BERSAGLI E FORME DI LOTTA
di Aldo
Vecchi
Un contributo al dibattito
sugli obiettivi e sugli strumenti lungo la complessa strada della “giusta
transizione” energetica ed ecologica
Sommario:
- DAMNATIO MEMORIAE
-
TRA
PROSCRIZIONE E LINCIAGGIO MORALE
-
PERSONALIZZAZIONE
POLITICA…
-
… E
SPERSONALIZZAZIONE SOCIALE
- DEMISTIFICAZIONE, CONTROINFORMAZIONE E
DISOBBEDIENZA CIVILE
DAMNATIO MEMORIAE
La proposta del Direttore di Utopia21, Fulvio
Fagiani, nell’editoriale dello scorso gennaio, sulla “Damnatio Memoriae” 1,
che dovrebbe essere attuata a carico dei responsabili (politici, aziendali,
mediatici) della mancata transizione ecologica, mi ha lasciato molto perplesso.
Filologicamente rilevo che la “Damnatio
Memoriae” consiste in una cancellazione postuma, a danno di persone che avevano
assunto notorietà, da parte di un potere costituito e dotato di una salda
egemonia culturale e/o di un forte controllo poliziesco e sociale.
Anche la cosiddetta “cancel culture”, promossa
da movimenti che giustamente rivendicano il ribaltamento di storiche
discriminazioni (razziali, coloniali, di genere) esprime l’ambizione di
raggiungere quel tipo di potere (esercitandolo già in parte “dall’opposizione”
e nelle nicchie di potere conquistate, ad esempio in ambito accademico),
caratterizzandolo come potenzialmente totalitario, e non inclusivo (ad esempio:
cancellare la memoria di Cristoforo Colombo anziché reinterpretarne la storia,
evidenziandone la figura predatoria, ecc).
Ammesso e non concesso che i soggetti
favorevoli alla transizione ecologica possano acquisire un domani un potere di
siffatta natura, il minacciare oggi la futura cancellazione, oltre che
altrettanto totalitario, mi sembra oggi (non essendo ‘al potere’) una
declamazione piuttosto inefficace.
TRA PROSCRIZIONE E LINCIAGGIO MORALE
I tentativi di cancellare avversari
contemporanei dovrebbe invece assumere altri nomi; ad esempio:
-
proscrizione, ostracismo od eliminazione
fisica, se esercitati da parte di poteri costituiti privi di scrupoli
garantisti
-
denuncia civile (ma anche forse linciaggio
morale), se esercitati da parte di movimenti socio-politici che non rivestono
(ancora) potere politico-giudiziario.
Nei regimi liberal-democratici la dialettica
politica e la libertà di critica da parte di media, movimenti e cittadini,
anche nei confronti di singoli esponenti dei vari poteri, si intrecciano
variamente con l’esercizio del potere giudiziario, più o meno indipendente dai
potentati politici ed economici e dagli influssi della pubblica opinione, e che
però è il solo ambito in cui le responsabilità individuali possono essere
accertate (con il massimo di verità concretamente possibile), con un aperto
confronto tra accusa e difesa.
Nella proposta di Fagiani, si tratterebbe
soprattutto di anticipare la denuncia verso i responsabili di crimini
ecologici, crimini che però il quadro legislativo e penale vigente ancora non
considera come tali.
Al momento la strada per mutare il quadro
legislativo e penale è ancora tutta in salita (potrà mutare per effetto delle
pressioni dei movimenti – ne parlo più avanti - , nel contesto di
trasformazioni sociali complesse e rapporti di forza non definibili a priori);
se si denunciano fin d’ora i responsabili ci si dovrebbe porre comunque il
problema di quanto saranno effettivamente perseguibili ex post: perché in un
quadro di continuità istituzionale vige il criterio della non retroattività
delle norme penali, mentre in una ipotesi di ‘rottura rivoluzionaria’ (o comunque di discontinuità
istituzionale) la punibilità degli esponenti del precedente regime costituisce
una questione morale e politica non dappoco, che – ad esempio – l’Italia
post-fascista affrontò con l’amnistia di Togliatti ed invece il Sud Africa di
Mandela con l’originale esperienza della “Commissione per la Verità e la
Riconciliazione”.
PERSONALIZZAZIONE POLITICA…
Tutto quanto sopra implica una netta
personalizzazione dello scontro politico, che a mio avviso mal si concilia con
il carattere inclusivo che la cultura ecologista dovrebbe esprimere per la sua
stessa attenzione costitutiva alle relazioni tra le parti ed il tutto: il
contrario quindi rispetto al confondere la parte con il tutto e le persone con
il loro ruolo temporaneo.
Viceversa la personalizzazione ha connotato
storicamente, ed a maggior ragione connota attualmente, sia le ideologie di
destra[A]
(dai ‘partiti personali’ e aziendali al presidenzialismo nelle sue varie
forme), sia il chiacchiericcio imperante sui vecchi e nuovi media in tutti i
campi, dallo sport e spettacolo alla politica, assimilando purtroppo alla fin
fine la politica allo spettacolo[B].
Rammento anche, senza alcuna indulgenza[C],
campagne di demonizzazione personale sviluppate da sinistra negli anni ’70 come
quelle di Lotta Continua ed altri contro il Commissario Calabresi e contro
Amintore Fanfani, oppure dall’Espresso (e anche dalla “sinistra parlamentare”)
contro il Presidente della Repubblica Giovanni Leone.
E peggio (ma probabilmente non da sinistra) con
il lancio di monetine a Craxi; ma solo quando già era in disgrazia, e non
prima.
Diverso è il caso di Berlusconi, che della
personalizzazione negativa, sviluppata da parte dell’opposizione e dei media, a
mio avviso non poteva lamentarsi più di tanto, dato il culto della personalità da
lui stesso e dai suoi sostenitori sviluppato in proprio favore (senza però escludere
che si sia infine avvantaggiato anche della demonizzazione avversaria).
… E SPERSONALIZZAZIONE SOCIALE
A questa personalizzazione, talora estrema,
già estremizzata dai regimi totalitari del ‘900 e ora rilanciata nelle
contemporanee autocrazie di diversa gradazione (Cina, Russia, Turchia,
Ungheria) ed in regimi ancora democratici come India, Brasile, Argentina e
negli stessi Stati Uniti, corrisponde però, nell’ambito della organizzazione e
riorganizzazione dei poteri economici transnazionali, una diffusa apparente spersonalizzazione
delle catene di comando, come sanno i lavoratori delle “piattaforme”, come i
riders, oppure ad esempio quegli operai che si trovano licenziati con un
messaggio telematico e per effetto di decisioni prese da azionisti remoti
nascosti in un fondo di investimento [D].
Ciò rende difficile individuare le
responsabilità, non solo personali, ma degli stessi soggetti giuridici che
assumono le effettive decisioni nel contrastato processo di transizione
energetica, sia dirette – come le scelte aziendali in materia di produzione,
marketing, pubblicità – sia indirette, nel condizionare i governi e le opinioni
pubbliche tramite operazioni finanziarie, mediatiche e lobbistiche.
DEMISTIFICAZIONE, CONTROINFORMAZIONE E DISOBBEDIENZA CIVILE
Sarebbe molto utile, pertanto, da parte dei
movimenti e delle forze politiche e sindacali orientati verso “una giusta
transizione”, una persistente campagna di demistificazione e controinformazione
per portare alla luce quanto vi è di oscuro e di adulterato (greenwashing) nei
suddetti processi decisionali, non per demonizzare le singole persone che
decidono, bensì per esplicitare le responsabilità degli organismi decidenti.
E per illuminare così i possibili scenari di
possibili vertenze sociali e di possibili azioni dimostrative di protesta ed
anche di disobbedienza civile.
Pratica di demistificazione rispetto alla
quale la denuncia morale verso le singole persone mi sembra una discutibile
scorciatoia.
Per tentare di spostare in avanti, in
direzione della tutela ambientale, i confini della legalità (fino, ad esempio, a
configurare come reati le inadempienze verso la mitigazione climatica, ecc.)
ritengo infatti che lo scontro debba essere portato – con modalità da ricercare
accuratamente – nel cuore delle questioni, ad esempio con sit-in (e anche
piogge di e-mail) verso i luoghi e nei tempi delle decisioni aziendali [E]
e/o istituzionali, con sciopero dei consumi di determinati prodotti, con
esercizio massiccio e dimostrativo della mobilità lenta oppure della
piantumazione e cura di spazi abbandonati, ecc.
Grosso modo il contrario di quanto teorizzato
e praticato dai militanti di Ultima Generazione che scelgono bersagli
totalmente non pertinenti, come le opere d’arte, per dare visibilità mediatica
al loro dissenso di piccole avanguardie, senza curarsi affatto delle
‘retroguardie’ (oppure bloccando ‘le masse’ nel traffico mediante blocchi
stradali che sembrano rivolti contro gli automobilisti e non contro i
carburanti fossili).
Gandhi, per fare un esempio opposto, guidava
lotte concrete, oltre che simboliche, contro gli interessi dei colonialisti
inglesi riguardo al sale e alla tessitura; e non incitava ad imbrattare le
statue della regina Vittoria.
La questione dei bersagli e delle forme di
lotta mi sembra ancor più rilevante in questa fase in cui il “sonnambulismo
sociale” di cui al rapporto Censis, come richiamato da Fulvio Fagiani nel
suddetto articolo “Damnatio memoriae”, mi pare pervada ampiamente il fronte
ambientalista (se sulla Cop 28 non era possibile manifestare a Dubai, lo si
poteva ben fare in gran parte del mondo ‘libero’, ma francamente non lo si è
visto) ed anche lo scontro sociale sembra alquanto latitante, malgrado la forte
inflazione accumulata e le opzioni di politica economica del Governo Meloni,
ben denunciate da CGIL e UIL e da parte delle opposizioni parlamentari, ma con
limitato seguito negli scioperi e manifestazioni.
Mentre le piazze sono invase da ampie frange
degli agricoltori di diversi paesi europei, con un segno complessivo delle
proteste non propriamente favorevole all’ambientalismo e al Green Deal europeo.
Forse, nel riflusso, è opportuno riflettere
sulle questioni fondamentali.
(Sul tema delle forme di lotta e delle
avanguardie richiamo anche l’articolo su Utopia 21 del settembre 2019 e altri
precedenti).
aldovecchi@hotmail.it
Fonti:
1.
Fulvio
Fagiani - DAMNATIO MEMORIAE E SONNAMBULISMO - su Utopia21, gennaio 2024 segue- https://drive.google.com/file/d/1VhaHPXWNJg6own21o18t6VnALS8Do2rF/view?usp=drive_link
2.
Fulvio
Fagiani e Aldo Vecchi - DIBATTITO SULLA TRANSIZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ - su
Utopa21, settembre 2019 - https://drive.google.com/file/d/12FdhXnGpWjXtpE7bLSwnP9Q_VLZjbo3I/view?usp=sharing
3.
Aldo
Vecchi - TRE RIFLESSIONI POLITICHE: ’68, POPULISMO, NONVIOLENZA - Quaderno 9 di
Utopia21, settembre 2019 -
https://drive.google.com/file/d/1dg_AbDh33gSf4k4xme4bXpax6r7aoyOT/view?usp=sharing
[A]
Mi sono imbattuto, mentre scrivevo
questo testo, in una citazione da Pietro Nenni, riportata da Giuliano Amato
(che pure non è precisamente un mio riferimento politico-morale): “Se avete una
critica da muovere, criticate sempre le idee e non le persone, perché questo lo
facevano i fascisti e noi siamo diversi”
[B] Ultimo sottoprodotto di tale tendenza è l’uso strumentale delle
candidature plurime alle elezioni europee (senza poi andare al Parlamento
Europeo), che si profila da parte di Giorgia Meloni, sull’esempio storico di
Berlusconi, e che verrebbe forse imitato anche da Elly Schlein.
[C] Esprimo quindi anche una parziale
autocritica, non per la mia adesione a Lotta Continua, che avvenne non a caso,
come Collettivo Autonomo di architettura, solo dopo una specifica svolta
politica del 1973, ma per una prassi di demonizzazione personale nella
propaganda politica che si era diffusa nelle esperienze di contestazione, non
tanto in facoltà di architettura ma soprattutto in provincia
[D]
Didascalici in proposito i film
francesi “Louise-Michel” di Benoît Delépine e Gustave Kervern, del 2008, e “In
guerra”, del 2018, ed anche altri film di Stephane Brizé con Vincent Lindon.
[E]
Interessante in tal senso, come
metodo, mi erano sembrate alcuni anni addietro, le iniziative di Beppe Grillo,
quando interveniva come “azionista” alle assemblee di grandi società come ENI,
Telecom, Montepaschi; esperienza che è stata così di fatto bruciata, senza
lasciare grandi tracce, penso per l’inconsistenza teorica di Beppe Grillo (un
Re Mida che tutto ciò che tocca trasforma in caciara?) e dell’ambientalismo del
MoVimento 5Stelle, i cui esiti più recenti sono stati la spinta alla scelta
(rivelatasi a mio avviso assai deludente) di Roberto Cingolani come ministro
della Transizione Ecologica nel governo Draghi e poi la caduta anticipata dello
stesso governo Draghi (motivata dalla avversità al termovalorizzatore di Roma),
che ci ha portato così a godere in anticipo della successione di Cingolani con
Gilberto Pichetto Fratin: cambio che, pur senza voler demonizzare le persone, come
ho appena finito di predicare, non sembra comunque un gran risultato.
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