Anche in vista del PNRR, nuove semplificazioni, tra l’audace ed il problematico; ed ogni volta con qualche favore in più ai soliti noti. La questione europea (e generale) del subappalto.
Sommario:
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abbreviazione di
termini e concentrazione di poteri
-
appalti: ogni volta che
si semplifica, un ulteriore rialzo delle soglie per affidamenti senza gara
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ulteriori
semplificazioni, che però non semplificano
-
sub-appalto: un buco
nero a scala europea
ABBREVIAZIONE DI
TERMINI E CONCENTRAZIONE DI POTERI
2019,
2020, 2021: governo giallo-verde, giallo-rosso, unitario nazionale.
Ad
ogni governo una tornata di semplificazioni, che comportano per il commentatore
il rischio di ripetersi 1,2 .
Tuttavia,
anche in funzione della attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
e delle preoccupazioni per il rispetto dei tempi imposti dall’Europa, questa
volta - decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 3 - ci sono anche novità
sostanziali, oltre alla attesa “governance” del PNRR[1] ed alle consuete
abbreviazioni di termini temporali (qualcuna assai ragionevole, con la
sovrapposizione in parallelo di alcune procedure di consultazioni e pareri);
tra queste soprattutto la creazione di Commissioni Centralizzate, a livello
nazionale, per l’esercizio delle principali funzioni di controllo sui progetti
(al di sopra di una certa soglia di spesa e relativi al PNRR, nonché al
Programma Complementare ed al PNIEC, piano nazionale integrato su energia e
clima):
-
una
Sovrintendenza Nazionale, per i pareri sui vincoli paesaggistici, archeologici
e storico-artistici
-
una
Commissione per le Valutazioni di Impatto Ambientale (V.I.A.).
Se
non saranno intese come una sorta di “Tribunale Speciale per la Preventiva
Assoluzione da Ogni Colpa”, ma saranno effettivamente finalizzate alla
uniformità interpretativa, ritengo però che rischieranno di costituire dei
“colli di bottiglia” di dubbia efficacia (ai fini dello snellimento temporale)
a fronte del probabile accumulo di istanze troppo numerose (soprattutto nella
fase centrale del PNRR, per le opere da ultimare nel 2026) e della necessità di
avvalersi comunque delle competenze delle articolazioni locali dei Ministeri
(es. singole Sovrintendenze) e delle Regioni per compiere istruttorie adeguate
sulle specificità territoriali dei vari progetti.
ULTERIORI
SEMPLIFICAZIONI, CHE PERO’ NON SEMPLIFICANO
Come
già i decreti di semplificazione del 2019 e del 2020 erano intervenuti in
materia di edilizia privata con nuove complicazioni nelle definizioni di
“ristrutturazione”, il Decreto-Legge in esame torna sulle procedure per il
conseguimento del cosiddetto “ecobonus 110%”, con l’intenzione di introdurre
alcune semplificazioni: la più attesa era quella sulla “attestazione dello
stato legittimo” delle costruzioni preesistenti (da riqualificare sotto il
profilo energetico ecc.), volta ad evitare di erogare contributi pubblici su
fabbricati illegittimi o difformi da quanto a suo tempo autorizzato.
I
nuovi interventi sono ora possibili con semplice “comunicazione di inizio
lavori”, asseverata da un tecnico che se ne assume le responsabilità, e non
dovranno documentare la suddetta conformità, che però è comunque richiesta (giustamente) dalla previgente
legislazione, e quindi dovrà essere implicitamente verificata.
Un
effettiva facilitazione dovrebbe comportare una sorta di nuovo “condono
edilizio”, che finora non è stato esplicitamente sdoganato: anche se forse (ma
è solo un sospetto) la nuova formulazione della norma “ammicca” (per i furbi e
un po' spregiudicati, oppure pregiudicati...) a quanto non si ha il coraggio di
deliberare.
APPALTI: OGNI VOLTA CHE
SI SEMPLIFICA, UN ULTERIORE RIALZO DELLE SOGLIE PER AFFIDAMENTI SENZA GARA
All’ombra
di queste modifiche procedurali di vasto respiro (ed a fianco di altre
accelerazioni riguardanti l’energia ed il digitale), anche in questo Decreto
Semplificazioni non poteva mancare però l’ennesimo innalzamento delle soglie
economiche per l’affidamento diretto senza gara a singoli soggetti di incarichi
professionali e di appalti per lavori e per servizi, a valere universalmente, a
prescindere dal PNRR/PC/PNIEC.
|
Fino al 2019 |
Semplificazioni 2020 |
Semplificazioni 2021 |
Lavori |
40.000 € |
150.000 € |
150.000 € |
Servizi
e incarichi professionali |
40.000 € |
75.000 € |
139.000 € |
Tabella e grafico 1: l’irresistibile ascesa delle soglie
per l’affidamento diretto degli appalti
Per
comprendere la portata – a mio avviso
devastante – di tale cambiamento, riporto di seguito una tabella
dell’Autorità Nazionale Anti-Corruzione, che evidenzia il numero e l’importo dei contratti tra 40.000 e 150.000
€, nei settori ordinari e “speciali” (gas, energia termica, elettricità, acqua,
trasporti, ecc.)
Tabella 2: contratti pubblici per fascia di importo: numero
e importo complessivo, percentuali di incidenza (1° quadrimestre del 2019 e del
2020)
In
particolare, per quanto riguarda le gare di progettazione, riporto quanto segue
dal bollettino periodico dell’OICE (società di ingegneria aderenti a Confindustria),
evidenziando in neretto l’elevata incidenza, fino ad ora, delle gare :
“…
Il confronto nel numero delle gare tra il primo quadrimestre del 2021 e del
2020 per le gare di piccolo importo, riunite nella classe "sotto i 100.000 euro", mostra un incremento del 7,4%, nel 2020 in questa classe era raccolto il
64,8% dei bandi pubblicati, nel 2021 la percentuale è al 55,1%. La classe “da 100.000 a 200.000 euro”
sale del 93,7% e rispetto al numero totale dei bandi pubblicati, la percentuale
passa dal 13,9% nel 2020 al 21,8% nel
2021. …”
Mi sembra doveroso
perciò ripetere - aggravato dalle suddette elevazioni quantitative - il
commento da me espresso già nel 2019 e nel 2020 1,2:
“…oltre al contenuto…
di maggiore discrezionalità, attribuita formalmente a funzionari responsabili,
dispersi in una miriade di Enti …, ma spesso di fatto ai politici locali
(quando non direttamente ai Sindaci e Assessori dei piccoli Comuni, che possono
assumere ruoli operativi) …, l’estensione degli affidamenti diretti può alimentare
una ‘palestra clientelare’, dove a farsi le ossa, accumulando curricula e
fatturati da esibire poi nelle gare ‘sopra-soglia’, sono principalmente le
imprese degli ‘amici degli assessori’, a danno dei concorrenti sprovvisti delle
opportune amicizie.”
Inoltre mi preme
sottolineare la poderosa accelerazione specifica per gli appalti di servizi,
che includono gli incarichi professionali, per evidenziare come un singolo
professionista possa essere scelto discrezionalmente per progettare (oppure
dirigere i lavori) anche per opere di assoluta rilevanza, cioè di importo
superiore ad 1 milione di € (e di collaudarli anche oltre la soglia ‘europea’
di circa 5.000.000 di €).
Rammento in proposito
anche il commento di Raffaele Cantone1 sulle semplificazioni del 2019,
quando da 40.000 a 150.000 € permaneva comunque necessaria una comparazione di
3 offerte “---la
previsione di una soglia abbastanza alta (150mila euro) entro la quale adottare
una procedura molto semplificata (richiesta di soli tre preventivi) aumenta
certamente il rischio di scelte arbitrarie, se non di fatti corruttivi”.
Ed anche: “alcune opzioni
---paiono troppo attente all’idea del ‘fare’ piuttosto che a quella del ‘far
bene’”.
Non so poi cosa possa
concretamente significare il richiamo rituale, in fondo all’articolo sulle
nuove soglie di affidamento diretto, ai principi di cui all’art. 30 del Codice
dei Contratti: economicità, efficacia, tempestività e correttezza.
Quale economicità, se
non si provvede nemmeno a comparare 3 offerte (oppure a costituire un elenco
permanente di soggetti incaricabili)?
Quale correttezza, se
non vi è obbligo di rendere previamente pubblico l’imminente affidamento?
Quale efficacia, se non
per il tornaconto degli affidatari?
Mi pare che resti solo
la tempestività….
SUB-APPALTO: UN BUCO
NERO A SCALA EUROPEA
Grazie
ad una pronta reazione della CGIL (più che delle altre sigle sindacali), ed
anche del Partito Democratico, rispetto alle bozze preliminari del
Decreto-legge “semplificazioni 2020”, l’allargamento delle maglie sulla
normativa del subappalto è stato limitato ad un innalzamento del limite di
subappalto dal 40% al 50% (era il 30% fino alle semplificazioni del 2019, che
però avevano anche rimosso l’obbligo della comunicazione preventiva dei
nominativi, obbligo che tuttora permane rimosso, con gravi conseguenze [2]).
Però
tale residua limitazione è prevista solo fino al 2023, perché dopo tale data il
Governo riterrebbe necessario allinearsi pienamente alla normativa europea
degli appalti, che lascia discrezionale il sub-appalto, tendenzialmente fino al
100% dell’importo dei lavori.
L’allineamento
diverrebbe obbligato per effetto di una Sentenza della Corte di Giustizia
Europea del 2019, che però potrebbe non escludere altri correttivi, come vigenti
in altri paesi europei[3].
Mi pare che in materia
occorra una riflessione più complessiva.
La partecipazione alle
gare di appalto è aperta a soggetti che abbiano idonee qualificazioni
tecnico-economiche (non interessa qui approfondire tali requisiti né le
modalità di attestazione); tali soggetti, oltre alle singole imprese, possono
essere consorzi stabili oppure associazioni temporanee tra imprese; inoltre ad
una singola impresa (o consorzio o associazione) è anche consentito – ai fini
della qualificazione e quindi dell’ammissione alla gara di appalto – di
“avvalersi” dei requisiti di altri soggetti con cui abbiano stabilito uno
specifico accordo.
Quanto sopra mi pare
offra un grande ventaglio di opportunità per presentare valide offerte di gara
sia alle grandi che alla piccole imprese, trovandosi a inizio gara nella
possibilità di realizzare i lavori (o i servizi) per cui intendono candidarsi,
con una adeguata organizzazione, anche associando più imprese con diverse
competenze.
Si può altresì
convenire che nella fase di realizzazione del contratto insorgano imprevisti
che suggeriscano all’impresa appaltatrice la necessità o la convenienza di
utilizzare le risorse tecniche ed umane di altre imprese, subappaltando una
parte delle prestazioni.
Ma la possibilità
“europea” di subappaltare sempre e comunque fino al 100% dei contratti finisce
per svuotare il ruolo effettivamente produttivo delle aziende, in favore di una
logica speculativa che da un lato può portare a partecipare a raffica a gare
oltre le capacità operative proprie (rendendo le gare simili a lotterie) e
d’altro lato a moltiplicare un mercato parallelo di reciproci subappalti (chi
vince spesso fa il subappaltante, chi perde spesso fa il subappaltatore) in cui
gli aspetti casuali e la spregiudicatezza finanziaria prevalgono sulla
effettiva competizione tecnologica e organizzativa.
Con i probabili
corollari di infiltrazioni mafiose (non solo nel Sud Italia e non solo in
Italia!) e di una insufficiente crescita del “capitale umano” nelle singole
imprese, che solo un organico stabile può assicurare, con riflessi sulla
qualità delle prestazioni, sulla sicurezza dei cantieri e sulla gratificazione
soggettiva dei lavoratori.
Si può intuire inoltre
come una organizzazione operativa già complessa, come in generale è quella dei
cantieri, renda ancor più difficili i controlli (ordinari: direzione dei lavori
e responsabili per la sicurezza, collaudo in corso
d’opera; straordinari, come le ispezioni di vari Enti ed eventualmente di
magistratura e Polizia Giudiziaria) qualora la programmazione degli interventi
di diverse imprese sia più volte alterata dal subentrare di nuovi
subappaltatori.
Andando più in
profondità nella questione, la facoltà di subappalto - se diventa senza limiti
- porta all’estremo una concezione della ”libertà di impresa”, dove la libertà
è tutto, e l’impresa rischia di essere nulla (ad esempio un guscio vuoto che
per vincere gare sfrutta nobili tradizioni, accumuli di qualificazioni,
capacità di raccontarsi nelle offerte, e forse anche buone entrature negli
ambienti giusti); mentre la concorrenza, di cui dovrebbe avvantaggiarsi il
committente pubblico, e che dovrebbe esercitarsi in termini di capacità
organizzative e tecnologiche, finisce per avvantaggiare invece le imprese
“capofila” (od altri meri intermediari) e di maturare soprattutto nella
compressione dei salari e dei diritti dei lavoratori lungo la filiera dei
subappalti (quanto meno perché a dipendenti con contratti stabili e probabili
maggiori livelli di qualifica ed anzianità si sostituiscono indirettamente
dipendenti con contratti precari; ma naturalmente c’è anche di peggio…).
In questa corsa al
subappalto selvaggio e globale ed alla concorrenza molecolare di micro-imprese
(che mette a nudo in realtà lo sfruttamento della concorrenza tra lavoratori,
in contrapposizione alla solidarietà sindacale), la precarietà del lavoro
emerge come elemento costitutivo del liberismo economico.
E se per quanto
riguarda l’esecuzione di opere pubbliche il ricorso all’appalto appare
giustificato nell’ottica del buon governo della spesa pubblica, perché il
flusso dei lavori non può essere costante per giustificare forme di esecuzione
diretta da parte delle pubbliche amministrazioni, nel campo dei servizi, che
invece spesso sono caratterizzati da flussi costanti (si pensi ad istruzione,
assistenza, sanità), l’esternalizzazione si rivela di frequente come un mero
espediente per comprimere i costi, che in ultima analisi sono per lo più i
“costi del lavoro”: in tali settori ancor più ingiustificabile moralmente mi
sembra quindi introdurre piena libertà di sub-appalto.
A mio avviso, un
orientamento in generale favorevole all’unificazione europea non può
significare l’acquiescenza ai peggiori eccessi dell’”ordoliberalismo” e della
mitologia della libertà di impresa: se in alcuni campi un singolo paese è
socialmente più avanzato, la miglior forma di europeismo è una battaglia,
culturale e politica, affinché una Europa sociale faccia tesoro di tali
avanzamenti.
Parimenti penso ad
esempio per il divieto di discriminazioni nei licenziamenti individuali, che in
Italia era simbolizzato – al di là delle specifiche disposizioni – dall’art. 18
dello Statuto dei lavoratori, eroso ed abbattuto dai governi Monti e Renzi,
anche “in nome dell’Europa” [4].
Fonti:
1.
Aldo
Vecchi - INDOVINA CHI VERRA’ AVVANTAGGIATO DAL DECRETO “SBLOCCA-CANTIERI” – su
UTOPIA21, luglio 2019 - https://drive.google.com/file/d/1OsFpPydw5oWs7JIkd0ihI2wWH_O28pUd/view.
2.
Aldo
Vecchi - SUL DECRETO SEMPLIFICAZIONI – su UTOPIA21, novembre 2020 - https://drive.google.com/file/d/12gnuSSMEM9O1qG5UonMA7RoFDWtRnx-Q/view.
3.
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/05/31/21G00087/sg
[1]
La questione “governance” del PNRR
era apparsa rilevante e dilacerante nel franare del governo Conte-bis ed è
stata poi rinviata ad un mese dopo la consegna del PNRR all’Europa, ma trova
nel Decreto in esame una risoluzione molto semplice e forse un po’ ‘democristiana’,
con il controllo ben saldo tra Presidente del Consiglio e Ministero
dell’Economia, ma con la compartecipazione a turno di tutti i Ministeri (e le
Regioni) interessati; tra gli esecutori figureranno poi (con altro
Decreto-legge) quelle centinaia di super-funzionari esterni ed a termine, che
facevano molto scandalo quando proposti da Conte.
[2]
Come scrivevo commentando il
decreto del 2019, con “…l’abolizione dell’obbligo di comunicare preliminarmente,
con l’offerta di gara, i nominativi dei potenziali sub-appaltatori; viene
soppresso anche il divieto di sub-appaltare ad una impresa concorrente, che
abbia cioè partecipato, perdendo, alla medesima gara. Ciò a mio avviso apre la
strada a possibili condizionamenti nell’effettivo affidamento del contratto,
perché un soggetto ‘forte’ può trovare il modo di assicurarsi, comunque, prima
o dopo la gara, una rilevante quota di lavori, quanto meno in sub-appalto, sia
che partecipi o meno alla gara, sia che la vinca oppure no.”
[3]
Riporto da fonte FIEC (associazione
confindustriale per il settore costruzioni, a scala europea: “Legislazione che disciplina il
subappalto: molti paesi ne sono dotati con espresse limitazioni nella
percentuale delle opere subappaltabili, autorizzazione previa, condizioni di
pagamento per i subappaltatori ecc. Altri paesi (soprattutto quelli a sistema
civilistico tipo Regno Unito e paesi nordici) non hanno alcuna legislazione
specifica bensì ricorrono agli usi (con effetto sostanzialmente cogente).”
[4] L’accanimento della tecnocrazia europea
su questo tema è riapparso nelle recenti euro-critiche al nostrano blocco
temporaneo dei licenziamenti in fase pandemica, critiche esercitate in nome
della discriminazione di cui soffrono i lavoratori precari, che già il lavoro
l’hanno perduto: l’uguaglianza andrebbe dunque cercata al ribasso, licenziando
anche i lavoratori “stabili”…
Sulla questione del blocco dei licenziamenti, ed in particolare di una possibile ulteriore proroga parziale, proposta dal Ministro del Lavoro al Consiglio dei Ministri, si è inoltre consumato – con generale disattenzione dei media, che per molto meno si scatenavano contro Renzi oppure Conte – un ulteriore strappo istituzionale (dopo quelli sulle modalità di approvazione parlamentare del PNRR): la proposta Orlando è stata formalmente approvata dal Consiglio di Ministri, ma – dopo le proteste di Confindustria – il testo è stato modificato prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, SENZA ripassare dal Consiglio, avvalendosi il Presidente Draghi della formula “approvazione salvo intese” (forse significa “salvo intese con la Confindustria”?).