IL LUSSO E LA SINISTRA
di Aldo
Vecchi
Un ragionamento sui consumi di
lusso, a partire da qualche provocazione su più o meno celebri borsette da
2.000 €.
Sommario:
-
l’articolo di Andrea Batilla
-
qualche diversa
considerazione storica
-
ragioni di sinistra per la
sobrietà dei consumi
L’ARTICOLO DI ANDREA BATILLA
Prendo spunto per questa riflessione da un
articolo sul quotidiano “Domani” 1 di Andrea Batilla “Brand strategist e autore.
Collabora con fondi di investimento, marchi del lusso e giovani start-up”,
che su “Domani” si occupa di moda e costume e relative filosofie.[A]
L’articolo
del 12 dicembre 2022, intitolato “Comprarsi una borsa di lusso non è un reato”,
inizia riassumendo un battibecco televisivo a proposito delle borsette della
signora Liliane Murekakete (borsette rilevanti in quanto Murekakete è la moglie
dell’onorevole Aboubakar Soumahoro), battibecco in cui l’Onorevole Laura
Boldrini “risponde, in evidente imbarazzo, che non trova giusto spendere 2.000
euro per una borsa e che, anzi, per trovare una borsa di qualità sia
sufficiente spendere duecentocinquanta euro mentre un per paio di belle scarpe
ne bastino centoventi”.
Batilla in proposito ci informa che – in esito
ad una sua indagine di mercato - le borse di effettiva qualità viaggiano tra i
3.000 e i 30.000 € “Queste borse
costano effettivamente cifre ragguardevoli ma, oltre a precise certificazioni
di origine, hanno in comune il fatto che nel tempo non perdono valore ma
proprio per la loro iconicità costituiscono praticamente un bene rifugio.”
Mentre sotto i 300 € sono in vendita solo prodotti di incerta origine asiatica.
Scrive
Batilla che però oltre a non “… valutare quando un oggetto di lusso possa
valere molto di più del suo mero costo produttivo perché ha una capacità di
raccontare storie costruite in decenni di esistenza sul mercato” …e che “L’errore fondamentale di Boldrini sta nella
retorica, tutta di una sinistra a cui i francesi hanno dato il nome di gauche
caviar [B],
di avvicinare il lusso, l’eccesso, la visibilità e l’apparente sperpero a
qualcosa di moralmente indebito, di ingiusto, di riprovevole.”
Dopo essersi
premurato di rammentare che “Boldrini guadagna, come tutti i deputati italiani,
intorno alle 14.000 euro … al mese… “per cui “il suo non è un problema
economico. È qualcosa di molto più profondo e radicato che è interessante
indagare perché è estremamente problematico” e dopo aver considerato l’enorme
fatturato ed export del settore (per cui a Boldrini si imputa anche una
“mancanza di visione industriale” che “… diventa un problema culturale”)
Batilla apre un capitolo teorico: “Il disamore verso il lusso e la sua
ostentazione ha due radici storiche: la prima è la teoria del feticismo delle
merci di Marx e la seconda è il cattolicesimo.”
Il
sotto-capitolo Marx viene rapidamente archiviato da Batilla, perché – malgrado
la riconosciuta genialità marxiana sulla teoria del valore e sul feticismo
delle merci – “…nel frattempo il modello capitalistico non è stato superato” ed
“… esistono modi meno drastici e utopici di una rivoluzione proletaria per
redistribuire la ricchezza”.
L’altro
sottocapitolo, dopo corretti richiami al Vangelo ed al Francescanesimo (con una
Chiesa che però ha “razzolato male nei suoi duemila anni di storia”) si perde,
tramite Lutero e secondo Batilla, in uno stereotipo negativo: il “pensiero
protestante borghese ottocentesco, quello che salda l’idea di successo e
autoaffermazione a delle austere divise nere maschili, quello che irrigidisce
la differenza tra generi sbattendo le donne in una posizione di inferiorità mai
vissuta prima, quello per cui l’apparenza è tutto e il non dimostrare ricchezza
è la parte centrale delle regole dell’apparenza.”
Marxismo e
cattolicesimo, secondo Batilla “… sono state talmente interiorizzati” ed è “difficile
trovarne una traccia sincera”, mentre
sarebbe palese una continuità verso Laura Boldrini, e tutta la sinistra
politica (“da Capalbio a Filicudi”), solo a partire dal ”ceto medio inglese ai
tempi della rivoluzione industriale, quanto di più antimarxista sia possibile
pensare”.
QUALCHE DIVERSA CONSIDERAZIONE STORICA
Non è mia intenzione difendere Laura
Boldrini né ogni altra sinistra radical-chic, effettiva o presunta, né
accanirmi nella polemica con Batilla (di cui rilevo, da una sua intervista sul
sito “the1989” 2 un reddito di 15.000 € mensili, l’orientamento
politico a sinistra e in sovrappiù anche l’apprezzamento verso vari tipi di
droga).
Bensì occuparmi della tendenza ad
una certa sobrietà di costumi e consumi, che a mio avviso:
-
risulta obbligata per gran parte
della popolazione italiana, quali che ne siano desideri e miti consumistici: il
78% dei contribuenti dichiarava per il 2019 meno di 30.000 € di reddito annuo,
il che probabilmente costringe ad accontentarsi di abbigliamento e di accessori
prodotti in Oriente, e spinge ad orientare i risparmi, quando ci sono, più in
Buoni Postali che non in Rolex o altri simili “beni rifugio”;
-
era ben presente anche nella piccola
e media borghesia italiana – cattolica e laica – almeno prima del “boom
consumistico” degli anni ’60 (e non necessariamente era sposata all’ipocrisia
accumulatrice e maschilista attribuita ai borghesi protestanti ottocenteschi),
il che ha lasciato anche ai nostri tempi qualche traccia di buona educazione in
strati sociali sia borghesi che popolari;
e che a mio avviso è ben radicata
nelle migliori tradizioni della sinistra europea e mondiale:
-
sia sul versante religioso, cristiano
(dai vecchi ai nuovi ordini religiosi e movimenti ecclesiali, tra cui i “preti
operai” e la “teologia della liberazione”; e con piena legittimazione nelle
encicliche di Papa Francesco) e non cristiano, basti pensare a Gandhi,
-
sia sul versante del movimento
operaio e socialista, che non è stato solo il pensiero rivoluzionario di Marx,
ma una prassi di lotta e di governo che ha coinvolto milioni di persone in
diversi continenti, seppur con eccessi di pauperismo egualitario, ed anche
sanguinario (fino a Pol Pot) e con ampie eccezioni ed ipocrisie in favore di
chi era “più uguale degli altri” (si arriva così anche a farsi corrompere da
Qatar e Marocco, partendo dalla Camera del Lavoro?);
-
sia ancora – seppur ambiguamente –
sul versante dei movimenti giovanili del secondo novecento, da Marcuse alla
contro-cultura hippie, che hanno quanto meno generato consuetudini e mode
pauperistiche, seppur in parte riassorbite “dal sistema” e rivoltate in nuovo
consumismo (si pensi ad alcuni capi di abbigliamento come i blue jeans);
dialettica cui tentano di sfuggire i movimenti recenti dei Fridays For Future e
simili.
RAGIONI DI SINISTRA PER LA SOBRIETA’ DEI CONSUMI
Tali radicamenti storici della
sobrietà come fenomeno non solo di avanguardie ma di masse, seppur non egemone
nella fase attuale, non giustificano di per sé la bontà della cosa, che a mio
avviso è però ampiamente motivata, come scelta specifica ed attuale “di
sinistra”, perché – se la parola sinistra ha oggi un senso – lo ha rispetto
all’insieme di due coordinate:
-
la lotta contro le disuguaglianze
sociali,
-
la ricerca della sostenibilità
ambientale per le attività umane nella biosfera.
In diversi articoli e Quaderni di
Utopia 21 3,4,5 si è esplorata la difficile combinazione di tali
fattori, tenendo conto dei consumi consolidati dei paesi ricchi (e dei ricchi
nei paesi ricchi) e delle aspirazioni “al progresso” nei paesi poveri.
E anche se le soluzioni sono varie e
complesse (come dimostrano anche i controversi esiti delle recenti COP 27 sul
clima e COP 15 sulla biodiversità), non ho molti dubbi sulla incompatibilità
delle borsette da 2.000 € (in su) sia con l’uguaglianza sociale (borsette di
lusso “made in Italy” per tutti?) sia con l’esaurimento delle risorse naturali
(da impiegarsi pertanto prioritariamente per i bisogni essenziali).
Mentre rimane aperto il problema di
consentire alle masse l’accesso, con prezzi ragionevoli, a servizi e prodotti
di qualità, a partire dal cibo.
Il problema per la sinistra in
questo campo è come far vivere questi ragionamenti in termini positivi,
costruendo una nuova mitologia della sobrietà (rammentando che Berlinguer con
l’analoga “austerità” non ebbe molto successo): comunque l’opposto dello
sdoganamento del lusso e per giunta come segno di progressismo.
In questa prospettiva può anche
essere inutile o controproducente il moralismo contro i singoli aspetti del
consumismo di lusso, mentre è essenziale far crescere nel dibattito
socio-economico gli elementi già presenti per orientare con saggezza produzione
e consumi, come
-
il rinnovato articolo 41 della
Costituzione: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente,
alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i
programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata
possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali»; 6
-
la “tassonomia” europea delle
attività sostenibili sotto il profilo ambientale (seppur distorta dalle
resistenze degli Stati in favore di gas e nucleare).
Come possibile esito concreto di
questa enorme battaglia politico-culturale (che ha però già conseguito alcuni
risultati sul versante ambientale, come ad esempio le decisioni sulla
motorizzazione elettrica e contro i voli aerei a breve raggio, sostituibili con
i servizi ferroviari) vedrei una revisione organica delle tassazioni indirette
(IVA ed accise, ecc.), che sono in sé non-progressive rispetto alle
disuguaglianze di reddito e patrimoni, e invece potrebbero assumere pieno
significato come discriminanti differenziali tra prodotti
utili/inutili/dannosi.
Cioè, pur senza demonizzare le
borsette di lusso (ecc.), non sarebbe male a mio avviso se fossero assoggettate
ad un IVA del 30%, alleggerendo nel contempo i consumi essenziali.7
Con una opportuna gradualità nel
tempo – come per i veicoli a combustione interna – per non penalizzare
drasticamente senza preavviso le filiere produttive connesse, sia in Italy che
in Europe, che nel resto del mondo commercialmente connesso.
Forse non è strettamente necessario che “i ricchi piangano”. Però
almeno che paghino più tasse: sui redditi, sui patrimoni, ed anche sui consumi.
Quanto ai ricchi di sinistra, resta il dilemma se fingersi poveri, ed
essere tacciati di ipocrisia, oppure consumare alla grande, restando così
benefattori del Made-in-Italy: però francamente penso che non abbiano bisogno
dei miei consigli; si affidino ai loro “brand consultants” e “personal
trailers”.
aldovecchi@hotmail.it
Fonti:
1.
https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/comprarsi-una-borsa-di-lusso-non-e-un-reato-tgznx3r6
2.
https://www.the1989.it/2022/05/11/89-domande-ad-andrea-batilla-autore-docente-e-direttore-creativo/
3. Fulvio Fagiani - CONSUMI E DECARBONIZZAZIONE – Quaderno n° 6 di
Utopia21, settembre 2018 - https://drive.google.com/file/d/1ixbidL7QppzQqua_O-Mv-zU-HXq_IZgN/view?usp=sharing
4. Fulvio Fagiani - CONSUMI E DECARBONIZZAZIONE – Quaderno n° 20 di
Utopia21, novembre 2020 - https://drive.google.com/file/d/1hIou0bWB9GM75Uy9Rkm3DqJ3czhhfUws/view?usp=sharing
5.
Fulvio
Fagiani – QUESTIONI DI
GIUSTIZIA CLIMATICA – su Utopia21, gennaio 2022 - https://drive.google.com/file/d/1FZZ-jLonW4wkUw7OrnDdc2qjURRV-1hr/view?usp=sharing
6. Aldo Vecchi – L’AMBIENTE IN COSTITUZIONE – su Utopia21, marzo 2022 - https://drive.google.com/file/d/1p7L80Wraps7CcJotTx--UlN5oaL5lRBj/view?usp=sharing
7. Aldo Vecchi - VERITA’, EQUITA’, PARTECIPAZIONE – su Utopia21, gennaio
2019
https://drive.google.com/file/d/1f0_9ohXmvwLdZP_6_XpKqMNHqycGHlV7/view?usp=sharing
[A]
Ho
riflettuto se spendere fatica per commentare questo articolo, invero piuttosto
frivolo, ma dichiarandosi l’Autore di sinistra, su un quotidiano che si
considera di sinistra, e non leggendo nessuna replica da sinistra, ne ho
concluso che mi sembra errato considerarlo irrilevante; anche per i più ampi
ragionamenti che può innescare.
[B]
In
realtà, secondo il vocabolario Treccani, “Gauche caviar”, ovvero “Sinistra al
caviale” significa all’opposto “La sinistra come classe intellettuale
dominante, che ama concedersi un tenore di vita elevato, in contrasto con le
ideologie che professa.”
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