Qualche approfondimento e qualche domanda, tra il realismo e le utopie, del disarmo e dell’Europa
Sommario:
-
la svolta verso la
maggior spesa militare
-
com’erano le previsioni
di spesa prima della guerra
-
uno sguardo comparativo
internazionale
-
alcune considerazioni e
domande
LA SVOLTA VERSO LA
MAGGIOR SPESA MILITARE
Nel
dibattito improvvisato sull’aumento delle spese militari sono emerse
valutazioni e posizioni che meritano qualche approfondimento.
Andando
a ruota del governo tedesco (la cui decisione fa più notizia, sia per le
dimensioni economiche del bilancio tedesco, sia per la peculiare ‘storia militare’
della Germania) il Governo Draghi ha enunciato la volontà di procedere, a
partire dalla Legge Finanziaria per il 2023, ad elevare la spesa militare al 2%
del Prodotto Interno Lordo nazionale, a fronte di un incidenza attuale assai
inferiore (attorno all’1,4%).
Collegata
emotivamente e propagandisticamente alla guerra di invasione della Federazione
Russa in Ucraina, la tendenza alla maggior spesa – prontamente avallata da un
voto parlamentare – risponde anche a
ripetute sollecitazioni da parte degli USA (in particolare già sotto la
presidenza Trump) ad ottemperare ad un indirizzo assunto collegialmente dai
paesi aderenti alla NATO nel 2014 (dopo l’annessione russa della Crimea), e
successivamente ribadito nei successivi vertici NATO, con orizzonte al 2024.
Poiché
l’impegno corrisponde a circa 10 miliardi di € annui in più (da 25 a 35), da
reperire o tagliando altre spese (sociali?) o introducendo nuove tasse oppure
ampliando ancora il debito nazionale, è evidente la preoccupazione, che ha
colto anche qualche forza politica, all’indomani dell’ordine del giorno
approvato dalla Camera dei Deputati quasi all’unanimità. Anche se nei giorni
successivi si è parlato di diluire l’incremento fino al 2028 (pertanto con un
aumento medio di 1,5 miliardi ogni anno per 6 anni, anziché di 5 miliardi in
ciascuno dei prossimi 2 anni), l’incidenza della nuova spesa resta rilevante,
come si verificherà nei prossimi mesi, redigendo la legge Finanziaria per il
2023.
Infatti
il Documento di Economia e Finanza (DEF) per il 2023, appena varato dal
Consiglio dei Ministri 1 (documento cui non compete di disaggregare già la
spesa pubblica complessiva), non prevede sfondamenti né verso le tasse né verso
il debito; e se la risoluzione con cui il Parlamento ha approvato il DEF tra il
19 e il 20 aprile apre la strada ad un ulteriore “scostamento di bilancio”, non
accenna però a finalizzarla alle suddette spese militari, bensì a tutt’altro,
dai pressanti impegni contro il caro-energia a generici indirizzi a favore di
ricerca, imprese, lavoro, istruzione e sanità (nonché con specifici dettagli
per una estensione del bonus 110% per le case unifamiliari) 2 .
COM’ERANO LE PREVISIONI
DI SPESA PRIMA DELLA GUERRA
A
fronte di molti disinvolti sostenitori del necessario adeguamento delle spese
militari alla soglia del 2% di PIL che hanno cercato di minimizzare
l’importanza della decisione con l’argomento “si tratta solo di rispettare
impegni già assunti” [1], mi preme evidenziare che
invece sono stati lo stesso Governo e lo stesso Parlamento, nella recente approvazione della legge Finanziaria
per il 2022, a trascurare platealmente tale impegno, confermando pressoché invariato
l’importo delle spese per la “Difesa e sicurezza del territorio”, come si può
leggere nel seguente estratto dalla Gazzetta Ufficiale 3 (cui vanno
aggiunti altri 700-800 milioni dalla voce 32 “servizi istituzionali e generali
delle amministrazioni pubbliche”, ma anche qui senza significativi aumenti
nell’ambito del triennio 2022-2024).
UNO SGUARDO COMPARATIVO
INTERNAZIONALE
Sgomberato
il campo dagli automatismi e dai “meri adempimenti di impegni pregressi”, si
tratta di valutare l’opportunità e l’efficacia di questa decisione innovativa
(che – come dicevo – appare quindi come una risposta alla crisi ucraina), in
relazione ai propri criteri di giudizio, ma guardando anche al contesto
internazionale delle spese militari.
A
tal fine, attingendovi tramite Wikipedia 4, riproduco per estratto
una tabella (con link all’intero), purtroppo aggiornata solo al 2009/2014,
redatta dall’organismo indipendente svedese SIPRI [2], sulla spesa militare
assoluta e sull’incidenza rispetto ai PIL dei singoli stati (sono comunque
assai interessanti i rapporti annuali SIPRI 5,6):
Sempre
da fonte SIPRI, rielaborata da ”Il Sole-24 ore” 7, riporto le
seguenti stime, aggiornate al 2020 per i primi 10 Stati in ordine di spesa
assoluta (in miliardi di dollari):
USA |
766 |
|
ARABIA
SAUDITA |
55 |
CINA |
245 |
|
FRANCIA |
52 |
INDIA |
73 |
|
GERMANIA |
52 |
RUSSIA |
66 |
|
GIAPPONE |
48 |
REGNO
UNITO |
58 |
|
COREA
DEL SUD |
46 |
Rispetto
al decennio precedente spiccano gli incrementi di Cina e India (nonché il
valore assoluto degli USA).
I
dati in esame richiedono alcune considerazioni generali (in parte rilevate
dallo stesso SIPRI), del tipo:
-
probabilmente
non tutti gli Stati mostrano uguale trasparenza nella classificazione delle
proprie spese (e addirittura già nel calcolo del PIL),
-
mentre
i prezzi degli armamenti moderni sono tendenzialmente omogenei nel quadro
internazionale, così non è per il “soldo”, cioè per gli stipendi dei soldati, e
pure per le spese generiche di vettovagliamento e approvvigionamento,
-
a
parità di potenziale propensione pacifica di un singolo stato, le oggettive e
soggettive esigenze di difesa variano a seconda del vicinato che si ritrova, ma
anche della propria estensione e conformazione (l’Australia sembra messa meglio
della Corea del Sud, ad esempio, come vicinato, e peggio come estensione),
-
anche
se appare utile per svolgere confronti, la logica intrinseca della tabella
(così come della direttiva NATO della spesa militare al 2% del PIL) è che più
uno stato è ricco di PIL più può spendere per il suo esercito: logica
obiettivamente alquanto “plutocratica”…
ALCUNE CONSIDERAZIONI E
DOMANDE
Considerato
quanto sopra, appare comunque abbastanza chiaro che – circoscrivendo il
confronto a U.S.A., Federazione Russa e Stati Europei (quindi con prezzi
abbastanza omogenei, da ‘nord del mondo’, anche se gli stipendi russi sono
probabilmente assai più bassi, e quindi consentono più numerose truppe) le singole nazioni europee, attorno al 2%,
risultano come gusci di noce in mezzo a due ganasce di ferro (attorno al 4%):
diversa sarebbe la valutazione sulle spese assolute (con l’intera Unione
Europea oltre i 300 milioni, vicina agli USA e molto più alta della Russia), ma
al momento l’Europa non ha (ancora) un esercito ed una politica militare comune
(se non come NATO, e quindi subalterna alla oggettiva prevalenza americana).
Per
questa volta pertanto non mi sono pertanto allineato con Papa Francesco, che ha
prontamente stigmatizzato gli intendimenti di maggior spesa militare di
Germania e Italia, ma senza rapportarli alla ‘concorrenza’ di amici e nemici
(che già spendono più del doppio), mentre ho condiviso la successiva
‘rettifica’ (se si può ipotizzare che un
papa si rettifichi…) di parziale comprensione del Papa verso gli Stati che
si riarmano, e però si dimostrano prigionieri di una “logica caina”: cainismo
da cui invece, dice il Papa (ed anch’io
nel mio piccolo concordo) si deve uscire, riprendendo la difficile strada
del disarmo.
Francamente
in questo momento però non so da dove potrà riprendere la strada verso il
disarmo, multilaterale e bilanciato [3]: mi piacerebbe che la pace
- che ad un certo punto, prima o poi, subentrerà alla guerra in atto - possa
costituire una fase di ripensamento complessivo dei rapporti internazionali
(includendo una riforma democratica dell’ONU, senza diritti di veto per le antiche
potenze); pace, disarmo e “governance globale democratica” che sono inoltre
indispensabili per riprendere il cammino verso una equa transizione ecologica
(e contrastare il disastro climatico/ambientale) 8,9,10,11,12; ma al
momento, come mia personale speranza, mi accontenterei anche di quelle mezze
paci (armistizi, tregue, cessate il fuoco) che salvano molte vite e rimandano
le soluzioni a tempi migliori (possibilmente senza nel contempo umiliare ed
opprimere la popolazione del paese aggredito, che è l’Ucraina).
Non
credo nemmeno che per sperare nel disarmo futuro occorra passare da un
immediato riarmo italo-tedesco.
Mi
pare invece che la questione nazionale delle spese militari vada subordinata
alla più complessa questione della Difesa Europea, che a sua volta richiede
forse preliminarmente una svolta federale dell’Unione Europea, o almeno del suo
nocciolo centrale, superando i diritti di veto dei singoli stati (a maggior
ragione se nel frattempo l’Unione si allargasse ad Est, verso Ucraina, Moldavia
e Georgia, e nei Balcani).
E
che quindi come cittadini europei ci si debba chiedere (come già hanno fatto
altri commentatori ed anche qualche politico [4] e come accennavo in precedenti articoli 13,14):
-
siamo
disposti a cedere sovranità nazionale in materia militare?
-
cosa
significa riorganizzare la politica di difesa in termini federali? (a spanne mi
sembra spendendo di meno e non spendendo di più) [5]
-
una
Difesa Comune Europea, ma per quali politiche?
-
l’Europa
“ripudia la guerra”?
-
come
si ripudia la guerra con vicini aggressivi (Russia) ed amici ingombranti (USA)?
-
e
con partner/rivali quanto meno ‘enigmatici’ (Cina)?
Nonché:
cosa c’entrano con la nostra sovranità (nazionale od europea) le basi
“americane” (non della Nato, ma degli USA) tuttora presenti in Italia e
Germania, potenze sconfitte nella lontana seconda guerra mondiale?
Senza
rispondere a simili domande, mi pare che aumentare le spese militari dal 2023
(in ambito NATO) sia più che altro una scelta politico-simbolica di “fedeltà
atlantica”: non so quanto deterrente verso l’aggressività russa, ma certamente assai
proficua per il complesso industrial-militare, nazionale ed estero (e per noi varesotti, anche “locale”, vista
la rilevante presenza in questo territorio di Leonardo/Agusta/Aermacchi).[6]
Fonti:
1.
https://temi.camera.it/leg18/provvedimento/il-documento-di-economia-e-finanza-def-2022.html
2.
https://ageei.eu/ecco-cosa-dice-la-risoluzione-di-maggioranza-al-def-approvata-alla-camera/
3.
https://www.mef.gov.it/focus/Legge-di-Bilancio-2022/
4.
https://it.wikipedia.org/wiki/Stati_per_spesa_militare
5.
https://www.sipri.org/sites/default/files/2021-10/yb21_summary_ita.pdf
6.
https://www.sipri.org/sites/default/files/2020-09/yb20_summary_ita.pdf
8.
Fulvio
Fagiani - GOVERNARE IL SISTEMA TERRA – su Utopia21, maggio 2019 https://drive.google.com/file/d/1fQtaIqS6XXpc0yaH9HCXkk279X2IJVBV/view?usp=sharing
9.
Fulvio
Fagiani – POLITICHE E GOVERNANCE PER LA SOSTENIBILITÀ - su Utopia21, maggio
2021 - https://drive.google.com/file/d/1v9fTpUR9vwy7BJKBPJUtfnZS6F7YCHMd/view?usp=sharing
10.
Fulvio
Fagiani – LA DEMOCRAZIA E LA SOSTENIBILITÀ, COMPATIBILITÀ, CONTRADDIZIONI - su Utopia21, marzo 2022 - https://drive.google.com/file/d/14xa6xJXO8n37ld1NKlA36HldkX2fyBN8/view?usp=sharing
11.
Fulvio
Fagiani – LA COSTITUZIONE DELLA TERRA DI LUIGI FERRAJOLI - su Utopia21, marzo
2022 - https://drive.google.com/file/d/11-wTOnt0VmFCwHVC52w7sna8ehCvj0Xc/view?usp=sharing
12.
Fulvio
Fagiani – DISCUSSIONE (riferita ai 2 precedenti articoli) - su Utopia21, marzo
2022 - https://drive.google.com/file/d/1vAtOCUJizZRpOWrr0IoML8MYaieUk8a6/view?usp=sharing
13.
Aldo
Vecchi - LA CONSULTAZIONE SUL FUTURO
DELL’EUROPA – su Utopia21, luglio 2021 https://drive.google.com/file/d/1Ctey-OLABoVDjzUKxt-gzSV1WOi2F9ze/view?usp=sharing
14.
Aldo
Vecchi - GUERRA, PACE, AMBIENTE E NONVIOLENZA – su Utopia21, marzo 2022 - https://drive.google.com/file/d/1rniZaTobeyHCWvx-fQ5wx-HctLBKqs1W/view?usp=sharing
[1]
Tra questi sostenitori mi ha
colpito la presenza dell’on. Piero Fassino, che abitualmente mi pare più
aderente alla realtà dei fatti.
[2] L'Istituto Internazionale di Ricerche
sulla Pace di Stoccolma (IIRPS, in inglese Stockholm International Peace
Research Institute, SIPRI)
[3]
Vedi anche l’appello
internazionale degli scienziati, promosso da Carlo Rovelli, per una riduzione
multilaterale e progressiva delle spese militari (2% annuo), sfortunatamente
lanciato appena prima dell’inizio delle “operazioni militari speciali”
putiniane.
[4]
Romano
Prodi, ad esempio, ha dichiarato: “Questi aumenti di spesa si fanno solo quando
si è fatta una politica estera e di difesa comune. E sono molto preoccupato del
fatto che la Germania abbia enormemente aumentato il suo bilancio. Fare prima
questo e poi vedere chissà quando una politica europea comune è pericoloso. Ci
allontaniamo dalla politica europea condivisa”.
[5] D’altronde in questa
direzione si è pronunciato lo stesso Presidente del Consiglio, Mario Draghi,
nel corso della conferenza-stampa a Washington l’11 maggio, recependo – seppur ancora
senza alcun atto formale – un orientamento trasversale maturato tra i partiti
della maggioranza, dopo gli entusiasmi iniziali verso l’aumento delle spese
comunque al 2% del PIL. Questo articolo è stato chiuso prima del dibattito
parlamentare previsto per il giorno 19
maggio 2022.
[6]
A proposito di risvolti economici,
tra i fautori della maggior spesa militare si sono distinti alcuni commentatori
(non ricordo più chi su “La Repubblica”) che ne hanno esaltato le potenziali
ricadute positive sia dirette (domanda interna) sia indirette (ricerca): ho in
questo caso apprezzato, sempre su “La Repubblica” del 15 aprile, l’articolo di
Tito Boeri e Roberto Perotti, che semplicemente contrappone l’ipotesi che
ricadute assai maggiori s conseguano investendo direttamente in ricerca
civile ed in spesa pubblica sociale.
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