanizzativi dei comuni più rigeneranti (che saranno invece solo ammessi ad una sorta di ‘concorso tra virtuosi’, ma con premi poco più che simbolici).


IL DIBATTITO SULLA NUOVA LEGGE

Il confronto in Consiglio Regionale ha trovato scarsa eco tra i media generalisti, solo un poco per l’opposizione collaborativa del P.D. [4] (vedi sopra gli emendamenti accolti sugli sbreghi normativi più pesanti)  e poco di più per le parallele proteste del Comune di Milano, che senza i suddetti emendamenti si sarebbe trovato pesantemente manomesso il PGT appena approvato.
In coerenza con la dichiarazione dell’Assessore Regionale Foroni 5 "Si tratta di una regola molto terra terra [SIC] che sarà in grado da subito di dare una svolta decisiva alla lotta contro il consumo di suolo; lo farà in maniera sostenibile, in modo da salvaguardare anche le esigenze degli operatori del settore edilizio”, gli operatori stessi hanno mostrato un intenso gradimento. L’associazione dei Promotori Immobiliare ASPESI, ad esempio, ha dichiarato 6: “È un problema dilagante e complicato da risolvere quello delle occupazioni abusive dei cosiddetti ‘vuoti’, con conseguenze non tollerabili per la sicurezza dei luoghi e dei cittadini. L'arma migliore che hanno le istituzioni, è quindi quella della “prevenzione”. Gli edifici restano spesso vuoti per colpa della burocrazia che complica ed ostacola gli interventi rigenerativi dei privati, portandoli a desistere.[5]

Tra i pochi critici, oltre al gruppo consiliare P.D., ho trovato un gruppetto di intellettuali, tra cui Ugo Targetti su “Arcipelago Milano“ 7, che giustamente segnala tra l’altro l’irrazionalità degli incrementi volumetrici (e degli sconti di oneri) generalizzati a fronte di un territorio molto differenziato, che va dalle aree pregiate ormai in corso di rigenerazione nelle grandi città (ad esempio via Savona a Milano), già dense di volumi e ricche di rendita fondiaria, alle ultime fonderie sperdute nelle valli, con elevati costi di bonifica e scarse fortune di mercato, anche se assistite dai suddetti incentivi regionali. Osserva inoltre Targetti: “L’incremento volumetrico è uno strumento obsoleto, ovvero adatto a condizioni di mercato pre-crisi 2008. Spesso le volumetrie esistenti sono sovrabbondanti, ovvero eccessive per progetti di qualità ed eccessive in relazione alla domanda di mercato. In altri contesti potrebbe invece essere utile un incremento più consistente.”
Targetti (urbanista, già assessore alla pianificazione della Provincia di Milano, già consulente della stessa Regione nella fase di avvio della revisione del PTR in base alla LR 31/14) indica anche alcune possibili alternative:
-       “Dare ai comuni non solo il compito di pianificare gli ambiti di rigenerazione, ma anche di individuare le priorità di intervento e di decidere gli incentivi o le contropartite in considerazione delle diversissime condizioni urbanistiche e di mercato.
-       Sostenere e finanziare le proposte comunali che rispondono alle priorità indicate dalla Regione.
-       Stabilire le priorità a scala territoriale (per esempio: grandi aree dismesse da bonificare; vaste periferie socialmente problematiche; paesaggi destrutturati dalle infrastrutture e ambienti ecologicamente compromessi, ecc).
-       Affidare alle Province, alla Città Metropolitana di Milano e alla Regione stessa la pianificazione territoriale degli ‘Areali di rigenerazione’ e sostenere finanziariamente i programmi di intervento a grande scala, considerati prioritari.”

Commentando Targetti (che censura anche i buchi che si determineranno nei bilanci comunali con la manovra centralista sugli oneri), l’urbanista e docente Sergio Brenna7 sottolinea anche i deficit che gli incrementi volumetrici generalizzati, avulsi dai Piani Comunali, comporteranno nel calcolo e nella disponibilità delle aree a standard per spazi pubblici; interessanti anche i commenti di Mocchi e di Sacerdoti 7.


APPENDICE:

RIASSUNTO PRINCIPALI NOVITA’ L. R. LOMBARDIA n° 18/26nov19 “RIGENERAZIONE URBANA” ECC.
(in rosso nel testo il richiamo agli articoli così modificati della LR 12/2005 integrata da tutte le successive)
PARTE PRIMA: ADEMPIMENTI COMUNALI (comuni tra 2.000 e 20.000 abitanti)

v  Entro 6 mesi da LR 18 (->giugno 2020)
Delibera  Consiliare: INDIVIDUAZIONE DEGLI AMBITI DI RIGENERAZIONE (art. 8 bis)
Ø  programmatica/dichiarativa
Ø  senza variazione contenuti PGT
Ø  previa consultazione pubblica e degli eventuali operatori interessati
Ø  consente “usi temporanei” (vedi pag. seguente)
Ø  può dare priorità nei finanziamenti regionali

v  Entro 6 mesi da LR 18 (->giugno 2020), e poi annualmente
Delibera  Consiliare: INDIVIDUAZIONE IMMOBILI DISMESSI DA >5 ANNI, CON CRITICITA’ VARIE (art. 40 bis)
COSTITUISCE DICHIARAZIONE DI PUBBLICO INTERESSE AL RECUPERO
¨       Esclusi: edifici abusivi, aree con vincolo di inedificabilità, incompatibilità paesaggistica
Ø  in mancanza della Delibera, dopo giugno 2020, i proprietari possono asseverare dismissione (>5 anni) e criticità, con effetti analoghi
Ø  la Delibera va notificata ai proprietari (che hanno 30 giorni per controdedurre)
Ø  dalla Notifica decorrono 3 anni per obbligo ai proprietari di avviare istanze di recupero (in vari modi) (per edifici di enti pubblici: progetto di recupero oppure avvio della cessione del bene)
Ø  l’avvio del progetto di recupero entro i termini conferisce
§  incremento volumetrico del 20% (più 5% per maggior aree verdi/ecc., anche in altri lotti)
§  esonero da maggiori cessioni di aree a standard
§  deroga alle normative comunali su  distanze, tipologie ecc.
§  congelamento diritto di ricostruire per 10 anni, se si demolisce
Ø  l’inottemperanza fa perdere i premi e fa scattare ingiunzione comunale a progettare recupero entro 4-12 mesi
Ø  l’ulteriore inottemperanza fa scattare ingiunzione comunale per ripristino o demolizione (conservando edificabilità) entro 1 anno
Ø  l’ulteriore inottemperanza fa scattare il provvedimento comunale di esecuzione in danno (nota: circa 5 anni dopo la Delibera)

v  senza precisa scadenza, ma obbligatoria in caso di
·         variante del Documento di Piano
·         altra variante del PGT con nuovo consumo di suolo
·         avvio di interventi (anche pubblici) che consumino suolo
Ø  INTEGRAZIONE DEL PGT CON “CARTA DEL CONSUMO DI SUOLO” (art. 10)
Ø  CON RICOGNIZIONE DI:
§  superfici agricole, a vario titolo
§  aree dismesse, contaminate, degradate, inutilizzate sottoutilizzate
§  lotti liberi
§  progetti di recupero in corso


v  da subito (e in parte a seguito di prossime delibere della Giunta regionale,
PRENDERE ATTO DEI NUOVI SCONTI (ATTORNO AL 50%)  DEFINITI DALLA LEGGE REGIONALE PER GLI ONERI DI URBANIZZAZIONE E CONNESSI (CUC) (art. 43)
Ø  in tutti gli interventi di rigenerazione, recupero, ricostruzione, ampliamenti “incentivati”, cambi d’uso,
Ø  a fronte di aumenti dal 20 al 50% per gli interventi che comportino consumo di suolo


PARTE SECONDA: FACOLTA’ COMUNQUE ATTRIBUITE AI PRIVATI (parrebbe da subito…)

v  DEROGA AI PIANI COMUNALI E SOVRACOMUNALI “PER PUBBLICO INTERESSE” NEL RECUPERO CON CAMBIO D’USO DEI FABBRICATI RURALI DISMESSI (art. 40 ter)
(con oneri concessori comunque ridotti al 50%)
Ø  All’entrata in vigore della legge
Ø  Decorsi 3 anni di dismissione (rilevata dal Comune nel PGT oppure con perizia asseverata)
§  Esclusi: edifici abusivi, aree con vincolo di inedificabilità
§  Nel rispetto di: architettura e paesaggio rurale, attività agricole circostanti
Ø  Specifiche Delibere Consiliari (non si capisce con quale autonomia rispetto all’istanza privata), definiscono:
§  Tipi di intervento (esclusa “nuova costruzione”)
§  Quantità (incremento max 20%)
§  Nuovi usi (esclusi comunque industria e commercio di Media e Grande Distribuzione)
§  Eventuali aree a standard
§  Criteri di compatibilità con il contesto agricolo
(Analogamente Delibera l’Ente che gestisce piani Sovracomunali, ove operanti e da derogare)

v  INCREMENTO PREMIALE DEL 20%
(E DEROGHE AL PIANO DELLE REGOLE ECC. RIGUARDO AD ALTEZZE, DISTANZE, TIPOLOGIE)
PER TUTTI GLI INTERVENTI SUI FABBRICATI ESISTENTI (art. 11)
A CONDIZIONE CHE, ANCHE PER UNO SOLO DEI SEGUENTI ASPETTI:
Ø  Apportino migliorie in materia di sicurezza, ambiente, abitazioni sociali, beni culturali, ecc.
Ø  Applichino le norme vigenti in materia di invarianza idraulica, bonifica, barriere architettoniche
Ø  Demoliscano fabbricati incongrui
Ø  Chiudano porticati a scopo energetico
Ø  Tali incrementi non si cumulano a quelli analoghi già eventualmente previsti dai Piani delle Regole
(I COMUNI POTRANNO MODULARE TALI INCREMENTI, FINO AL 20%, CON CRITERI CHE DEFINIRA’ LA GIUNTA REGIONALE E LIMITARE ALCUNE DEROGHE PER MOTIVI PAESAGGISTICI O DI INCONGRUENZA CON I CRITERI DI RIGENERAZIONE)
(GLI ENTI GESTORI DEI PIANI SOVRACOMUNALI VINCOLANTI DOVRANNO/POTRANNO DELIBERARE DEROGHE SUI SINGOLI CASI)

v  USI TEMPORANEI (MAX 3-5 ANNI) DI EDIFICI DISMESSI, INUTILIZZATI O SOTTOUTILIZZATI
PER “INIZIATIVE ECONOMICHE, SOCIALI E CULTURALI” (art. 51 bis)
(escluse chiese e soprattutto moschee, sale gioco, ecc. )
IN DEROGA ALLE DESTINAZIONI DI PGT, SENZA ONERI NE’ AREE A STANDARD


Fonti:
1.    Regione Lombardia – TESTO DELLA LEGGE REGIONALE N° 18/26 novembre 2019 “ Misure di semplificazione e incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, nonché per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e ad altre leggi regionali” - http://normelombardia.consiglio.regione.lombardia.it/NormeLombardia/Accessibile/main.aspx?exp_coll=lr002019112900019&view=showdoc&iddoc=lr002019112900019&selnode=lr002019112900019
2.    Aldo Vecchi – IL CONSUMO DI SUOLO – su UTOPIA21, Quaderno n° 3/2018 https://www.universauser.it/i-quaderni/quaderno-3-il-consumo-di-suolo.html
3.    Aldo Vecchi  - SUOLO, TERRITORIO, URBANISTICA:
4.    A CHE PUNTO E’ IL DIBATTITO – su UTOPIA21, settembre 2019 - https://drive.google.com/file/d/15enKUiIWQQh5U1HunRunKLEthHV1dP_g/view.
5.    Regione Lombardia – INTEGRAZIONE DEL PIANO TERRITORIALE REGIONALE AI SENSI DELLA L.R. N. 31 DEL 2014 PER LA RIDUZIONE DEL CONSUMO DI SUOLO – Marzo 2019 https://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/DettaglioRedazionale/servizi-e-informazioni/enti-e-operatori/territorio/pianificazione-regionale/consumo-di-suolo-integrazione-ptr-lr-31-2014
6.    Regione lombardia – comunicato con dichiarazioni del Presidente Fontana e dell’Assessore Moroni sulla L.R. 18/2019 https://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/lombardia-notizie/DettaglioNews/2019/11-novembre/25-30/rigenerazione-urbana-fontana-foroni
7.    ASPESI, Associazione Nazionale tra le Società di Promozione e Sviluppo Immobiliare – comunicato sulla L.R. 18/2019 http://www.aspesi-associazione.it/news.asp?idn=35252
8.    Ugo Targetti - LA RIGENERAZIONE URBANA NON PUÒ ESSERE SOLO UN “MOOD” – (in appendice anche i commenti di Brenna, Mocchi e Sacerdoti) https://www.arcipelagomilano.org/archives/author/ugo-targetti





[1] Come soleva dire (san) Filippo Neri, fondatore degli Oratori
[2] Il Comune di Milano sta ora provando, nel nuovo Piano di Governo del Territorio recentemente approvato, ad applicare, attraverso il ‘Piano delle Regole’, una norma (a mio avviso coraggiosa, ma di non scontata legittimità) che rende di ‘pubblica utilità’ gli interventi di recupero edilizio su immobili dismessi da due anni, e ne obbliga l’attuazione (in alternativa alla demolizione)  in tempi più stretti di quelli previsti dalla legge regionale in esame, minacciando penalità volumetriche sulle possibili ricostruzioni in loco o traslate.
[3] Art. 10 Legge regionale n° 12/2005 “Il piano delle regole definisce … le caratteristiche fisico-morfologiche che connotano l’esistente, da rispettare in caso di eventuali interventi integrativi o sostitutivi, nonché le modalità di intervento, anche mediante pianificazione attuativa o permesso di costruire convenzionato, nel rispetto dell’impianto urbano esistente…”
E la circolare attuativa “MODALITÀ PER LA PIANIFICAZIONE COMUNALE” precisa tra l’altro: ”il Piano delle Regole deve disciplinare gli interventi di nuova costruzione, ristrutturazione e sostituzione attraverso parametri di tipo quantitativo, morfologico, funzionale, prestazionale. Tali parametri possono essere definiti per singolo lotto per ambiti più ampi, individuati per prevalenti caratteristiche tipologiche o funzionali.
Attraverso i suddetti elementi il Piano delle Regole:
• disciplina l’assetto morfologico per parti di tessuto urbano che risultano omogenei per caratteristiche funzionali, insediative, ambientali e di paesaggio urbano;
• definisce norme differenziate in relazione alla diversità degli edifici e dei luoghi (posizionamento dell’edificio nel lotto, del rapporto tra costruito e spazi liberi);
• definisce parametri quantitativi in termini di volume o superficie lorda di pavimento espressi in indici o in valori assoluti; il rapporto di copertura e le altezze massime e minime che possono essere espresse in assoluto o in rapporto ad altre grandezze, quali la larghezza della strada, la distanza da altri edifici, il soleggiamento, ecc.; …..
…..• prescrive i parametri qualitativo-prestazionali riguardanti in particolare materiali, tecnologie, elementi costruttivi, ecc., per assicurare la qualità degli interventi in rapporto alla efficienza energetica, alla riduzione dell'inquinamento, al risparmio di risorse naturali, al miglior inserimento nel contesto.
[4] astenuto invece il MoVimento 5Stelle, che probabilmente sta facendo prove pratiche di sparizione.
[5] Mi sono permesso di sottolineare l’ultima frase perché a mio avviso, e comunque per certo a mia esperienza,  contrasta con la realtà dell’universo dismesso, ove invece dilagano fallimenti (e stati pre-fallimentari), liti ereditarie,  aspettative di rendita, operazioni speculative e aggiustamenti contabili nei bilanci societari.