venerdì 21 maggio 2021

UTOPIA21 - MAGGIO 2021: IL B.E.S. COMPIE 10 ANNI (MA PASSA INOSSERVATO)

 

Il rapporto ISTAT “BES 2020”, alla ricerca degli indicatori del Benessere Equo e Sostenibile, tra tendenze di lungo periodo e crisi pandemica.

 

Sommario:

-       il rapporto BES 2020

-       la sintesi del presidente Blangiardo

-       rapporto BES e rapporto ASviS

-       l’ombra dell’inesorabile PIL (e le sue possibili evoluzioni)

appendice: : alcuni grafici e commenti dal rapporto BES 2020

 

 

IL RAPPORTO B.E.S. 2020

 

Negli ultimi anni, ed ancor più dall’inizio della Pandemia Covid-19, l’opinione pubblica si è spesso occupata - almeno “a parole” - di BENESSERE (sia psicofisico che socioeconomico), di EQUITA’ (dal fisco alle priorità vaccinali) e di SOSTENIBILITA’ (che inizia ad essere in gran voga, persino tra i peggio inquinatori); tuttavia lo sforzo compiuto prima nel dibattito tra intellettuali illuminati e poi dalle stesse Istituzioni[1], dagli Istituti di Statistica ai Governi, per affiancare (non solo in Italia) al famigerato indice economico “PIL”, Prodotto Interno Lordo, una serie di indicatori “BES” (per l’appunto Benessere Equo e Solidale) non ha finora forato lo schermo del disinteresse del mondo politico-giornalistico italiano: anche se il rapporto annuale BES, elaborato dall’ISTAT, figura come allegato della legge Finanziaria dal 2017 e se con il 2020 si compie il primo di decennio di vita del BES.

 

La recente pubblicazione del rapporto ISTAT “BES 2020 – Il Benessere Equo e Sostenibile in Italia”1 offre l’occasione per conoscere la materia ed anche forse per comprendere le ragioni di una certa qual sordità nei suoi confronti.

Il rapporto consta di circa 240 pagine, invero di assai facile lettura, pur nel rigore scientifico della statistica, ed illustra i dati relativi a oltre 150 indicatori, raggruppati in dodici “domini”:

 

 

 

1. Salute

2. Istruzione e formazione

3. Lavoro e conciliazione dei tempi di vita

4. Benessere economico

5. Relazioni sociali

6. Politica e istituzioni

7. Sicurezza

8. Benessere soggettivo

9. Paesaggio e patrimonio culturale

10. Ambiente

11. Innovazione, ricerca e creatività

12. Qualità dei servizi.

 

Per ciascuno di questi temi il rapporto presenta e motiva gli indicatori selezionati e ne racconta succintamente i risultati – sviluppati anche in tabelle e grafici – , spesso estesi anche al confronto con gli altri 26 paesi dell’Unione Europea, ed in gran parte articolati nelle 26 articolazioni territoriali (regioni, province autonome e grandi ripartizioni geografiche).

 

Si tratta per lo più di dati “oggettivi”, ma anche di inchieste campionarie relative a valutazioni “soggettive”, riguardo – ad esempio – al benessere ovvero alla sicurezza “percepita”: il che avvicina i contenuti ed il linguaggio del Rapporto a quelle più “sociologici” dei “Rapporti Censis” od anche delle inchieste demoscopiche dei vari Diamanti, Piepoli, IPSOS, ecc.

 

Rilevo inoltre che – a diversità degli approcci più neutrali e burocratici cui l’ISTAT ci ha abituato in decenni di censimenti e annuari – l’impostazione complessiva del documento riflette, ed in alcuni passi anche esplicitamente, la “visione del mondo verde-progressiva” che accomuna in qualche misura gli Obiettivi socio-ambientali ONU/2030 (SDGoals), il programma “Ursula” dell’Unione Europea e l’assetto culturale del Next Generation EU ovvero Recovery Fund.

 

In questo scenario, il rapporto BES 2020 assume però un carattere particolare in funzione della Pandemia Covid-19 e si sviluppa pertanto, quasi puntualmente, su un duplice versante:

-       la misurazione delle trasformazioni consolidate nel decennio 2010-2019 (in gran parte negative, nell’ottica politico-culturale di cui sopra, ma con alcune vistose eccezioni)

-       la “foto-in-movimento” delle conseguenze della Pandemia (e soprattutto della cosiddetta “prima ondata”, perché la Seconda/Terza si è verificata con il testo ormai configurato).

 

 

LA SINTESI DEL PRESIDENTE BLANGIARDO

 

Per una valutazione sintetica di questo duplice andamento -  sia nella realtà sociale che nelle modalità di lettura di questa da parte dell’ISTAT - riporto alcune citazioni dalla “Presentazione” del Rapporto 2020 da parte del presidente dell’ISTAT, Giancarlo Blangiardo 2:

 

 

-       RIGUARDO AL METODO DI INDAGINE: “… non vi è dubbio che l’eccezionalità del momento, cui nessuno era preparato, ha fatto emergere nuovi bisogni e ha acuito antiche e nuove disuguaglianze. In occasione di questo Rapporto Bes, l’improvviso cambiamento del contesto ha reso necessario un lavoro di arricchimento del quadro concettuale entro cui ci si è mossi nelle fasi di raccolta e di trattamento dei dati statistici. In particolare, si è intervenuti tanto sulle fonti, con nuovi quesiti nelle indagini che forniscono il materiale a supporto degli indicatori, quanto sulla tempestività degli aggiornamenti, con la scelta di misure più sensibili al cambiamento nel breve periodo. L’interazione tra i nostri ricercatori e gli esperti di settore ci ha anche portato ad aggiungere alcuni indicatori al framework tradizionale e a sostituirne altri.

Dei 152 indicatori che compongono il nuovo set, ben 33 rappresentano una novità e integrano otto dei dodici domini del Bes. Tale revisione è stata realizzata con particolare attenzione e coerenza rispetto alle linee fondamentali del programma #NextGenerationEU.

In questa nuova edizione del Rapporto, si è dato corso all’arricchimento del panorama informativo sui temi che più di altri hanno impatto oggi sul benessere dei cittadini: la salute e i servizi sanitari, le risorse digitali, il cambiamento climatico e il capitale umano, quest’ultimo sia in termini di formazione che di potenziale produttivo. Le valorizzazioni e gli approfondimenti tematici sono stati costruiti in modo da offrire riferimenti oggettivi per orientare l’azione di policy con la quale l’Europa intende attuare la propria visione strategica per l’inclusione e la crescita. “

 

-       RIGUARDO ALLE TRASFORMAZIONI NEL DECENNIO, NEGATIVE… :”A dieci anni dall’avvio del progetto, gli indicatori proposti mostrano chiaramente come i cambiamenti nel profilo del benessere in Italia siano stati molti: tanto nella direzione del progresso, quanto nella persistenza di aree di criticità, anche profonde.

Per effetto dei tagli continui lungo tutto il decennio, il nostro sistema sanitario è arrivato a disporre di meno posti letto, di medici di età mediamente più elevata, per il blocco del turnover, con l’effetto complessivo di una maggiore disuguaglianza nell’accesso alle cure. I bambini iscritti al nido e i giovani che si laureano sono ancora troppo pochi, e il divario con l’Europa sull’istruzione continua ad allargarsi.

La distanza dagli altri partner europei non diminuisce nemmeno per gli investimenti in ricerca e sviluppo, che restano troppo bassi, né, malgrado i progressi, per l’incidenza di lavoratori della conoscenza. Nel contempo si è accresciuto il numero di ragazzi che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in programmi di formazione professionale.

La qualità del lavoro in Italia resta critica, e l’incidenza della povertà assoluta, che per sette anni si era mantenuta su livelli doppi rispetto ai valori del 2009, solo nel 2019 mostra, per la prima volta, una leggera flessione, per poi aumentare nuovamente nel 2020.

Quanto alla digitalizzazione, l’uso di internet è cresciuto, ma permane lo svantaggio del Mezzogiorno, delle donne e dei più anziani.

Gli investimenti per la tutela e la valorizzazione di beni e attività culturali, già storicamente inadeguati, sono in diminuzione.

Sul fronte dell’ambiente, molti sono i segnali di allarme: crescono infatti le criticità sulle risorse idriche, resta allarmante la qualità dell’aria, avanza il consumo di suolo e l’abusivismo edilizio torna a livelli preoccupanti nel Mezzogiorno.”

 

 

… E POSITIVE : “Dal lato delle buone notizie, dopo anni di declino, l’interesse dei cittadini per i temi civici e politici ha mostrato segnali di ripresa e la loro sensibilità per i cambiamenti climatici continua ad aumentare. La presenza delle donne nei luoghi decisionali ha fatto passi in avanti, sebbene lentamente. La criminalità è andata progressivamente riducendosi. Alcuni indicatori ambientali, come quelli che monitorano la gestione dei rifiuti, hanno mostrato un andamento favorevole.”

 

NONCHE’ SPECIFICAMENTE RIGUARDO ALLA PANDEMIA DEL 2020: “La pandemia ha rappresentato una frenata, o addirittura un arretramento, in più di un settore. Gli indicatori del Bes hanno registrato impatti particolarmente violenti su alcuni progressi raggiunti in dieci anni sul fronte della salute, annullati in un solo anno. L’emergenza sanitaria ha avuto conseguenze pesanti su un mercato del lavoro già poco dinamico e segmentato e ha imposto una battuta di arresto nella partecipazione culturale. In questo contesto, aumentano comprensibilmente i timori dei cittadini per la propria situazione futura e resta bassa la quota di persone molto soddisfatte per la vita.”

 

Una sintesi meno compressa si può leggere nelle trenta pagine del capitolo iniziale “Dieci anni di Bes”, curato da Maria Cozzolino e Alessandra Tinto (già richiamato nella nota A), oppure ascoltando il video della Direttora dell’ISTAT Linda Laura Sabbadini 3, documenti ai quali rimando.

 

Riproduco inoltre in APPENDICE alcuni assaggi dei grafici (e qualche altro dato e/o commento) che ho trovato più interessanti leggendo il Rapporto.

 

 

RAPPORTO BES E RAPPORTO ASVIS

 

Appare abbastanza evidente una significativa sovrapposizione tra le tematiche e gli indicatori del BES e quelli della ricerca dell’ASviS sulle tendenze di attuazione degli Obiettivi 

socio-ambientali ONU/2030 (SDGoals), che ho riassunto nel precedente numero di Utopia21 4; il che non stupisce, considerando anche la presenza di Enrico Giovannini (attuale ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile) sia tra gli ideatori del BES (quando era presidente dell’ISTAT) sia tra i promotori dell’Alleanza per lo sviluppo Sostenibile ASviS.

La stessa ASviS, commentando il Rapporto BES 2020 ha anzi pubblicato la seguente tabella di raffronto relativa a 62 dei 152 indicatori utilizzati dall’ISTAT, che corrispondono ad altrettanti indicatori ASviS, ridistribuiti però diversamente tra i “domini” dell’uno ed i “goals” dell’altra:

 

 TABELLA: VEDI SU https://www.universauser.it/utopia21.html


Però, aldilà della problematica della scelta e delle aggregazione degli indicatori, la differenza fondamentale di approccio e di metodo tra Rapporto BES e Rapporto ASviS risiede nel tentativo del secondo di utilizzare i “panieri” di indicatori per combinarli, tramite algoritmi numerici, in un minor numero di indici sintetici (che poi si traducano nei “semaforini” verde/rosso/giallo), mentre il BES si limita ad essere una sorta di “diorama” statistico-descrittivo, sì dinamico e non ‘neutrale’, ma senza pretese di sintesi algoritmiche (e forse per questo più intellettualmente ‘onesto’).

 

 

L’OMBRA DELL’INESORABILE PIL (E LE SUE POSSIBILI EVOLUZIONI)

 

Ambedue gli strumenti restano comunque analitici e multidimensionali e quindi assai lontani dal divenire competitivi con il PIL, Prodotto Interno Lordo, che è costituito anch’esso da un complesso di rilevazioni e di stime non sempre lineari, ma che ha il grande pregio (che nel contempo è anche un grande difetto) di commisurare tutto in €, il denaro, “equivalente universale” (secondo Marx); il che dimostra però, inequivocabilmente quanto la nostra società sia “attaccata al denaro”.

Come accennavo in nota al precedente articolo sull’ASviS, è in corso di definizione a livello ONU [2] la proposta di un nuovo PIL comprensivo delle variazioni in più e in meno del patrimonio ambientale: sostanzialmente si tratta di attribuire un ‘prezzo fittizio’ ai beni ambientali non ancora pienamente assoggettati al mercato, quali aria, acqua, aree naturali e connessi popolamenti, accettandone quindi una sorta di ‘monetizzazione virtuale’.

Il che – a mio avviso – resta abbastanza astratto, e quindi anche impreciso sotto il profilo della quantificazione[3], fino a che il potere statuale non avrà la forza e la volontà di imporre tali ‘valori’ come tassazione (nella direzione già in atto per le emissioni di CO2 e le varie ipotesi di ‘carbon tax’, a partire dalle ‘accise’ sui carburanti [4]), rendendo così concretamente ‘monetari’ i valori stessi, e quindi internalizzati nel mitico PIL (a tal punto la esatta misurazione dei ‘valori’ diverrebbe una variabile del ‘mercato politico’ assai più che non delle scienze statistiche).

Anche se in tal modo ancora una volta il denaro emergerebbe come misura di tutte le cose[5].

 

La constatazione che il BES non è “un indice”, che possa soppiantare il PIL, bensì un metodo di lettura sistematica delle trasformazioni e dei bisogni sociali, non giustifica però la disattenzione del mondo politico e giornalistico, che ho denunciato in premessa.

La lettura delle 240 pagine del Rapporto BES (o almeno delle sintesi di cui ho detto sopra) mi sembra infatti assai istruttiva, come illustro per assaggi anche nella successiva APPENDICE.

 PER L'APPENDICE E RELATIVE IMMAGINI VEDI https://www.universauser.it/utopia21.html

aldovecchi@hotmail.it

 

Fonti:

1.    Istituto Nazionale di Statistica – RAPPORTO BES 2020: IL BENESSERE EQUO E SOSTENIBILE IN ITALIA - https://www.istat.it/it/archivio/254761

2.    IDEM, PRESENTAZIONE DEL PRESIDENTE, GINACARLO BLANGIARDO https://www.istat.it/it/files//2021/03/Presentazione.pdf

3.    IDEM, SINTESI DELLA DIRETTORA LAURA LINDA SABBADINI

https://www.istat.it/it/files//2021/03/Programma-Bes-10.pdf

4.    Aldo Vecchi - I RAPPORTI ASVIS 2020 E I TERRITORI – su UTOPIA21, marzo 2021 – https://drive.google.com/file/d/1ah-wVbDE_u-1DBMIet-ouSfLvoZnCB6-/view.

5.    Aldo Vecchi - https://drive.google.com/file/d/1hTCkTv9CJUUV2JLYKGZ4AGWYCu-VGF0P/view.



[1] Per la genesi del BES rimando alle prime pagine del capitolo introduttivo “Dieci anni di BES”, all’interno del rapporto ISTAT BES 2020

[2] COMUNICATO ONU DEL 3 MARZO 2021 “La sostenibilità accanto alla produzione, i dati ambientali accanto a quelli economici: le Nazioni Unite provano a inaugurare una nuova concezione della ricchezza globale e dopo oltre 50 anni dal celebre discorso di Robert Kennedy sul Pil con il capo economista Elliott Harris presentano alla stampa un nuovo indicatore che includerà allo stesso tempo dati economici e ambientali, e che dovrebbe essere recepito dai lavori della Commissione Statistica delle Nazioni Unite questa settimana. L’obiettivo – auspica il Palazzo di Vetro – è aprire una nuova era in cui in cui misurare il benessere non più soltanto servendosi dei parametri del Prodotto Interno Lordo, ma allargando la rilevazione anche ai temi ambientali, con l’obiettivo di portare il tema della sostenibilità al centro del delle scelte politiche dei singoli Paesi.

Nel suo famoso discorso all’Università del Kansas nel marzo del 1968 Robert Kennedy dichiarò: “Non possiamo misurare i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo…..il Pil comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana”. Ora l’Onu compie un passo in questa direzione con l’adozione del nuovo sistema di contabilità SEEA EA, acronimo di System of Environmental-Economic Accounting-Ecosystem Accounting con l’obiettivo -sottolinea- di avere “un impatto significativo sugli sforzi per affrontare le emergenze ambientali come il cambiamento climatico e il declino della biodiversità”.

[3] Il problema si pone anche a proposito dell’analogo tentativo – in atto tra gli studiosi di urbanistica e risparmio di suolo - per attribuire un valore monetario ai ‘servizi eco-sistemici’, resi ad esempio dalle ‘aree interne’ in favore delle ricche metropoli. 5

[4] Accise che si sono storicamente stratificate a partire da motivazioni non-ecologiche, come la guerra d’Etiopia oppure terremoti e alluvioni. Più mirata in senso salutistico e/o moralistico, invece, la storia delle accise su tabacco e alcoolici.

[5] D’altronde sarebbe a mio avviso un disastro se l’alternativa fosse un unico indice di ‘benessere percepito’ (del tipo ‘misuratori della felicità’ di cui ci siamo più volte occupati su Utopia21), con il pesante rischio di un populismo cosmico (ancorché probabilmente pure ‘sovranista’).

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