La prospettiva della Conferenza sul Futuro dell’Europa, nel contesto delle trasformazioni in atto, e la connessa pubblica consultazione, (trascurata in Italia) come occasione per una battaglia politico-culturale su molti temi dove l’Unione Europea può e deve migliorare
Sta
passando quasi inosservata, almeno sui media italiani, la consultazione
pubblica, aperta a tutti i cittadini europei, https://futureu.europa.eu/, che si
svolge nell’ambito della Conferenza sul Futuro dell’Europa, guidata dalle
istituzioni comunitarie (Parlamento, Commissione e Consiglio), con la
partecipazione dei Governi e dei Parlamenti nazionali nella apposita “Assemblea
Plenaria”.
E’
prevista inoltre la formazione in parallelo di assemblee di “cittadini estratti
a sorte” (come già in Francia dopo i sommovimenti dei “gilet gialli”), nonché
la cooptazione di altri “cittadini” nella stessa Assemblea Plenaria [A]
Tale
silenzio fino ad oggi coinvolge partiti e sindacati[B], ed anche le ‘formazioni civiche’ che più penserei rivolte alla
“partecipazione”, come l’ASviS, Emergency e il Forum Disuguaglianze e
Diversità, od anche – a scala sovranazionale, ma attive in Italia – Oxfam,
Amnesty, M.S.F., Avaaz e WeMove Europe.
La
Conferenza, che ha come orizzonte temporale la primavera del 2022 (scavalcando
tra l’altro le prossime importanti scadenze elettorali in Germania ed in
Francia), potrebbe portare ad una nuova configurazione dell’Unione Europea (da
tradurre poi in una paziente revisione dei trattati, ratificati da ogni
Parlamento e/o tramite referendum), con una diversa definizione (giuridica e
fattuale) dei nodi politico-istituzionali che oggi più si aggrovigliano, tra
cui:
-
la
permanenza o meno del sostanziale diritto di veto dei singoli Governi nazionali,
con eventuale estensione delle materie su cui il Consiglio Europeo delibera a
maggioranza (oppure della pratica delle “cooperazioni rafforzate” estese solo a
parte dei Paesi membri, come è attualmente per la moneta comune e fu
inizialmente per l’accordo di Schengen sulla libera circolazione);
-
la
connessa questione della praticabilità delle sanzioni a singoli Stati Membri,
da ultimo esemplificata dalla legge ungherese sulle limitazioni ad una
didattica comprensiva delle differenze sessuali e di genere;
-
la
priorità tra legislazione comunitaria e legislazioni nazionali in materie
decisive quali il debito pubblico comunitario (novità scaturita dalla risposta
alla crisi pandemica), su cui la stessa Commissione Europea è arrivata ad
impugnare (presso la Corte di Giustizia Europea) una sentenza della Corte Costituzionale tedesca;
-
l’evoluzione
dei “parametri di Maastricht” relativi all’Euro ed al controllo dei livelli di
deficit e debito dei singoli Stati Membri, dopo la svolta del “Next Generation
EU” (e dopo che il debito pubblico medio nell’Unione è salito oltre il 100% del
PIL complessivo);
-
la
possibile estensione delle “materie” di competenza comunitaria a fronte delle
difficoltà manifestate dall’attuale assetto istituzionale nelle tempeste della
Pandemia Covid-19 (confinamenti, cure, vaccini); ma anche rispetto ad altre
emergenze incombenti, dalla cyber-sicurezza allo stesso cambio climatico.
Un
contrapporsi tra forze centripete, per superare le nuove difficoltà, e forze
centrifughe, per l’acuirsi degli storici fattori di divisione, tra paesi
nordici “frugali” e paesi mediterranei, tra i paesi fondatori ed i neofiti
sovranisti dell’est post-comunista, poco rispettosi dei diritti di individui e
minoranze, ed ancora per le diverse sensibilità geopolitiche nei confronti
della Russia di Putin.
Quanto
sopra in un contesto internazionale in evoluzione che, superata la Brexit e le
turbolenze Trumpiane, sembra riaprirsi alle collaborazioni multilaterali, ma delinea
però la contrapposizione strategica tra USA e Cina (che Biden vorrebbe tra
Occidente e Cina) e tensioni irrisolte nei dintorni dell’Europa (ex URSS, Nord
Africa, Medio Oriente), spingendo l’Unione ad una maggior consapevolezza sulle
sue debolezze sia diplomatico-militari, sia tecnologico-finanziarie.
Con
il rischio a mio avviso che – malgrado la bontà di numerosi indirizzi della
Commissione presieduta da Ursula von der Leyen sulla transizione ecologica e
digitale wesd,4 – ne emerga una sorta di “neo-sovranismo europeo”, molto
protettivo verso le proprie grandi imprese, ed oggettivamente contrapposto ai
bisogni dei “poveri nel mondo” (a partire da quelli che si affannano invano ed
entrare nei suoi confini come profughi e migranti): come purtroppo dimostrano
le persistenti chiusure europee sul superamento dei brevetti privati per i
vaccini anti-Covid, che pertanto rimangono negati a gran parte dei popoli del
terzo mondo.
In
un editoriale del gennaio 2017 5 indicavo l’unità europea come
“utopia vissuta”, parzialmente realizzata e però insoddisfacente sotto molti
aspetti: tra i quali, nella sua genesi storica, i peccati originali del
colonialismo e del post-colonialismo.
Penso
che questa fase di trasformazione – accelerata dalla crisi pandemica – dovrebbe
essere attraversata di nuovo da una spinta utopica, per conseguire, per quanto
sarà possibile, non solo “più unione”, ma un’Europa migliore sotto il profilo
sociale e ambientale e della cooperazione internazionale (mentre vedrei come
preoccupante un mero rafforzamento delle istituzioni comunitarie senza quei
necessari correttivi).
In
particolare, con riferimento soprattutto ai principi contenuti nei 54 articoli della
“CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA” 6 (o carta di
Nizza, vigente dall’anno 2000), che pure definiscono elementi costituzionali
irrinunciabili, a mio avviso sarebbe necessario aprire una battaglia politica e
culturale – utilizzando anche la consultazione in corso – per alcuni ulteriori
avanzamenti (senza pretesa di anticiparne gli esatti termini giuridici, né
tanto meno di articolarne i risvolti lungo le 200 complesse pagine dei
“Trattati comunitari” 7).
Avanzamenti
relativi ai principi costituzionali, che però devono concretizzarsi anche nella
struttura istituzionale (riguardo alla gerarchia tra le fonti normative ed ai
poteri di sanzione, giurisdizionali e politici) e nella concretezza della
legislazione e della prassi amministrativa; e che possono avvenire solo se i
soggetti sociali interessati sono in grado di maturare la necessaria
consapevolezza culturale e capacità di mobilitazione (penso ad esempio ai
sindacati dei lavoratori, che sono sì organizzati anche a scala continentale e
presenti come organismi di influenza sull’Unione Europea, ma fino ad oggi non
hanno espresso una piena rappresentatività dei lavoratori come tradizionalmente
riescono a fare a scala nazionale: non si è ancora mai visto uno “sciopero
europeo”):
-
lavoro: gli articoli 3, 5 e
15 della Carta delineano già una cornice che limita lo sfruttamento, vieta gli
abusi schiavistici ed i licenziamenti arbitrari [C] , garantisce per i
disoccupati un reddito e l’avvio verso una ricollocazione guidata nel mercato
del lavoro; senza pretendere per subito una messa in discussione dello stesso
lavoro salariato (che pure a mio avviso è da porre all’orizzonte 8: l’art.
3 vieta “di fare del corpo umano e delle sue parti … una fonte di lucro”, ma lo
consente per l’intera persona) mi pare
che manchi un salto di qualità adeguato a contrastare il precariato,
vecchio (es. subappalti a catena) e nuovo (piattaforme digitali), anche per la
debolezza dei diritti di informazione di lavoratori e sindacati sulle scelte
aziendali, che andrebbe quanto meno esteso all’intera filiera produttiva,
nonché nella direzione della partecipazione (già presente in area germanica) 9
[D];
-
imprese e ambiente: l’art. 16, nella sua
nuda icasticità (“È riconosciuta la
libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e
prassi nazionali”) sacralizza la “libertà di impresa”, così come l’art. 17
fa con il diritto di proprietà, ponendoli sullo stesso piano dei diritti
inalienabili delle persone, mentre impresa e proprietà riguardano già le relazioni
sociali: se c’è una impresa per lo più ci sono anche dei dipendenti, dei
fornitori, dei clienti; se c’è una proprietà di un certo rilievo, si determina
un rapporto di esclusione delle altre persone nel suo godimento. Da tutt’altra
parte della Carta stanno il lavoro (vedi sopra) e l’ambiente (art.37, invero
alquanto generico), senza quella correlazione sul fronte sociale felicemente enunciata
(ma non attuata) negli artt. 41 e seguenti della Costituzione Italiana 10,
correlazione che – riguardo all’ambiente – si dimostra sempre più incalzante
con l’incombere del cambiamento climatico e che a mio avviso sarebbe necessario
esplicitare, per conferire solidità costituzionale ai prossimi passaggi
comunitari in materia, ad esempio, di carbon-tax e di “tassonomia” della
produzione 3;
-
fisco: mentre l’Unione
Europea sta “subendo” come iniziativa di Biden una aliquota minima
internazionale di tassazione sui profitti delle multinazionali (osteggiata dai
‘paradisi fiscali’ interni all’Unione, come Irlanda, Olanda, Lussemburgo,
Cipro, ecc.), la politica fiscale europea è apparsa finora ondivaga e debole
(Tobin Tax solo teorizzata, Web Tax di difficile avvio, Carbon Tax ambiziosa ma
non ancora adeguata al cambio climatico)
così come i tentativi di armonizzare gli assetti fiscali dei singoli Stati
(vedi le inascoltate raccomandazioni all’Italia contro le esenzioni sulla prima
casa per i più abbienti): perciò a mio avviso sarebbe importante battersi per
l’inserimento nei testi costitutivi dell’Unione di alcuni principi di equità
fiscale, sia riguardo alla progressività dei prelievi sui redditi e sui
patrimoni, sia riguardo alla omogeneità internazionale dei criteri di
trattamento delle imprese (e dei monopoli)[E]
multinazionali, sia ancora riguardo alla possibile incidenza delle imposte,
dirette e indirette, per indirizzare produzione e consumi in direzione compiutamente
“ecologica” 12 (in rapporto elle emissioni di CO2, in rapporto alla
erosione delle risorse primarie ed a sostegno del riciclo, ed ancora per
frenare i consumi di lusso);
-
casa: tra i diritti delle
persone e delle famiglie, pur non mancando welfare e salute, è totalmente
trascurato il diritto ad una abitazione adeguata 13;
-
diritto di asilo: risulterebbe
“garantito” dall’art. 18, mentre l’art. 19 vieta “le espulsioni collettive”; ma
tali affermazioni sono quotidianamente smentite dal comportamento dei singoli
stati membri e degli stessi organismi comunitari, dentro e fuori i confini
dell’Unione (da Ceuta a Lesbo, dalla Libia alla Bosnia, dal Canale di Sicilia
alla Turchia); occorre forse un rafforzamento dei principi per renderli
cogenti, ad esempio riguardo ai salvataggi in mare, ai campi profughi in paesi
terzi, alla possibilità di presentare domanda di asilo presso tutte le sedi
diplomatiche dei paesi UE; ed ancora alla ufficializzazione di una qualche
misura di “diritto all’immigrazione” (penso soprattutto alle popolazioni
vittime del cambio climatico), sia pure commisurato allo stato di salute –
socioeconomica e psicofisica – delle popolazioni già residenti;
-
pace: l’idea di pace è
richiamata solo nel primo paragrafo del Preambolo della CARTA (“I popoli d’Europa, nel creare tra loro
un’unione sempre più stretta, hanno deciso di condividere un futuro di pace
fondato su valori comuni.”), mentre è ampiamente declinata nei “Trattati”,
sia nelle premesse generali, sia nelle parti specificamente relative alla
“politica di sicurezza e di difesa comune[F]”: il tutto con un
approccio ragionevole, che però a mio parere manca di quella chiarezza presente
invece nell’art. 11 della Costituzione Italiana 8, con il “ripudio
della guerra” (ripudio talvolta aggirato, come nell’affiancamento agli USA
nella 2^ Guerra del Golfo, affiancamento privo anche di quelle coperture
giuridiche internazionali un po’ stiracchiate come ad esempio per il ventennale
intervento in Afghanistan); solo una maggior chiarezza può
essere al premessa corretta per costringere poi alla verifica delle azioni
concrete, sia sul terreno politico, sia su quello giurisdizionale (Corte di
Giustizia Europea).
Fonti:
1.
CGIL - CARTA DEI DIRITTI UNIVERSALI DEL LAVORO - NUOVO
STATUTO DI TUTTE LE LAVORATRICI E DI TUTTI I LAVORATORI - 2016 http://www.cgil.it/admin_nv47t8g34/wp-content/uploads/2016/03/Carta_dei_diritti_Testo_Definitivo.pdf
2.
PD – CONSULTAZIONE DEI CIRCOLI, MARZO APRILE 2021 - https://partitodemocraticotorino.it/2021/04/16/le-priorita-dei-circoli-pd-lavoro-europa-giovani-risultati-consultazioni/
3.
Fulvio
Fagiani – IL GREEN DEAL EUROPEO – Pubblicato su UTOPéIA21 di gennaio 2020 - https://drive.google.com/file/d/1w2VagFLdVHCzpHxD0IALYlr3bL5W0GM5/view
4.
Fulvio
Fagiani – DIGITALIZZAZIONE E STRATEGIE EUROPEE – Pubblicato su UTOPIA21 di
luglio 2020 - https://drive.google.com/file/d/1h7KT33aggupFxLqWuNUJyZXsZnGP6XVz/view
5.
Aldo
Vecchi - EUROPA, UTOPIA VISSUTA? – Pubblicato su UTOPIA21 di gennaio 2017 - https://drive.google.com/file/d/1xN9dwCf66d28ix7hBW3lMOfo3Ynr7Sli/view.
6.
Unione
Europea – CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA - https://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf
7.
Unione
Europea – I TRATTATI EUROPEI - https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:2bf140bf-a3f8-4ab2-b506-fd71826e6da6.0017.02/DOC_1&format=PDF
8.
Anna
Maria Vailati e Aldo Vecchi – SUPERARE IL LAVORO SALARIATO? – su UTOPIA21 di
gennaio 2021 - https://drive.google.com/file/d/1WvDHNKBmPzcdk9JsIdG9_M6EQLH0H4bJ/view.
9.
Fulvio
Fagiani - NUOVE FORME DI ORGANIZZAZIONE DELL’IMPRESA – su UTOPIA21, marzo 2021
- https://drive.google.com/file/d/1TMWJVA4Ppg3n7Y0JUiwWnbmDiQv3qZac/view
10. COSTITUZIONE ITALIANA -
https://www.senato.it/documenti/repository/istituzione/costituzione.pdf.
11. Andrea Kalajzic - ORDOLIBERALISMO
ED ECONOMIA SOCIALE DI MERCATO – Quaderno n° 8 di UTOPIA21, agosto 2018 - https://drive.google.com/file/d/1Mu8lfz4-V39gDSUVbyGdFrkwXMmi879g/view.
12. Aldo Vecchi - VERITA’,
EQUITA’, PARTECIPAZIONE (Appendice: PER UN’IVA ECOLOGICA – su UTOPIA21 di
gennaio 2019 - https://drive.google.com/file/d/1f0_9ohXmvwLdZP_6_XpKqMNHqycGHlV7/view.
13. Aldo Vecchi - L’UTOPIA
(ITALIANA) DEL DIRITTO A UNA CASA, PER
TUTTI – su UTOPIA21, luglio 2018 - https://drive.google.com/file/d/1Uzz_gkXHQdEy91sUiA_j2hlfobRsbv0m/view.
[A]
Per l’Italia è stata finora
designata la professoressa ed avvocatessa Paola Severino, già ministre e già
rettrice dell’università LUISS: non propriamente un ‘cittadino qualunque’.
[B]
Il silenzio sulla consultazione
europea colpisce in particolare pensando alla CGIL, che negli anni scorsi ha
puntato molto sulla partecipazione alla sua iniziativa di legge per il nuovo
‘Statuto dei Lavori’ 1 ed al PD, che sta sperimentando nuove forme
di consultazione2, anche telematiche, dapprima al suo interno2,
e tra breve in forma aperta con le ‘Agorà’; in stato confusionale appare invece
il MoVimento 5Stelle, che la partecipazione telematica intendeva imporre come
nuova forma prevalente della democrazia.
Sul fronte opposto, il recente avvicinamento organizzativo
delle formazioni di destra (Lega di Salvini e Fratelli d’Italia) ai sovranisti
di altri paesi è stato giustificato anche in funzione della opzione “Europa dei
Popoli e delle Nazioni” nelle procedure della consultazione sul futuro
dell’Europa unita.
[C]
ma la legislazione italiana sul
reintegro di cui al famoso art. 18 dello statuto dei lavoratori – prima di
Monti e Renzi – era anche più coerente ed efficace
[D] le rivendicazioni che riepilogo in
queste pagine sotto le voci “lavoro” “imprese e ambiente” e “fisco” tendono a
configurare una Europa con una maggiore “democrazia economica”, in
contrapposizione agli indirizzi ordoliberalisti 12 che sono sottesi
all’attuale testo della CARTA e dei TRATTATI
[E]
L’assetto culturale dell’Unione è
fortemente improntato ad una retorica della “concorrenza” (che è anche una
delle deleghe affidate ad importanti membri della Commissione UE), cui non
sempre ha corrisposto un coerente comportamento, soprattutto verso il prepotere
delle multinazionali, non solo americane; mentre si riapre la speranza che anche
negli USA torni una qualche volontà politica “anti-trust”, si corre però il
rischio che di fatto l’Unione Europea si mostri più corriva sia nei confronti
dei nuovi “campioni continentali”, che appaiono necessari per competere con i
colossi finanziari e produttivi degli “altri continenti”, sia in generale nei
confronti degli interessi delle imprese multinazionali (vedi ad esempio il caso
dei vaccini anti-Covid, già sopra richiamato), e soprattutto nell’ambito degli insidiosi
trattati commerciali (es. con Canada e Giappone), in cui vengono delineate
giurisdizioni di comodo in favore delle suddette imprese e contro le
legislazioni dei singoli Stati (oppure della stessa U.E.).
[F] La questione della “difesa comune”,
intrecciandosi con la storia e con il futuro della NATO, comporterebbe
l’apertura di ampi approfondimenti, sia in termini giuridici che geo-politici:
personalmente, in particolare, mi sembra assurdo che – mentre si disquisisce
della lenta e faticosa, e trasparente, cessione di alcune quote di sovranità
dai singoli Stati all’Unione – l’Europa subisca ancora la partecipazione con
diseguali poteri nell’alleanza Atlantica, e addirittura che in alcuni Paesi,
tra cui l’Italia – oltre 70 anni dopo la 2^ guerra mondiale e 30 dopo la fine
della “guerra fredda” -, siano in funzione basi militari direttamente ed
esclusivamente “americane” (U.S.A., non N.A.T.O.), dove non vige nemmeno la
giurisdizione locale.
Nessun commento:
Posta un commento