La formazione di
diversi approcci alla sostenibilità urbana, passando dalla dimensione del
singolo edificio a quella del “quartiere”, in Europa (ed in Italia),
nell’intreccio tra problematiche tecnologiche e problematiche socio-economiche:
nel mezzo l’architettura e la forma della città.
Riassunto:
la citta’ sostenibile
non è solo la sommatoria di edifici energicamente virtuosi
la dimensione
intermedia tra casa e città, nell’Europa del 21° secolo
il ciclo di
progettazione di quartieri ecologici nel nord Europa dagli anni ‘90
panoramica sui
principali esempi di quertieri sostenibili in Europa
problematiche
specifiche nelle vicende dei nuovi quartieri sostenibili
i pochi casi in Italia
– il quartiere Albere a Trento
calo di interesse, in Italia,
negli ultimi anni (con l’eccezione olandese) – ma qualcosa si muove per le
periferie
intanto invece in
Isvizzera… (e in Francia)
nuove sirene: i
villaggi autarchici
- appendice 1: articolazione dei
problemi progettuali alla scala del quartiere, in funzione della densità
edilizia e degli orientamenti tipologici
- appendice 2: densità edilizie minime
LA
CITTA’ SOSTENIBILE NON E’ SOLO LA SOMMATORIA DI EDIFICI ENERGICAMENTE VIRTUOSI
Nel precedente articolo “IL
DIFFICILE PERCORSO VERSO LA SOSTENIBILITA’
AMBIENTALE DEI FABBRICATI” su UTOPIA21/gennaio 2017, ho cercato di evidenziare
i limiti sia della normativa vigente in Italia, sia degli stessi protocolli
volontari, che dovrebbero guidare ad una virtuosa transizione ecologica del
settore edilizio.
Tuttavia è innegabile che
nella progettazione dei singoli fabbricati stiano maturando in modo diffuso, e
parzialmente anche in Italia, una cultura, qualche norma, ed una serie di
strumenti tecnologici, positivamente finalizzati verso il risparmio energetico,
la qualità dei materiali ed il benessere abitativo.
Passando di scala verso la
dimensione collettiva ed urbana della sostenibilità edilizia ed abitativa, mi
sembra invece che le carenze legislative ed anche culturali si rivelino, sempre
parlando dell’Italia, più che proporzionali all’aumento della complessità dei
problemi (aumento intrinsecamente esponenziale).
Riservandomi di affrontare
nelle prossime uscite di UTOPIA21 il panorama più complessivo delle teorie
sulla sostenibilità urbana, vorrei in questo testo focalizzare l’attenzione
sulla dimensione intermedia tra casa e città, costituita dal “quartiere” (o
comunque della progettazione unitaria di un agglomerato di fabbricati), dove
entrano in gioco diversi fattori che trascendono il singolo manufatto edilizio
(e risultano infatti spesso “sfumati” nei protocolli ITACA, LEED&C), pur
non essendo totalmente risolvibili in un ambito locale puntuale; tra questi
fattori emergono:
-
aspetti economici: i costi di produzione e di
manutenzione; i prezzi dei terreni e delle abitazioni; il regime giuridico del
godimento degli immobili;
-
aspetti sociali: le componenti sociali ed
etniche che caratterizzano gli utenti; la disponibilità, qualità e
localizzazione di posti di lavoro, interni ed esterni; le fasce di età ed altri
motivi di diversificazione dei bisogni di servizi; lo sviluppo o meno di una nuova
socialità di quartiere; i problemi di sicurezza;
-
aspetti funzionali: il rapporto tra le diverse
destinazioni d’uso, residenziali, produttive e di servizio, pubbliche e
private, all’interno ed all’esterno dell’area in esame; la dinamica dei flussi
di mobilità;
-
aspetti topologici, morfologici e tipologici:
la concretezza dei luoghi nella geografia e nella storia, le soluzioni
architettoniche in relazione alla stratificazione urbana ed ai bisogni ed alle
aspettative degli utenti;
-
aspetti ecologici: l’impatto complessivo
dell’intervento su suolo, aria, acqua, clima, natura (flora e fauna); le
correlazioni con il contesto urbano ed extraurbano, non solo riguardo ai
sistemi di trasporto; gli approvvigionamenti di energia, di alimenti, di altri
consumi; la gestione dei rifiuti, solidi, liquidi e gassosi.
Una parte di queste
problematiche, con particolare riguardo alla loro intersezione con la questione
della densità edilizia e del risparmio di suolo, è stata già da me trattata, in
collaborazione con Anna Vailati, in un articolo (“Dalla casa sostenibile alla
città sostenibile”), pubblicato un po’ mutilo su “Urbanistica Informazioni” n° 229
del 2010, testo alla cui stesura corretta rimando nelle “Fonti” – 15 - al
termine dell’articolo, e che mi sento di confermare e di cui IN APPENDICE riprendo
alcuni contenuti.
LA
DIMENSIONE INTERMEDIA TRA CASA E CITTA’, NELL’EUROPA DEL 21° SECOLO
Mi interessa ora evidenziare
che qui in Europa, dove è assai improbabile che si progettino nuove città (come
invece si sta facendo attorno al golfo Persico ed in Estremo Oriente), ed in
particolare in Italia (dove giustamente anche la ricostruzione degli
insediamenti distrutti dal terremoto si articola sulla conservazione degli
impianti urbani pre-esistenti), la dimensione intermedia del “quartiere” è un
passaggio logico necessario per verificare nel concreto la praticabilità di
ogni teoria di più ampia rigenerazione urbana.
Necessità che si conferma, con
riferimento alla realtà italiana:
- sia per l’appunto nella
ricostruzione post-sisma, perché anche partendo dal presupposto identitario
“dov’era e com’era”, emergono notevoli difficoltà nella ri-edificazione di
singoli edifici o porzioni di proprietà, a maggior ragione volendo conseguire
anche maggior efficienza energetico/ecologica, qualora non si considerino i
vincoli e le opportunità derivanti dal contesto, e quindi da una
progettazione micro-urbanistica estesa a
più ampie porzioni di tessuto urbano (come accennavo nell’articolo “Casa
Italia?” su UTOPIA21 nello scorso ottobre, e come è ben argomentato sul recente
n° 267-268 di “Urbanistica Informazioni”),
- sia nel vasto e vario
panorama del risanamento delle periferie, in parte esplorato negli anni scorsi con la
progettazione dei cosiddetti “contratti di quartiere” (iniziativa governativa
con bandi nel 1998 e nel 2002), e che può comportare diverse soluzioni, dalla
demolizione e ricostruzione di intere parti di città (come già avviene per le
aree industriali dismesse) ad interventi molto più puntuali di taglia-e-cuci,
ma ben difficilmente avviate al successo se applicate isolatamente su singoli
edifici senza una adeguata connessione all’insieme, fisico e sociale, della
porzione urbana circostante.
IL
CICLO DI PROGETTAZIONE DI QUARTIERI ECOLOGICI NEL NORD EUROPA DAGLI ANNI ‘90
Per questo è importante
analizzare e capire la grammatica e la sintassi delle esperienze concrete dei
“quartieri sostenibili”, come si sono sviluppate da circa 25 anni in alcuni paesi europei, soprattutto in area
tedesca, fiamminga e scandinava, ed assai meno, e mediamente più tardi, in Gran
Bretagna e nei paesi latini (vedi sommario elenco dei casi piu’ noti, con
alcuni dati significativi, nella successiva tabella 1); una interessante e
consistente gamma di operazioni di progettazione e realizzazione (e
monitoraggio) di quartieri con esplicita ricerca di una sostenibilità
ambientale, e con diversa attenzione ai vari aspetti sopra elencati.
Tale ciclo di progetti si è
innestato sulla forte tradizione di quei paesi negli investimenti in edilizia
sociale (in varie forme, non solo di capitale pubblico per case “popolari”) e
nella pianificazione della trasformazione urbana, e che ha trovato a cavallo
della fine del 20° secolo diverse occasioni di intervento in aree da recuperare
per il venir meno di precedenti funzioni (militari, industriali, portuali,
ecc.), ma senza escludere i casi di completamento o rinnovo di quartieri residenziali sorti su
aree ex-agricole.
Di queste esperienze,
concentrate soprattutto negli anni ’90 del Novecento e nei primi anni Duemila,
si è ampliamente trattato in Italia (ma soprattutto prima del 2013), in
articoli di riviste e siti internet, nonché in alcuni testi universitari
(soprattutto a Torino, Parma, Bologna e Roma), che elenco nelle “Fonti” ed a
cui rimando, perché sono accessibili in rete, tranne gli articoli e il volume
di Cecchini e Castelli (Roma – “Fonti” 6), da me però riassunto e commentato
nella recensione di cui alle “Fonti - 13”, e da cui riprendo più avanti le
parti essenziali, come esemplificazione dei casi più rilevanti, mentre affido
alla successiva tabella una panoramica più schematica dell’insieme (con
l’avvertenza che i dati consultati sono talvolta contraddittori, per cui ho
cercato di selezionarli criticamente, valutando l’attendibilità delle fonti
secondarie - tra queste evidenzio la
tesi di dottorato a Roma di Gilda Di Pasqua del 2013 - “Fonti” 5 - oppure se possibile risalendo alle fonti
primarie presso i siti delle città interessate).
TABELLA 1 :
PANORAMICA SUI
PRINCIPALI ESEMPI DI QUARTIERI SOSTENIBILI IN EUROPA
|
NAZIONE
|
ANNI REALIZZAZIONE
|
N° ALLOGGI
|
N° ABITANTI
|
SUPERFICIE ettari
|
DENSITA ab/ettaro
|
ANNOTAZIONI
(non
evidenziano aspetti ecologici, energetici, trasportistici e relativi ai
processi di partecipazione, in quanto meno schematizzabili)
|
FONTI (sedi univeristarie)
|
CITTA’
Quartiere
|
SVEZIA
|
|
STOCCOLMA
Hammarby
Sjostad
|
1997-2017
|
|
10.000
|
200
|
|
Recupero
area portuale e industriale – mix funzionale, sociale e tipologico
|
ro pr
|
MALMOE
Bo01 (1°
lotto)
|
1997-2001
|
800
|
2.300
|
22
|
105
|
Recupero
area portuale – mix funzionale, sociale e tipologico – dislocazione varia
antivento - torre Santiago Calatrava
|
pr ro
to
|
MALMOE
Bo01
intero
|
|
|
10.000
|
175
|
62
|
Mix con
molti posti lavoro
|
|
GERMANIA
|
|
STOCCARDA
Burgholzhof
|
1998-2005
|
950
|
2.375
|
10,5
|
226
|
Recupero
area militare (1° lotto)
|
|
FRIBURG IM
BREISGAU
Rieselfeld
|
1994-2010
|
4.200
|
12.000
|
70
|
171
|
Recupero area depuratore – 1.000 posti lavoro - griglia ortogonale - mix funzionale, sociale,
tipologico – operazione di mercato
|
bo ro
|
FRIBURG IM
BREISGAU
Vauban
|
1997-2006
|
2.000
|
5.000
|
38
|
131
|
Recupero
area militare - 600 posti lavoro – mix funzionale, sociale, tipologico
|
pr
to
bo
|
FRIBURG IM
BREISGAU
Weingarten
2020
|
2007-
in corso
|
|
5.800
|
30
|
193
|
Riqualificazione
quartiere popolare
|
|
HANNOVER
Kronsberg
(1° lotto)
|
1995-2000
|
3.000
|
6.600
|
100
|
66
|
Riuso area
Expo – da 2000 a 3000 posti lavoro -
mix funzionale, sociale e tipologico - isolati ortogonali
|
to bo
ro
ba
|
HANNOVER
Kronsberg
(intero)
|
In corso
|
6.000
|
15.000
|
140
|
107
|
segue TABELLA 1 :
PANORAMICA SUI PRINCIPALI ESEMPI DI QUARTIERI
SOSTENIBILI IN EUROPA
|
NAZIONE
|
ANNI REALIZZAZIONE
|
N° ALLOGGI
|
N° ABITANTI
|
SUPERFICIE ettari
|
DENSITA ab/ettaro
|
ANNOTAZIONI
(non
evidenziano aspetti ecologici, energetici, trasportistici, meno
schematizzabili, ma anche di fatto più omogenei)
|
FONTI (sedi univeristarie)
|
CITTA’
Quartiere
|
AUSTRIA
|
|
|
|
|
|
|
|
LINZ
Solar city
(1° lotto)
|
1992-2008
|
1.317
|
3.293
|
32
|
103
|
Espansione
– orientamento eliotermico – archistars varie
|
pr
to
ro
|
OLANDA
|
|
ALPHEN AAN DER RIJN
Ecolonia
|
primi anni
‘90
|
101
|
300
|
2,7
|
111
|
Espansione – mix tipologico e di orientamenti
|
|
AMERSFOORT
Nieuwland
|
1995-1999
|
4.700
|
15.000
|
70
|
214
|
Espansione – mix tipologico e di orientamenti
|
ro
|
AMSTERDAM
G.W.L. Terrein
|
1994-1997
|
600
|
1.800
|
6
|
300
|
Recupero area industriale - mix funzionale, sociale
e tipologico – alta densità (densità fondiaria 14 m3/m2)
|
bo
|
FINLANDIA
|
|
HELSINKI
EcoWiikki
|
1999-2010
|
|
1.700
|
23
|
74
|
Espansione
– 6.000 posti lavoro - mix funzionale e tipologico – orientamento eliotermico
con isolati stretti
|
pr
to
ro
|
DANIMARCA
|
|
COPENAGHEN
Egebjerggard
|
1988-1996
|
900
|
3.500
|
35
|
100
|
Espansione
– mix funzionale sociale e tipologico
|
pr bo
|
ITALIA
|
|
TRENTO
Albere
|
-2013
|
300
|
1.000
|
9,8
|
100
|
Recupero
area industriale – mix funzionale (50% museo e terziario) – densità fondiaria
residenza 3 m3/m2 – prezzi alti e alloggi vuoti - Renzo Piano
|
|
PESARO
Villa
Fastiggi
|
circa 2007
|
330
|
1.000
|
23
|
40
|
Completamento
PEEP
|
pr
ro
|
BOLZANO
Casanova
|
2006-2012
|
|
3.000
|
10,7
|
280
|
Espansione
- mix tipologico – corti semi-aperte orientate contro-vento
|
ro
|
GRAN BRETAGNA
|
|
LONDRA SUTTON
Bedzed
|
2000-2002
|
82
|
220
|
1,65
|
133
|
Recupero
area industriale – mix funzioni – orientamento eliotermico
|
to bo ro
|
LONDRA
Greenwich
Millennium Village
|
2002-2015
|
|
7.000
|
24
|
290
|
Recupero
area industriale – mix funzionale, sociale, tipologico – Richard Rogers –
Ralph Erskine
|
pr
bo ro
|
SPAGNA
|
|
SARAGOZZA
Valdespartera
|
2003-
in corso
|
|
24.000
|
243
|
99
|
Recupero
area militare – 3.000 posti lavoro - tipologia unica a schiere alte con spazi
aperti tutti pubblici
|
ro
|
PROBLEMATICHE
SPECIFICHE NELLE VICENDE DEI NUOVI QUARTIERI SOSTENIBILI
(dalla mia recensione a
Cecchini e Castelli – “Fonti” - 13)
Al centro del testo
stanno le analisi – a tavolino e con sopralluoghi - sulla genesi e gli sviluppi
dei quartieri di Hammarby Sjostad (Stoccolma), Solar City (Linz), Greenwich
Millennium Village (Londra) e Parque Goya e Valdespartera (Saragozza), ---- con
approfondimento sia delle criticità intrinseche ai rispettivi progetti, sia
delle problematiche emerse nei primi anni di utilizzo e – in parte – per i
successivi ampliamenti, sia ancora, ove disponibili, dei dati emersi dal
monitoraggio scientifico del funzionamento degli insediamenti.
Ne risulta un quadro
complesso e ricco di chiaro-scuri; --- gli elementi critici che a mio avviso
emergono dall’insieme --- sono:
-
i necessari
compromessi, già a livello progettuale, tra un’impostazione strettamente
“bio-edilizia” (esposizione lungo l’asse elio-termico, massimizzazione delle
prestazioni energetiche, pedonalità) e le altre polarità di una progettazione
urbana integrata, che determinano morfologie complesse e meno ingegneristiche;
-
i livelli “relativi”
degli obiettivi di risparmio energetico, più o meno avanzati al momento della
ideazione dei quartieri, ma oggi in gran parte superati dagli sviluppi
tecnologici, e la mancanza di predisposizione per successivi adeguamenti delle
parti già costruite (mentre traspare una discreta reattività verso la
correzione progettuale delle parti di successiva realizzazione);
-
un certo scarto tra gli
obiettivi di rendimento energetico prefissati ed i consumi effettivi, in gran
parte addebitati ad un uso non corretto degli impianti e delle strutture, il
che a mio avviso è indice o di una progettazione non adeguata alle effettive
condizioni sociali e/o bio-climatiche, oppure di un discreto insuccesso
dell’aspetto educativo e socializzante nella costruzione di queste porzioni di
città.
Altro dato in comune
alle 4 realizzazioni in esame è il vantaggio (non facilmente riproducibile)
derivante dal basso costo di acquisizione dei suoli, di recupero in 3 casi e su
aree libere (già destinate ad espansione produttive) per Solar City/Linz.
Riguardo ai singoli
quartieri ritengo opportuno rilevare, i seguenti problemi specifici (sempre con
la mia attenzione agli aspetti più problematici):
-
Hammarby sembra essere
il caso di successo più completo ed equilibrato, anche se mi sembra dubbio il
consolidamento degli insediamenti commerciali funzionali al quartiere;
Figura 1 – quartiere
Hammarby - Stoccolma
-
Solar City,
tecnicamente corretto e molto monitorato (considerando però come positivo uno
scarto energetico vicino al 20%) pare soffrire della limitata attuazione
rispetto ad un progetto più vasto e quindi della forte pendolarità verso la
città, da cui provengono i nuovi abitanti, in prevalenze giovani coppie del
“ceto medio”; presenta inoltre una densità edilizia contenuta, e quindi non è
molto risparmioso di suolo;
Figura 2 – quartiere
Solar City - Linz
-
Millennium Greenwich
sta criticando da sè il primo “lotto”, prevedendo nelle successive
realizzazioni l’abbandono di una rigida pedonalità e diverse soluzioni morfologiche
e tipologiche;
Figura 3 – quartiere
Millennium Greenwich - Londra
-
Parque Goya e
Valdespartera, con base sociale assai più povera di Solar City (e con tipologia
edilizia che mi appare per l’appunto assai da “case popolari”) evidenziano
anche per questo alcuni insuccessi nell’apertura degli spazi semi-pubblici (con
insorgere di recinzioni) e nell’uso scorretto delle serre solari (con
conseguente scostamento dai risultati bio-climatici attesi).
Figura 4 – quartiere Valdespartera -
Saragozza
I POCHI CASI IN ITALIA
– IL QUARTIERE ALBERE A TRENTO
La parte finale del
testo di Cecchini e Castelli affronta, con le dovute riserve, alcuni casi
italiani, però più recenti, e quindi senza profondità diacronica:
-
Spina 3 e l’Environment
Park di Torino sono correttamente presentati come parte della complessa e
complessiva rigenerazione urbana post-industriale della metropoli torinese; il
frammento attuativo più analizzato è però
molto particolare, trattandosi di un parco tecnologico e non di una porzione
più multifunzionale della città;
-
I quartieri Resia e Casanova
di Bolzano (inseriti nella tradizione ormai consolidata della normativa
alto-atesina “CasaClima”, che coinvolge virtuosamente tutta l’edilizia nella
provincia) ed il quartiere Villa Fastigi di Pesaro (in attuazione del PRG
studiato da Bernardo Secchi ed allievi) sono interventi di nuova costruzione su
aree libere periferiche, eredi della migliore cultura dei PEEP, che si
caratterizzano sia sotto il profilo energetico e bio-climatico, sia riguardo
alla connessione e funzionalità degli spazi pubblici (anche rispetto al
contesto esterno) ed alla qualità
progettuale;
-
Il quartiere Savonarola
di Padova rappresenta un caso esemplare di “Contratto di Quartiere”, imperniato
sul recupero urbano di un vecchio insediamento di case popolari, con una
progettazione integrata dagli aspetti fisici dei fabbricati e delle
urbanizzazioni a quelli più strettamente sociali.
L’esperienza italiana più
significativa, anche per le dimensioni, è però a mio avviso quella del
quartiere Albere, progettato da Renzo Piano a Trento, su cui ho pubblicato nel
2014 un mio personale racconto di viaggio (vedi “Fonti” 14), da cui traggo
quanto segue:
Premessi
---- i valori positivi dell’operazione, -----riguardo:
-
al recupero di un’area
industriale dismessa (Michelin), che apportava posti di lavoro al territorio,
ma lo ingombrava (e inquinava?) in una
fascia delicata, presso l’argine sinistro dell’Adige, soffocando la residenza
principesca cinquecentesca delle Albere,
-
alla densità
relativamente elevata dell’intervento (quasi 1 mq/mq come densità territoriale,
più del doppio come densità fondiaria, data la presenza di un parco di 50.000
m2 oltre al Museo ed altri spazi pubblici), che contribuisce quindi potenzialmente al risparmio nel consumo di
suolo, pur conferendo elevati standard di verde e di attrezzature pubbliche,
-
alla integrazione
(potenziale) tra destinazioni d’uso compatibili, residenza, uffici e negozi, un
albergo ed attrezzature pubbliche di rilievo: oltre al MUSE (Museo della Scienza,
di grande successo didattico e di pubblico)
un centro congressi, che - ancora in costruzione - viene trasformato in
biblioteca universitaria (pur lontana dalle facoltà),
-
alla virtuosità
tecnologica ed energetica degli edifici (livello B di Casaclima, con
fotovoltaico, geotermico, trigenerazione ed ovviamente cospicue coibentazioni),
evidenziavo
però:
-
--i limiti della
localizzazione, -----: pur non essendo lontana dal Centro urbano e
dall’Università, l’area ne è separata da alcuni impianti mono-funzionali
piuttosto pesanti, coma lo Stadio (che forse in futuro sarà trasferito), la
Fiera ed il Cimitero
-
da scelte che possono
apparire virtuose ai critici ed ai visitatori, come le facciate interamente
vetrate ---, la permeabilità pedonale pubblica di gran parte dei cortili verdi
che si alternano ai viali pedonali interni e quindi la pressoché totale assenza
di recinzioni che privatizzino il suolo (ad esclusione degli isolati totalmente
residenziali sul fronte del Parco), e – mi è sembrato – la carenza di balconi e
logge (se non per gli attici): elementi che contrastano con le abituali
aspirazioni dei potenziali clienti di target elevato (che hanno quindi in città
e dintorni molte possibili alternative)
e
soprattutto ponevo la questione
se possa
essere sostenibile socialmente ed economicamente un quartiere sì ecologico, ma
decisamente “d’alto bordo” (prezzi oltre i 4.500 €/m2, non a caso pubblicizzati
anche sul portale LUX-gallery),
registrando
altresì nel dibattito locale
accuse di eccessivo sostegno economico da parte di Comune Provincia Università e Curia per il
difficoltoso successo dell’iniziativa immobiliare, ed in particolare alcune
censure circa l’abbandono del progetto ----- per una nuova biblioteca
universitaria meglio collocata.
Figura 5 – quartiere
Albere - Trento
CALO
DI INTERESSE, IN ITALIA, NEGLI ULTIMI ANNI (CON L’ECCEZIONE OLANDESE) – MA
QUALCOSA SI MUOVE PER LE PERIFERIE
Negli ultimi 5 anni invece,
guardando dall’osservatorio della pubblicistica disponibile in Internet, ed
assumendo anche come testimone l’indice degli argomenti del convegno INU-urban
promo alla Triennale di Milano nel novembre 2016, pare che l’interesse per i
quartieri sostenibili degli altri paesi europei sia assai scemato, forse anche
per la diminuzione della materia prima, cioè di nuovi progetti e realizzazioni
recenti e consistenti (la crisi economica ed in particolare la contrazione
della spesa sociale probabilmente si fa
sentire anche nel nord-Europa – ciò non esclude recenti interventi come il quartiere
Jenfeld ad Amburgo): però potrebbero essere approfonditi i monitoraggi e le
riflessioni su quell’ampio campo di esperienze compiute, con il vantaggio di
una visione retrospettiva su un arco temporale più vasto.
In contro-tendenza si rileva
il recente servizio a cura di Fabiola Fratini (Università Sapienza, Roma) su
“Urbanistica Informazioni” n° 267-268 del 2016, che racconta la involutiva
parabola olandese, con il programma VINEX del 1995, per un milione di nuove
abitazioni: tale programma negli ultimi venti anni ha capovolto la tradizionale
politica di pianificazione urbana centralizzata, fondata sulla tutela delle
aree agricole (“Green Hearth”) e sulla spesa pubblica per la casa, riducendo l’edilizia
sovvenzionata al 30% del costruito, e liberalizzando iniziative private
decentrate nei comuni, anche minori, con bassa densità ed elevato consumo di
suolo (e di specchi d’acqua, tramite la formazione di isole artificiali); in
tale ambito spicca invece, riprendendo le proposte di Van den Broek e Bakema
negli anni ’60, il nuovo sobborgo di Amsterdam denominato Ijburg, che – pur
sorgendo anch’esso sulle acque del lago Ijmeer (in parte come isole ed in parte
anche mediante case galleggianti) – si caratterizza positivamente per densità
meno basse, la qualità progettuale, la priorità ai mezzi di trasporto pubblico
ed anche per una discreta attenzione all’impatto ecologico ed energetico ed
alla “resilienza” verso i nuovi fenomeni metereologici ed alluvionali
(innalzamento del livello dei mari).
Figura 6- quartiere Ijburg, Amsterdam
Nell’insieme,
forse, emerge comunque una tendenza, accademica ed italiana, a considerare
superate alcune tappe degli sviluppi evolutivi (ad esempio per l’appunto i
‘noiosi quartieri socialdemocratici’ del Nord Europa), senza averle nemmeno
affrontate; ora l’attenzione è agli “approcci transcalari”, ma si rischia di
non sapere più cosa si intenda fare alle singole diverse scale (casa – quartiere
– città – mondo…): come a voler essere interdisciplinari, ma senza basarsi
almeno sulla conoscenza approfondita di almeno una disciplina.
Tuttavia, sotto la
denominazione più ampia di “rigenerazione urbana”, dal medesimo convegno emerge
una discreta attività progettuale finalizzata alla ricucitura puntuale (anche
se non sistematica) di variegate situazioni di disagio urbano in giro per
l’Italia, e soprattutto nelle città metropolitane e nei capoluoghi delle
ex-provincie, coinvolte nel “Bando-periferie”, recentemente ri-finanziato (da
500 milioni a 2,5 milioni di € per tutti i 120 progetti presentati e non più
solo per i primi 24).
In tal modo forse tale
iniziativa verrà sottratta al deludente risultato di tutte le precedenti intraprese
gestite dal Ministero delle Infrastrutture su casa e città negli ultimi
decenni, dai PRUSST ai Contratti di Quartiere, ai vari “piani-casa”, in cui i
carteggi burocratici, sia pure ammodernati con lo stile del “marketing urbano”,
hanno superato di gran lunga la carta-moneta effettivamente disponibile, in un
perenne divario tra eccesso di progetti
e scarsità di risorse, distogliendo le regioni e i comuni, impoveriti per altro
di risorse proprie, dai loro compiti organici di programmazione del recupero
urbano.
Il più ampio progetto “Casa-Italia”
enunciato con clamore dopo il terremoto invece ancora non decolla, e
difficilmente decollerà dopo la sconfitta governativa al recente referendum
costituzionale; nell’attesa, forse vana, di un nuovo quadro politico stabile, manca
comunque una prospettiva certa con risorse pluriennali ed una regia centrale
orientata alla rigenerazione dei quartieri e delle città italiane.
INTANTO
INVECE IN ISVIZZERA…(E IN FRANCIA)
Interessante la sintesi che
delle esperienze proprie e altrui hanno tratto in Svizzera, a livello federale,
redigendo una sorta di manuale metodologico, ispirato ai seguenti principi: “Il
Progetto territoriale Svizzera sostiene le iniziative e le attività avviate da
Cantoni, Città e Comuni orientate all’urbanizzazione di qualità, alla
riqualifica delle aree industriali dismesse e alla valorizzazione dei centri
urbani. Adottare un approccio innovativo per lo sviluppo sostenibile dei
quartieri implica la valutazione non solo degli aspetti architettonici ed
energetici, ma anche la ricerca di un equilibrio fra aspetti sociali, quali
integrazione e sicurezza, mobilità, rispetto dell’ambiente e la forma urbana”;
e specificamente anche “mescolanza intergenerazionale e coesione sociale,
benessere e convivialità, processo partecipativo”.
La proposta operativa federale
offre pratici strumenti di valutazione e mira a coordinare e monitorare le
iniziative in progetto od in corso in diversi cantoni, con priorità per 6 aree
individuate, nel 2011, a Basilea, Ginevra, Zurigo, Neuchatel e Losanna (2
interventi); si nota l’assenza del Canton Ticino, forse per mancanza di
occasioni nelle aree urbane del Cantone, di più limitate dimensioni rispetto a
quelle di altri cantoni.
“La filosofia dello strumento
richiama le nozioni di flessibilità e sviluppo che garantiscono il suo
progressivo adeguamento al progredire delle conoscenze, esperienze e competenze
in materia, nonché al cambiamento delle norme e delle basi giuridiche”.
Il tutto mi sembra positivo, in
particolare il metodo del monitoraggio progressivo e del reciproco
apprendimento, però l’operazione si inserisce in un orizzonte territoriale in
cui la densità prevista come obiettivo strategico federale nel 2002, ovvero “la
stabilizzazione della superficie d’urbanizzazione a 400 m2 per abitante” (cioè
25 abitanti per ettaro, al lordo delle diverse destinazioni d’uso, delle
infrastrutture e dei servizi) mi sembra invero piuttosto basso: infatti partendo
da un consumo medio di suolo in atto coincidente con quello riscontrato nel
2012 tanto in Lombardia che in Provincia di Varese, ed in presenza di un
aumento demografico, la “stabilizzazione” dell’indice corrisponde ad una
prosecuzione del consumo di suolo con la medesima densità (per arrestare il
consumo di suolo la densità invece dovrebbe aumentare); il documento federale
si limita ad auspicare una peculiare densificazione degli eco-quartieri in
progetto, senza assegnare obiettivi quantitativi specifici.
Anche la Francia, consapevole
di un suo ritardo rispetto all’Europa tedescofona, ha assunto iniziative
nazionali, a partire dalla prima conferenza nazionale sugli Eco-Quartieri nel
2009 ed istituendo un premio nazionale a cadenza biennale, cui hanno
partecipato numerosi progetti, ponendo altresì come obiettivo che dal 2012
tutti i comuni interessati da programmi di sviluppo dovessero avviare almeno
una progettazione di eco-quartiere (il tutto è poco conosciuto nella
pubblicistica italiana).
Molto interessante la rassegna
critica di casi francesi ed europei a cura di Guillaume Faburel e Camille
Roché, su “Recherche sociale” n°200 del 2011, orientata verso la valorizzazione
degli aspetti sociali e partecipativi, a scapito delle soluzioni meramente
tecnologiche.
NUOVE
SIRENE: I VILLAGGI AUTARCHICI
Sono da segnalare inoltre, per
il notevole rilievo mediatico riscontrato negli ultimi mesi, alcune proposte
progettuali, più o meno recenti, che vanno in una direzione a mio parere assai
divergente, e cioè all’assemblaggio di unità abitative, o meglio abitative/produttive,
tendenzialmente autosufficienti, non solo sotto il profilo energetico, ma anche
alimentare e talora lavorativo, con la distribuzione capillare di laboratori, orti
e serre, fino a compromettere lo stesso concetto di città (nonché quello
connesso di integrazione sociale).
Infatti, mentre le densità
edilizie si abbassano, vengono meno criteri di universalità e mescolanza degli
utenti, in favore di selezioni escludenti fondate sul censo oppure sulle
“affinità elettive”, sia pure di nicchie “ecologiche” di famiglie, favorendo le
relazioni sociali chiuse e predeterminate (la comunità) su quelle aperte e
casuali (la società), formando luoghi da cui a mio avviso è molto probabile che
i pre-adolescenti cercheranno di fuggire in cerca della loro porzione di
libertà e di avventura.
(Il processo di aggregazione
inter-familiare su basi elettive ai fini abitativi - il cosiddetto co-housing -
mi pare positivo se limitato alla dimensione del condominio/cooperativa;
estendendolo alla scala del quartiere assomiglia molto a quelle barriere preclusive
che caratterizzano in tante parti del mondo, ma poco per ora in Europa, “la
città dei ricchi” contrapposta alla “città dei poveri”: vedi testo di Bernardo
Secchi e mia recensione – “Fonti” 11 e 13; vedi recente scalpore per le
lottizzazioni recintate a Treviso e altri comuni veneti.
Mi riferisco alle seguenti
proposte:
-
RE-GEN, recente progetto dello studio danese
Effekt ad Almere (presso Amsterdam), proposto come prototipo da esportare nel
mondo a partire dall’area baltica (ma con capitali californiani), che intreccia
diverse soluzioni tecnologiche (un mix di aeroponica, idroponica, permacultura
e con l’impiego di energia geotermica, solare, eolica e biomasse) attorno
all’idea della villetta-serra unifamiliare e della piccola comunità
auto-sufficiente;
Figura 7 – immagine promozionale per il quartiere Re-Gen ad Almere
-
EARTHSHIP del guru statunitense Michael
Reynolds (già sospeso e riammesso alla professione di architetto per la sua
disinvoltura verso le norme tecniche), che propone un riciclaggio spinto di
materiali anche grezzi (tipo pneumatici d’auto e lattine di birra) per unità
uni-familiari adatte ad una autosufficienza totale e pionieristica,
sperimentata in New Mexico, declinandole in uno stile che a mia impressione sta
a metà tra l’autocostruzione abusiva di borgata ed il villino
mediterraneo/tropicale, sia pure con ascendenze Gaudì.
-
Figura
8 – una abitazione progettata da Michael Reynolds
Una qualche somiglianza a
queste tematiche si riscontra anche nella recentissima ed ambiziosa proposta
dell’architetto Carlo Ratti, direttore del “Senseable City Lab” del
Massachussets Istitute of Technology e teorico delle “smart cities” e dei “big
data”, per la ex base militare americana Patrick Henry ad Heidelberg, da
trasformare in “una comune futuristica che sarà caratterizzata dalla
condivisione di case, cucine e automobili” “per un massimo di 4.000 persone,
tra studenti, famiglie, ricercatori e imprenditori” su un’area di quasi un milione
di m2 (e quindi con una densità, molto bassa, di 40 persone per ettaro).
APPENDICE 1: ARTICOLAZIONE DEI PROBLEMI PROGETTUALI ALLA SCALA DEL
QUARTIERE, IN FUNZIONE DELLA DENSITA’ EDILIZIA E DEGLI ORIENTAMENTI TIPOLOGICI
Le seguenti riflessioni tentano
di articolare le problematiche in merito a densità e tipologie, assumendo una
griglia di variabili tipica di una “Valutazione Ambientale Strategica”, e
privilegiando l’attenzione verso gli indicatori più sensibili agli agenti
locali; con l’avvertenza che la necessaria analisi non consente comunque mai di
isolare i singoli fattori dal quadro complessivo di interazione:
A) un primo gruppo di valori risulta abbastanza neutro
rispetto alle alternative di progettazione urbana, nel senso che le “buone pratiche”
possono consentire di minimizzare comunque l’impatto insediativo, a prescindere
dalle tipologie e densità ipotizzate:
a. CONTROLLO DEI CONSUMI IDRICI INTERNI ALLE ABITAZIONI (i
consumi esterni, per irrigazione, giardinaggio, lavaggio sono invece molto
variabili);
b. QUALITA’ DEGLI SCARICHI LIQUIDI;
c. IMPIEGO DI MATERIALI DA COSTRUZIONE TERMO-COIBENTI, SANI
E RICICLABILI (con qualche limite tecnologico: ad esempio, per case alte con
struttura in legno);
d. CONTROLLO DELLE EMISSIONI SONORE (mentre l’inquinamento
acustico passivo risulta influenzato dalle morfologie edilizie, a parità di
materiali isolanti);
e. LIMITAZIONE DELL’INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO (anche se
insediamenti più compatti possono limitare le interferenze con le reti di
telecomunicazioni e di trasporto dell’energia elettrica, facilitandone la
razionalizzazione)
f. LIMITAZIONE DEGLI INQUINAMENTI DURANTE IL PROCESSO
COSTRUTTIVO ED AL TERMINE DEL CICLO DI VITA DEI FABBRICATI;
B) all’estremo opposto, un gruppo di valori fondamentali, benché
fortemente inter-agenti con i contenuti progettuali quali-quantitativi, non
sono riconducibili a valutazioni generali, perché sostanzialmente condizionati
dal “genius loci” e dalla specificità delle condizioni socio-economiche locali:
a. TUTELA E VALORIZZAZIONE
DEL PAESAGGIO E DEI BENI CULTURALI;
b. INSERIMENTO NEL CONTESTO STORICO E GEOGRAFICO LOCALE;
c. ESPRESSIONE DI VALORI SIMBOLICI COLLETTIVI E DEL
LINGUAGGIO ARCHITETTONICO DEI PROGETTISITI
C) nel mezzo invece si collocano i valori per i quali più
determinanti risultano gli approfondimenti scientifici, con particolare
attenzione alle reciproche interferenze (anche con i valori del gruppo “B”), e
quindi attraverso comparazioni multi-criteri, e comunque con un’ottica di tipo
olistico; si tratta in parte di variabili fisicamente misurabili, in qualche
misura proporzionali, o variamente funzionali, rispetto alle grandezze
edilizie:
a. CONSUMO DI SUOLO AGRO-FORESTALE, proporzionale alla
superficie complessiva occupata per usi urbani (anche di verde pubblico);
b. PERMEABILITA’ DEI SUOLI, che è funzione inversa della
superficie coperta da edifici oppure variamente impermeabilizzata;
c. PERMEABILITA’ ECOLOGICA DEI TERRITORI NON URBANIZZATI,
evidentemente maggiore con insediamenti compatti (ma non si può escludere una
virtuosa progettazione che consenta forme di continuità della rete ecologica
anche nelle maglie verdi dei tessuti urbani meno densi)
D) Infine, la parte restante, e più complessa, riguarda
variabili che hanno grande rilevanza ai fini della sostenibilità ambientale
degli insediamenti, ma non rivestono funzioni di carattere lineare rispetto
alle singole grandezze edilizie:
a. BILANCIO IDRICO COMPLESSIVO, sia relativo alle risorse
idro-potabili sia al ciclo pluviale, considerando l’insieme dei consumi umani
(anche per irrigazione, giardinaggio e lavaggio), la permeabilità dei suoli,
l’estensione e le caratteristiche delle pavimentazioni semi-permeabili, nonché
la possibile introduzione di coperture verdi (che influiscono sulla velocità di
corrivazione, sulla evaporazione e sul micro-clima);
b. EFFICIENZA ENERGETICA, che, non solo può variare al
mutare di densità e tipologie – a parità di materiali e tecnologie -, ma anche
esserne radicalmente condizionata, nel senso che determinate tecniche
costruttive ed impiantistiche risultano congruenti con determinate tipologie e
densità, e non con altre: in un contesto in rapida evoluzione;
c. EFFICIENZA DEI TRASPORTI, considerando le alternative, i
conflitti e le possibili integrazioni tra le diverse modalità di spostamento,
con mezzi pubblici o privati, ed i limiti di accettabilità sociale alle
eventuali limitazioni o accentuazioni della mobilità: i campi di variabilità
differiscono in funzione di altimetria e clima, per esempio riguardo alla
fattibilità ed usabilità delle piste ciclabili, come anche per le distanze
pedonali massime ammissibili; anche questo settore è fortemente influenzato dal
modificarsi degli elementi tecnologici, così come del contesto sociale ed
economico, anche a scala globale (es. prezzi dei carburanti);
d. QUALITA’ DELL’ARIA, per quanto deriva dai fattori locali,
sia riguardo alle emissioni dirette dagli insediamenti, per la climatizzazione
artificiale (vedi sopra punti D/a e D/b), sia indirettamente dal sistema dei
trasporti (vedi D/c)
e. BENESSERE BIOCLIMATICO (interno alle abitazioni) E
MICRO-CLIMA URBANO, risultante dalla combinazione di fattori complessi;
f. CLIMA ACUSTICO, anch’esso derivante da molti elementi,
locali e sovra-locali;
g. RACCOLTA DEI RIFIUTI SOLIDI: gli insediamenti compatti
riducono i percorsi di raccolta, ma la raccolta differenziata risulta più
efficiente negli insediamenti, radi, che impongono maggiore
responsabilizzazione ai singoli utenti, e dove gli orti rendono possibile una
riduzione del consumo di imballaggi e la pratica del compostaggio diretto dei
rifiuti umidi;
h. EFFICIENZA ECONOMICA COMPLESSIVA, considerando i costi
diretti ed indiretti degli insediamenti, in tutto il loro ciclo – dal cantiere
alla dismissione finale – e passando per la durata delle possibilità di
manutenzioni ed adattamenti, per il cumulo dei costi energetici
i. EFFICIENZA ED ACCETTABILITA’ SOCIALE, che risulta di
assai difficile misurazione, sia per una certa labilità delle discipline
sociologiche ed antropologiche, sia per la complessità delle mediazioni tra i
soggetti coinvolti nelle decisioni (politici, tecnici, agenzie immobiliari,
promotori, imprese) ed i diversi segmenti dell’utenza finale della città:
insediamenti ad alto costo iniziale, ma di lunga durata e bassi costi di
gestione e manutenzione (e limitato inquinamento ambientale) possono essere
acquisiti direttamente solo dai ceti più abbienti, mentre latita una domanda
organizzata dai potenziali esclusi, o perché non rappresentati (o non
rappresentabili istituzionalmente, come le nuove minoranze degli immigrati), o
perché paradossalmente rappresentati da esponenti politici degli stessi ceti
più abbienti.
E) non si considera in questo testo l’IMPRONTA ECOLOGICA
COMPLESSIVA degli insediamenti, comprensiva cioè di tutte le risorse primarie
utilizzate nel ciclo di vita degli insediamenti, rapportate alle aree
necessarie per produrle e riprodurle – a scala globale - , inclusi energia,
alimenti ed altre materie prime, perché da un lato si coinvolgono comportamenti
indipendenti dalla conformazione urbana (ad esempio cosa si mangia e come si
coltiva, sotto casa od in altro continente; come si produce la quota di energia
importata), dall’altro si investono variabili macro-economiche
internazionali - dal prezzo del petrolio
alla tassazione dei trasporti -, il cui controllo, anche concettuale, non può
che esulare da queste poche pagine: con l’auspicio però che qualcuno se ne occupi, dalle forze politiche
ai governi, e soprattutto ad esempio la Comunità Europea).
APPENDICE 2 - DENSITA’ EDILIZIE
MINIME IN FUNZIONE ECOLOGICA
Mentre gli utenti per lo più
preferiscono case basse con tanto verde, inseguendo il mito della villa
unifamiliare, la densificazione dell’edificato, con introduzione di tipologie
edilizia pluripiano si rende infatti necessaria sia per conseguire
complessivamente un ragionevole risparmio di suolo, sia per raggiungere altri
obiettivi connessi alla compattezza urbana.
Nella ricerca sopra richiamata
avevamo in particolare raccolto da altri autori (vedi Fonti al termine dell’articolo)
le seguenti indicazioni quantitative specifiche:
|
Densità residenziale minima
|
Efficienza del sistema dei
trasporti, con efficacia della mobilità pedonale
|
170
abitanti/ettaro
|
Efficienza delle nuove
centralità rispetto alla vitalità urbana
|
2,5
m3/m2, ovvero
120
abitanti/ettaro
|
Anche per l’efficienza dei
sistemi di teleriscaldamento, in particolare con centrali elio-termo-dinamiche,
sono richieste densità elevate, più difficili da quantificare.
In controtendenza, per ottenere
efficienza nei sistemi di captazione passiva dell’energia solare, è
raccomandato di non superare una densità edilizi di 4,5 m3/m2 (per case in
linea orientate est-ovest).
Tali valori vanno confrontati con
quelli registrati nella TABELLA 1
Fonti
(non si riportano le semplici notizie giornalistiche ed i testi brevi ricavati
da Internet)
2. Università di
Bologna, tesi di dottorato di Ciro Lamedica – 2012 -
3. Università di
Torino, O.C.S. - Osservatorio Città Sostenibili del Dipartimento Interateneo di
Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (Politecnico e Università di
Torino): Stefania M. Guarini “Quartieri Ecosostenibili in Europa” – 2011 www.ocs.polito.it/biblioteca/dwd/quartieri_eco.pdf
4. Università di
Parma, Laboratorio di Urbanistica Paesaggio e Territorio – Documentazione:
ARCHIVIO QUARTIERI – schede con diversi Autori e date - www.urbanistica.unipr.it
6. Universita di Roma:
“Scenari, risorse, metodi e realizzazioni per CITTA’ SOSTENIBILI”, a cura di
Domenico Cecchini e Giordana Castelli -
Gangemi editore – 2013, anticipaton parte su “Urbanistica” n° 141 – 2010 - www.cittasostenibili.it/html/biblio.htm
7. Università di Roma – a
cura di Fabiola Fratini “Ijburg, un VINEX extra” su “Urbanistica Informazioni”
n° 267-268 del 2016
8. Università di Napoli -
Dipartimento di progettazione architettonica e ambientale "teorie e
metodologie" - tesi di dottorato di Pietrantonio Zazzarino “Criteri di
sostenibilità nella progettazione di edifici: descrizione – individuazione di
tecnologie attive e passive in alcuni esempi di architetture” – 2011 www.fedoa.unina.it/view/creators/Zazzarino=3APietrantonio=3A=3A.html
10. Université
Paris Est, Institut d’Urbanisme de Paris - Guillaume Faburel e Camille Roché:
“Les éco-quartiers, du projet technique et architectural… au projet social. Vers une typologie de cas étrangers et
français, pubblicato su “Recherche
sociale”, n°200 del 2011 www.amenites.files.wordpress.com/.../article-eco-quartiers-et-p..
11. Confederazione Svizzera: Ufficio
federale dello sviluppo territoriale ARE + Ufficio federale dell’energia UFE -
Emmanuel Rey “Quartieri sostenibili: sfide e opportunità per lo sviluppo
urbano” – 2011 www.quartieri-sostenibili.ch
12. Bernardo Secchi “La città dei ricchi e
la città dei poveri” di Bernardo Secchi - Laterza, Bari 2013
15. Recensioni
sul testo di Cecchini e Castelli “Città sostenibili” - 2014 – e sul testo “La
città dei rocchi e la città dei poveri” di Bernardo secchi – 2016 - su questo blog in apposito POST e nella pagina ULTERIORI
LETTURE
16. Post “Le Albere di Renzo Piano ed i
nuovi musei di Trento e Rovereto” – 2014 - su questo blog
17. Pagina “APPENDICE
I” – su questo blog, con estratto da IL DIFFICILE
PERCORSO DALLA “CASA SOSTENIBILE” ALLA “CITTA’ SOSTENIBILE” Gennaio 2010
(pubblicato in bozza non corretta su “Urbanistica Informazioni” n° 229)
Autori: Aldo Vecchi e Anna Maria Vailati