Nei
giorni in cui usciva il numero di maggio di UTOPIA21, con il mio articolo sul
confronto interno agli urbanisti1, sono usciti due importanti
documenti, da parte dell’INU e del CNAPPC (e poi un numero di Urbanistica
Informazioni), esplicitamente riferiti alle problematiche aperte dalla Pandemia
Coronavirus, che suggeriscono un aggiornamento della mia rassegna, da
completare anche con la partecipazione di alcune archistar (di nuovo Stefano
Boeri e Massimiliano Fuksas) agli “Stati Generali dell’Economia”, promossi a
fine giugno dal Governo Conte.
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Il Manifesto del
Consiglio Nazionale Architetti P.P.C.
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Il testo dell’INU e
l’avvio del confronto
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Le “archistar” agli
Stati Generali dell’Economia
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Il numero 287-288 di
Urbanistica Informazioni
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qualche altra riflessione finale, ma sempre provvisoria
IL MANIFESTO DEL
CONSIGLIO NAZIONALE ARCHITETTI P.P.C.
Inizio
con il CNAPPC (Consiglio Nazionale degli Ordini degli Architetti,
Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori), che non è nuovo a dimostrare
sensibilità civica ed ambientale (forse al di sopra della media degli ordini
professionali che rappresenta e dei relativi iscritti[A], per lo più architetti di
formazione tradizionale), e che ha avviato – per concluderla nel prossimo
autunno - una ampia consultazione pubblica tra i professionisti aderenti,
aperta con una “maratona notturna” in streaming tra il 23 ed il 24 maggio (di
cui non si ha ancora un resoconto sintetico) e con la pubblicazione di un
incisivo “Manifesto”, in 10 punti, che di seguito richiamo in breve, invitando
alla lettura integrale del testo2, che è snello e leggibile[B] (molto più che nella consuetudine
un po’ “fuffologica” della categoria):
-
Adesione
agli obiettivi mondiali dell’ONU per l’ambiente al 2030 (SDG) e dell’Unione
Europe al 2050, per città compatte, vivibili e resilienti e nel rispetto degli
habitat naturali;
-
Adeguamento
di città e territori al cambio climatico;
-
Rigenerazione
urbana attraverso progettazioni organiche;
-
Attenzione
alle “aree interne”, contro l’abbandono e il degrado;
-
Riordino
dell’intera filiera delle costruzioni, anche in termini culturali e formativi,
verso una “edilizia circolare”;
-
Aggiornamento
dei Piani urbani e territoriali, nell’ottica del “PNACC” (vedi nota B);
-
Semplificazione
normativa per Urbanistica, Appalti ed Edilizia;
-
Diffusione
dei concorsi per incarichi professionali, secondo lo schema in 2 fasi, di cui
la seconda operativa;
-
Formazione
multi-disciplinare (e “verde”) dei progettisti;
-
Rafforzamento
della Pubblica Amministrazione per una più chiara ed efficiente gestione dei
rapporti Pubblico/Privato.
IL TESTO DELL’INU E
L’AVVIO DEL CONFRONTO
Anche
l’Istituto Nazionale di Urbanistica ha lanciato una consultazione sul proprio
sito (ed attraverso un Blog curato da
Simone Ombuen), premettendo la pubblicazione di un Documento3, più
sfaccettato di quello del CNAPPC, che assume come premessa l’ipotesi dei
massicci investimenti pubblici, in discussione a livello europeo (e la cui necessità, a prescindere dalla
Pandemia sopravvenuta non era a mio avviso ben inquadrata in precedenza –
tranne eccezioni – preferendo l’INU concentrarsi sugli aspetti di metodo).
Il
testo dell’INU paventa un rilancio dell’economia attraverso fondi a pioggia che
confermino il pre-vigente assetto consumista (e consumatore di suolo) ed
auspica invece una piena partecipazione dell’Italia al Green Deal Europeo, ma
attraverso una “regia pubblica integrata” che valorizzi la articolazione
territoriale[C]
(aree metropolitane/città medie/aree interne) e tenga insieme i vari ambiti
tematici della rigenerazione urbana e territoriale (reti ”verdi e blu” e reti
infrastrutturali; suolo pubblico e dotazioni di servizi, urbani ed
eco-sistemici; housing sociale ed eco-quartieri, diritti di cittadinanza e accessibilità;
imprese innovative e green economy).
Il
documento indica come priorità la generalizzazione della rete in fibra ottica
nel territorio nazionale e la formazione di un grande centro di calcolo
nazionale e poi conferma il ‘catalogo delle buone pratiche’ in materia di
ecologia (ciclo organico delle acque, esondazoni controllate, “invarianza
idraulica” degli interventi edilizi e “de-sigillazione” dei suoli; aree verdi
urbane e bio-diversità; adeguamento edilizio orientato alla sicurezza degli
insediamenti ed al risparmio energetico, con la formazione di “distretti
energetici urbani”) e di trasporti (mobilità dolce, trasporto pubblico su
ferro, restauro della viabilità secondaria), con alcuni dettagli operativi,
quali la “illuminazione pubblica a LED” e “l’allungamento delle banchine” per
le fermate di tram e treni.
Infine
le indicazioni strumentali del documento INU, per conseguire i suddetti
obiettivi, che includono la semplificazione normativa, la immissione di nuovi
tecnici qualificati nella Pubblica Amministrazione e la formazione di apposite
“Agenzie” locali per elaborare i piani strategici (soprattutto nelle aree di
crisi).
Sul
sito dell’INU compaiono inoltre alcuni contributi al dibattito, tra cui:
-
un
intervento di Giuseppe De Luca4 (docente a Firenze e già segretario
generale dell’INU, ora responsabile di INU-Edizioni) che – oltre ad auspicare
una revisione “carbon free” di tutti i livelli di pianificazione – propone di
generalizzare una riorganizzazione della viabilità urbana (secondo un modello che chiamerei “Barcellona”) con la maggior
parte dei percorsi a carreggiate ristrette (in favore di nuove alberature ecc.)
e limitate a 30 Km/h max per tutte le utenze, senza bisogno quindi di
dispendiose ciclabili (e immediati benefici per emissioni atmosferiche, acque e
micro-clima) e di fluidificare verso servizi a chiamata il Trasporto Pubblico
Locale di capillarità[D]
-
un
intervista5 al presidente Michele Talia da parte di Francesco Sbetti
(direttore di Urbanistica Informazioni) in cui, oltre a presentare e
puntualizzare il documento ufficiale dell’INU (e a rivendicare la
“spazializzazione” degli interventi di ripresa economica – vedi nota C), si
avanza come argomento da approfondire la domanda di “rarefazione” della città
che in qualche modo emerge dalla Pandemia e dal conseguente rifiuto e timore
degli “assembramenti” (in contrapposizione alla confermata necessità di
contenere il “consumo di suolo”).
LE “ARCHISTAR” AGLI
STATI GENERALI DELL’ECONOMIA
Tale
argomento cruciale (città compatta/città diffusa) era stato sfiorato – come
riferivo nel mio articolo di maggio – anche dalle “archistar” Stefano Boeri
(gemellaggio metropoli/borghi smart; uso rarefatto della città, con più bici e
meno auto; modifica dei grattacieli, a partire da atri-scale-ascensori) e
Massimiliano Fuksas (con una équipe interdisciplinare: nuove case popolari con
nuovi standard abitativi, cellule “resilienti” e spazi per il lavoro a
distanza; presidi sanitari diffusi e adeguamento dell’impiantistica).
Proprio
questi due esponenti della cultura architettonica sono stati invitati dal
Governo agli Stati Generali, nella giornata dedicata alla Cultura e alla
Società Civile; mentre dal web non risulta quanto Fuksas abbia integrato il suo
contributo rispetto alle posizioni già rese note, Stefano Boeri (anche in
qualità di Presidente della Triennale) ha ulteriormente specificato le sue
proposte, con articolazioni concrete, anche su ulteriori aspetti quali le modalità
della forestazione urbana (al suolo e sugli edifici), l’apertura delle scuole alla
comunità circostante (vedi esempi a Torino), la facilitazione degli spettacoli
dal vivo6.
IL NUMERO 287-288 DI
URBANISTICA INFORMAZIONI
Sia
la questione densità/rarefazione, che l’insieme delle problematiche urbane e
territoriali (ma anche sociologiche e architettoniche, sanitarie e
trasportistiche), vengono affrontate con sistematicità in gran parte del numero
di Urbanistica Informazioni uscito all’inizio di luglio7, con
interventi preliminari ancora di Sbetti e Talia (vedi sopra) e di Marco Bussone (sulle
difficoltà e opportunità del reinsediamento nell’Italia “interna” dei borghi
appenninici ed alpini), seguiti da una rassegna curata da Gabriele Pasqui, che
-
premette
alcune sagge considerazioni: tra catastrofisti e sostenitori del pieno ritorno
al “come eravamo” è presto per fare
previsioni, anche considerando i tempi lunghi delle trasformazioni fisiche
degli insediamenti; non è presto invece per operare comunque in favore della
correzione delle precedenti storture, cercando di indirizzare al meglio gli
interventi di riorganizzazione degli spazi e dei tempi e gli investimenti
auspicati, lungo “…tre grandi temi …:
riconversione ecologica e resilienza; manutenzione dei territori fragili;
ri-territorializzazione del welfare.”
-
introduce
ai contributi specialistici e di approfondimento degli altri Autori, tra cui il
sociologo Lorenzo Migliorati (la Pandemia come accentuazione della “società del
rischio” già individuata da Bauman, BecK & C:; ma anche come occasione per
‘riguadagnare’ il “diritto allo spazio” ed il “diritto al tempo”), l’architetto
Camillo Magni (“l’eredità più evidente che l’esperienza del Covid-19 regalerà
alle nostre case è un nuovo modo di considerare il comfort e la privacy”), i
trasportisti Paolo Beria e Andrea Debernardi (che confrontano i possibili
scenari di mutamento della domanda e dell’offerta nei movimenti a breve ed a
lungo raggio – ma anche delle tendenze insediative - partendo da una
riflessione sugli effetti delle precedenti crisi ‘economiche’ sui flussi di
traffico), ed altri colleghi urbanisti[E] sulle variabili spaziali e
temporali, ecologiche e salutistiche, nella risposta alla Pandemia.
Molto interessante, a
mio avviso, in
una successiva sezione della rivista, l’articolo di Stefano Salata che – oltre
a riportare le conclusioni di una ricerca di Becchetti e altri sulla
correlazione tra contagiosità del Covid19 ed esposizione alle polveri sottili –
presenta una sua ricerca in merito alle possibili correlazioni – su base
provinciale, in Italia – tra la diffusione del Virus (considerando il numero di
contagiati ogni 100.000 abitanti [F]) e diversi indicatori
ambientali, quali le polveri sottili ed il consumo di suolo, riscontrando una
sovrapposizione tra il 50% ed il 60% (ovvero circa metà delle provincie più
colpite dalla pandemia sono anche tra quelle con peggiore qualità dell’aria e
maggior consumo di suolo): il che non costituisce prova di causalità, ma
indizio sufficiente per ulteriori approfondimenti.
QUALCHE ALTRA RIFLESSIONE FINALE, MA SEMPRE PROVVISORIA
In fondo al precedente
articolo mi ero permesso di esprimere qualche mia valutazione sulle
contradditorie tendenze sollecitate dalla Pandemia (sulla mobilità pubblica e
privata; sulla fuga verso i “borghi”; sulle nuove tipologie residenziali): il
dubbio sollevato dal Presidente dell’INU sulla “rarefazione urbana” mi
suggerisce alcune ulteriori riflessioni analitiche (rafforzate dai contributi
raccolti di Urbanistica Informazioni).
In questa fase di
contenimento del contagio (in Europa, mentre dilaga in altri continenti), di
timore di nuove ondate virali e di attesa di un possibile vaccino, appare
difficile definire precisi scenari; anche se nella pratica i rispettivi
orizzonti sfumano e si intrecciano, a mio avviso occorre distinguere, almeno
concettualmente, previsioni e proposizioni “tattiche”, relative a questa fase
intermedia di permanenza della Pandemia, ed invece previsioni e proposizioni
“strategiche”, riferite ad un probabile periodo dopo il vaccino, in cui però il
Coronavirus avrà lasciato il segno, sia per i danni diretti ed indiretti (e per
le nuove abitudini consolidate), sia per una (auspicabile) attenzione a
prevenire altre diverse epidemie.
Nella “fase intermedia”
le necessità di “rarefazione” sono consistenti e abbastanza ben definite e
consistono in un utilizzo meno denso di una serie di servizi, pubblici
(trasporti, scuole, sanità, uffici, parchi, teatri, musei) e privati (negozi,
bar, ristoranti e locali per spettacoli, agenzie varie), in parte “facilitato”
dal lavoro a distanza negli altri settori economici e dal calo della stessa
domanda, ed in parte da risolvere con un aumento dell’offerta di mezzi e di spazi,
per lo più mediante strutture provvisorie (dalle tende del Pronto Soccorso alle
tramezze od ai prefabbricati per nuove aule, dall’ampliamento dei dehors all’utilizzo
di veicoli), oppure con il riutilizzo di spazi aperti e di fabbricati dismessi.
Nel contempo mi pare
che per le funzioni residenziali e produttive, e per gli spazi stradali,
l’emergenza e la post-emergenza comportino soprattutto diverse modalità di
regolazione nell’uso dei medesimi spazi (salvo la tragica condizione di chi un
casa non ce l’ha, e se addirittura vive per strada, vede ancor più peggiorare
la sua condizione): con il possibile manifestarsi di fenomeni di
ri-localizzazione, sia residenziale che produttiva, soprattutto in relazione ai
contraccolpi economici della Pandemia (imprese che non ripartono, che riducono
l’attività, che chiudono più o meno definitivamente).
Per l’auspicabile fase
“post-vaccino”, invece, mentre il ritorno ad un pieno utilizzo degli spazi
ante-Pandemia sarà probabilmente limitato sia dal risultato cumulativo della
crisi economica innescata dal virus, sia dal consolidarsi parziale di alcuni
assetti organizzativi, come il lavoro a distanza (e la didattica a distanza,
almeno per le Università) - il che a sua volta potrà indurre effetti depressivi,
ad esempio, sulle attività urbane di ristorazione e commercio - , non vedo
francamente una connessione diretta tra il timore di nuove epidemie e la
densità urbana, perché una seria politica di prevenzione penso che passi
soprattutto dalla efficienza e flessibilità dei servizi sanitari e di quelli di
protezione civile (confinamenti, approvvigionamenti, sostegno ai diversi
bisogni), servizi che – anche nella recenti drammatiche esperienze – non mi
pare abbiano funzionato peggio a Milano che non a Codogno (semmai il
contrario).
Se nel frattempo la
città – più o meno compatta – riesce a divenire più salubre, con più verde e
bio-diversità e meno auto e parcheggi, con più servizi efficienti ed appositi
piani di mitigazione dei rischi atmosferici, con uffici ed abitazioni meno
energivori, la miglior salute media dei cittadini potrà aiutare ad affrontare
in forze anche l’eventuale affacciarsi di altre epidemie: meglio ancora se politiche
inclusive eviteranno la formazione di ghetti urbani o sub-urbani e
l’emarginazione di persone senza-tetto lungo i marciapiedi ed i porticati.
Fonti:
1.
Aldo Vecchi - DOVE STA(VA) ANDANDO IL DIBATTITO
TRA GLI URBANISTI ITALIANI – su UTOPIA21, maggio 2020 LINK
3.
I.N.U. - http://www.inu.it/leggi/11432/post-covid-le-proposte-dell-inu-per-il-rilancio-del-paese.html
4.
I.N.U. –
L’EMERGENZA PER RIPENSARE L’URBANISTICA. LE PROPOSTE DEL PRESIDENTE DI
INU EDIZIONI - http://www.inu.it/leggi/11572/chi-siamo.html
5.
I.N.U. – a cura di Francesco Sbetti - COME SARÀ
LA CITTÀ DOPO IL COVID-19? VIDEOINTERVISTA A MICHELE TALIA - http://www.inu.it/leggi/11590/documenti.html
6.
https://www.teknoring.com/news/riqualificazione-urbana/stati-generali-delleconomia-5-proposte-boeri/
7.
Urbanistica Informazioni n° 287-288
“settembre-dicembre 2019 – diffusa nel luglio 2020
[A] Una concreta misura locale della
diffusa disattenzione tra gli iscritti all’Ordine APPC di Varese rispetto ai
contenuti socio-ambientali si è constatata purtroppo alla iniziative del
Festival dell’Utopia, anche nelle serate con tematiche più strettamente
disciplinari e persino nelle occasioni organizzate insieme allo stesso Ordine e
utilizzabili come “crediti” per gli obblighi formativi dei professionisti.
[B] Tranne in un passo, dove auspica
l’attuazione del PNACC (Piano Nazionale di Adeguamento al Cambio Climatico),
senza esplicitare l’acronimo e senza rammentare tempi, modi e contenuti di tale
Piano: resta un’impressione un po’ esoterica, dove “al CNAPPC piace il PNACC”…
[C] Nella parallela intervista di Francesco
Sbetti al presidente Michele Talia, quest’ultimo evidenzia come tale
“territorializzazione” sia mancata sia nelle ultime fasi delle politiche
meridionaliste, sia nella gestione dei fondi strutturali europei, con la
conseguenza di una scarsa efficienza della spesa complessiva per investimenti e
di una concentrazione di fatto delle risorse e dello sviluppo nelle sole aree
metropolitane; e lamenta anche, come paradigmatica, l’assenza di figure esperte
in materie territoriali nelle varie “task forces” allestite recentemente dal Governo
[D]
Vedi l’intervento di Aldo Ciocia
al festival dell’Utopia 2019
[E]
Arcidiacono, Brambilla, Capolongo, Lupatelli, Galuzzi, Mareggi, Rebecchi,
Pogliani, Vitillo
[F] Già
il passaggio dal dato assoluto dei “positivi al virus” al dato ragguagliato
alla popolazione segnala alcune sorprese, perché tra le prime 12 provincie più
colpite figurano ad esempio anche Aosta, Alessandria e Trento, raramente
entrate nelle cronache nazionali, mentre Milano e Torino figurano oltre il 20°
posto (precedute da Sondrio e dal Verbano-Cusio-Ossola). Analoga attenzione al
dato pro-capite è stata meritoriamente sviluppata quotidianamente, nella fase
acuta dell’epidemia, dall’architetto Jimmy Pasin per i comuni del varesotto,
sulla pagina FaceBook “Malpensa City”.
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