giovedì 19 gennaio 2023

UTOPIA21 - GENNAIO 2023: IL LUSSO E LA SINISTRA

 IL LUSSO E LA SINISTRA

di Aldo Vecchi

 

Un ragionamento sui consumi di lusso, a partire da qualche provocazione su più o meno celebri borsette da 2.000 €.

 

Sommario:

-       l’articolo di Andrea Batilla

-       qualche diversa considerazione storica

-       ragioni di sinistra per la sobrietà dei consumi

 

 

L’ARTICOLO DI ANDREA BATILLA

 

Prendo spunto per questa riflessione da un articolo sul quotidiano “Domani” 1 di Andrea Batilla “Brand strategist e autore. Collabora con fondi di investimento, marchi del lusso e giovani start-up”, che su “Domani” si occupa di moda e costume e relative filosofie.[A]

L’articolo del 12 dicembre 2022, intitolato “Comprarsi una borsa di lusso non è un reato”, inizia riassumendo un battibecco televisivo a proposito delle borsette della signora Liliane Murekakete (borsette rilevanti in quanto Murekakete è la moglie dell’onorevole Aboubakar Soumahoro), battibecco in cui l’Onorevole Laura Boldrini “risponde, in evidente imbarazzo, che non trova giusto spendere 2.000 euro per una borsa e che, anzi, per trovare una borsa di qualità sia sufficiente spendere duecentocinquanta euro mentre un per paio di belle scarpe ne bastino centoventi”.

 

Batilla in proposito ci informa che – in esito ad una sua indagine di mercato - le borse di effettiva qualità viaggiano tra i 3.000 e i 30.000 € “Queste borse costano effettivamente cifre ragguardevoli ma, oltre a precise certificazioni di origine, hanno in comune il fatto che nel tempo non perdono valore ma proprio per la loro iconicità costituiscono praticamente un bene rifugio.” Mentre sotto i 300 € sono in vendita solo prodotti di incerta origine asiatica.

Scrive Batilla che però oltre a non “… valutare quando un oggetto di lusso possa valere molto di più del suo mero costo produttivo perché ha una capacità di raccontare storie costruite in decenni di esistenza sul mercato” …e che  “L’errore fondamentale di Boldrini sta nella retorica, tutta di una sinistra a cui i francesi hanno dato il nome di gauche caviar [B], di avvicinare il lusso, l’eccesso, la visibilità e l’apparente sperpero a qualcosa di moralmente indebito, di ingiusto, di riprovevole.”

 

Dopo essersi premurato di rammentare che “Boldrini guadagna, come tutti i deputati italiani, intorno alle 14.000 euro … al mese… “per cui “il suo non è un problema economico. È qualcosa di molto più profondo e radicato che è interessante indagare perché è estremamente problematico” e dopo aver considerato l’enorme fatturato ed export del settore (per cui a Boldrini si imputa anche una “mancanza di visione industriale” che “… diventa un problema culturale”) Batilla apre un capitolo teorico: “Il disamore verso il lusso e la sua ostentazione ha due radici storiche: la prima è la teoria del feticismo delle merci di Marx e la seconda è il cattolicesimo.”

Il sotto-capitolo Marx viene rapidamente archiviato da Batilla, perché – malgrado la riconosciuta genialità marxiana sulla teoria del valore e sul feticismo delle merci – “…nel frattempo il modello capitalistico non è stato superato” ed “… esistono modi meno drastici e utopici di una rivoluzione proletaria per redistribuire la ricchezza”.

L’altro sottocapitolo, dopo corretti richiami al Vangelo ed al Francescanesimo (con una Chiesa che però ha “razzolato male nei suoi duemila anni di storia”) si perde, tramite Lutero e secondo Batilla, in uno stereotipo negativo: il “pensiero protestante borghese ottocentesco, quello che salda l’idea di successo e autoaffermazione a delle austere divise nere maschili, quello che irrigidisce la differenza tra generi sbattendo le donne in una posizione di inferiorità mai vissuta prima, quello per cui l’apparenza è tutto e il non dimostrare ricchezza è la parte centrale delle regole dell’apparenza.”

Marxismo e cattolicesimo, secondo Batilla “… sono state talmente interiorizzati” ed è “difficile trovarne una traccia sincera”,  mentre sarebbe palese una continuità verso Laura Boldrini, e tutta la sinistra politica (“da Capalbio a Filicudi”), solo a partire dal ”ceto medio inglese ai tempi della rivoluzione industriale, quanto di più antimarxista sia possibile pensare”.

 

 

QUALCHE DIVERSA CONSIDERAZIONE STORICA

 

Non è mia intenzione difendere Laura Boldrini né ogni altra sinistra radical-chic, effettiva o presunta, né accanirmi nella polemica con Batilla (di cui rilevo, da una sua intervista sul sito “the1989” 2 un reddito di 15.000 € mensili, l’orientamento politico a sinistra e in sovrappiù anche l’apprezzamento verso vari tipi di droga).

Bensì occuparmi della tendenza ad una certa sobrietà di costumi e consumi, che a mio avviso:

-       risulta obbligata per gran parte della popolazione italiana, quali che ne siano desideri e miti consumistici: il 78% dei contribuenti dichiarava per il 2019 meno di 30.000 € di reddito annuo, il che probabilmente costringe ad accontentarsi di abbigliamento e di accessori prodotti in Oriente, e spinge ad orientare i risparmi, quando ci sono, più in Buoni Postali che non in Rolex o altri simili “beni rifugio”;

-       era ben presente anche nella piccola e media borghesia italiana – cattolica e laica – almeno prima del “boom consumistico” degli anni ’60 (e non necessariamente era sposata all’ipocrisia accumulatrice e maschilista attribuita ai borghesi protestanti ottocenteschi), il che ha lasciato anche ai nostri tempi qualche traccia di buona educazione in strati sociali sia borghesi che popolari;

e che a mio avviso è ben radicata nelle migliori tradizioni della sinistra europea e mondiale:

-       sia sul versante religioso, cristiano (dai vecchi ai nuovi ordini religiosi e movimenti ecclesiali, tra cui i “preti operai” e la “teologia della liberazione”; e con piena legittimazione nelle encicliche di Papa Francesco) e non cristiano, basti pensare a Gandhi,

-       sia sul versante del movimento operaio e socialista, che non è stato solo il pensiero rivoluzionario di Marx, ma una prassi di lotta e di governo che ha coinvolto milioni di persone in diversi continenti, seppur con eccessi di pauperismo egualitario, ed anche sanguinario (fino a Pol Pot) e con ampie eccezioni ed ipocrisie in favore di chi era “più uguale degli altri” (si arriva così anche a farsi corrompere da Qatar e Marocco, partendo dalla Camera del Lavoro?);

-       sia ancora – seppur ambiguamente – sul versante dei movimenti giovanili del secondo novecento, da Marcuse alla contro-cultura hippie, che hanno quanto meno generato consuetudini e mode pauperistiche, seppur in parte riassorbite “dal sistema” e rivoltate in nuovo consumismo (si pensi ad alcuni capi di abbigliamento come i blue jeans); dialettica cui tentano di sfuggire i movimenti recenti dei Fridays For Future e simili.

 

 

RAGIONI DI SINISTRA PER LA SOBRIETA’ DEI CONSUMI

 

Tali radicamenti storici della sobrietà come fenomeno non solo di avanguardie ma di masse, seppur non egemone nella fase attuale, non giustificano di per sé la bontà della cosa, che a mio avviso è però ampiamente motivata, come scelta specifica ed attuale “di sinistra”, perché – se la parola sinistra ha oggi un senso – lo ha rispetto all’insieme di due coordinate:

-       la lotta contro le disuguaglianze sociali,

-       la ricerca della sostenibilità ambientale per le attività umane nella biosfera.

 

In diversi articoli e Quaderni di Utopia 21 3,4,5 si è esplorata la difficile combinazione di tali fattori, tenendo conto dei consumi consolidati dei paesi ricchi (e dei ricchi nei paesi ricchi) e delle aspirazioni “al progresso” nei paesi poveri.

E anche se le soluzioni sono varie e complesse (come dimostrano anche i controversi esiti delle recenti COP 27 sul clima e COP 15 sulla biodiversità), non ho molti dubbi sulla incompatibilità delle borsette da 2.000 € (in su) sia con l’uguaglianza sociale (borsette di lusso “made in Italy” per tutti?) sia con l’esaurimento delle risorse naturali (da impiegarsi pertanto prioritariamente per i bisogni essenziali).

Mentre rimane aperto il problema di consentire alle masse l’accesso, con prezzi ragionevoli, a servizi e prodotti di qualità, a partire dal cibo.

Il problema per la sinistra in questo campo è come far vivere questi ragionamenti in termini positivi, costruendo una nuova mitologia della sobrietà (rammentando che Berlinguer con l’analoga “austerità” non ebbe molto successo): comunque l’opposto dello sdoganamento del lusso e per giunta come segno di progressismo.

In questa prospettiva può anche essere inutile o controproducente il moralismo contro i singoli aspetti del consumismo di lusso, mentre è essenziale far crescere nel dibattito socio-economico gli elementi già presenti per orientare con saggezza produzione e consumi, come

-       il rinnovato articolo 41 della Costituzione: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali»; 6

-       la “tassonomia” europea delle attività sostenibili sotto il profilo ambientale (seppur distorta dalle resistenze degli Stati in favore di gas e nucleare).

 

Come possibile esito concreto di questa enorme battaglia politico-culturale (che ha però già conseguito alcuni risultati sul versante ambientale, come ad esempio le decisioni sulla motorizzazione elettrica e contro i voli aerei a breve raggio, sostituibili con i servizi ferroviari) vedrei una revisione organica delle tassazioni indirette (IVA ed accise, ecc.), che sono in sé non-progressive rispetto alle disuguaglianze di reddito e patrimoni, e invece potrebbero assumere pieno significato come discriminanti differenziali tra prodotti utili/inutili/dannosi.

Cioè, pur senza demonizzare le borsette di lusso (ecc.), non sarebbe male a mio avviso se fossero assoggettate ad un IVA del 30%, alleggerendo nel contempo i consumi essenziali.7

Con una opportuna gradualità nel tempo – come per i veicoli a combustione interna – per non penalizzare drasticamente senza preavviso le filiere produttive connesse, sia in Italy che in Europe, che nel resto del mondo commercialmente connesso.

 

Forse non è strettamente necessario che “i ricchi piangano”. Però almeno che paghino più tasse: sui redditi, sui patrimoni, ed anche sui consumi.

Quanto ai ricchi di sinistra, resta il dilemma se fingersi poveri, ed essere tacciati di ipocrisia, oppure consumare alla grande, restando così benefattori del Made-in-Italy: però francamente penso che non abbiano bisogno dei miei consigli; si affidino ai loro “brand consultants” e “personal trailers”.

aldovecchi@hotmail.it

 

Fonti:

1.    https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/comprarsi-una-borsa-di-lusso-non-e-un-reato-tgznx3r6

2.    https://www.the1989.it/2022/05/11/89-domande-ad-andrea-batilla-autore-docente-e-direttore-creativo/

3.    Fulvio Fagiani - CONSUMI E DECARBONIZZAZIONE – Quaderno n° 6 di Utopia21, settembre 2018 - https://drive.google.com/file/d/1ixbidL7QppzQqua_O-Mv-zU-HXq_IZgN/view?usp=sharing

4.    Fulvio Fagiani - CONSUMI E DECARBONIZZAZIONE – Quaderno n° 20 di Utopia21, novembre 2020 - https://drive.google.com/file/d/1hIou0bWB9GM75Uy9Rkm3DqJ3czhhfUws/view?usp=sharing

5.    Fulvio Fagiani – QUESTIONI DI GIUSTIZIA CLIMATICA – su Utopia21, gennaio 2022 - https://drive.google.com/file/d/1FZZ-jLonW4wkUw7OrnDdc2qjURRV-1hr/view?usp=sharing

6.    Aldo Vecchi – L’AMBIENTE IN COSTITUZIONE – su Utopia21, marzo 2022 - https://drive.google.com/file/d/1p7L80Wraps7CcJotTx--UlN5oaL5lRBj/view?usp=sharing

7.    Aldo Vecchi - VERITA’, EQUITA’, PARTECIPAZIONE – su Utopia21, gennaio 2019

https://drive.google.com/file/d/1f0_9ohXmvwLdZP_6_XpKqMNHqycGHlV7/view?usp=sharing

 



[A] Ho riflettuto se spendere fatica per commentare questo articolo, invero piuttosto frivolo, ma dichiarandosi l’Autore di sinistra, su un quotidiano che si considera di sinistra, e non leggendo nessuna replica da sinistra, ne ho concluso che mi sembra errato considerarlo irrilevante; anche per i più ampi ragionamenti che può innescare.

[B]  In realtà, secondo il vocabolario Treccani, “Gauche caviar”, ovvero “Sinistra al caviale” significa all’opposto “La sinistra come classe intellettuale dominante, che ama concedersi un tenore di vita elevato, in contrasto con le ideologie che professa.”

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