L’AMBIENTE IN COSTITUZIONE
di
Aldo Vecchi
Breve presentazione e commento
delle modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione, recentemente
approvati, quasi all’unanimità, dal Parlamento italiano.
Sommario:
- l’approvazione della modifica
costituzionale ed i suoi effetti
-
il
testo ed un breve commento
- si puo’ fare di piu’…
L’APPROVAZIONE DELLA MODIFICA COSTITUZIONALE
ED I SUOI EFFETTI
L’inserimento
dei principi ambientali negli articoli 9 e 41 della Costituzione Italiana, rappresenta a mio avviso una svolta
importante, non solo nella sfera del diritto, ma anche – almeno potenzialmente
– per la evoluzione delle politiche pubbliche e per gli stessi movimenti
ambientalisti, che – curiosamente – sembrano quasi sorpresi da tanto risultato
(che non deriva infatti da recenti e stringenti pressioni popolari, ma dal
progressivo accumulo di avanzamenti culturali e giurisprudenziali).
La
modifica costituzionale, la prima che tocca i fondamenti compresi nei primi 12
articoli, è infatti passata abbastanza inosservata nel dibattito politico e
giornalistico, malgrado le “4 letture” necessarie per l’approvazione (2 volte
alla camera e 2 volte al Senato) tra il giugno 2021 ed il febbraio 2022, e forse
proprio per il consenso unanime tra i gruppi parlamentari, che ha sottratto il
tema alla consueta contrapposizione propagandistica (oltre ad escludere la
possibilità/necessità del referendum confermativo, essendosi sempre superato il
quorum dei 2/3 di ogni camera nei quattro passaggi in aula).
Anche
il precedente lavoro istruttorio del Parlamento ha registrato una significativa
convergenza tra le principali forze politiche, una volta soddisfatte le
preoccupazioni della Lega (che non rammento
più se è “Nord” o “di Salvini”) riguardo alla caccia e all’allevamento,
abbassando di un grado la protezione giuridica degli animali dal rango
direttamente costituzionale alla futura legislazione ordinaria.
Soluzione che non mi sento di
disprezzare, così come mi sento di apprezzare nell’insieme questo risultato conseguito
inaspettatamente da questa compagine parlamentare, uscita mal combinata dalle
elezioni del 2018 e che non gode mediamente di grande reputazione, vedi anche
la ‘settimana del Quirinale’ oppure i tripudi contro la legge Zan.
Se
è pur vero che si tratta al momento di una enunciazione di principi (in qualche
misura già anticipati nei 4 decenni precedenti dalla legislazione e da
importanti sentenze giudiziarie e costituzionali, nonché da una prima enunciazione
nella riforma del titolo V della Costituzione stessa, approvata nel 2001[1]), la loro consacrazione
nel testo costituzionale
- consentirà
a qualunque soggetto (associazioni, imprese, singoli cittadini), nei modi
previsti dal nostro ordinamento (e cioè ricorrendo in giudizio ed incontrando
la favorevole attenzione dei magistrati coinvolti, in sede penale o civile o
amministrativa o contabile), di appellarsi alla Corte Costituzionale per la
verifica di conformità di leggi e decreti, nazionali e regionali, che siano già
ora vigenti oppure di nuova approvazione,
-
condizionerà specificamente l’attività
legislativa e amministrativa, nella dialettica tra i diversi attori
istituzionali (Parlamento e Governo, Assemblee e Giunte Regionali, fino alla
stessa Presidenza della Repubblica) e nel confronto pubblico tra movimenti,
partiti, media e pubblica opinione,
- influirà,
direttamente o indirettamente, sulla crescita culturale dell’intera società,
dentro e fuori dalle scuole e dalle università.
IL TESTO ED UN BREVE COMMENTO
Per
una breve valutazione sul merito delle innovazioni, ne riporto integralmente il
testo, in quanto stringato (ma non per questo reticente):
Il testo dell’art. 9 della Costituzione, a
seguito della riforma costituzionale che vi introduce un nuovo comma, è il
seguente:
«La Repubblica promuove lo
sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela
il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela
l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future
generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli
animali».
Il testo dell’articolo 41,
a seguito delle modifiche apportate dalla riforma costituzionale approvata,
così recita:
«L’iniziativa economica privata
è libera.
Non
può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare
danno alla salute, all’ambiente,
alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La
legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica
pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali».
Come
hanno rilevato diversi commentatori sui principali quotidiani, ed anche su
alcuni siti più tematici 1, e come risulta anche dalle presentazioni
ufficiali di Parlamento e Governo 2,3, nell’art. 9 modificato i temi
ambientali sono posti sullo stesso piano di quelli
paesaggistici-storici-culturali (il che porrà, inevitabilmente e
necessariamente, non pochi problemi pratici nell’applicazione, basti pensare ad
esempio all’impatto paesaggistico degli impianti eolici e fotovoltaici, a
maggior ragione con il recente impulso a rimpiazzare il “gas russo”), ma
assumono una qualche autonomia dalla semplice “cornice ambientale” dell’attuale
umanità:
- sia
perché la locuzione “biodiversità ed ecosistemi” non appare esclusivamente
umano-centrica (va oltre il diritto umano ad un ambiente salubre), senza al
tempo stesso eccedere nel senso opposto, di una ipocrita attenzione ad una biosfera-senza-uomo
(come forse può apparire la costituzionalizzazione della Madre terra, o Pacha
Mama, nelle recenti costituzioni di Bolivia ed Equador)
-
sia perché è esplicitato “l’interesse delle
future generazioni” (nella recente
tradizione internazionale del concetto di “sostenibilità”),
-
sia ancora perché , seppure in (leghista) sottordine, si apre anche
alle tutela degli animali (in attesa di arrivare, in un possibile futuro, agli
altri essere senzienti).
Ancora
più importante, a mio avviso, è la modifica dell’art. 41, che esprime una
impostazione più avanzata di quelle di altri paesi europei che ci hanno
preceduti [2], 4 e della
stessa Carta Europea (dove la libertà di impresa figura come principio quasi
assoluto, slegata dalle problematiche ambientali [3]), perché non solo mira ad
escludere le attività imprenditoriali dannose, ma ribadisce il principio
(finora invero poco rispettato) del coordinamento e indirizzo pubblico sulle
attività economiche private: anche qui con una rilevante equiparazione delle cautele
sanitarie ed ambientali con altri valori costituzionali, qui quelli sociali e
della “dignità umana” (come limpidamente illustrata nel recente discorso di re-insediamento
del Presidente Mattarella).
Anche
questa “equiparazione” sarà foriera di conflitti interpretativi, come nella
società si vivono acuti conflitti tra lavoro e salute e tra benessere e
ambiente, dal Covid all’ILVA, tanto per esemplificare.
Ma
ben si afferma che ambedue i corni della contraddizione sono meritevoli di
tutela, il che assomiglia molto alla concezione della “transizione giusta,
perché sia ecologica che sociale” in cui si dibatte l’Unione Europea (andando
nei fatti oltre la staticità della sua Carta fondamentale).
Conoscendo,
anche sommariamente, la situazione degli indicatori ambientali italiani e
l’andamento tradizionale della prassi amministrativa e di governo in materia
(basti pensare – per fare due esempi di antico retaggio, senza affrontare le
più recenti problematiche su clima e biodiversità - alle arretratezze sulla
gestione dei rifiuti in importanti aree metropolitane del centro-sud od alla
insufficienza del contrasto all’inquinamento atmosferico nell’area padana) non
si può non riconoscere un qualche carattere utopico ai nuovi principi inseriti
in Costituzione, che si affiancano così agli altrettanto utopici principi in
materia di uguaglianza sociale, di genere e territoriale che già sono
disseminati nel testo costituzionale.
Testo
che però, fin dalla sua genesi resistenziale, non nasconde ma rivendica il suo
carattere dinamico (ben oltre la concezione liberale dello Stato), come
esplicita il secondo comma dell’articolo 3:
“E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese.”
Dal 1948 ad oggi si può dire che taluni ostacoli
siano stati rimossi, altri, già rimossi, sono stati ricollocati (penso ai
licenziamenti individuai già frenati dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori),
e molti sono tuttora da rimuovere (di antica o nuova origine).
Sulla strada della riconciliazione tra uomo e
natura, individuata dalle modifiche agli articoli costituzionali 9 e 41, gli
ostacoli sono anche forse maggiori: credo che però da oggi rimuoverli sia anche
formalmente un altro “compito della Repubblica”; sul chi come e quando (e dove,
per gli urbanisti...) c’è tuttavia molto da discutere.
SI PUO’ FARE DI PIU’…
I
tre articoli redatti da Fulvio Fagiani (ed i testi da lui citati) nello
speciale di questo numero “QUALE DEMOCRAZIA PER LA SOSTENIBILITÀ” dimostrano
però che c’è ancora una maggior distanza tra le enunciazioni costituzionali di
un moderno regime democratico e gli assetti socio-politici adeguati ad un
effettivo superamento della crisi ambientale e sociale determinata dall’Antropocene.
Considerazioni
che erano già in parte emerse in altre riflessioni su Utopia 21, commentando le
posizioni e proposte, ad esempio, di Paolo Maddalena sul territorio come bene
comune 6 oppure di Albero Magnaghi sulle bio-regioni come nuove cellule
della convivenza civile 7, di Fabrizio Barca sulla governance
aziendale 8 oppure di Thomas Piketty sui nuovi poteri transnazionali
9.
Una
parte delle riflessioni convogliate e commentate da Fulvio convergono sugli
assetti costituzionali auspicabili, soprattutto da parte di Luigi Ferrajoli e
dal gruppo per la Costituente della Terra: a mio avviso si tratta di una
costruzione utopica che può essere utile per focalizzare concetti e obiettivi
di vasto orizzonte (ad esempio – oltre al cosmopolitismo radicale - la
ricognizione e la limitazione del “potere economico”, l’universalità dei “beni
comuni” e la demonizzazione attiva dei ‘mali comuni’), mentre mi pare meno
valida per orientare movimenti e mobilitazioni concrete su traguardi intermedi,
ma forse conseguibili, quali ad esempio:
- presidiare
passo per passo i provvedimenti nazionali di attuazione del PNRR e del Green
Deal per verificarne la coerenza con gli scenari di effettiva decarbonizzazione
-
sviluppare iniziative per una sana e buona
occupazione, contro il dilagare del precariato (in questo senso non mi
entusiasmano gli aspetti corporativi nelle rivendicazioni degli studenti medi, finché
limitate a contrastare la “seconda prova scritta” ed a demonizzare in blocco
l’alternanza scuola-lavoro)
-
contrastare anche “dal basso” le concrete
derive verso la guerra sui fronti Ucraina/Russia/Bielorussia
-
incidere sulla revisione degli assetti
istituzionali e degli stessi principi dell’Unione Europea, revisione che è
indetta anche formalmente (compreso l’aspetto costituzionale[4],5) ed aperta
alla partecipazione popolare, ma mi pare per nulla frequentata dalle forze (o
debolezze) dell’ambientalismo e della sinistra italiani.
D’altro
canto i drammatici sviluppi della guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina
evidenziano sì la necessità di un muovo ordine mondiale, contro tutti gli
imperialismi e per il disarmo, ma al tempo stesso l’estrema difficoltà nella
realizzazione di obiettivi così radicali. Forse sono meglio avvicinabili delle
confederazioni pacifiche a scala continentale, sull’esempio, pur faticoso, dell’Unione
Europea: anche se le crisi possono portare ad impreviste accelerazioni
positive, così come al momento stiamo vivendo una accelerazione negativa, da
cui si potrà uscire solo dopo il superamento dell’imperialismo russo/putiniano
(contro il quale non mancano le mobilitazioni pacificìste, ma ancora troppo
deboli nel campo dell’aggressore).
Fonti:
1.
Gianluca Schinaia - UNA DECISIONE STORICA – su
Wired del 12.02.2022 - https://www.wired.it/article/ambiente-costituzione-italia-cambiamento/
4.
Giovanni Bana - AMBIENTE E “SVILUPPO
SOSTENIBILE” - IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO ALL'AMBIENTE NELLE COSTITUZIONI
DEI PAESI MEMBRI DELL'UNIONE EUROPEA – (2004) http://www.giuristiambientali.it/documenti/ICEF2.pdf
5.
Aldo Vecchi - La consultazione sul futuro
dell’Europa – su Utopia21, luglio 2021 - https://drive.google.com/file/d/1Ctey-OLABoVDjzUKxt-gzSV1WOi2F9ze/view?usp=sharing
6.
Aldo
Vecchi – IL TERRITORIO COME BENE COMUNE PER PAOLO MADDALENA – su Utopia21,
maggio 2018 - https://drive.google.com/file/d/1TKkDURsrgzSS5F-z6oo6i_5AYVSDr9SL/view?usp=sharing
7.
Fulvio
Fagiani – LA GLOBALIZZAZIONE E IL LOCALE – NOTE SU ‘PRINCIPIO TERRITORIALE’ DI
ALBERTO MAGNAGHI – su Utopia21, marzo 2021 -
- https://drive.google.com/file/d/1UZ3G8HpmYfkmB60RZ9owWH41juxDJGuW/view?usp=sharing
8.
Aldo
Vecchi – EVOLUZIONE DEL PENSIERO DI FABRIZIO BARCA E DEL FORUM D.D. – su Utopia21, gennaio 2022 - https://drive.google.com/file/d/1Cp9EHVSY_zbfO6BI5G8qBJrjIZ8dOhGS/view?usp=sharing
9.
Aldo
Vecchi – PIKETTY RITORNA CON UNA BREVE STORIA DELL’UGUAGLIANZA – su Utopia21, gennaio 2022 - https://drive.google.com/file/d/1SiK8L0h64SYgiwNbwmxoeO72KD5ymzPf/view?usp=sharing
[1]
La potestà legislativa è esercitata
dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
………
s) tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
[2] La Spagna nel 1978 ha incluso
l’ambiente nella nuova costituzione post-franchista; la Francia ha integrato la
sua Costituzione nel 2005 e nel 2018; in Germania, senza innovazioni del testo
costituzionale, la Corte Costituzionale ha però emanato nel 2021 una importante
sentenza sulla sostenibilità e sulle generazioni future
[3] Vedi mio articolo sulla pubblica
consultazione in atto nell’Unione Europea in Utopia21 del luglio 2021 5
[4] Mi sembrerebbe fuor di luogo invece rivendicare oggi miglioramenti dell’assetto costituzionale italiano, che – come sopra illustrato – appare più avanzato di quello europeo e probabilmente ‘in avanti’ rispetto alla coscienza media del popolo sovrano
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