domenica 20 marzo 2022

UTOPIA21 - MARZO 2022: GUERRA, PACE, AMBIENTE E NONVIOLENZA

 

GUERRA, PACE, AMBIENTE

E NONVIOLENZA

di Aldo Vecchi

 

Alcune riflessioni personali, senza pretese sistematiche, sulla guerra scatenata in Ucraina dalla Federazione Russa

 

 

Sommario:

-       premessa

-       percezione esistenziale e quadro geopolitico

-       il dilemma delle armi

-       le ricadute sulla transizione, che auspicavamo ecologica, sociale e pacifista

 

 

PREMESSA

 

Anche se moltissimo già è stato detto e scritto su questo conflitto, che è anche guerra di informazione e propaganda (e quindi rende difficile districarsi nel magma comunicativo, in cui si disperdono i contributi più autorevolmente fondati su conoscenze geopolitiche e su competenze specialistiche militari), mi permetto di esporre alcune mie riflessioni, tra l’esistenziale e il buon senso, finalizzate a reinquadrare, in movimento, la prospettiva di uno spazio di approfondimento ‘eco-sociale’ e ‘utopistico’ quale vuol essere Utopia21.

 

 

PERCEZIONE ESISTENZIALE E QUADRO GEOPOLITICO

 

Dallo scorso novembre, quando “la Repubblica” anticipò le foto satellitari americane con ammassamento di truppe russe verso i confini ucraini, fino a metà febbraio, quando i vertici USA denunciarono l’imminente invasione militare russa in Ucraina, avevo ingenuamente creduto che si trattasse di esagerazioni, finalizzate a sfuocare la memoria della ritirata degli USA e alleati dall’Afghanistan (essendo io forse anche prevenuto dai precedenti propagandistici, come le famose “armi di distruzione di massa” attribuite dagli U.S.A. a Saddam Hussein nel 2003, nonché dal consueto atlantismo del direttore di Repubblica Molinari).

Purtroppo si trattava di una “profezia che si avvera”, ma l’avveramento mi sembra tutto merito di Putin e del gruppo dirigente della Federazione Russa e – almeno per questa volta – non del profeta amerikano.

 

Si può discettare a lungo sulle responsabilità di lungo periodo non solo della Federazione Russa, ma anche della NATO, degli USA, dell’Europa e della stessa Ucraina (e delle sue frange nazionaliste). I lunghi curricula imperialisti delle principali potenze in gioco non assolvono nessuno. Dopo la caduta del muro di Berlino si sarebbe potuto rafforzare l’ONU, invece della NATO: e non prevaricare la volontà dell’ONU nel 2003, invadendo unilateralmente l’Iraq (rovinosamente per altro); più sfumate sotto il profilo giuridico mi sembrano le vicende dell’interventismo occidentale sulla ex-Jugoslavia e in Afghanistan (quest’ultima comunque parimenti rovinosa).

Però, pur non avendo da mostrare granitiche certezze:

-          non concordo affatto con i paralleli tra le umiliazioni imposte alla Germania (e alleati) sconfitta nel 1° e nel 2° conflitto mondiale e il dissolvimento dell’impero sovietico a fine anni ’80, dissolvimento che è stato eminentemente politico e non guerresco (anche se la lunga contrapposizione militare può avere indebolito l’URSS più degli USA, per le diverse dinamiche di accumulazione): sconfitta politica in cui sono emerse libere volontà centrifughe nei paesi ex-satelliti ed in alcune nazionalità già incluse nell’URSS;

-          malgrado Trump (quello che piaceva a Putin…) l’impianto diplomatico del parziale disarmo nucleare è rimasto in piedi, e nel febbraio 2021 è stato rinnovato il trattato New Start, con la limitazione ed il reciproco controllo del numero di testate nucleari (mentre sfugge agli accordi, da ambo le parti, la pericolosa innovazione dei missili ipersonici, installabili su basi mobili, nonché la corsa alla militarizzazione dello spazio);

-          In questo quadro (in cui sarebbe più urgente limitare i suddetti vettori ipersonici e le armi spaziali) i missili “verso Mosca” risultano posati in Polonia, Cekia e Romania, ma NON in Lettonia-Lettonia-Lituania (dove sarebbero ancor più vicini a Mosca che non dall’Ucraina), mentre i missili russi sono stati dislocati anche a Kaliningrad (enclave russa tra Lituania e Polonia), e la recente modifica costituzionale apre la strada a collocarli in Bielorussia: una situazione complessa, che avrebbe potuto essere risolta bilateralmente concordando un’ampia fascia de-nuclearizzata dalla Scandinavia al Mar Nero (opzione tuttora valida, in astratto, in caso di un positivo esito negoziato della guerra in corso);

-          al momento dell’invasione l’Ucraina era neutrale, la Crimea già occupata dai russi, e le repubbliche separatiste russofone del Donbass provvisoriamente tutelate dagli accordi di Minsk;

-          le eventuali buone ragioni della Russia e degli autonomisti russofoni (ad esempio riguardo a maltrattamenti subiti nel tempo per mano di agenti ucraini, tra Odessa e il Donbass) potevano cercare soddisfazione nelle sedi istituzionali internazionali e non giustificano a mio avviso una guerra di invasione, che è il compimento del sovranismo come politica di potenza e la negazione di ogni principio di diritto internazionale.

 

Ho anche l’impressione che la mia ingenua incredulità sull’avvio dell’invasione sia stata condivisa in molti ambiti istituzionali, politici, aziendali e mediatici (che pure avrebbero potuto raccogliere e selezionare più adeguate informazioni), perché di fatto la società europea nel suo insieme ha mostrato sorpresa ed impreparazione.

Impreparazione che – almeno per quanto mi riguarda – deriva probabilmente dall’intreccio tra il desiderio del quieto vivere, che tende sempre ad allontanare da se gli amari calici, e la presunzione che gli attori in campo si muovano con ‘razionalità’: quella che a me sembra razionalità, e che evidentemente è diversa dalla razionalità di Putin&C (oppure di Trump&C).

 

 

Sotto il profilo soggettivo il coinvolgimento indiretto dell’Italia in una guerra di tali dimensioni sul suolo europeo e l’immersione nel drammatico flusso informativo sui bombardamenti e sui profughi, nonché il rischio di un conflitto atomico mondiale, aggiungono angoscia esistenziale al pesante disagio già determinato dalla pandemia Covid19 (che comunque perdura), peggiorando le aspettative sulla vita restante per chi, come me, sta nella terza età e finora si era preoccupato, tutt’al più, di ‘non morire democristiano’ (e poi berlusconiano), coltivando a tal fine le possibili utopie (di cui riparlo più avanti).

Penso però che il disagio esistenziale sia ancora più pesante per i più giovani, per il solo fatto che ritorna all’ordine del giorno la guerra, che - dopo la Jugoslavia e malgrado le incursioni terroristiche jihadiste in diverse città europee - sembrava comunque confinata lontano da noi e al difuori delle prospettive ordinarie, a maggior ragione dopo la sospensione del servizio militare obbligatorio dal 2005.

 

Non sapendo quanto e come la guerra durerà e quali conseguenze - anche se circoscritta al territorio ucraino - potrà portare alle nostre vite di cittadini occidentali (dalle restrizioni nei consumi alle criticità produttive, fino alla disoccupazione e alla instabilità finanziaria) e agli squilibri ambientali continentali e mondiali, abbiamo però anche la percezione mediatica su quanto i nostri disagi, attuali e potenziali, siano trascurabili rispetto alla radicale precarietà delle condizioni di vita-e-morte in cui sono gettati – in varia misura – milioni di persone, per la sola ragione di essere parte della nazione ucraina.

 

 

IL DILEMMA DELLE ARMI

 

Quest’ultima considerazione, a mio avviso, dovrebbe aiutare ad orientarsi nell’accanito dibattito che si è aperto nella sinistra italiana tra chi accetta di sostenere la resistenza dell’Ucraina anche con l’invio di armi e chi invece sostiene la tesi opposta: dibattito talora così accanito da far dimenticare la comune pregiudiziale avversione alla “guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art. 11 della Costituzione), cioè al comportamento deliberatamente scelto dalla Federazione  Russa, sia pure nascondendolo dietro formule propagandiste (alquanto oscene)  tipo “operazione militare speciale”.

 

Infatti a mio avviso il dilemma violenza/nonviolenza non andrebbe posto dal punto di vista della purezza di coscienza dei pacifisti italiani, bensì (vedi Luigi Manconi 1) da quello della popolazione ucraina, che ha tentato sì anche forme di opposizione nonviolenta contro i carri armati russi (tanto encomiabili quanto poco efficaci, a quel che si è visto nei telegiornali), ma nell’insieme, dalle recenti scelte elettorali alla mobilitazione di massa, pare polarizzata verso forme di resistenza armata, istituzionale e non istituzionale: come dimostra anche il flusso dei profughi, enorme ma limitato per lo più a donne e bambini (mentre gran parte degli anziani più poveri sembra giocoforza rassegnata a subire l’abbandono al teatro di guerra). Personalmente ho preferito aiutare organizzazioni non governative pacifiche, ma non mi scandalizza l’invio di armi per la resistenza: non credo che il messaggio di solidarietà verso gli aggrediti debba essere “arrendetevi in fretta in nome della pace” (accettando che Putin imponga le sue ‘zone di influenza’) e tantomeno in nome dei nostri egoistici interessi a rimanere in pace (mentre ancora attraverso l’Ucraina fluisce il gas russo per i nostri fornelli e caldaie, in fabbrica e in casa).

 

Mi preoccupa il ritorno della retorica maschile, militarista e nazionalista, anche nella forma nobile dei “partigiani”, perché pensavo che fosse un contesto storico ormai superato (il che invece purtroppo non è). Ed i connessi rischi di demonizzare ogni dissenso dal ‘ritrovato patriottismo’.

Ma non riesco a identificarmi nemmeno nelle retoriche pacifiste astratte, tipo

- “non si può umanizzare la guerra”; penso invece che sia bene che esistano le varie “convenzioni di Ginevra”, e non il contrario, anche se molte opzioni, in questi contesti drammatici, divengono ambivalenti, ad esempio i corridoi umanitari ‘per evacuare i civili’ salvano vite umane, ma possono facilitare distruzioni generalizzate e processi di sostituzione etnica, in cui i rifugiati non tornano mai più nelle loro case;

- “la guerra è sempre sbagliata”, il che è vero, però c’è modo di spiegarlo a chi la persegue ed a chi invece la subisce: vedi anche – da una angolatura cristiana – Vito Mancuso 2.

Mi permetto in merito di richiamare un mio più complesso articolo sulla Nonviolenza (e anche sulla NATO e sulle basi americane in Italia)3, scritto in tempi non sospetti, ma comunque già un po’ agitati.

 

Altra questione è invece il calcolo di quanto il rischio che il sostegno occidentale all’Ucraina, in tutte le forme possibili, e lo stesso sviluppo delle sanzioni economiche, possa concorrere a determinare un allargamento del conflitto: da ciò l’estrema cautela dei paesi occidentali a fronte dell’appello ucraino per una “no fly zone”, che impegnerebbe aerei e missili della NATO fuori dai propri confini.

Sintetizzando con parole mie quanto spiega Edgar Morin 4, mi pare che la reciproca minaccia nucleare leghi le braccia ai blocchi contrapposti Nato/Russia per quanto riguarda i colpi “sopra la cintura”, mentre “sotto la cintura” può avvenire di tutto un po’, come dimostra la stessa invasione putiniana; e in ambedue i livelli chi ha in casa maggiore democrazia è probabilmente meno agile.

Francamente quindi non so sviluppare un mio ‘calcolo di rischio’, ed ho l’impressione che siamo in balia degli eventi, non solo noi comuni cittadini, ma forse anche governi e stati maggiori.

 

Altrettanto non so purtroppo ‘come se ne esce’ e chi possa favorire un effettivo percorso di pacificazione. Vedo che per ora girano a vuoto tanto l’ONU quanto il Papa (che pur con chiara condanna dell’aggressione, tiene volutamente un basso profilo, penso ne abbia buone ragioni), e così pure gli altri mediatori comparsi in scena (Israele, Turchia…. Cina?) e non mi convince l’idea (sostenuta tra gli altri da Stefano Levi della Torre 5 e da Guido Viale 6) che l’Unione Europea potrebbe fare molto di più sul piano diplomatico: l’Europa è chiaramente parte, solidale all’Ucraina e schierata tramite le sanzioni, e gli incontri, gli appelli e le telefonate di Macron e di Scholz mi pare che finora siano soprattutto finora serviti a Putin come diversivi tattici [A]

 

 

LE RICADUTE SULLA TRANSIZIONE, CHE AUSPICAVAMO ECOLOGICA, SOCIALE E PACIFISTA

 

Se mi è chiaro quanto tale stato di guerra deprima emotivamente chi mirava a migliorare le condizioni dell’umanità ed i suoi rapporti con la biosfera, su un piano più strettamente razionale occorrerà valutare attentamente tutte le trasformazioni che saranno indotte dal conflitto Russia/Ucraina (e più in generale tra Est e Ovest) nelle relazioni sociali, economiche e politiche internazionali ed interne ai singoli stati, perché gli indubbi peggioramenti netti (morti e lesioni, distruzioni, migrazioni, inquinamenti, impoverimenti, nonché autarchia, disinformazione, odio  e intossicazione ideologica) potrebbero anche essere affiancati da spiragli di rilancio verso obiettivi di pace, convivenza, nuova collaborazione internazionale e consapevolezza bio-climatica.

 

Ne sono un esempio le alternative che si aprono nelle politiche europee, anche a breve termine, ma con potenziali orizzonti strategici (che si intrecciano con le questioni già aperte nella “conferenza sul futuro dell’Europa“ 7):

-       sull’energia, ad esempio, riaprire le centrali a carbone oppure accelerare la transizione alle fonti alternative (tatticamente le due soluzioni sono anche in parte sovrapponibili: “arretrare per saltare meglio”, non importa se lo disse anche Lenin),

-       sulle migrazioni, superare i limiti degli accordi di Dublino, ripartendo i profughi oltre la linea dei paesi di prima accoglienza (che tra l’altro erano i più accaniti avversari delle ripartizioni), solo ‘una tantum’ per gli ucraini oppure in una prospettiva più ampia, valida anche per i profughi dall’Asia e dall’Africa,

-       sulla difesa comune, assumere un profilo pacifista e tendenzialmente autonomo dagli USA, oppure aggiungere spesa militare in una pura ambizione di potenza,

-       sulla stessa governance dell’Unione Europea, galleggiare sulla difficile emergenza oppure compiere un salto qualitativo verso una sovranità federale, con votazioni a maggioranza nel Consiglio ed un maggior ruolo per il parlamento democraticamente eletto.

 

Ancor più ampia è la fluttuazione delle alternative a scala planetaria, proprio mentre si è chiusa a Nairobi, con promesse di cooperazione e convergenza, la quinta Assemblea generale del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), ed invece incombono rischi di ulteriori fratture e irrigidimenti, tali da compromettere da un lato le politiche ambientali e dall’altro la stessa ‘globalizzazione’ (ma non nel modo e nel senso auspicato dai teorici della ‘decrescita felice’).

Brutti tempi, insomma, per gli utopisti, ma anche in realtà un maggior lavoro da compiere, per recuperare gli arretramenti e riprogettare i percorsi verso un futuro migliore, tenendo conto degli sconvolgimenti in atto negli ordini di priorità personali e collettivi.

L’utopia non deve abbandonare, bensì raddoppiare gli sforzi.

Perciò in questo numero di Utopia21 proseguiamo ad esaminare gli argomenti che già erano sotto la nostra attenzione, non ‘facendo finta di niente’, ma cercando invece di capire il più possibile le nuove implicazioni e contraddizioni.

Aprendo nel frattempo, con chi vorrà confrontarsi, anche un dibattito specifico su PACE, GUERRA, AMBIENTE E NONVIOLENZA  .

 

aldovecchi@hotmail.it

 

Fonti:

1.    Luigi Manconi – LA RESISTENZA ARMATA E’ ETICA – su “La Repubblica”, 10 marzo 2022 - https://www.repubblica.it/commenti/2022/03/08/news/perche_la_resistenza_armata_e_etica-340669601/

2.    Vito Mancuso - NO ALLA GUERRA MA LE ARMI VANNO INVIATE – su “La Stampa” del 6 marzo 2022 - https://www.lastampa.it/editoriali/lettere-e-idee/2022/03/05/news/sono_contrario_alla_guerra_ma_le_armi_vanno_inviate-2868692/

3.    Aldo Vecchi – GUERRE, PACE, NON-VIOLENZA, UTOPIA – su Utopia21, gennaio 2019 - https://drive.google.com/file/d/1hbalUTWBO-x3EaUhT4xA1MfPq1erZT8R/view?usp=sharing

4.    Edgar Morin – IL DESTINO DI UNA GUERRA NEL CUORE DELL’EUROPA – su “La Repubblica” del 10 marzo 2022 - https://www.repubblica.it/cultura/2022/03/09/news/ucraina_il_destino_di_una_guerra_nel_cuore_delleuropa-340823118/

5.    Stefano Levi della Torre – L’UCRAINA E LE RESPONSABILITÀ DELL’EUROPA – su “Il Fatto Quotidiano” del 15 marzo 2022 - https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/15/guerra-leuropa-deve-mediare-senza-la-nato-2/6526003/

6.    Guido Viale - L’UNIONE EUROPEA RITROVI LA CAPACITÀ DI UNA MEDIAZIONE DI PACE -  su “Il Manifesto” del 14 marzo 2022 - https://ilmanifesto.it/lunione-europea-ritrovi-la-capacita-di-una-mediazione-di-pace/

7.    Aldo Vecchi – LA CONSULTAZIONE SUL FUTURO DELL’EUROPA – su Utopia21, luglio 2021 - https://drive.google.com/file/d/1Ctey-OLABoVDjzUKxt-gzSV1WOi2F9ze/view?usp=sharing

 



[A] Ancor meno credo che possano essere risolutive per una efficace mediazione singole personalità, pur apprezzabili, come la signora Merkel: in particolare non mi pare che gli accordi di Minks, patrocinati dalla Merkel, siano alla lunga riusciti come un capolavoro di stabilità.

 

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