lunedì 20 marzo 2017

UTOPIA21 - MARZO 2017: LA SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE NELLA PROGETTAZIONE DI NUOVI QUARTIERI IN EUROPA

La formazione di diversi approcci alla sostenibilità urbana, passando dalla dimensione del singolo edificio a quella del “quartiere”, in Europa (ed in Italia), nell’intreccio tra problematiche tecnologiche e problematiche socio-economiche: nel mezzo l’architettura e la forma della città.

Riassunto:
la citta’ sostenibile non è solo la sommatoria di edifici energicamente virtuosi
la dimensione intermedia tra casa e città, nell’Europa del 21° secolo
il ciclo di progettazione di quartieri ecologici nel nord Europa dagli anni ‘90
panoramica sui principali esempi di quertieri sostenibili in Europa
problematiche specifiche nelle vicende dei nuovi quartieri sostenibili 
i pochi casi in Italia – il quartiere Albere a Trento
calo di interesse, in Italia, negli ultimi anni (con l’eccezione olandese) – ma qualcosa si muove per le periferie
intanto invece in Isvizzera… (e in Francia)
nuove sirene: i villaggi autarchici
-           appendice 1: articolazione dei problemi progettuali alla scala del quartiere, in funzione della densità edilizia e degli orientamenti tipologici
-           appendice 2: densità edilizie minime

LA CITTA’ SOSTENIBILE NON E’ SOLO LA SOMMATORIA DI EDIFICI ENERGICAMENTE VIRTUOSI
Nel precedente articolo “IL DIFFICILE PERCORSO VERSO LA SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE DEI FABBRICATI” su UTOPIA21/gennaio 2017, ho cercato di evidenziare i limiti sia della normativa vigente in Italia, sia degli stessi protocolli volontari, che dovrebbero guidare ad una virtuosa transizione ecologica del settore edilizio.
Tuttavia è innegabile che nella progettazione dei singoli fabbricati stiano maturando in modo diffuso, e parzialmente anche in Italia, una cultura, qualche norma, ed una serie di strumenti tecnologici, positivamente finalizzati verso il risparmio energetico, la qualità dei materiali ed il benessere abitativo.
Passando di scala verso la dimensione collettiva ed urbana della sostenibilità edilizia ed abitativa, mi sembra invece che le carenze legislative ed anche culturali si rivelino, sempre parlando dell’Italia, più che proporzionali all’aumento della complessità dei problemi (aumento intrinsecamente esponenziale).
Riservandomi di affrontare nelle prossime uscite di UTOPIA21 il panorama più complessivo delle teorie sulla sostenibilità urbana, vorrei in questo testo focalizzare l’attenzione sulla dimensione intermedia tra casa e città, costituita dal “quartiere” (o comunque della progettazione unitaria di un agglomerato di fabbricati), dove entrano in gioco diversi fattori che trascendono il singolo manufatto edilizio (e risultano infatti spesso “sfumati” nei protocolli ITACA, LEED&C), pur non essendo totalmente risolvibili in un ambito locale puntuale; tra questi fattori emergono:
-          aspetti economici: i costi di produzione e di manutenzione; i prezzi dei terreni e delle abitazioni; il regime giuridico del godimento  degli immobili;
-          aspetti sociali: le componenti sociali ed etniche che caratterizzano gli utenti; la disponibilità, qualità e localizzazione di posti di lavoro, interni ed esterni; le fasce di età ed altri motivi di diversificazione dei bisogni di servizi; lo sviluppo o meno di una nuova socialità di quartiere; i problemi di sicurezza;
-          aspetti funzionali: il rapporto tra le diverse destinazioni d’uso, residenziali, produttive e di servizio, pubbliche e private, all’interno ed all’esterno dell’area in esame; la dinamica dei flussi di mobilità;
-          aspetti topologici, morfologici e tipologici: la concretezza dei luoghi nella geografia e nella storia, le soluzioni architettoniche in relazione alla stratificazione urbana ed ai bisogni ed alle aspettative degli utenti;
-          aspetti ecologici: l’impatto complessivo dell’intervento su suolo, aria, acqua, clima, natura (flora e fauna); le correlazioni con il contesto urbano ed extraurbano, non solo riguardo ai sistemi di trasporto; gli approvvigionamenti di energia, di alimenti, di altri consumi; la gestione dei rifiuti, solidi, liquidi e gassosi.
Una parte di queste problematiche, con particolare riguardo alla loro intersezione con la questione della densità edilizia e del risparmio di suolo, è stata già da me trattata, in collaborazione con Anna Vailati, in un articolo (“Dalla casa sostenibile alla città sostenibile”), pubblicato un po’ mutilo su “Urbanistica Informazioni” n° 229 del 2010, testo alla cui stesura corretta rimando nelle “Fonti” – 15 - al termine dell’articolo, e che mi sento di confermare e di cui IN APPENDICE riprendo alcuni contenuti.

LA DIMENSIONE INTERMEDIA TRA CASA E CITTA’, NELL’EUROPA DEL 21° SECOLO
Mi interessa ora evidenziare che qui in Europa, dove è assai improbabile che si progettino nuove città (come invece si sta facendo attorno al golfo Persico ed in Estremo Oriente), ed in particolare in Italia (dove giustamente anche la ricostruzione degli insediamenti distrutti dal terremoto si articola sulla conservazione degli impianti urbani pre-esistenti), la dimensione intermedia del “quartiere” è un passaggio logico necessario per verificare nel concreto la praticabilità di ogni teoria di più ampia rigenerazione urbana.
Necessità che si conferma, con riferimento alla realtà italiana:
- sia per l’appunto nella ricostruzione post-sisma, perché anche partendo dal presupposto identitario “dov’era e com’era”, emergono notevoli difficoltà nella ri-edificazione di singoli edifici o porzioni di proprietà, a maggior ragione volendo conseguire anche maggior efficienza energetico/ecologica, qualora non si considerino i vincoli e le opportunità derivanti dal contesto, e quindi da una progettazione  micro-urbanistica estesa a più ampie porzioni di tessuto urbano (come accennavo nell’articolo “Casa Italia?” su UTOPIA21 nello scorso ottobre, e come è ben argomentato sul recente n° 267-268 di “Urbanistica Informazioni”),
- sia nel vasto e vario panorama del risanamento delle periferie, in parte  esplorato negli anni scorsi con la progettazione dei cosiddetti “contratti di quartiere” (iniziativa governativa con bandi nel 1998 e nel 2002), e che può comportare diverse soluzioni, dalla demolizione e ricostruzione di intere parti di città (come già avviene per le aree industriali dismesse) ad interventi molto più puntuali di taglia-e-cuci, ma ben difficilmente avviate al successo se applicate isolatamente su singoli edifici senza una adeguata connessione all’insieme, fisico e sociale, della porzione urbana circostante.

IL CICLO DI PROGETTAZIONE DI QUARTIERI ECOLOGICI NEL NORD EUROPA DAGLI ANNI ‘90
Per questo è importante analizzare e capire la grammatica e la sintassi delle esperienze concrete dei “quartieri sostenibili”, come si sono sviluppate da circa 25 anni  in alcuni paesi europei, soprattutto in area tedesca, fiamminga e scandinava, ed assai meno, e mediamente più tardi, in Gran Bretagna e nei paesi latini (vedi sommario elenco dei casi piu’ noti, con alcuni dati significativi, nella successiva tabella 1); una interessante e consistente gamma di operazioni di progettazione e realizzazione (e monitoraggio) di quartieri con esplicita ricerca di una sostenibilità ambientale, e con diversa attenzione ai vari aspetti sopra elencati.
Tale ciclo di progetti si è innestato sulla forte tradizione di quei paesi negli investimenti in edilizia sociale (in varie forme, non solo di capitale pubblico per case “popolari”) e nella pianificazione della trasformazione urbana, e che ha trovato a cavallo della fine del 20° secolo diverse occasioni di intervento in aree da recuperare per il venir meno di precedenti funzioni (militari, industriali, portuali, ecc.), ma senza escludere i casi di completamento o  rinnovo di quartieri residenziali sorti su aree ex-agricole.
Di queste esperienze, concentrate soprattutto negli anni ’90 del Novecento e nei primi anni Duemila, si è ampliamente trattato in Italia (ma soprattutto prima del 2013), in articoli di riviste e siti internet, nonché in alcuni testi universitari (soprattutto a Torino, Parma, Bologna e Roma), che elenco nelle “Fonti” ed a cui rimando, perché sono accessibili in rete, tranne gli articoli e il volume di Cecchini e Castelli (Roma – “Fonti” 6), da me però riassunto e commentato nella recensione di cui alle “Fonti - 13”, e da cui riprendo più avanti le parti essenziali, come esemplificazione dei casi più rilevanti, mentre affido alla successiva tabella una panoramica più schematica dell’insieme (con l’avvertenza che i dati consultati sono talvolta contraddittori, per cui ho cercato di selezionarli criticamente, valutando l’attendibilità delle fonti secondarie -  tra queste evidenzio la tesi di dottorato a Roma di Gilda Di Pasqua del 2013 - “Fonti” 5 -  oppure se possibile risalendo alle fonti primarie presso i siti delle città interessate).




TABELLA 1 :
PANORAMICA SUI PRINCIPALI ESEMPI DI QUARTIERI SOSTENIBILI IN EUROPA
NAZIONE
ANNI REALIZZAZIONE
N° ALLOGGI
N° ABITANTI
SUPERFICIE ettari
DENSITA ab/ettaro
ANNOTAZIONI

(non evidenziano aspetti ecologici, energetici, trasportistici e relativi ai processi di partecipazione, in quanto meno schematizzabili)
FONTI (sedi univeristarie)
CITTA’
Quartiere
SVEZIA

STOCCOLMA
Hammarby Sjostad
1997-2017

10.000
200

Recupero area portuale e industriale – mix funzionale, sociale e tipologico
ro pr
MALMOE
Bo01 (1° lotto)
1997-2001
800
2.300
22
105
Recupero area portuale – mix funzionale, sociale e tipologico – dislocazione varia antivento - torre Santiago Calatrava 
pr ro
to
MALMOE
Bo01 intero
10.000
175
62
Mix con molti posti lavoro
GERMANIA

STOCCARDA
Burgholzhof
1998-2005
950
2.375
10,5
226
Recupero area militare (1° lotto)
FRIBURG IM BREISGAU
Rieselfeld
1994-2010
4.200
12.000
70
171
Recupero area depuratore – 1.000 posti lavoro - griglia ortogonale - mix funzionale, sociale, tipologico – operazione di mercato
bo ro
FRIBURG IM BREISGAU
Vauban
1997-2006
2.000
5.000
38
131
Recupero area militare - 600 posti lavoro – mix funzionale, sociale, tipologico 
pr
to
bo
FRIBURG IM BREISGAU
Weingarten 2020
2007-
in corso

5.800
30
193
Riqualificazione quartiere popolare

HANNOVER
Kronsberg
(1° lotto)
1995-2000
3.000
6.600
100
66
Riuso area Expo – da 2000 a 3000 posti lavoro -    mix funzionale, sociale e tipologico - isolati ortogonali  
to  bo
ro
ba
HANNOVER
Kronsberg
(intero)
In corso
6.000
15.000
140
107
segue TABELLA 1 :
PANORAMICA SUI PRINCIPALI ESEMPI DI QUARTIERI SOSTENIBILI IN EUROPA

NAZIONE

ANNI REALIZZAZIONE
N° ALLOGGI
N° ABITANTI
SUPERFICIE ettari
DENSITA ab/ettaro
ANNOTAZIONI
(non evidenziano aspetti ecologici, energetici, trasportistici, meno schematizzabili, ma anche di fatto più omogenei)
FONTI (sedi univeristarie)

CITTA’
Quartiere
AUSTRIA







LINZ
Solar city (1° lotto)
1992-2008
1.317
3.293
32
103
Espansione – orientamento eliotermico – archistars varie
pr
to
ro
OLANDA

ALPHEN AAN DER RIJN
Ecolonia
primi anni ‘90
101
300
2,7
111
Espansione – mix tipologico e di orientamenti

AMERSFOORT
Nieuwland
1995-1999
4.700
15.000
70
214
Espansione – mix tipologico e di orientamenti
ro
AMSTERDAM
G.W.L. Terrein
1994-1997
600
1.800
6
300
Recupero  area industriale - mix funzionale, sociale e tipologico – alta densità (densità fondiaria 14 m3/m2)
bo
FINLANDIA

HELSINKI
EcoWiikki
1999-2010

1.700
23
74
Espansione – 6.000 posti lavoro - mix funzionale e tipologico – orientamento eliotermico con isolati stretti
pr
to
ro
DANIMARCA
COPENAGHEN
Egebjerggard
1988-1996
900
3.500
35
100
Espansione – mix funzionale sociale e tipologico
pr bo
ITALIA

TRENTO
Albere
-2013
300
1.000
9,8
100
Recupero area industriale – mix funzionale (50% museo e terziario) – densità fondiaria residenza 3 m3/m2 – prezzi alti e alloggi vuoti - Renzo Piano

PESARO
Villa Fastiggi
circa 2007
330
1.000
23
40
Completamento PEEP
pr
ro
BOLZANO
Casanova
2006-2012

3.000
10,7
280
Espansione - mix tipologico – corti semi-aperte orientate contro-vento
ro
GRAN BRETAGNA

LONDRA SUTTON
Bedzed
2000-2002



82
220
1,65
133
Recupero area industriale – mix funzioni – orientamento eliotermico
to bo ro
LONDRA
Greenwich Millennium Village
2002-2015
7.000
24
290
Recupero area industriale – mix funzionale, sociale, tipologico – Richard Rogers – Ralph Erskine
pr
bo ro
SPAGNA
SARAGOZZA
Valdespartera
2003-
in corso
24.000
243

99
Recupero area militare – 3.000 posti lavoro - tipologia unica a schiere alte con spazi aperti tutti pubblici
ro

PROBLEMATICHE SPECIFICHE NELLE VICENDE DEI NUOVI QUARTIERI SOSTENIBILI         
(dalla mia recensione a Cecchini e Castelli – “Fonti” - 13)
Al centro del testo stanno le analisi – a tavolino e con sopralluoghi - sulla genesi e gli sviluppi dei quartieri di Hammarby Sjostad (Stoccolma), Solar City (Linz), Greenwich Millennium Village (Londra) e Parque Goya e Valdespartera (Saragozza), ---- con approfondimento sia delle criticità intrinseche ai rispettivi progetti, sia delle problematiche emerse nei primi anni di utilizzo e – in parte – per i successivi ampliamenti, sia ancora, ove disponibili, dei dati emersi dal monitoraggio scientifico del funzionamento degli insediamenti.
Ne risulta un quadro complesso e ricco di chiaro-scuri; --- gli elementi critici che a mio avviso emergono dall’insieme --- sono:
-          i necessari compromessi, già a livello progettuale, tra un’impostazione strettamente “bio-edilizia” (esposizione lungo l’asse elio-termico, massimizzazione delle prestazioni energetiche, pedonalità) e le altre polarità di una progettazione urbana integrata, che determinano morfologie complesse e meno ingegneristiche;
-          i livelli “relativi” degli obiettivi di risparmio energetico, più o meno avanzati al momento della ideazione dei quartieri, ma oggi in gran parte superati dagli sviluppi tecnologici, e la mancanza di predisposizione per successivi adeguamenti delle parti già costruite (mentre traspare una discreta reattività verso la correzione progettuale delle parti di successiva realizzazione);
-          un certo scarto tra gli obiettivi di rendimento energetico prefissati ed i consumi effettivi, in gran parte addebitati ad un uso non corretto degli impianti e delle strutture, il che a mio avviso è indice o di una progettazione non adeguata alle effettive condizioni sociali e/o bio-climatiche, oppure di un discreto insuccesso dell’aspetto educativo e socializzante nella costruzione di queste porzioni di città.
Altro dato in comune alle 4 realizzazioni in esame è il vantaggio (non facilmente riproducibile) derivante dal basso costo di acquisizione dei suoli, di recupero in 3 casi e su aree libere (già destinate ad espansione produttive) per Solar City/Linz.

Riguardo ai singoli quartieri ritengo opportuno rilevare, i seguenti problemi specifici (sempre con la mia attenzione agli aspetti più problematici):
-          Hammarby sembra essere il caso di successo più completo ed equilibrato, anche se mi sembra dubbio il consolidamento degli insediamenti commerciali funzionali al quartiere;
-  
         

Figura 1 – quartiere Hammarby - Stoccolma

-          Solar City, tecnicamente corretto e molto monitorato (considerando però come positivo uno scarto energetico vicino al 20%) pare soffrire della limitata attuazione rispetto ad un progetto più vasto e quindi della forte pendolarità verso la città, da cui provengono i nuovi abitanti, in prevalenze giovani coppie del “ceto medio”; presenta inoltre una densità edilizia contenuta, e quindi non è molto risparmioso di suolo;
-           

      Figura 2 – quartiere Solar City - Linz
                                                             

-          Millennium Greenwich sta criticando da sè il primo “lotto”, prevedendo nelle successive realizzazioni l’abbandono di una rigida pedonalità e diverse soluzioni morfologiche e tipologiche;

                   
                                

Figura 3 – quartiere Millennium Greenwich - Londra


-          Parque Goya e Valdespartera, con base sociale assai più povera di Solar City (e con tipologia edilizia che mi appare per l’appunto assai da “case popolari”) evidenziano anche per questo alcuni insuccessi nell’apertura degli spazi semi-pubblici (con insorgere di recinzioni) e nell’uso scorretto delle serre solari (con conseguente scostamento dai risultati bio-climatici attesi).



            Figura 4 – quartiere Valdespartera - Saragozza

I POCHI CASI IN ITALIA – IL QUARTIERE ALBERE A TRENTO

La parte finale del testo di Cecchini e Castelli affronta, con le dovute riserve, alcuni casi italiani, però più recenti, e quindi senza profondità diacronica:
-          Spina 3 e l’Environment Park di Torino sono correttamente presentati come parte della complessa e complessiva rigenerazione urbana post-industriale della metropoli torinese; il frammento attuativo più analizzato è però molto particolare, trattandosi di un parco tecnologico e non di una porzione più multifunzionale della città;
-          I quartieri Resia e Casanova di Bolzano (inseriti nella tradizione ormai consolidata della normativa alto-atesina “CasaClima”, che coinvolge virtuosamente tutta l’edilizia nella provincia) ed il quartiere Villa Fastigi di Pesaro (in attuazione del PRG studiato da Bernardo Secchi ed allievi) sono interventi di nuova costruzione su aree libere periferiche, eredi della migliore cultura dei PEEP, che si caratterizzano sia sotto il profilo energetico e bio-climatico, sia riguardo alla connessione e funzionalità degli spazi pubblici (anche rispetto al contesto esterno)  ed alla qualità progettuale;
-          Il quartiere Savonarola di Padova rappresenta un caso esemplare di “Contratto di Quartiere”, imperniato sul recupero urbano di un vecchio insediamento di case popolari, con una progettazione integrata dagli aspetti fisici dei fabbricati e delle urbanizzazioni a quelli più strettamente sociali.

L’esperienza italiana più significativa, anche per le dimensioni, è però a mio avviso quella del quartiere Albere, progettato da Renzo Piano a Trento, su cui ho pubblicato nel 2014 un mio personale racconto di viaggio (vedi “Fonti” 14), da cui traggo quanto segue:
Premessi ---- i valori positivi dell’operazione, -----riguardo:
-          al recupero di un’area industriale dismessa (Michelin), che apportava posti di lavoro al territorio, ma lo ingombrava  (e inquinava?) in una fascia delicata, presso l’argine sinistro dell’Adige, soffocando la residenza principesca cinquecentesca delle Albere,
-          alla densità relativamente elevata dell’intervento (quasi 1 mq/mq come densità territoriale, più del doppio come densità fondiaria, data la presenza di un parco di 50.000 m2 oltre al Museo ed altri spazi pubblici), che contribuisce quindi  potenzialmente al risparmio nel consumo di suolo, pur conferendo elevati standard di verde e di attrezzature pubbliche,
-          alla integrazione (potenziale) tra destinazioni d’uso compatibili, residenza, uffici e negozi, un albergo ed attrezzature pubbliche di rilievo: oltre al MUSE (Museo della Scienza, di grande successo didattico e di pubblico) un centro congressi, che - ancora in costruzione - viene trasformato in biblioteca universitaria (pur lontana dalle facoltà),
-          alla virtuosità tecnologica ed energetica degli edifici (livello B di Casaclima, con fotovoltaico, geotermico, trigenerazione ed ovviamente cospicue coibentazioni),
evidenziavo però:
-          --i limiti della localizzazione, -----: pur non essendo lontana dal Centro urbano e dall’Università, l’area ne è separata da alcuni impianti mono-funzionali piuttosto pesanti, coma lo Stadio (che forse in futuro sarà trasferito), la Fiera ed il Cimitero
-          da scelte che possono apparire virtuose ai critici ed ai visitatori, come le facciate interamente vetrate ---, la permeabilità pedonale pubblica di gran parte dei cortili verdi che si alternano ai viali pedonali interni e quindi la pressoché totale assenza di recinzioni che privatizzino il suolo (ad esclusione degli isolati totalmente residenziali sul fronte del Parco), e – mi è sembrato – la carenza di balconi e logge (se non per gli attici): elementi che contrastano con le abituali aspirazioni dei potenziali clienti di target elevato (che hanno quindi in città e dintorni molte possibili alternative)
e soprattutto ponevo la questione
se possa essere sostenibile socialmente ed economicamente un quartiere sì ecologico, ma decisamente “d’alto bordo” (prezzi oltre i 4.500 €/m2, non a caso pubblicizzati anche sul portale LUX-gallery),
registrando altresì nel dibattito locale
accuse di eccessivo sostegno economico da parte  di Comune Provincia Università e Curia per il difficoltoso successo dell’iniziativa immobiliare, ed in particolare alcune censure circa l’abbandono del progetto ----- per una nuova biblioteca universitaria meglio collocata.

                      

Figura 5 – quartiere Albere - Trento

CALO DI INTERESSE, IN ITALIA, NEGLI ULTIMI ANNI (CON L’ECCEZIONE OLANDESE) – MA QUALCOSA SI MUOVE PER LE PERIFERIE
Negli ultimi 5 anni invece, guardando dall’osservatorio della pubblicistica disponibile in Internet, ed assumendo anche come testimone l’indice degli argomenti del convegno INU-urban promo alla Triennale di Milano nel novembre 2016, pare che l’interesse per i quartieri sostenibili degli altri paesi europei sia assai scemato, forse anche per la diminuzione della materia prima, cioè di nuovi progetti e realizzazioni recenti e consistenti (la crisi economica ed in particolare la contrazione della spesa sociale probabilmente si  fa sentire anche nel nord-Europa – ciò non esclude recenti interventi come il quartiere Jenfeld ad Amburgo): però potrebbero essere approfonditi i monitoraggi e le riflessioni su quell’ampio campo di esperienze compiute, con il vantaggio di una visione retrospettiva su un arco temporale più vasto.
In contro-tendenza si rileva il recente servizio a cura di Fabiola Fratini (Università Sapienza, Roma) su “Urbanistica Informazioni” n° 267-268 del 2016, che racconta la involutiva parabola olandese, con il programma VINEX del 1995, per un milione di nuove abitazioni: tale programma negli ultimi venti anni ha capovolto la tradizionale politica di pianificazione urbana centralizzata, fondata sulla tutela delle aree agricole (“Green Hearth”) e sulla spesa pubblica per la casa, riducendo l’edilizia sovvenzionata al 30% del costruito, e liberalizzando iniziative private decentrate nei comuni, anche minori, con bassa densità ed elevato consumo di suolo (e di specchi d’acqua, tramite la formazione di isole artificiali); in tale ambito spicca invece, riprendendo le proposte di Van den Broek e Bakema negli anni ’60, il nuovo sobborgo di Amsterdam denominato Ijburg, che – pur sorgendo anch’esso sulle acque del lago Ijmeer (in parte come isole ed in parte anche mediante case galleggianti) – si caratterizza positivamente per densità meno basse, la qualità progettuale, la priorità ai mezzi di trasporto pubblico ed anche per una discreta attenzione all’impatto ecologico ed energetico ed alla “resilienza” verso i nuovi fenomeni metereologici ed alluvionali (innalzamento del livello dei mari). 
           




            Figura 6- quartiere Ijburg, Amsterdam

Nell’insieme, forse, emerge comunque una tendenza, accademica ed italiana, a considerare superate alcune tappe degli sviluppi evolutivi (ad esempio per l’appunto i ‘noiosi quartieri socialdemocratici’ del Nord Europa), senza averle nemmeno affrontate; ora l’attenzione è agli “approcci transcalari”, ma si rischia di non sapere più cosa si intenda fare alle singole diverse scale (casa – quartiere – città – mondo…): come a voler essere interdisciplinari, ma senza basarsi almeno sulla conoscenza approfondita di almeno una disciplina.
Tuttavia, sotto la denominazione più ampia di “rigenerazione urbana”, dal medesimo convegno emerge una discreta attività progettuale finalizzata alla ricucitura puntuale (anche se non sistematica) di variegate situazioni di disagio urbano in giro per l’Italia, e soprattutto nelle città metropolitane e nei capoluoghi delle ex-provincie, coinvolte nel “Bando-periferie”, recentemente ri-finanziato (da 500 milioni a 2,5 milioni di € per tutti i 120 progetti presentati e non più solo per i primi 24).
In tal modo forse tale iniziativa verrà sottratta al deludente risultato di tutte le precedenti intraprese gestite dal Ministero delle Infrastrutture su casa e città negli ultimi decenni, dai PRUSST ai Contratti di Quartiere, ai vari “piani-casa”, in cui i carteggi burocratici, sia pure ammodernati con lo stile del “marketing urbano”, hanno superato di gran lunga la carta-moneta effettivamente disponibile, in un perenne divario tra  eccesso di progetti e scarsità di risorse, distogliendo le regioni e i comuni, impoveriti per altro di risorse proprie, dai loro compiti organici di programmazione del recupero urbano.
Il più ampio progetto “Casa-Italia” enunciato con clamore dopo il terremoto invece ancora non decolla, e difficilmente decollerà dopo la sconfitta governativa al recente referendum costituzionale; nell’attesa, forse vana, di un nuovo quadro politico stabile, manca comunque una prospettiva certa con risorse pluriennali ed una regia centrale orientata alla rigenerazione dei quartieri e delle città italiane.

INTANTO INVECE IN ISVIZZERA…(E IN FRANCIA)
Interessante la sintesi che delle esperienze proprie e altrui hanno tratto in Svizzera, a livello federale, redigendo una sorta di manuale metodologico, ispirato ai seguenti principi: “Il Progetto territoriale Svizzera sostiene le iniziative e le attività avviate da Cantoni, Città e Comuni orientate all’urbanizzazione di qualità, alla riqualifica delle aree industriali dismesse e alla valorizzazione dei centri urbani. Adottare un approccio innovativo per lo sviluppo sostenibile dei quartieri implica la valutazione non solo degli aspetti architettonici ed energetici, ma anche la ricerca di un equilibrio fra aspetti sociali, quali integrazione e sicurezza, mobilità, rispetto dell’ambiente e la forma urbana”; e specificamente anche “mescolanza intergenerazionale e coesione sociale, benessere e convivialità, processo partecipativo”.
La proposta operativa federale offre pratici strumenti di valutazione e mira a coordinare e monitorare le iniziative in progetto od in corso in diversi cantoni, con priorità per 6 aree individuate, nel 2011, a Basilea, Ginevra, Zurigo, Neuchatel e Losanna (2 interventi); si nota l’assenza del Canton Ticino, forse per mancanza di occasioni nelle aree urbane del Cantone, di più limitate dimensioni rispetto a quelle di altri cantoni.
“La filosofia dello strumento richiama le nozioni di flessibilità e sviluppo che garantiscono il suo progressivo adeguamento al progredire delle conoscenze, esperienze e competenze in materia, nonché al cambiamento delle norme e delle basi giuridiche”.
Il tutto mi sembra positivo, in particolare il metodo del monitoraggio progressivo e del reciproco apprendimento, però l’operazione si inserisce in un orizzonte territoriale in cui la densità prevista come obiettivo strategico federale nel 2002, ovvero “la stabilizzazione della superficie d’urbanizzazione a 400 m2 per abitante” (cioè 25 abitanti per ettaro, al lordo delle diverse destinazioni d’uso, delle infrastrutture e dei servizi) mi sembra invero piuttosto basso: infatti partendo da un consumo medio di suolo in atto coincidente con quello riscontrato nel 2012 tanto in Lombardia che in Provincia di Varese, ed in presenza di un aumento demografico, la “stabilizzazione” dell’indice corrisponde ad una prosecuzione del consumo di suolo con la medesima densità (per arrestare il consumo di suolo la densità invece dovrebbe aumentare); il documento federale si limita ad auspicare una peculiare densificazione degli eco-quartieri in progetto, senza assegnare obiettivi quantitativi specifici.
Anche la Francia, consapevole di un suo ritardo rispetto all’Europa tedescofona, ha assunto iniziative nazionali, a partire dalla prima conferenza nazionale sugli Eco-Quartieri nel 2009 ed istituendo un premio nazionale a cadenza biennale, cui hanno partecipato numerosi progetti, ponendo altresì come obiettivo che dal 2012 tutti i comuni interessati da programmi di sviluppo dovessero avviare almeno una progettazione di eco-quartiere (il tutto è poco conosciuto nella pubblicistica italiana).
Molto interessante la rassegna critica di casi francesi ed europei a cura di Guillaume Faburel e Camille Roché, su “Recherche sociale” n°200 del 2011, orientata verso la valorizzazione degli aspetti sociali e partecipativi, a scapito delle soluzioni meramente tecnologiche.

NUOVE SIRENE: I VILLAGGI AUTARCHICI
Sono da segnalare inoltre, per il notevole rilievo mediatico riscontrato negli ultimi mesi, alcune proposte progettuali, più o meno recenti, che vanno in una direzione a mio parere assai divergente, e cioè all’assemblaggio di unità abitative, o meglio abitative/produttive, tendenzialmente autosufficienti, non solo sotto il profilo energetico, ma anche alimentare e talora lavorativo, con la distribuzione capillare di laboratori, orti e serre, fino a compromettere lo stesso concetto di città (nonché quello connesso di integrazione sociale).
Infatti, mentre le densità edilizie si abbassano, vengono meno criteri di universalità e mescolanza degli utenti, in favore di selezioni escludenti fondate sul censo oppure sulle “affinità elettive”, sia pure di nicchie “ecologiche” di famiglie, favorendo le relazioni sociali chiuse e predeterminate (la comunità) su quelle aperte e casuali (la società), formando luoghi da cui a mio avviso è molto probabile che i pre-adolescenti cercheranno di fuggire in cerca della loro porzione di libertà e di avventura.
(Il processo di aggregazione inter-familiare su basi elettive ai fini abitativi - il cosiddetto co-housing - mi pare positivo se limitato alla dimensione del condominio/cooperativa; estendendolo alla scala del quartiere assomiglia molto a quelle barriere preclusive che caratterizzano in tante parti del mondo, ma poco per ora in Europa, “la città dei ricchi” contrapposta alla “città dei poveri”: vedi testo di Bernardo Secchi e mia recensione – “Fonti” 11 e 13; vedi recente scalpore per le lottizzazioni recintate a Treviso e altri comuni veneti.
Mi riferisco alle seguenti proposte:
-          RE-GEN, recente progetto dello studio danese Effekt ad Almere (presso Amsterdam), proposto come prototipo da esportare nel mondo a partire dall’area baltica (ma con capitali californiani), che intreccia diverse soluzioni tecnologiche (un mix di aeroponica, idroponica, permacultura e con l’impiego di energia geotermica, solare, eolica e biomasse) attorno all’idea della villetta-serra unifamiliare e della piccola comunità auto-sufficiente;

  
           

Figura 7 – immagine promozionale per il quartiere Re-Gen ad Almere


-          EARTHSHIP del guru statunitense Michael Reynolds (già sospeso e riammesso alla professione di architetto per la sua disinvoltura verso le norme tecniche), che propone un riciclaggio spinto di materiali anche grezzi (tipo pneumatici d’auto e lattine di birra) per unità uni-familiari adatte ad una autosufficienza totale e pionieristica, sperimentata in New Mexico, declinandole in uno stile che a mia impressione sta a metà tra l’autocostruzione abusiva di borgata ed il villino mediterraneo/tropicale, sia pure con ascendenze Gaudì.
-           
  
     

Figura 8 – una abitazione progettata da Michael Reynolds

Una qualche somiglianza a queste tematiche si riscontra anche nella recentissima ed ambiziosa proposta dell’architetto Carlo Ratti, direttore del “Senseable City Lab” del Massachussets Istitute of Technology e teorico delle “smart cities” e dei “big data”, per la ex base militare americana Patrick Henry ad Heidelberg, da trasformare in “una comune futuristica che sarà caratterizzata dalla condivisione di case, cucine e automobili” “per un massimo di 4.000 persone, tra studenti, famiglie, ricercatori e imprenditori” su un’area di quasi un milione di m2 (e quindi con una densità, molto bassa, di 40 persone per  ettaro).






APPENDICE 1: ARTICOLAZIONE DEI PROBLEMI PROGETTUALI ALLA SCALA DEL QUARTIERE, IN FUNZIONE DELLA DENSITA’ EDILIZIA E DEGLI ORIENTAMENTI TIPOLOGICI

Le seguenti riflessioni tentano di articolare le problematiche in merito a densità e tipologie, assumendo una griglia di variabili tipica di una “Valutazione Ambientale Strategica”, e privilegiando l’attenzione verso gli indicatori più sensibili agli agenti locali; con l’avvertenza che la necessaria analisi non consente comunque mai di isolare i singoli fattori dal quadro complessivo di interazione:
A)           un primo gruppo di valori risulta abbastanza neutro rispetto alle alternative di progettazione urbana, nel senso che le “buone pratiche” possono consentire di minimizzare comunque l’impatto insediativo, a prescindere dalle tipologie e densità ipotizzate:
a.            CONTROLLO DEI CONSUMI IDRICI INTERNI ALLE ABITAZIONI (i consumi esterni, per irrigazione, giardinaggio, lavaggio sono invece molto variabili);
b.            QUALITA’ DEGLI SCARICHI LIQUIDI;
c.            IMPIEGO DI MATERIALI DA COSTRUZIONE TERMO-COIBENTI, SANI E RICICLABILI (con qualche limite tecnologico: ad esempio, per case alte con struttura in legno);
d.            CONTROLLO DELLE EMISSIONI SONORE (mentre l’inquinamento acustico passivo risulta influenzato dalle morfologie edilizie, a parità di materiali isolanti);
e.            LIMITAZIONE DELL’INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO (anche se insediamenti più compatti possono limitare le interferenze con le reti di telecomunicazioni e di trasporto dell’energia elettrica, facilitandone la razionalizzazione)
f.             LIMITAZIONE DEGLI INQUINAMENTI DURANTE IL PROCESSO COSTRUTTIVO ED AL TERMINE DEL CICLO DI VITA DEI FABBRICATI;
B)           all’estremo opposto, un gruppo di valori fondamentali, benché fortemente inter-agenti con i contenuti progettuali quali-quantitativi, non sono riconducibili a valutazioni generali, perché sostanzialmente condizionati dal “genius loci” e dalla specificità delle condizioni socio-economiche locali:
a.            TUTELA  E VALORIZZAZIONE DEL PAESAGGIO E DEI BENI CULTURALI;
b.            INSERIMENTO NEL CONTESTO STORICO E GEOGRAFICO LOCALE;
c.            ESPRESSIONE DI VALORI SIMBOLICI COLLETTIVI E DEL LINGUAGGIO ARCHITETTONICO DEI PROGETTISITI
C)           nel mezzo invece si collocano i valori per i quali più determinanti risultano gli approfondimenti scientifici, con particolare attenzione alle reciproche interferenze (anche con i valori del gruppo “B”), e quindi attraverso comparazioni multi-criteri, e comunque con un’ottica di tipo olistico; si tratta in parte di variabili fisicamente misurabili, in qualche misura proporzionali, o variamente funzionali, rispetto alle grandezze edilizie:
a.            CONSUMO DI SUOLO AGRO-FORESTALE, proporzionale alla superficie complessiva occupata per usi urbani (anche di verde pubblico);
b.            PERMEABILITA’ DEI SUOLI, che è funzione inversa della superficie coperta da edifici oppure variamente impermeabilizzata;
c.            PERMEABILITA’ ECOLOGICA DEI TERRITORI NON URBANIZZATI, evidentemente maggiore con insediamenti compatti (ma non si può escludere una virtuosa progettazione che consenta forme di continuità della rete ecologica anche nelle maglie verdi dei tessuti urbani meno densi)
D)           Infine, la parte restante, e più complessa, riguarda variabili che hanno grande rilevanza ai fini della sostenibilità ambientale degli insediamenti, ma non rivestono funzioni di carattere lineare rispetto alle singole grandezze edilizie:
a.            BILANCIO IDRICO COMPLESSIVO, sia relativo alle risorse idro-potabili sia al ciclo pluviale, considerando l’insieme dei consumi umani (anche per irrigazione, giardinaggio e lavaggio), la permeabilità dei suoli, l’estensione e le caratteristiche delle pavimentazioni semi-permeabili, nonché la possibile introduzione di coperture verdi (che influiscono sulla velocità di corrivazione, sulla evaporazione e sul micro-clima);
b.            EFFICIENZA ENERGETICA, che, non solo può variare al mutare di densità e tipologie – a parità di materiali e tecnologie -, ma anche esserne radicalmente condizionata, nel senso che determinate tecniche costruttive ed impiantistiche risultano congruenti con determinate tipologie e densità, e non con altre: in un contesto in rapida evoluzione;
c.            EFFICIENZA DEI TRASPORTI, considerando le alternative, i conflitti e le possibili integrazioni tra le diverse modalità di spostamento, con mezzi pubblici o privati, ed i limiti di accettabilità sociale alle eventuali limitazioni o accentuazioni della mobilità: i campi di variabilità differiscono in funzione di altimetria e clima, per esempio riguardo alla fattibilità ed usabilità delle piste ciclabili, come anche per le distanze pedonali massime ammissibili; anche questo settore è fortemente influenzato dal modificarsi degli elementi tecnologici, così come del contesto sociale ed economico, anche a scala globale (es. prezzi dei carburanti);
d.            QUALITA’ DELL’ARIA, per quanto deriva dai fattori locali, sia riguardo alle emissioni dirette dagli insediamenti, per la climatizzazione artificiale (vedi sopra punti D/a e D/b), sia indirettamente dal sistema dei trasporti (vedi D/c)
e.            BENESSERE BIOCLIMATICO (interno alle abitazioni) E MICRO-CLIMA URBANO, risultante dalla combinazione di fattori complessi;
f.             CLIMA ACUSTICO, anch’esso derivante da molti elementi, locali e sovra-locali;
g.            RACCOLTA DEI RIFIUTI SOLIDI: gli insediamenti compatti riducono i percorsi di raccolta, ma la raccolta differenziata risulta più efficiente negli insediamenti, radi, che impongono maggiore responsabilizzazione ai singoli utenti, e dove gli orti rendono possibile una riduzione del consumo di imballaggi e la pratica del compostaggio diretto dei rifiuti umidi;
h.            EFFICIENZA ECONOMICA COMPLESSIVA, considerando i costi diretti ed indiretti degli insediamenti, in tutto il loro ciclo – dal cantiere alla dismissione finale – e passando per la durata delle possibilità di manutenzioni ed adattamenti, per il cumulo dei costi energetici
i.             EFFICIENZA ED ACCETTABILITA’ SOCIALE, che risulta di assai difficile misurazione, sia per una certa labilità delle discipline sociologiche ed antropologiche, sia per la complessità delle mediazioni tra i soggetti coinvolti nelle decisioni (politici, tecnici, agenzie immobiliari, promotori, imprese) ed i diversi segmenti dell’utenza finale della città: insediamenti ad alto costo iniziale, ma di lunga durata e bassi costi di gestione e manutenzione (e limitato inquinamento ambientale) possono essere acquisiti direttamente solo dai ceti più abbienti, mentre latita una domanda organizzata dai potenziali esclusi, o perché non rappresentati (o non rappresentabili istituzionalmente, come le nuove minoranze degli immigrati), o perché paradossalmente rappresentati da esponenti politici degli stessi ceti più abbienti.
E)            non si considera in questo testo l’IMPRONTA ECOLOGICA COMPLESSIVA degli insediamenti, comprensiva cioè di tutte le risorse primarie utilizzate nel ciclo di vita degli insediamenti, rapportate alle aree necessarie per produrle e riprodurle – a scala globale - , inclusi energia, alimenti ed altre materie prime, perché da un lato si coinvolgono comportamenti indipendenti dalla conformazione urbana (ad esempio cosa si mangia e come si coltiva, sotto casa od in altro continente; come si produce la quota di energia importata), dall’altro si investono variabili macro-economiche internazionali  - dal prezzo del petrolio alla tassazione dei trasporti -, il cui controllo, anche concettuale, non può che esulare da queste poche pagine: con l’auspicio però che  qualcuno se ne occupi, dalle forze politiche ai governi, e soprattutto ad esempio la Comunità Europea).



APPENDICE 2  - DENSITA’ EDILIZIE MINIME IN FUNZIONE ECOLOGICA

Mentre gli utenti per lo più preferiscono case basse con tanto verde, inseguendo il mito della villa unifamiliare, la densificazione dell’edificato, con introduzione di tipologie edilizia pluripiano si rende infatti necessaria sia per conseguire complessivamente un ragionevole risparmio di suolo, sia per raggiungere altri obiettivi connessi alla compattezza urbana.
Nella ricerca sopra richiamata avevamo in particolare raccolto da altri autori (vedi Fonti al termine dell’articolo) le seguenti indicazioni quantitative specifiche:


Densità residenziale minima
Efficienza del sistema dei trasporti, con efficacia della mobilità pedonale
170 abitanti/ettaro

Efficienza delle nuove centralità rispetto alla vitalità urbana
2,5 m3/m2, ovvero
120 abitanti/ettaro

Anche per l’efficienza dei sistemi di teleriscaldamento, in particolare con centrali elio-termo-dinamiche, sono richieste densità elevate, più difficili da quantificare.
In controtendenza, per ottenere efficienza nei sistemi di captazione passiva dell’energia solare, è raccomandato di non superare una densità edilizi di 4,5 m3/m2 (per case in linea orientate est-ovest).
Tali valori vanno confrontati con quelli registrati nella TABELLA 1



Fonti (non si riportano le semplici notizie giornalistiche ed i testi brevi ricavati da Internet)
1.    Università di Bologna, facoltà di Ingegneria, DAPT: ing. Francesco Fulvi “Esempi di Quartieri Sostenibili” – 2008 www.francescofulvi.it/DOCUMENTI/UTILITA'/Quartieri%20Sostenibili.pdf
2.    Università di Bologna, tesi di dottorato di Ciro Lamedica – 2012 -
3.    Università di Torino, O.C.S. - Osservatorio Città Sostenibili del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (Politecnico e Università di Torino): Stefania M. Guarini “Quartieri Ecosostenibili in Europa” – 2011 www.ocs.polito.it/biblioteca/dwd/quartieri_eco.pdf
4.    Università di Parma, Laboratorio di Urbanistica Paesaggio e Territorio – Documentazione: ARCHIVIO QUARTIERI – schede con diversi Autori e date - www.urbanistica.unipr.it
5.    Università di Roma, tesi di dottorato di Gilda di Pasqua: “Criteri progettuali e sistemi gestionali dell’eco-quartiere. La valenza energetica nella progettazione urbana.” – 2013 www.padis.uniroma1.it/license-view?viewitem=true&itemid.../TESI%20DiPASQUA..
6.    Universita di Roma: “Scenari, risorse, metodi e realizzazioni per CITTA’ SOSTENIBILI”, a cura di Domenico Cecchini  e Giordana Castelli - Gangemi editore – 2013, anticipaton parte su “Urbanistica” n° 141 – 2010 - www.cittasostenibili.it/html/biblio.htm
7.    Università di Roma – a cura di Fabiola Fratini “Ijburg, un VINEX extra” su “Urbanistica Informazioni” n° 267-268 del 2016 
8.    Università di Napoli - Dipartimento di progettazione architettonica e ambientale "teorie e metodologie" - tesi di dottorato di Pietrantonio Zazzarino “Criteri di sostenibilità nella progettazione di edifici: descrizione – individuazione di tecnologie attive e passive in alcuni esempi di architetture” – 2011  www.fedoa.unina.it/view/creators/Zazzarino=3APietrantonio=3A=3A.html
9.    Università di Bari: laboratorio di progettazione urbanistica a/b – Politecnico di Bari https://urbandesignpoliba.wordpress.com
10.  Université Paris Est, Institut d’Urbanisme de Paris - Guillaume Faburel e Camille Roché: “Les éco-quartiers, du projet technique et architectural… au projet social. Vers une typologie de cas étrangers et français, pubblicato su  “Recherche sociale”, n°200 del 2011 www.amenites.files.wordpress.com/.../article-eco-quartiers-et-p..
11.  Confederazione Svizzera: Ufficio federale dello sviluppo territoriale ARE + Ufficio federale dell’energia UFE - Emmanuel Rey “Quartieri sostenibili: sfide e opportunità per lo sviluppo urbano” – 2011 www.quartieri-sostenibili.ch
12.  Bernardo Secchi “La città dei ricchi e la città dei poveri” di Bernardo Secchi - Laterza, Bari 2013
13.  Anna FRISA, Carlo RATTI “Progettare la città: come?” Dipartimento Interateneo Territorio, Politecnico di Torino - School of Architecture and Planning, MIT www.senseable.mit.edu/.../20011116_Frisa_Ratti_ProgettareCitta_Proceedings CittaDiffusa.
14.  Atti convegno URBANPROMO, 08-11 novembre 2016, presso Triennale di Milano  http://urbanpromo.it/info/urbanpromo-xiii-edizione-2016/
15.  Recensioni sul testo di Cecchini e Castelli “Città sostenibili” - 2014 – e sul testo “La città dei rocchi e la città dei poveri” di Bernardo secchi – 2016 - su questo blog  in apposito POST e nella pagina ULTERIORI LETTURE
16.  Post “Le Albere di Renzo Piano ed i nuovi musei di Trento e Rovereto” – 2014 - su questo blog
17.  Pagina “APPENDICE I” – su questo blog, con estratto da IL DIFFICILE  PERCORSO DALLA “CASA SOSTENIBILE” ALLA “CITTA’ SOSTENIBILE” Gennaio 2010 (pubblicato in bozza non corretta su “Urbanistica Informazioni” n° 229) Autori:  Aldo Vecchi e Anna Maria Vailati




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