A - IL PD E GLI ALTRI
Anche se l’argomento
dell’organizzazione del PD interessa, in termini non strumentali ai propri
interessi di corrente, quasi solo a Fabrizio Barca, che da anni cerca di
formulare sensate e poco ascoltate proposte (ad esempio organismi dirigenti nazionali
non elefantiaci e non schiacciati dalla diretta-in-streaming), penso invece che
la questione, ancorché ostica, dovrebbe stare a cuore a tutti quegli italiani
che ancora tengono veramente alla democrazia in questo paese, compresi coloro
che da sinistra hanno votato NO al recente referendum.
Perché tra le altre forze
politiche rilevanti di democrazia ce n’è comunque molto poca (se c’è in piccole
formazioni di sinistra o di centro, è comunque oggettivamente poca cosa, data
la loro attuale dimensione e le incerte prospettive):
-
A destra, Salvini e Meloni &C potrebbero
anche essere espressione di meccanismi partitici encomiabili (lo ipotizzo in linea
del tutto teorica), ma è comunque anti-democratica l’essenza dei loro
programmi, imperniati da un lato sull’esclusione degli immigrati, che nega
l’universalità dei diritti umani e dall’altro lato su una proposta di una
tassazione dei redditi ad aliquota unica, che contraddice il fondamentale
principio democratico della progressività del fisco (e smentisce ogni loro pretesa
di rappresentare il popolo)
-
Al centro-destra Forza Italia permane tuttora
una struttura monarchica, anche se il vecchio Re rischia di perdere addirittura
gli originari possedimenti del Milan e di Mediaset
-
Né a destra né a sinistra, pare veleggiare con favor
di sondaggi il Movimento5Stelle, iper-democratico per alcuni aspetti formali
(senza dirette-streaming, sia comunque ben chiaro), ma in modo evidente tuttora
consustanziato nel potere personale e aziendale di Grillo&Casaleggio
Associati (il “passo indietro” di Grillo è stato da lui smentito, quando ha sciolto
l’improvvisato Direttorio, non diversamente dal “ritiro dalla politica”
annunciato da Renzi&Boschi; il passo oltre di Casaleggio padre,
indubbiamente irreversibile, è stato colmato dalla ereditarietà diretta
monarchico-aziendale, che nemmeno ad Arcore è stata perseguita).
B: SEGRETARIO E PREMIER?
Riflettendo sulle angustie
attuali del PD, ma anche sulla sua precedente breve storia, mi appare sempre
più insensata la norma della coincidenza di incarichi tra Segretario del
Partito e Presidente del Consiglio (o candidato-presidente), intimamente
connessa con la pretesa “vocazione maggioritaria” e con il tipo di legge
elettorale in vigore nel tempo.
Sotto il profilo formale già non
si combinano le autonome cadenze congressuali del PD con la durata (teorica ed
effettiva) delle legislature: che senso ha tenere i congressi nel
2008-2011-2014-2017, quando le elezioni politiche si dovevano svolgere nel
(2006)-2011-2016 e cadono poi invece nel (2006)-2008-2013-(2017 o 2018)? E’
ragionevole che un premier in carica sia potenzialmente sconfessato dal
congresso del suo partito, dopo un periodo casualmente predeterminato in 1 o 2
o 3 anni? Oppure che il vincitore di un
congresso rimanga comunque candidato-premier in una stagione politica nel
contempo radicalmente mutata, perché gli eventi storici non aspettano i
congressi?
Bersani, eletto segretario nel
2011, rimediò proponendo volontariamente nuove primarie (per altro di
coalizione) prima delle elezioni del 2013; Renzi dovrebbe fare quanto meno
altrettanto, ed invece pare che pretenda di ri-candidarsi a premier, dopo la
batosta delle comunali e del referendum, sulla base della mozione congressuale
con cui vinse il congresso dell’ormai lontano 2014 (dove ad esempio proponeva di svolgere una
consultazione di base, promossa dal
partito, sui temi delle riforme della scuola e del lavoro, mentre oggi sappiamo
che ha poi condotto la consultazione sulla scuola come Governo ed ha poi concluso
la riforma del lavoro senza alcuna consultazione di massa, ed anzi ignorando
anche il parere finale del Parlamento ed i saggi consigli di Cesare Damiano).
Sta di fatto che in otto anni il
PD ha alternato 3 segretari eletti tramite primarie (Veltroni-Bersani-Renzi) con
2 segretari di transizione (Franceschini ed Epifani), e 3 presidenti del
consiglio di cui 2 di transizione, mai eletti segretari (Letta e Gentiloni).
La coincidenza delle due cariche,
al vertice di Governo e Partito, è stata sperimentata solo nei mille giorni di
Renzi e se sulla sua esperienza di governo sono possibili differenti giudizi,
ma è innegabile l’energia profusa e la concretezza di molti risultati, per
quanto riguarda il partito è difficile trovare elementi di valutazione
positivi, tranne l’attenuante che già prima la Ditta non stava tanto bene: la
rottamazione si è fermata, le correnti ed i potentati locali hanno continuato a
proliferare, non si è vista iniziativa politica autonoma dal governo, con gli
organismi nazionali (segreteria, direzione e assemblea) schierati a difesa di
ogni scelta del leader (comprese quelle più improvvisate ed a mio avviso
inopportune, come l’abolizione delle tasse sulla prima casa fino ai più alti
livello di rendita e di reddito).
C: PD TRA VACAZIONE E VOCAZIONI
Questa condizione di “vuoto
sostanziale” del PD come partito lo riduce ad una sorta di “spazio elettorale”,
che prospera tuttora perché il campo di forze esterne negative (M5Stelle e
Destra) risulta radicalmente indigesto a troppe persone “benpensanti”, ma
rischia di essere dilaniato dal “campo di debolezze” che all’interno se ne
contendono il controllo: cosicché a breve termine è difficile che maturino
serie alternative alla declinante leadership di Renzi, sia nell’area variamente
renziana, sia a sinistra, dove tuttora vige l’inesorabile legge della
contrapposizione di candidati (sempre quindi a vantaggio di Renzi): ieri
Cuperlo-Civati (poi a Milano Majorino-Balzani) ed oggi Speranza-Rossi.
La linea della “vocazione
maggioritaria” dovrebbe essere alternativa a quella della “politica delle
alleanze”:
-
la prima comporta un partito plurale, ma unito
su forti elementi programmatici, capaci di pescare consenso in più direzioni; enunciata
da Veltroni, con i suoi flebili “ma anche” e perseguita da Renzi, ha avuto un
certo successo nei primi 100 giorni (40% al solo PD alla europee del 2014), ma
pare sostanzialmente fallita alla distanza dei 1000 giorni (sempre 40% al
referendum costituzionale, ma in condominio con altri flussi elettorali, e
quando occorreva almeno un 51%): sia per
il partito, né veramente plurale né tanto meno unito, sia per il programma, che
alla fin fine ha scontentato a sinistra senza guadagnare al centro;
-
la seconda invece richiede un più chiaro
riconoscimento della propria capacità di rappresentare idealità, ceti e
interessi, e la successiva ricerca di mediazioni con altre rappresentanze di
idealità, ceti ed interessi: rammenta vecchie cose, dal miglior Pci al miglior
Prodi, ma difficilmente può essere riesumata dagli avanzi della ditta
D’Alema-Bersani (dove a mio avviso non si è sedimentato il meglio del PCI).
D: QUALE LEGGE ELETTORALE?
In ogni caso mi sembra
improbabile riattivare una “vocazione maggioritaria” senza una legge elettorale
maggioritaria, e mi pare che tiri un’aria parecchio proporzionale (pienamente
proporzionale, d’altronde, è il meccanismo già vigente per il Senato, a seguito
della Sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum):
-
l’Italicum, sconfessato indirettamente dal
referendum ed abbandonato dallo stesso Renzi (prima con il lodo Cuperlo e poi
con l’appello per il ritorno al Mattarellum), in attesa di giudizio parziale
presso la Corte Costituzionale, essendo previsto per la sola Camera, sarebbe
comunque quasi impossibile da estendere al Senato, sia per motivi tecnici (il
precetto costituzionale della base regionale delle rappresentanze, e quindi
degli eventuali “premi”, precetto che ha inficiato anche il Porcellum) sia per
motivi politici (chi lo voterebbe?)
-
lo stesso Mattarellum, che non è affatto facile
da rimettere in pista sotto il profilo tecnico (andrebbe adeguato alle norme
costituzionali sopravvenute sulla parità di genere e sul voto degli italiani
all’estero, ed anche nel disegno dei collegi, per i mutamenti demografici
intercorsi), incontra a quanto pare rilevanti ostilità politiche da parte dei
5Stelle, di Forza Italia e dei centristi; inoltre, anche se non è vero che ai
suoi tempi si accompagnava ad un quadro politico bipolare*, tra quota
proporzionale e scorporo, non è detto che assicuri, sia alla Camera che al
Senato, maggioranze certe a singoli partiti o coalizioni.
Ancora una volta “grande è il
disordine sotto il cielo”, e non solo riguardo alle leggi elettorali, ma in
compenso, smentendo Mao-Tse-Tung, la “situazione” non mi pare affatto
“eccellente”.
NOTA (vedi anche riepilogo di Roberto Roscani su l’Unità di fine
dicembre):
-
nel 1994 i poli erano 3: Progressisti –
Popolari+Segni – ForzaItalia+LegaNord(al nord)+AlleanzaNazionale(al centro-sud)
e Berlusconi vinse solo alla Camera (poi recuperò Tremonti e altri transfughi
centristi al Senato);
-
nel 1996 i poli erano tra 3 e 4: Ulivo e Rifondazione
con patto di “desistenza” (finché Bertinotti lo lasciò permanere) –
ForzaItalia+AlleanzaNazionale – LegaNord da sola;
-
nel 2001 i poli erano ancora 3: Rifondazione da
sola – Ulivo – CentroDestra unito;
-
nel 2006, quando i poli finalmente erano 2, il
Mattarellum fu abrogato per far posto al Porcellum… (e tentare così di non far
ri-vincere Prodi, limitando così le spese per l’acquisto di senatori da parte
di Berlusconi: vedi sentenza in giudicato per il caso DeGregorio:; tanto per
ricordare cosa può essere in Italia la “democrazia”).
PERVENUTO VIA E-MAIL
RispondiEliminaIl 4 dicembre sapevo che sarebbe stato un referendum su Renzi ma ho votato ugualmente SI per i contenuti della Riforma Istituzionale, ora di Riforme Istituzionali non si parlerà chissà fino a quando...e questo mi sembra un male per il paese; comunque la partecipazione popolare al referendum è stata un fatto positivo, ok, è stato un NO a Renzi. Ripartendo da qui grande è la confusione, anche solo dal fatto che Renzi, così sicuro di vincere (tempo fa), aveva fatto prima una legge elettorale che ora si rivela inutile, solo questo fatto dimostra l'incosistenza della sua lungimiranza e una pesante sua sconfitta che rivela un contatto mancante con la realtà del paese.
Ora io lascerei aperta la porta a proposte come quella di Pisapia, che invece viene subito osteggiata a sinistra dai soliti "intelligentoni" e settari. C'è spazio per una sinistra che sembra ormai scomparsa? Non mi sembra il caso di rinunciarci anche perché le cose nel PD non promettono nulla di buono, il buon senso dice che sconfitto Renzi dovrebbe nascere un'alternativa ma io non vedo nulla all'orizzonte se non Speranza, aspetta e spera...Se si muove Pisapia io penso che saprebbe ridare un senso a tutti i fuoriusciti PD, ma so che è poca cosa, servono nuove idee, il discorso è aperto.
A.P.
PERVENUTO VIA E-MAIL
RispondiEliminaHo letto con attenzione il lavoro di inizio anno e concordo sulle analisi fatte. La soluzione dei problemi appare sempre più difficile e i problemi di una stabile governabilità si sono aumentati anche per la mancata ridefinizione dei poteri del Senato a seguito del referendum.
A mio avviso si dovrebbe tornare al Mattarellum con governi di coalizione dove non vi sarà un candidato predefinito alla presidenza del consiglio, che verrà scelto dal Presidente della Repubblica sulla base dei risultati elettorali.
Su quanto scritto mi permetto due rilievi:
consustanziato: è un termine ecclesiale usato da Lutero che poco si addice a Grillo e associati
nelle note fatti elencati come 1984 e1986 dovrebbero essere aumentati di 10 anni.
E.C.
grazie per la correzione di decennio; difenderei invece il "consustanziato" nel senso di "formato della stessa sostanza", ma con un accento più metafisico (come merita il mistero gaudioso di Grillo&Casaleggio, venerati dagli adepti) ed ormai consumato, rispetto al più corrente "consustanziale" (che potrebbe essere più reversibile).
EliminaApprezzo la Tua condivisione di analisi e comprendo la Tua proposta sul Mattarellum, ma penso con raccapriccio che l'unica coalizione possibile forse sarebbe tra PD e Berlusconidi (pertanto di auguri per un miglior 2017 ne abbiamo bisogno parecchi).