Il rapporto ISTAT “BES 2020”, alla ricerca degli indicatori del Benessere Equo e Sostenibile, tra tendenze di lungo periodo e crisi pandemica.
Sommario:
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il rapporto BES 2020
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la sintesi del
presidente Blangiardo
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rapporto BES e rapporto
ASviS
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l’ombra
dell’inesorabile PIL (e le sue possibili evoluzioni)
appendice: : alcuni
grafici e commenti dal rapporto BES 2020
IL RAPPORTO B.E.S. 2020
Negli
ultimi anni, ed ancor più dall’inizio della Pandemia Covid-19, l’opinione
pubblica si è spesso occupata - almeno “a parole” - di BENESSERE (sia
psicofisico che socioeconomico), di EQUITA’ (dal fisco alle priorità vaccinali)
e di SOSTENIBILITA’ (che inizia ad essere in gran voga, persino tra i peggio
inquinatori); tuttavia lo sforzo compiuto prima nel dibattito tra intellettuali
illuminati e poi dalle stesse Istituzioni[1], dagli Istituti di
Statistica ai Governi, per affiancare (non solo in Italia) al famigerato indice
economico “PIL”, Prodotto Interno Lordo, una serie di indicatori “BES” (per
l’appunto Benessere Equo e Solidale) non ha finora forato lo schermo del
disinteresse del mondo politico-giornalistico italiano: anche se il rapporto
annuale BES, elaborato dall’ISTAT, figura come allegato della legge Finanziaria
dal 2017 e se con il 2020 si compie il primo di decennio di vita del BES.
La
recente pubblicazione del rapporto ISTAT “BES 2020 – Il Benessere Equo e
Sostenibile in Italia”1 offre l’occasione per conoscere la materia
ed anche forse per comprendere le ragioni di una certa qual sordità nei suoi
confronti.
Il
rapporto consta di circa 240 pagine, invero di assai facile lettura, pur nel
rigore scientifico della statistica, ed illustra i dati relativi a oltre 150
indicatori, raggruppati in dodici “domini”:
1. Salute
2. Istruzione e formazione
3. Lavoro e conciliazione dei tempi di vita
4. Benessere economico
5. Relazioni sociali
6. Politica e istituzioni
7. Sicurezza
8. Benessere soggettivo
9. Paesaggio e patrimonio culturale
10. Ambiente
11. Innovazione, ricerca e creatività
12. Qualità dei servizi.
Per
ciascuno di questi temi il rapporto presenta e motiva gli indicatori
selezionati e ne racconta succintamente i risultati – sviluppati anche in
tabelle e grafici – , spesso estesi anche al confronto con gli altri 26 paesi
dell’Unione Europea, ed in gran parte articolati nelle 26 articolazioni
territoriali (regioni, province autonome e grandi ripartizioni geografiche).
Si
tratta per lo più di dati “oggettivi”, ma anche di inchieste campionarie
relative a valutazioni “soggettive”, riguardo – ad esempio – al benessere
ovvero alla sicurezza “percepita”: il che avvicina i contenuti ed il linguaggio
del Rapporto a quelle più “sociologici” dei “Rapporti Censis” od anche delle
inchieste demoscopiche dei vari Diamanti, Piepoli, IPSOS, ecc.
Rilevo
inoltre che – a diversità degli approcci più neutrali e burocratici cui l’ISTAT
ci ha abituato in decenni di censimenti e annuari – l’impostazione complessiva
del documento riflette, ed in alcuni passi anche esplicitamente, la “visione
del mondo verde-progressiva” che accomuna in qualche misura gli Obiettivi socio-ambientali
ONU/2030 (SDGoals), il programma “Ursula” dell’Unione Europea e l’assetto
culturale del Next Generation EU ovvero Recovery Fund.
In
questo scenario, il rapporto BES 2020 assume però un carattere particolare in
funzione della Pandemia Covid-19 e si sviluppa pertanto, quasi puntualmente, su
un duplice versante:
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la
misurazione delle trasformazioni consolidate nel decennio 2010-2019 (in gran
parte negative, nell’ottica politico-culturale di cui sopra, ma con alcune
vistose eccezioni)
-
la
“foto-in-movimento” delle conseguenze della Pandemia (e soprattutto della
cosiddetta “prima ondata”, perché la Seconda/Terza si è verificata con il testo
ormai configurato).
LA SINTESI DEL
PRESIDENTE BLANGIARDO
Per
una valutazione sintetica di questo duplice andamento - sia nella realtà sociale che nelle modalità
di lettura di questa da parte dell’ISTAT - riporto alcune citazioni dalla
“Presentazione” del Rapporto 2020 da parte del presidente dell’ISTAT, Giancarlo
Blangiardo 2:
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RIGUARDO
AL METODO DI INDAGINE: “… non vi è dubbio che l’eccezionalità del momento, cui
nessuno era preparato, ha fatto emergere nuovi bisogni e ha acuito antiche e
nuove disuguaglianze. In occasione di questo Rapporto Bes, l’improvviso
cambiamento del contesto ha reso necessario un lavoro di arricchimento del
quadro concettuale entro cui ci si è mossi nelle fasi di raccolta e di
trattamento dei dati statistici. In particolare, si è intervenuti tanto sulle
fonti, con nuovi quesiti nelle indagini che forniscono il materiale a supporto
degli indicatori, quanto sulla tempestività degli aggiornamenti, con la scelta
di misure più sensibili al cambiamento nel breve periodo. L’interazione tra i
nostri ricercatori e gli esperti di settore ci ha anche portato ad aggiungere
alcuni indicatori al framework tradizionale e a sostituirne altri.
Dei 152 indicatori che
compongono il nuovo set, ben 33 rappresentano una novità e integrano otto dei
dodici domini del Bes. Tale revisione è stata realizzata con particolare
attenzione e coerenza rispetto alle linee fondamentali del programma
#NextGenerationEU.
In questa nuova
edizione del Rapporto, si è dato corso all’arricchimento del panorama
informativo sui temi che più di altri hanno impatto oggi sul benessere dei
cittadini: la salute e i servizi sanitari, le risorse digitali, il cambiamento
climatico e il capitale umano, quest’ultimo sia in termini di formazione che di
potenziale produttivo. Le valorizzazioni e gli approfondimenti tematici sono
stati costruiti in modo da offrire riferimenti oggettivi per orientare l’azione
di policy con la quale l’Europa intende attuare la propria visione strategica
per l’inclusione e la crescita. “
-
RIGUARDO
ALLE TRASFORMAZIONI NEL DECENNIO, NEGATIVE… :”A dieci anni dall’avvio del
progetto, gli indicatori proposti mostrano chiaramente come i cambiamenti nel
profilo del benessere in Italia siano stati molti: tanto nella direzione del
progresso, quanto nella persistenza di aree di criticità, anche profonde.
Per effetto dei tagli
continui lungo tutto il decennio, il nostro sistema sanitario è arrivato a
disporre di meno posti letto, di medici di età mediamente più elevata, per il
blocco del turnover, con l’effetto complessivo di una maggiore disuguaglianza
nell’accesso alle cure. I bambini iscritti al nido e i giovani che si laureano
sono ancora troppo pochi, e il divario con l’Europa sull’istruzione continua ad
allargarsi.
La distanza dagli altri
partner europei non diminuisce nemmeno per gli investimenti in ricerca e
sviluppo, che restano troppo bassi, né, malgrado i progressi, per l’incidenza
di lavoratori della conoscenza. Nel contempo si è accresciuto il numero di
ragazzi che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in programmi di
formazione professionale.
La qualità del lavoro
in Italia resta critica, e l’incidenza della povertà assoluta, che per sette
anni si era mantenuta su livelli doppi rispetto ai valori del 2009, solo nel
2019 mostra, per la prima volta, una leggera flessione, per poi aumentare
nuovamente nel 2020.
Quanto alla
digitalizzazione, l’uso di internet è cresciuto, ma permane lo svantaggio del
Mezzogiorno, delle donne e dei più anziani.
Gli investimenti per la
tutela e la valorizzazione di beni e attività culturali, già storicamente
inadeguati, sono in diminuzione.
Sul fronte
dell’ambiente, molti sono i segnali di allarme: crescono infatti le criticità
sulle risorse idriche, resta allarmante la qualità dell’aria, avanza il consumo
di suolo e l’abusivismo edilizio torna a livelli preoccupanti nel Mezzogiorno.”
… E POSITIVE : “Dal
lato delle buone notizie, dopo anni di declino, l’interesse dei cittadini per i
temi civici e politici ha mostrato segnali di ripresa e la loro sensibilità per
i cambiamenti climatici continua ad aumentare. La presenza delle donne nei
luoghi decisionali ha fatto passi in avanti, sebbene lentamente. La criminalità
è andata progressivamente riducendosi. Alcuni indicatori ambientali, come
quelli che monitorano la gestione dei rifiuti, hanno mostrato un andamento
favorevole.”
NONCHE’ SPECIFICAMENTE
RIGUARDO ALLA PANDEMIA DEL 2020: “La pandemia ha rappresentato una frenata, o
addirittura un arretramento, in più di un settore. Gli indicatori del Bes hanno
registrato impatti particolarmente violenti su alcuni progressi raggiunti in
dieci anni sul fronte della salute, annullati in un solo anno. L’emergenza
sanitaria ha avuto conseguenze pesanti su un mercato del lavoro già poco
dinamico e segmentato e ha imposto una battuta di arresto nella partecipazione
culturale. In questo contesto, aumentano comprensibilmente i timori dei
cittadini per la propria situazione futura e resta bassa la quota di persone
molto soddisfatte per la vita.”
Una
sintesi meno compressa si può leggere nelle trenta pagine del capitolo iniziale
“Dieci anni di Bes”, curato da Maria Cozzolino e Alessandra Tinto (già
richiamato nella nota A), oppure ascoltando il video della Direttora
dell’ISTAT Linda Laura Sabbadini 3, documenti ai quali rimando.
Riproduco
inoltre in APPENDICE alcuni assaggi dei grafici (e qualche altro dato e/o
commento) che ho trovato più interessanti leggendo il Rapporto.
RAPPORTO BES E RAPPORTO
ASVIS
Appare
abbastanza evidente una significativa sovrapposizione tra le tematiche e gli
indicatori del BES e quelli della ricerca dell’ASviS sulle tendenze di
attuazione degli Obiettivi
socio-ambientali
ONU/2030 (SDGoals), che ho riassunto nel precedente numero di Utopia21 4;
il che non stupisce, considerando anche la presenza di Enrico Giovannini
(attuale ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile) sia tra
gli ideatori del BES (quando era presidente dell’ISTAT) sia tra i promotori
dell’Alleanza per lo sviluppo Sostenibile ASviS.
La
stessa ASviS, commentando il Rapporto BES 2020 ha anzi pubblicato la seguente
tabella di raffronto relativa a 62 dei 152 indicatori utilizzati dall’ISTAT,
che corrispondono ad altrettanti indicatori ASviS, ridistribuiti però
diversamente tra i “domini” dell’uno ed i “goals” dell’altra:
Però,
aldilà della problematica della scelta e delle aggregazione degli indicatori,
la differenza fondamentale di approccio e di metodo tra Rapporto BES e Rapporto
ASviS risiede nel tentativo del secondo di utilizzare i “panieri” di indicatori
per combinarli, tramite algoritmi numerici, in un minor numero di indici
sintetici (che poi si traducano nei “semaforini” verde/rosso/giallo), mentre il
BES si limita ad essere una sorta di “diorama” statistico-descrittivo, sì
dinamico e non ‘neutrale’, ma senza pretese di sintesi algoritmiche (e forse
per questo più intellettualmente ‘onesto’).
L’OMBRA
DELL’INESORABILE PIL (E LE SUE POSSIBILI EVOLUZIONI)
Ambedue
gli strumenti restano comunque analitici e multidimensionali e quindi assai
lontani dal divenire competitivi con il PIL, Prodotto Interno Lordo, che è
costituito anch’esso da un complesso di rilevazioni e di stime non sempre
lineari, ma che ha il grande pregio (che nel contempo è anche un grande
difetto) di commisurare tutto in €, il denaro, “equivalente universale”
(secondo Marx); il che dimostra però, inequivocabilmente quanto la nostra
società sia “attaccata al denaro”.
Come
accennavo in nota al precedente articolo sull’ASviS, è in corso di definizione
a livello ONU [2]
la proposta di un nuovo PIL comprensivo delle variazioni in più e in meno del
patrimonio ambientale: sostanzialmente si tratta di attribuire un ‘prezzo
fittizio’ ai beni ambientali non ancora pienamente assoggettati al mercato,
quali aria, acqua, aree naturali e connessi popolamenti, accettandone quindi
una sorta di ‘monetizzazione virtuale’.
Il
che – a mio avviso – resta abbastanza astratto, e quindi anche impreciso sotto
il profilo della quantificazione[3], fino a che il potere
statuale non avrà la forza e la volontà di imporre tali ‘valori’ come
tassazione (nella direzione già in atto per le emissioni di CO2 e le varie
ipotesi di ‘carbon tax’, a partire dalle ‘accise’ sui carburanti [4]), rendendo così
concretamente ‘monetari’ i valori stessi, e quindi internalizzati nel mitico
PIL (a tal punto la esatta misurazione dei ‘valori’ diverrebbe una variabile
del ‘mercato politico’ assai più che non delle scienze statistiche).
Anche
se in tal modo ancora una volta il denaro emergerebbe come misura di tutte le
cose[5].
La
constatazione che il BES non è “un indice”, che possa soppiantare il PIL, bensì
un metodo di lettura sistematica delle trasformazioni e dei bisogni sociali,
non giustifica però la disattenzione del mondo politico e giornalistico, che ho
denunciato in premessa.
La
lettura delle 240 pagine del Rapporto BES (o almeno delle sintesi di cui ho
detto sopra) mi sembra infatti assai istruttiva, come illustro per assaggi
anche nella successiva APPENDICE.
Fonti:
1.
Istituto
Nazionale di Statistica – RAPPORTO BES 2020: IL BENESSERE EQUO E SOSTENIBILE IN
ITALIA - https://www.istat.it/it/archivio/254761
2.
IDEM,
PRESENTAZIONE DEL PRESIDENTE, GINACARLO BLANGIARDO https://www.istat.it/it/files//2021/03/Presentazione.pdf
3.
IDEM,
SINTESI DELLA DIRETTORA LAURA LINDA SABBADINI
https://www.istat.it/it/files//2021/03/Programma-Bes-10.pdf
4.
Aldo
Vecchi - I RAPPORTI ASVIS 2020 E I TERRITORI – su UTOPIA21, marzo 2021 – https://drive.google.com/file/d/1ah-wVbDE_u-1DBMIet-ouSfLvoZnCB6-/view.
5.
Aldo
Vecchi - https://drive.google.com/file/d/1hTCkTv9CJUUV2JLYKGZ4AGWYCu-VGF0P/view.
[1]
Per la genesi del BES rimando alle
prime pagine del capitolo introduttivo “Dieci anni di BES”, all’interno del
rapporto ISTAT BES 2020
[2]
COMUNICATO ONU DEL 3 MARZO 2021 “La
sostenibilità accanto alla produzione, i dati ambientali accanto a quelli
economici: le Nazioni Unite provano a inaugurare una nuova concezione della
ricchezza globale e dopo oltre 50 anni dal celebre discorso di Robert Kennedy
sul Pil con il capo economista Elliott Harris presentano alla stampa un nuovo
indicatore che includerà allo stesso tempo dati economici e ambientali, e che
dovrebbe essere recepito dai lavori della Commissione Statistica delle Nazioni
Unite questa settimana. L’obiettivo – auspica il Palazzo di Vetro – è aprire
una nuova era in cui in cui misurare il benessere non più soltanto servendosi
dei parametri del Prodotto Interno Lordo, ma allargando la rilevazione anche ai
temi ambientali, con l’obiettivo di portare il tema della sostenibilità al
centro del delle scelte politiche dei singoli Paesi.
Nel suo famoso discorso all’Università del Kansas nel marzo
del 1968 Robert Kennedy dichiarò: “Non possiamo misurare i successi del paese
sulla base del prodotto interno lordo…..il Pil comprende anche l’inquinamento
dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le
nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana”. Ora l’Onu compie un
passo in questa direzione con l’adozione del nuovo sistema di contabilità SEEA
EA, acronimo di System of Environmental-Economic Accounting-Ecosystem
Accounting con l’obiettivo -sottolinea- di avere “un impatto significativo
sugli sforzi per affrontare le emergenze ambientali come il cambiamento
climatico e il declino della biodiversità”.
[3]
Il problema si pone anche a
proposito dell’analogo tentativo – in atto tra gli studiosi di urbanistica e
risparmio di suolo - per attribuire un valore monetario ai ‘servizi
eco-sistemici’, resi ad esempio dalle ‘aree interne’ in favore delle ricche
metropoli. 5
[4]
Accise che si sono storicamente stratificate a
partire da motivazioni non-ecologiche, come la guerra d’Etiopia oppure
terremoti e alluvioni. Più mirata in senso salutistico e/o moralistico, invece,
la storia delle accise su tabacco e alcoolici.
[5]
D’altronde sarebbe a mio avviso un
disastro se l’alternativa fosse un unico indice di ‘benessere percepito’ (del
tipo ‘misuratori della felicità’ di cui ci siamo più volte occupati su
Utopia21), con il pesante rischio di un populismo cosmico (ancorché probabilmente
pure ‘sovranista’).
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