lunedì 22 settembre 2025

UTOPIA21 - SETTEMBRE 2025: IL PIANO UTILE

 Il 32° Congresso dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, aggiornando

le riflessioni sull'evoluzione della disciplina, ha riaffermato l’utilità

della pianificazione; ma in pochi se ne sono accorti: i riscontri nella

Rassegna-Stampa. Restano aperte le battaglie sui territori e contro

nuovi peggioramenti legislativi, in un contesto non favorevole:

l’appello INU per Milano e l’appello dei 200 professori.

Sommario:

- il 32° Congresso INU nella rassegna stampa

- lo svolgimento del Congresso: impostazione; l'assemblea dei soci

- riepilogo della precedente puntata: sintesi della proposta di legge INU

- svolgimento del Congresso: mattina

- svolgimento del Congresso: pomeriggio

- alcune mie (amare) considerazioni

- i capisaldi dell’appello per Milano della sezione INU regionale

- l’appello su Milano, e non solo, dei “200 professori”

Appendice 1: La mozione unanime dell’Assemblea dei Soci sulle tendenze

legislative (24 maggio 2025)

Appendice 2: L’appello per Milano della Sezione Regionale Lombarda (27 luglio

2025)

Appendice 3: L’appello dei “200 professori” per una radicale svolta urbanistica

a Milano e in Italia (28 agosto 2025)


IL 32° CONGRESSO I.N.U. NELLA RASSEGNA STAMPA

Si è svolto a Roma in maggio il 32° Congresso dell’INU, con il titolo “Il piano utile” A, volto a

confermare la proposta dell’Istituto per una nuova legge urbanistica nazionale (già delineata

nel precedente congresso del novembre 2022 B e successivamente definita anche come

“articolato” C) ed a sostenere le motivazioni della stessa pianificazione urbanistica e

territoriale di fronte alle crescenti tendenze alla “de-regolazione”, ben esemplificate dal

cosiddetto “modello Milano” ed incombenti nelle poche proposte legislative che affiorano in

materia da Parlamento e Governo.


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 2

La rassegna stampa dedicata al Congresso dallo stesso sito dell’INU A testimonia della

scarsa attenzione che i media (e quindi il vasto mondo esterno ai 200 soci dell’INU) hanno

prestato al Congresso: il comunicato preliminare emanato dall’INU è stato riportato dal solo


supplemento “Norme e Tributi” del quotidiano nazionale “Il sole-24 ore” e da 7 testate on-

line destinate agli addetti ai lavori (tra cui “Il giornale dell’architettura.com, EdilPortale,


Lavori Pubblici); nessun organo di comunicazione ha riferito sull’andamento e sugli esiti del

Congresso.


LO SVOLGIMENTO DEL CONGRESSO: IMPOSTAZIONE. L'ASSEMBLEA DEI SOCI

D’altronde le stesse modalità di svolgimento della giornata di confronto (preceduta dalla

Rassegna Urbanistica Regionale del Lazio, cogestita con l'Ordine degli Architetti di Roma,

che ha anche ospitato il Congresso INU), impostata sostanzialmente su una serie di ‘tavole

rotonde’ di approfondimento, e senza alcun dibattito tra posizioni divergenti (anche perché,

almeno in apparenza, i soci INU sono concordi sulla stessa linea, fatte salve divergenze

sotto traccia1


) non erano fatte per attirare le attenzioni mediatiche (che prediligono invece

l’accapigliamento da talk show); la riconferma, con alcune integrazioni, del gruppo dirigente

uscente dell’Istituto è stata sancita il giorno successivo dalla apposita assemblea, che ha

anche approvato all’unanimità una mozione critica verso il testo-base del disegno di legge

sulla rigenerazione urbana, in discussione in Commissione al Senato (allora “testo

Gasparri”) D.


RIEPILOGO DELLA PRECEDENTE PUNTATA: SINTESI DELLA PROPOSTA DI LEGGE

INU (dal mio articolo del gennaio 2023) B

- “la promozione – anche a livello nazionale – di un sistema di quadri conoscitivi

e di indicatori socio-ambientali che faciliti il dialogo tra programmazione

economica (in particolare per la spesa pubblica) e la pianificazione territoriale a tutte

le scale, privilegiando criteri di razionalità fondati sul concreto monitoraggio delle

condizioni iniziali e degli effetti delle scelte;

- la conferma dell’attuale stratificazione scalare di piani territoriali/paesaggistici

e urbanistici ai tre livelli delle Regioni, delle Province o Città Metropolitane, dei

Comuni o Unioni-di-Comuni;

- la tendenziale unificazione in un unico Piano (al livello comunale/unionale) di

una componente strutturale/strategica, vigente a tempo indeterminato così

come la componente regolativa per i territori consolidati, e di una (eventuale)

componente operativa per le aree da trasformare, con durata di cinque/dieci anni,

valevole sia per gli interventi pubblici (con vincoli per potenziali espropri) sia per gli


1 Una qualche sfasatura mi è parso di rilevarla riguardo al disegno di legge cosiddetto “Salva Milano”, in

generale deprecato dai relatori, con una più ambigua posizione di Marco Engel presidente della Sezione

regionale lombarda, come già da me registrato ai tempi della discussione del provvedimento che ora pare

tramontato. La parziale indulgenza di INU Lombardia verso le interpretazioni milanesi del complesso quadro

normativo vigente (quasi giustificabili proprio a causa di tale complessità e contraddittorietà), pare comunque

pienamente superata dalla recente presa di posizione della stessa Sezione regionale riguardo al nuovo PGT

come necessaria svolta per Milano (e area metropolitana), “Appello” che riporto in Appendice 2.


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 3

interventi privati ed i connessi diritti edificatori; cercando anche di integrare i vari piani

specialistici di settore;

- il passaggio dalle verifiche di “conformità” alle verifiche di “coerenza” (con i

quadri conoscitivi e le opzioni strategiche), sia nella concertazione tra i livelli

istituzionali per l’approvazione dei piani e per la localizzazione dei programmi di

intervento settoriali, sia per i successivi adeguamenti dei piani a condizioni e

domande mutate, limitando le procedure di complessiva variante ai casi di effettiva

modifica degli elementi strutturali;

- la codificazione dei principi perequativi, attribuendo i diritti edificatori derivanti dai

progetti di trasformazione urbana in proporzione ai valori catastali (ovviamente

aggiornati, anche tenendo conto delle diverse qualità ambientali degli immobili), ed

applicando su di essi una conseguente tassazione immobiliare;

- una nuova definizione a livello nazionale degli standard minimi di spazi ad uso


pubblico, tenendo conto dei nuovi bisogni sociali e della necessità dei “servizi eco-

sistemici”, e lasciando alle leggi regionali ed ai piani intermedi e locali una


implementazione flessibile di tale complessa riformulazione della “città pubblica”, che

contempli anche l’offerta di servizi alle persone derivante dal volontariato e dal terzo

settore;

- ricerca di nuove modalità di partecipazione popolare nella formazione dei piani,

a partire dalla fase conoscitiva, che deve divenire interattiva tra istituzioni e cittadini.”

Nel mio articolo del gennaio 2023 B evidenziavo i limiti, ai miei occhi, di tali impostazioni.


SVOLGIMENTO DEL CONGRESSO: MATTINA

In attesa della pubblicazione degli atti (in gran parte anticipati nella raccolta di contributi

pubblicata nel n° 320/S.I. di Urbanistica Informazioni" E), ho potuto seguire integralmente la

giornata di confronto congressuale nella registrazione disponibile su Youtube F e scelgo di

riferire brevemente quanto segue, perché - come già ho detto - i contenuti sostanziali della

proposta INU restano quelli del precedente congresso, da me riassunti e commentati nel

gennaio 2023:

- relazioni introduttive: il presidente Michele Talia e Carlo Alberto Barbieri (decano del

Consiglio Direttivo Nazionale e di fatto ‘padre putativo’ della proposta di legge, che

da anni ne rivendica la necessità, con la costanza con cui Catone insisteva sulla

distruzione di Cartagine), come poi altri relatori nella giornata, hanno insistito sulle

‘buone ragioni’ della pianificazione e sulle ‘cattive ragioni’ della opposta tendenza ad

inficiarla con ogni sorta di scorciatoia (dai vari decreti e leggine sull’edilizia alla

pessima proposta Gasparri sulla rigenerazione urbana 2


, che di fatto apre agli

incrementi volumetrici sui singoli lotti, senza alcun coordinamento urbanistico,

andando anche oltre gli effetti del mancato condono “salva-Milano”): ma non mi pare


2 Nelle settimane successive al Congresso INU, la 8^ Commissione del Senato ha elaborato ulteriormente la

proposta di legge, pervenendo all’inizio di agosto ad una nuova versione-base, a cura del Relatore, Senatore

Roberto Rosso, anch’egli di Forza Italia (come Gasparri), con l'intendimento di discutere gli emendamenti

entro dicembre per portare quindi il testo alla votazione dell’Aula senatoriale. A fronte di questa accelerazione

da parte del Legislatore, mi prefiggo di studiare testo ed emendamenti in vista dei prossimi numeri di

UTOPIA21.


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 4

che abbiano affrontato il nodo politico delle forze in campo tra i due schieramenti,

anzi di fatto con uno schieramento solo, quello contrario agli auspici dell’INU (vedi

più avanti sulle ‘alleanze’); sempre interessante la relazione di Simone Ombuen sul

“Rapporto” annuale dell’INU sul territorio, che integra i dati oggettivi sulle

trasformazioni dei suoli (richiamando dati ISTAT e ISPRA, con attenzione alle nuove

geografie di fatto che modificano di fatto le armature urbane) con le informazioni

relative all’aggiornamento dei diversi strumenti di pianificazione ai vari livelli delle

gerarchie istituzionali (evidenziando come sempre i ritardi delle regioni meridionali);

mentre Roberto Mascarucci ha rinverdito l’attenzione al ‘piano di area vasta’, oltre gli

ormai abituali ristretti confini comunali;

- il successivo confronto “tra 3 punti di vista” si è ridotto ad uno, quello di Walter Tocci

(vedi il suo intervento anche sul sito Casa della Cultura di Milano), che ha richiamato

i temi fondamentali dello Spazio, del Valore (cioè della rendita immobiliare) e della

Forma, per l’assenza forzata di Carlo Gasparrini e di Ines Tinagli (quest’ultima

presente on-line, ma esclusa dai ritardi nella gestione del Congresso): ciò ha portato

Patrizia Gabellini a trasformarsi da moderatrice a voce critica, con richiami storici ad

altre fasi in cui l’INU si impegnò a difendere l’utilità del Piano e con semina di vari

dubbi come sempre stimolanti.


SVOLGIMENTO DEL CONGRESSO: POMERIGGIO

Nel pomeriggio si sono svolte le due “tavole rotonde”:

- - la prima - introdotta da Andrea Arcidiacono che ha riassunto le tematiche della

transizione urbanistica a fronte della ‘policrisi’ (politica, economia, società, ambiente)

- ha raccolto il sostegno esterno di soggetti quali l’ASviS, Legambiente,

l’Associazione Centri Storici (ANCSA)3


, nonché dell'avvocato Emanuele Boscolo in

veste di presidente AIDU (docenti di diritto urbanistico)4 e di due ‘schegge impazzite’

del sistema istituzionale, quali Michele Munafò di ISPRA5


(di cui dirige le ricerche sul

consumo di suolo) e Daniele Vetritto, dirigente del progetto “Italiae” presso la

Presidenza del Consiglio (il quale dava l'impressione di essere lui stesso a cercare

conforto presso gli astanti, stante l’isolamento di cui soffre nel contesto governativo,

dove - in collaborazione con l’INU - sviluppa ricerche sulle ‘nuove geografie' e cerca

invano di caldeggiare la necessità di una riorganizzazione dei poteri locali alla scala

degli attuali problemi territoriali): la marginalità oggettiva di tali ospiti, esponenti dello

Stato, probabilmente mal sopportati negli ambiti decisionali, mostrano a mio avviso

la marginalità attuale dello stesso INU, la cui proposta di legge, pur presentata presso

3 Stefano Storchi, penso riferendosi all’applicazione della legge urbanistica regionale dell’Emilia Romagna, ha

definito “Piani dell’evanescenza” quelli che esprimono obiettivi altisonanti ma generici, riscontrando poi

“coerenza” in qualunque proposta dei privati

4

l’avvocato Boscolo, però, quale socio INU ha avuto un ruolo rilevante nella stesura del progetto di legge dello

stesso INU in particolare riguardo alla definizione giuridica di “coerenza” in alternativa a “conformità”)

5 Michele Munafò in particolare ha dato atto che finalmente tutte le regioni e le province autonome hanno

variamente inserito nella loro legislazione il principio del risparmio del consumo di suolo, ma ha sottolineato e

deprecato il fatto che in ciascuna di queste norme compare una definizione diversa dello stesso “consumo di

suolo”, e che nessuna di queste coincide con la definizione data dall’ISPRA (e coerente con la direttiva

europea), così che diviene impraticabile una sistematica verifica della efficacia dei provvedimenti di ciascuna

singola regione


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 5

il Senato (per invito di alcuni senatori dell’opposizione) non è stata degnata della

minima attenzione da parte dei partiti della maggioranza (e francamente, mi pare,

neanche troppo dagli altri partiti);

- - la seconda, guidata da Carolina Giaimo (direttrice di Urbanistica Informazioni), ha

alternato, a mio avviso con un ritmo un po’ affrettato, i rappresentanti di alcune tra le

due forme di articolazione organizzativa dell’INU, le ‘community’ (cioè i gruppi di

lavoro tematici) e le sezioni territoriali regionali:

- tra le ‘community’ è emersa chiaramente la problematica espressa da

Bertrando Bonfantini della nuova ‘community’ sulla formazione (già “riforma

dei saperi”), sia riguardo ai rischi che la pianificazione nel mondo universitario

resti schiacciata tra le discipline territoriali ‘non progettuali’ (geografia,

antropologia, ecc.) e quelle progettuali ma ‘non territoriali’ (ingegneria e

architettura), sia riguardo alla inadeguatezza dell’attuale offerta formativa

rispetto ai nuovi bisogni operativi (policrisi e transizioni) per chi agisce come

dipendente o incaricato dagli enti pubblici, mentre gli interventi dei gruppi

relativi al meridione ed al paesaggio hanno soprattutto mostrato - senza

dipanarlo - il notevole accavallamento di temi e di iniziative che l’INU affronta

e sviluppa (e con ben altre 16 community, se ho ben contato) malgrado il

ridotto numero di soci;

- dalle tre sezioni territoriali invitate a relazionare - Toscana, Puglia ed Emilia

Romagna - sono pervenute sistematiche relazioni sia sullo stato della

legislazione che del processo di pianificazione (e di controllo sul consumo di

suolo) nelle singole regioni, che risulta assai differenziato 6


, ed anche, per

quanto riguarda Toscana e Puglia, divergente rispetto al modello delineato dal

progetto di legge nazionale dell’INU (più coerente l'ultima legge regionale

6 Francesco Rotondo, presidente della Sezione Puglia, ha esposto in sintesi un situazione regionale di stallo

decennale riguardo alla pianificazione urbanistica, dopo gli slanci all’inizio della attuazione del Piano

Paesaggistico Regionale (slanci meno sostenuti dalla Giunte regionali presiedute da Michele Emiliano), ed in

attesa di una nuova Legge Urbanistica Regionale, ora in fase di elaborazione; tale stallo urbanistico risulta

contrappuntato da una vivacità edilizia connessa alla normativa regionale sulla riqualificazione edilizia,

allargata dalle modifiche nazionali del 2020 alla disciplina della "ristrutturazione edilizia”, e soprattutto dalle

devastanti deroghe derivanti dalla estensione all’intero territorio di tutte le regioni meridionali del regime delle

“Zone Economiche Speciali", inizialmente previsto solo per le aree prossime ad 8 città portuali, regime

particolarmente largo per tutte le imprese, anche piccole, e con decisioni finali affidate al Commissario che

presiede le Conferenze dei Servizi.

Per quanto riguarda gli assetti legislativi ed operativi di Toscana ed Emilia Romagna, rimando al mio articolo

del gennaio 2024 G, segnalando quanto segue per gli aggiornamenti evidenziati nella giornata congressuale:

- Toscana: mentre si riscontra una consistente adesione dei Comuni, singoli od aggregati, al rinnovo

dei rispettivi Piani e conseguentemente alla progressiva restrizione dei restanti margini di consumo

del suolo extraurbano, la Sezione regionale, tramite la Presidente Camilla Cerrina Feroni, segnala

lentezze e difficoltà nella interpretazione concreta di alcuni aspetti del Piano Paesaggistico Regionale,

e le carenze di tale Piano rispetto ai paesaggi più urbani e più contemporanei

- Emilia Romagna: l'intervento del Presidente Vittorio Emanuele Bianchi, abbastanza compiaciuto circa

i risultati del rinnovamento dei Piani Urbanistici Comunali o Intercomunali in attuazione della Legge

Regionale del 2017 ad in particolare della conseguita estinzione della “edificabilità pregressa”

accumulata nei precedenti piani, ha evidenziato la flessibilità di applicazione del nuovo assetto (ad

esempio per le scelte di delocalizzazione a fronte delle recenti alluvioni) e lo spostamento dagli aspetti

quantitativi a quelli qualitativi in materia di spazi pubblici, essendo generalizzata una media acquisita

di oltre 30 m2 per abitante nell’intera regione; tale abbondanza ha suscitato invidie da parte dei

congressisti di altre regioni, soprattutto meridionali, mentre i toni ottimistici dell'intervento hanno

rasserenato gli animi del convegno, dato il contesto generale assai più cupo.


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 6

emiliana), il che ne renderebbe anche più difficile l’approvazione e attuazione

nell’auspicabile ma improbabile eventualità del suo incardinamento in un

procedimento legislativo.


Al termine della giornata, nell’imminenza dell’aperitivo serale, il presidente Talia ha passato

la parola per gli interventi conclusivi a Valeria Lingua ed a Paolo La Greca, il primo di

carattere riassuntivo ed ecumenico ed il secondo soprattutto di testimonianza della sua

attività come Assessore e Vice-Sindaco a Catania, ‘tecnico’ in una giunta di Centro-Destra.


ALCUNE MIE (AMARE) CONSIDERAZIONI

La mia impressione è che le attività dell’INU e di gran parte del mondo urbanistico, dentro e

fuori dagli ambiti accademici, a fronte della crisi di un modello ‘classico’ di pianificazione,

del quale sono venuti meno i presupposti ideologici, sociali ed economici, prima ancora che

politici ed istituzionali, mostrino una notevole ricchezza di ricerche e di sperimentazioni, per

fronteggiare la transizione ambientale (energia, clima, biodiversità) e quella digitale.

Però mi sembra che tali raffinatezze di analisi e proposte non siano sufficienti a colmare la

sostanziale debolezza non solo della “pianificazione’ territoriale ed urbanistica, ma

dell’intero assetto progressivo dello ‘stato sociale ed inclusivo’. Ne sopravvivono le norme e

gli istituti, a scala europea e nazionale (molto meno a scala planetaria: vedi ONU e

Organizzazione Internazionale per il Commercio): ma con la sensazione che i 'barbari alle

porte’ siano pronti a sbarazzarsene, passando, ad esempio, dal puntuale sabotaggio in atto

in Italia verso la transizione energetica, pur condito da ipocrite adesione agli obiettivi ONU

2030, all’esplicito negazionismo dei problemi climatici già esplicitato negli USA

dall'amministrazione Trump (purtroppo vi sono molti altri esempi di soppressione dei principi

della ‘vecchia democrazia’, a partire dalla indipendenza degli organismi di ricerca statistica).

Tali ‘barbari’ non vengono solo dall’esterno (USA), ma sono tra noi, insediati negli

schieramenti elettorali sovranisti che incalzano e condizionano il quadro politico di molti

paesi europei, quando già non li governano.

Pertanto tutti gli sforzi di declinare le buone ragioni della pianificazione e dei servizi

ecosistemici del suolo, ricercando anche un qualche consenso ‘popolare’, sono senz’altro

meritevoli, ma rischiano di assomigliare all'orchestra del Titanic mentre si approssima

all’iceberg.

Mi guardo dall’immaginare consigli, ma non mi stupisco se il disegno di legge dell’INU non

riesce a bucare la disattenzione dell'opinione pubblica.

Opinione pubblica invece abbastanza attiva sul ‘caso Milano’ H, con il rischio di non capirci

molto, stante il chiasso mediatico/giudiziario.

Non riesco ad ipotizzare come evolverà la gestione urbanistica milanese nei prossimi ed

ultimi due anni della Giunta Sala, tuttavia sono lieto che l’appello recentemente lanciato

dall’Inu Lombardia I


(che riporto qui sotto per caposaldi e per esteso in Appendice 2 e che

supera le precedenti ambiguità della Sezione regionale INU) indichi una chiara e

condivisibile linea di svolta rispetto al ‘modello Milano’ (un modello di resa anticipata agli

interessi immobiliari ipercapitalistici, senza bisogno che vincano formalmente i nuovi

barbari).

Il confronto non solo disciplinare, ma politico e sociale sui problemi concreti della casa e

della città, nei singoli territori, anche per confermare che il piano è davvero utile, non è certo


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 7

di più facile vittoria rispetto al livello legislativo nazionale: però mi appare nei fatti più

praticabile. J


I CAPISALDI DELL’APPELLO PER MILANO DELLA SEZIONE INU REGIONALE (27

luglio 2025 - testo completo in Appendice 2). K

1. Costruire il piano in un'ottica metropolitana...

2. Governare la distribuzione e l'entità del carico urbanistico...

3. Ripristinare un rapporto equilibrato fra interessi privati e utilità pubbliche. È indispensabile

adeguare gli strumenti di prelievo di quote della rendita urbana, amplificata dalla strabiliante

crescita del mercato immobiliare milanese, da investire nell'armatura pubblica della città e

nell'attivazione di politiche di welfare urbano con l'obiettivo di incrementare e qualificare gli

spazi ed i servizi pubblici, allo scopo limitando il ricorso, oggi troppo diffuso, della

monetizzazione delle dotazioni di servizi e di quote di edilizia sociale.

4. Porre al centro le strategie di risposta al fabbisogno di alloggi a basso costo...

5. Assumere il tema dell'adattamento ai cambiamenti climatici come matrice del disegno

dell'armatura pubblica della città...


L’APPELLO SU MILANO, E NON SOLO, DEI “200 PROFESSORI”

Sul finire della pausa estiva, il dibattito politico-disciplinare sul Caso Milano è stato rilanciato

- a livello nazionale - da un appello L firmato da oltre 200 intellettuali, non solo urbanisti, tra

cui i più noti sono Salvatore Settis, Tomaso Montanari e Paolo Maddalena, il cui testo

riproduco in Appendice 3, e che è così riassunto dalla redazione di “Salviamo il paesaggio”

: “Dopo le inchieste e lo scandalo di questi mesi, si chiede di fermare i progetti in corso a

Milano, di modificare le politiche che guidano l’urbanistica in base a un quadro strategico di

gestione pubblica e di riformare le leggi nazionali al fine di tutelare l’interesse degli abitanti

e la qualità ambientale e sociale dei luoghi dall’eccessiva rapacità degli investitori,

ripristinando l’effettiva capacità delle istituzioni di governare i processi di trasformazione dei

territori”.

Al di là della puntualizzazione sugli specifici progetti da “fermare” a Milano, a partire dalla

cessione dello stadio di S.Siro, i contenuti in apparenza non divergono molto da quelli

emersi in ambito INU (vedi sopra ed in appendice 1 e 2), motivo per cui mi pare rilevante

osservare:

- che tra i “200” non compare nessuno del gruppo dirigente INU, né milanese né

nazionale,7

- che i “200” - pur auspicando una “riforma organica della legge nazionale” - non

accennano minimamente agli sforzi compiuti dall’INU per formulare la sua proposta

di legge.

7 Dalla lettura delle firme del documento, in particolare, tra i circa 30 firmatari orbitanti sul Politecnico di Milano

ed altre istituzioni milanesi - di cui nessuno figura tra i soci della Sezione Lombardia dell’INU - si notano non

solo i più precoci e tenaci critici del ‘modello Milano’, già menzionati nell’articolo “E’ così che si salva Milano”,

su UTOPIA21 del gennaio 2025 - come Giancarlo Consonni, Sergio Brenna, Arturo Lanzani, Elena Granata,

Paolo Pileri - ma anche alcuni professori che in qualche misura si potrebbero invece riconoscere quali

precursori dello stesso modello, come Giorgio Goggi, già assessore nella Giunta Albertini, e Maria Cristina

Treu, interlocutrice dell’Assessore Moneta nel varo della Legge Regionale n° 12 del 2005.


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 8

Ritengo che questa assenza di dialogo, senza approfondimento sui contenuti delle

divergenze esplicite ed implicite, indebolisca complessivamente l’area “progressista” e non

solo le sue componenti più moderate o più radicali.


aldovecchi@hotmali.it


Fonti:

A. https://www.inu.it/xxxii-il-piano-utile/

B. Aldo Vecchi - RIFORMARE L’URBANISTICA? - su UTOPIA21, gennaio 2023 -

https://drive.google.com/file/d/1-

hRvpegM2DZGt55SJpfIACeqUuX07z63/view?usp=share_link

C. http://www.inu.it/wp-content/uploads/appendice-ui-313-legge-principi-def.pdf

D. https://www.senato.it/leggi-e-documenti/disegni-di-legge/scheda-ddl?did=57192


E. https://www.inuedizioni.com/en/prodotti/rivista/n-320-special-issue-urbanistica-

informazioni-marzo-aprile-2025


F. https://www.youtube.com/watch?v=sSX7wfmk3nM

G. Aldo Vecchi - NON SI FERMA IL CONSUMO DI SUOLO - su UTOPIA21, gennaio

2024 -

https://drive.google.com/file/d/1zOz4i3IekmCXguXLpc3mcoS_EhdvhAYY/view?usp

=drive_link

H. Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi - È COSÌ CHE SI SALVA MILANO? - su


UTOPIA21, gennaio 2025 https://drive.google.com/file/d/1-mFBTsYEiA42q2V9GZ-

FUCZGnJSVrKwE/view?usp=drive_link


I. http://www.inu.it/news/inu-lombardia-rivolge-all-amministrazione-un-appello-per-

milano/


J. Aldo Vecchi - ANCORA SULL’UTOPIA DELL’URBANITÀ DI GIANCARLO

CONSONNI - su UTOPIA21, 2024 -

https://drive.google.com/file/d/1spWyZmlaHhwMQpgdTEsDGaOuoNsIu3x7/view?us

p=drive_link


K. http://www.inu.it/wp-content/uploads/allegato-4-inu-mozione-rigenerazione-

urbana.pdf


L. https://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2025/08/appello-per-una-radicale-svolta-

urbanistica-a-milano-e-in-italia/


NELLE PAGINE SEGUENTI LE APPENDICI 1-2-3

Appendice 1: La mozione unanime dell’Assemblea dei Soci sulle tendenze

legislative (24 maggio 2025)

Appendice 2: L’appello per Milano della Sezione Regionale Lombarda (27 luglio

2025)

Appendice 3: L’appello dei “200 professori” per una radicale svolta urbanistica

a Milano e in Italia (28 agosto 2025)


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 9

APPENDICE 1 - LA MOZIONE UNANIME DELL’ASSEMBLEA DEI SOCI SULLE

TENDENZE LEGISLATIVE M

Assemblea dei soci INU del 24 maggio 2025

Mozione sulla Rigenerazione urbana approvata all’unanimità:

Per l’INU è assodato che la rigenerazione urbana è concetto multidimensionale e funzionale,

che riguarda gli aspetti ambientali, sociali ed economici della città congiuntamente a quelli

abitativi e urbanistici.

Con riferimento al campo di interesse individuato dal XXXII Congresso dell’INU, la

rigenerazione territoriale e urbana è in grado di rappresentare un importante sviluppo delle

potenzialità dell’agire urbanistico mediante l’individuazione di un più ampio, aggiornato e

sostenibile ventaglio di obiettivi ed esiti attesi per le politiche pubbliche e il governo del

territorio. Al tempo stesso la rigenerazione può imprimere un impulso significativo alla

innovazione del processo di pianificazione, migliorando la capacità di quest’ultima di

adattarsi alla molteplicità dei contesti di intervento, e di dimostrare con chiarezza la fattibilità,

la condivisione e l’utilità delle procedure di cui dovrà dotarsi.

In relazione alle caratteristiche delle aree urbanizzate e del territorio in cui viene perseguita,

la rigenerazione urbana e territoriale aggrega un insieme coordinato di interventi inerenti il

recupero, la riqualificazione e il rinnovo del patrimonio edilizio, il riuso temporaneo o

permanente degli edifici dismessi o sottoutilizzati, la realizzazione di alloggi sociali,

l’incremento e la qualificazione degli spazi pubblici, le misure di adattamento ai cambiamenti

climatici e di sostenibilità energetica, il potenziamento dei servizi pubblici e privati anche

attraverso idonee attrezzature e infrastrutture, la cura della salute e della sicurezza, lo

sviluppo di forme di mobilità sostenibile, la rimozione dei detrattori ambientali e dei manufatti

incongrui.

La rigenerazione urbana così concepita e perseguita è finalità fondamentale del governo

del territorio e dei relativi strumenti di pianificazione urbanistica, nei quali si integra con gli

obiettivi del contenimento del consumo di suolo e di messa in sicurezza del territorio.

Pertanto l’INU, mentre condivide le iniziative legislative di quelle Regioni che si prefiggono

di innovare gli strumenti di pianificazione così da porli in grado di realizzare il governo del

territorio nella transizione dalla espansione alla rigenerazione urbana, dissente dai tentativi

legislativi settoriali sia di giustapporre (o sottrarre) la rigenerazione urbana alla

pianificazione generale, con la prospettazione di un ulteriore nuovo strumento urbanistico di

carattere speciale e il ripetuto ricorso a norme sostitutive e derogatorie dal Piano urbanistico

generale; sia un approccio riduzionistico della rigenerazione urbana ad un ambito normativo

prevalentemente di tipo edilizio.

Pertanto l’Assemblea dei Soci impegna il Consiglio Direttivo Nazionale e gli organi dirigenti

dell’Istituto ad affermare in ogni occasione le seguenti posizioni:

- compete al Piano urbanistico generale la funzione di individuare gli ambiti che, per

le loro condizioni di degrado, necessitano di essere rigenerati attraverso Piani,

Programmi e la progettualità di iniziativa privata o pubblica. Per tali ambiti, spetta agli

strumenti urbanistici la funzione di stabilire il sistema di incentivi (es. riduzione del contributo

di costruzione, incremento di superficie o di volume, mixitè di destinazioni d’uso, flessibilità

progettuale, semplificazioni procedurali, ecc.) utili per innescare il processo di

rigenerazione;

- gli interventi di rilievo urbanistico necessitano di essere disciplinati in modo diverso

dagli interventi edilizi. Gli interventi di trasformazione che determinano un significativo


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 10

incremento del carico urbanistico - vuoi con l’aumento dei volumi o delle superfici lorde, vuoi

con i cambi delle destinazioni d’uso - necessitano di essere valutati dalle amministrazioni

comunali. Per gli interventi di maggiore dimensione e complessità, si rende indispensabile

il ricorso ad un Piano urbanistico attuativo di iniziativa pubblica o privata convenzionati,

ovvero ad accordi operativi pubblico-privato di cui alla L 241/2001. Il Permesso di costruire

convenzionato si attaglia agli interventi di minore dimensione e complessità, ma comunque

generatori di un incremento del carico urbanistico di un qualche rilievo. La gestione degli

interventi confermativi del preesistente carico urbanistico, o modificativi di esso per effetto

di specifiche premialità stabilite da leggi o da norme urbanistiche, potrà essere affidata, a

seconda dei casi, alla Segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) o al Permesso di

costruire. Il quadro appena delineato comporta la radicale revisione dell’art. 3, c. 1, e dall’art.

10 del Dpr 380/2001, in cui nel 2020, e cioè in epoca post-Covid, venne stravolta la

definizione di “ristrutturazione edilizia”, e quindi impropriamente dilatato il campo di

operatività della Scia.

- l’INU auspica che un provvedimento legislativo dello Stato in materia di

rigenerazione urbana e territoriale introduca misure finanziarie atte ad attivare un

flusso di risorse continuo nel tempo, in grado di consentire una programmazione

degli interventi pubblici e privati nel medio periodo. Un altro importante contenuto di

tale provvedimento è l’alleggerimento del carico fiscale per tutte le attività preordinate alla

rigenerazione urbana.

- l’INU dissente dalla soppressione delle norme che disciplinano la densità edilizia e

le dotazioni pubbliche degli insediamenti, nonché le relazioni (distanze dai confini e

altre) fra proprietà private senza un intervento organico di riforma del DM 1444/68,

peraltro da lungo tempo auspicato dall’Istituto e trattato nella sua proposta di Legge di

Principi del governo del territorio;

- l’INU sostiene che il trasferimento delle quantità edificatorie di varia origine

(perequazione, crediti edilizi, premialità, compensazioni) che si staccano dal suolo di

origine per localizzarsi altrove, deve essere funzionale alla realizzazione di processi

di rigenerazione urbana e territoriale, e in quanto tale trovare cornice di riferimento e

disciplina nel Piano urbanistico generale nella sua innovativa forma, nonché in

adeguati istituti giuridici.


APPENDICE 2 - L’APPELLO PER MILANO DELLA SEZIONE REGIONALE LOMBARDA

(27 LUGLIO 2025) I

“Un appello PER MILANO:

Serve un nuovo piano consapevole del rango internazionale acquisito dalla metropoli

milanese, rispettoso della cultura e della memoria della città e dei diritti dei suoi cittadini.

È molto cambiata Milano nei dieci anni appena trascorsi dall'apertura di EXPO 2015 e, sotto

molti profili, ma non tutti, è cambiata in meglio.

Sono stati dieci anni di sviluppo accelerato che hanno portato Milano ad acquisire un ruolo

fra le metropoli che competono nell'economia globale. Dieci anni caratterizzati da una spinta

crescente del mercato immobiliare sostenuta da uno straordinario afflusso di capitali, non

adeguatamente governata da una strumentazione urbanistica ideata in una fase di

stagnazione con l'obiettivo di restituire slancio alla città promuovendone la densificazione

tramite la crescita in altezza.


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 11

Il piano attualmente vigente contiene scelte di strategia e di gestione dello sviluppo urbano

che si sono rivelate insufficienti a governare la potentissima e perdurante spinta del mercato

immobiliare: una condizione riconducibile principalmente alla dilatazione dei margini di

flessibilità introdotti nel piano, col conseguente rinvio alla fase attuativa di decisioni rilevanti,

comprese, in alcuni casi, quelle relative all'entità della volumetria edificabile.

Gli esiti delle trasformazioni realizzate in applicazione delle regole del piano sono ora sotto

gli occhi di tutti: il progressivo cambiamento della composizione sociale degli abitanti che

orienta la città a qualificarsi sempre più come residenza per soli ricchi, la modesta entità

delle risorse recuperate dalla rendita urbana a favore delle politiche pubbliche, la diffusione

di singoli interventi fortemente impattanti sul contesto urbano e scarsamente rispettosi delle

attese dei cittadini, per non citare che gli effetti più vistosi.

Giunti a questo punto risulta improcrastinabile l'approvazione di un nuovo Piano di Governo

del Territorio per evitare che la città rimanga, per molti anni a venire, ancorata ad un sistema

di regole che ha ormai dimostrato la propria inadeguatezza.

La formazione del nuovo PGT deve avere una direzione politica ed una guida culturale e

tecnica riconoscibili in modo da rendere trasparente il processo di formazione delle scelte e

la loro traduzione nel sistema delle decisioni e delle regole. È anche necessario riattivare il

confronto con la società milanese e coi suoi organismi rappresentativi, a partire dal Consiglio

Comunale, e mantenerlo con costanza lungo tutta la fase di formazione delle decisioni al

fine di sviluppare una salda condivisione dei temi e degli obiettivi centrali del Piano, ponendo

anzitutto in discussione la scelta della densificazione della città centrale, ossia di Milano

racchiusa nei suoi confini comunali.

Per rilanciare il confronto sul nuovo piano per Milano proponiamo 5 temi, già segnalati in

precedenti prese di posizione di INU Lombardia, che riteniamo centrali per risolvere le

criticità fin qui emerse ed affrontare con rinnovata energia le sfide di una nuova fase di

sviluppo.

1. Costruire il piano in un'ottica metropolitana. Milano ha bisogno di una strategia

metropolitana che non può essere solo annunciata ma deve essere sostenuta da visioni e

atti concreti. Il PGT di Milano riguarda solo formalmente il territorio entro i confini comunali

poiché i suoi effetti si ripercuotono su tutta la vasta regione metropolitana in termini di

ridistribuzione della popolazione residente, di delocalizzazione e nuovo insediamento delle

attività produttive, di distribuzione dei servizi, compresi quelli di trasporto, ecc.

2. Governare la distribuzione e l'entità del carico urbanistico. Il piano deve assumere le

decisioni che gli competono per legge relativamente alla distribuzione ed alle condizioni di

ammissibilità dei carichi urbanistici, ossia del volume edificabile sui suoli urbani. Si tratta di

un compito esplicitamente assegnato dalla legge al Consiglio Comunale, che non può

essere demandato all'elaborazione di studi e progetti sviluppati da soggetti privati, ancorché

patrocinati del Comune.

3. Ripristinare un rapporto equilibrato fra interessi privati e utilità pubbliche. È indispensabile

adeguare gli strumenti di prelievo di quote della rendita urbana, amplificata dalla strabiliante

crescita del mercato immobiliare milanese, da investire nell'armatura pubblica della città e

nell'attivazione di politiche di welfare urbano con l'obiettivo di incrementare e qualificare gli

spazi ed i servizi pubblici, allo scopo limitando il ricorso, oggi troppo diffuso, della

monetizzazione delle dotazioni di servizi e di quote di edilizia sociale. Il riequilibrio delle

utilità pubbliche e private in Milano può inoltre contribuire a ridurre la distanza fra il

rendimento degli investimenti nella città e nel territorio metropolitano con conseguenti effetti

di riequilibrio fra le parti.


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 12

4. Porre al centro le strategie di risposta al fabbisogno di alloggi a basso costo. Quello della

casa a costi accessibili è l'unico fabbisogno ancora drammaticamente presente nell'area

urbana milanese, aggravato dall’emergere di nuove domande, come la residenza

universitaria. In assenza di iniziative statali continuative di sostegno all'edilizia sociale, il

piano urbanistico comunale rimane oggi l'unico strumento attraverso il quale acquisire aree

da destinare alla realizzazione dell'edilizia sociale e promuovere la realizzazione di alloggi

da cedere in affitto a prezzi effettivamente calmierati, anche mettendo a punto un sistema

di sgravi nel contesto della fiscalità comunale. Azioni da sviluppare nella consapevolezza

che una politica efficace per l'edilizia sociale richiede strumenti di governo di scala

metropolitana associati ad investimenti sulle infrastrutture e sui servizi.

5. Assumere il tema dell'adattamento ai cambiamenti climatici come matrice del disegno

dell'armatura pubblica della città. Milano può giovarsi di un patrimonio estremamente ricco

di proposte, studi e progetti per una città nella quale il verde svolga un ruolo centrale. È

giunto il momento di utilizzare questo patrimonio per costruire programmi e attivare

interventi in grado di migliorare le condizioni del microclima, combattere il fenomeno

dell'isola di calore e rispondere alle nuove esigenze del drenaggio urbano contribuendo al

miglioramento generale dell'ambiente e del paesaggio e all'incremento della biodiversità.

Il Piano urbanistico è lo strumento fondamentale di governo delle trasformazioni urbane, è

la sintesi di strategie ed obbiettivi democraticamente decisi: non è un contenitore burocratico

da adattare alle imprevedibili mutazioni del mercato. Mentre scriviamo prosegue,

dirompente, lo sviluppo della nuova città che ha investito le aree dell'antica periferia operaia

ed anche quelle più esterne affacciate sulla campagna. È questa che stiamo vivendo una

grande opportunità di riqualificazione per l'intera compagine urbana ed anche,

potenzialmente, per una parte rilevante dell'area metropolitana. Dobbiamo assolutamente

dotarci degli strumenti necessari a sfruttare questa opportunità nell'interesse di tutti i

milanesi.”

INU Lombardia

Milano, 24 luglio 2025


APPENDICE 3: L’APPELLO DEI “200 PROFESSORI” PER UNA RADICALE SVOLTA

URBANISTICA A MILANO E IN ITALIA (28 AGOSTO 2025)

I fatti gravissimi emersi dalle indagini della Procura di Milano sullo sviluppo urbano degli

ultimi anni sono preoccupanti sia per le fattispecie emerse sia per le reazioni della politica e

delle istituzioni milanesi e nazionali.

Quali che siano le responsabilità civili e penali dei molti indagati, che saranno accertate nel

corso dei processi, e fatti salvi eventuali altri fatti che potranno emergere, è sempre più

evidente che la trasformazione della città è stata governata in modo opaco, al di fuori delle

regole democratiche e forzando le leggi urbanistiche.

A questo esito si è arrivati sia attraverso il depotenziamento delle norme a garanzia

dell’interesse pubblico – che avrebbero potuto ostacolare la rapida realizzazione degli

interventi e il massimo profitto degli investitori – sia attraverso l’aggiramento delle Leggi

stesse e la creazione di norme ad hoc.

Nonostante le evidenze scaturite dalle inchieste, il Sindaco di Milano, la Giunta e una grande

parte della classe dirigente locale e nazionale hanno espresso la sostanziale volontà di

assicurare il proseguimento delle operazioni immobiliari e urbanistiche nate in questo


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 13

contesto, sottoposte a procedure di approvazione nella migliore delle ipotesi poco

ortodosse, in alcuni forse addirittura illegali. Ancora una volta si ribadisce che “Milano non

si ferma”, e che il modello di sviluppo che rappresenta è immodificabile ed è giusto

estenderlo all’intero territorio italiano.

Una continuità che non solo compromette il rispetto della legalità, il corretto funzionamento

delle istituzioni democratiche e la redistribuzione della ricchezza, ma danneggia l’ambiente,

la qualità urbana e la vita degli abitanti.

A Milano si è considerato normale trasformare la città per frammenti, senza un quadro

strategico di visione e gestione pubblica (al di fuori della visione d’insieme della città che

spetterebbe al Piano): si è costruito all’interno degli isolati e nei cortili edifici di dimensioni

incongrue, spesso al posto di laboratori, parcheggi, piccole residenze, giardini o aree che la

natura aveva riconquistato. Si è rinunciato a una larga parte degli oneri di urbanizzazione e

dei servizi dovuti (gli standard), che tali interventi avrebbero richiesto, e

contemporaneamente è stata attuata una privatizzazione strisciante dei servizi e delle

strutture pubbliche, come case, piscine e centri sportivi. Anche le grandi aree di

trasformazione – come gli scali ferroviari e le aree industriali di Bovisa e Rogoredo – stanno

prendendo forma al di fuori della visione d’insieme della città che spetterebbe al Piano. Nel

frattempo, il consumo di suolo verde e agricolo continua, come dimostrano ogni anno i dati

ISPRA.

Molti studi e ricerche, con analisi rigorose e documentate, dimostrano come la sostituzione

dell’urbanistica con queste forme improprie di rigenerazione urbana – praticate a Milano e

imitate in molte altre città italiane – abbia prodotto un’economia sproporzionatamente

favorevole alla rendita e alla concentrazione della ricchezza. Questo processo ha aggravato

le disuguaglianze sociali e i divari territoriali, ha indebolito la capacità di intervenire sui gravi

e urgenti problemi della città, compromettendo sensibilmente la qualità della vita, a partire

dal diritto all’abitare e dalla salute dei cittadini.

Alla luce di tali considerazioni proponiamo che questa sia l’occasione per un serio riesame

delle scelte politiche e tecniche che guidano l’urbanistica milanese e, sempre più

frequentemente, l’urbanistica del paese.

Per tali ragioni chiediamo all’amministrazione milanese e alle istituzioni politiche e di

governo di fermare i grandi e medi progetti in corso per imprimere una direzione diversa,

trasparente e democratica, alla trasformazione di quelle aree e della città in generale: da

quelli dichiarati prioritari come la vendita dello stadio Meazza a San Siro, allo sviluppo per

parti incoerenti degli ex scali ferroviari, a quelli avviati e controversi come la BEIC-Biblioteca

Europea, la Goccia della Bovisa, il nuovo centro commerciale in piazzale Loreto e

l’edificazione di grandi volumi sui binari della stazione Cadorna (FILI). È urgente e

necessario aprire una discussione effettiva e democratica che tenga conto delle critiche

politiche e civili, dei bisogni abitativi, sociali e ambientali espressi dalla popolazione

milanese in questi anni, sin qui del tutto elusi, per decidere quali di questi progetti debbano

andare avanti e in che modo.

Nello specifico, chiediamo che il Piano Casa sia radicalmente rivisto favorendo l’Edilizia

Residenziale Pubblica piuttosto che quella Sociale (che a Milano si configura come una

fascia dell’edilizia di mercato), la realizzazione di studentati pubblici e davvero accessibili, e

che il Piano di Governo del Territorio in corso di elaborazione sia elaborato secondo priorità,

obiettivi e principi di equità e redistribuzione materiale delle risorse.

Chiediamo, soprattutto, che le pressioni per deregolamentare la normativa urbanistica

nazionale e il Testo unico dell’Edilizia attraverso la legge sulla Rigenerazione urbana e il

nuovo Testo Unico siano respinte: crediamo, infatti, che esista attualmente una grande


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 14

necessità di adeguare le regole al nuovo contesto globale, ma nel senso opposto a quello

auspicato e formalizzato nelle bozze di legge elaborate in questi anni. Bisogna proporre

nuove forme di pianificazione in grado di far fronte agli effetti del cambiamento climatico e

del degrado ambientale, di tutelare l’interesse degli abitanti e la qualità ambientale e sociale

dei luoghi dall’eccessiva rapacità degli investitori. Occorre ripristinare l’effettiva capacità

degli enti pubblici di governare i processi di trasformazione dei territori e di vincolare le

istituzioni pubbliche alla trasparenza e al mandato degli elettori.

È fondamentale una riforma organica della legge nazionale per bloccare il consumo di suolo

e per rimuovere dai piani le previsioni non attuate o senza inizio delle procedure da cinque

anni.

Serve una nuova urbanistica tesa alla giustizia spaziale e al riequilibrio territoriale, una

nuova cultura civile e una vera sensibilità ambientale, per Milano, per le città e i territori del

Paese.

Le firme:

Ilaria Agostini – Università di Bologna

Alfredo Alietti- Università di Ferrara

Luca Alteri, Università di Roma, Sapienza

Mariella Annese – Politecnico di Bari

Pierpaolo Ascari, Università di Bologna

Arianna Azzellino – Politecnico di Milano

Daniele Balicco – Università Roma Tre

Angela Barbanente – Politecnico di Bari

Filippo Barbera – Università di Torino

Alessandro Barile – Università di Roma

Matteo Basso – Università Iuav di Venezia

Emanuela Beacco – avvocato

Luca Beltrami Gadola – direttore Arcipelago Milano

Auretta Benedetti – università Bicocca

Tomà Berlanda – università di Torino

Alessandro Bertante NABA Milano

Paolo Berdini – Università Tor Vergata di Roma

Alberto Bertagna – università di Genova

Piero Bevilacqua – Università La Sapienza di Roma

Roberto Biscardini – Politecnico di Milano

Stefano Bocchi – Università degli studi di Milano

Paola Bonora – Università di Bologna

Paolo Borioni – Università La Sapienza di Roma

Gianni Bottalico – già presidente ACLI

Sergio Brenna – Politecnico di Milano

Paola Giuseppina Briata – Politecnico di Milano

Grazia Brunetta – Politecnico di Torino

Emma Buondonno – Università Federico II di Napoli

Roberto Budini Gattai – Università di Firenze

Alberto Budoni – Università la Sapienza di Roma

Ilaria Bussoni – Università di Padova

Francesca Cangelli – Università di Foggia

Michel Carlana – Università IUAV di Venezia

Davide Caselli – Università di Bergamo


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 15

Mimmo Cangiano – Università di Venezia

Renato Capozzi – Università Federico II di Napoli

Giovanni Carrosio – Università di Trieste

Gianfranco Cartei – Università di Firenze

Arianna Catenacci – Politecnico di Milano

Giovanni Caudo – Università di Roma Tre

Bibo Cecchini – Università di Sassari

Filippo Celata – Università di Roma La Sapienza

Carlo Cellamare – Università La Sapienza di Roma

Floriana Cerniglia – Università Cattolica di Milano

Claudia Cassatella – Politecnico di Torino

Francesco Chiodelli – Università di Torino

Francesca Cognetti – Politecnico di Milano

Laura Colini – Università IUAV di Venezia

Andrea Comboni – Università di Trento

Grazia Concilio – Politecnico di Milano

Giancarlo Consonni, Politecnico di Milano

Francesca Conti- Università di Roma La Sapienza

Alessandro Coppola – Politecnico di Milano

Giorgiomaria Cornelio Università Iuav di Venezia

Elisa Cristiana Cattaneo – Politecnico di Milano

Pierre Alain Croset, Politecnico di Milano

Joselle Dagnes – Università di Torino

Senzio Sergio D’Agata, Università Bicocca

Concetta D’Angeli – Università di Pisa

Alessandro Dama – Politecnico di Milano

Lidia De Candia – Università di Sassari

Francesco De Cristofaro – Università di Napoli Federico II

Silvia De Laude – Università di Roma La Sapienza

Sabina De Luca – Forum Uguaglianze e Diversità

Vezio De Lucia – Università la Sapienza di Roma

Antonio De Rossi – Politecnico di Torino

Lorenzo degli Esposti – Università di Genova

Alessandro Del Piano – urbanista

Antonio Di Gennaro – agronomo

Veronica Dini – avvocato

Martino Doimo, Università Iuav di Venezia

Luigi de Falco – Presidente Italia Nostra Napoli

Paula de Jesus – LABUR – Laboratorio Urbanistica

Paolo De Nardis – Università La Sapienza- Roma

Giuseppe Episcopo – Università Roma Tre

Antonio Esposito – Università di Bologna

Romeo Farinella – Università di Ferrara

Davide Tommaso Ferrando – Università di Bolzano

Francesco Saverio Fera – Università di Bologna

Marco Ferrari – Università Iuav di Venezia

Cristiana Fiamingo – Università degli Studi di Milano

Pierfrancesco Fiore – Università di Salerno


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 16

Daniel Andrew Finch-Race – Università di Bologna

Mattia Fiore – Università di Bologna

Gianfranco Franz -Università di Ferrara

Alessia Franzese – Università Iuav di Venezia

Laura Fregolent – Università Iuav di Venezia

Emanuele Frixa – Università di Bologna

Andrea Fumagalli – Università di Pavia

Sara Gandini – IEO

Emanuele Garbin, Università Iuav di Venezia

Giuseppe Garzia – Università di Bologna

Francesco Gastaldi – Università Iuav di Venezia

Dario Gentili – Università Roma Tre

Maria Cristina Gibelli – Politecnico di Milano

Daniele Giglioli – Università di Trento

Roberto Gigliotti – Università di Bolzano

Corrado Giuliano – avvocato

Simone Gobbo, Università Iuav di Venezia

Giorgio Goggi – Politecnico di Milano

Paolo Gomarasca – Università Cattolica di Milano

Francesca Governa – Politecnico di Torino

Elena Granata – Politecnico di Milano

Claudio Greppi – Università di Siena

Massimiliano Guareschi – Università Bicocca

Giovanna Iacovone – Università della Basilicata

Carlo Iannello – Università di Napoli Federico II

Giovanni Laino – Università di Napoli Federico II

Arturo Sergio Lanzani – Politecnico di Milano

Tommaso Listo – Politecnico di Torino

Antonio Longo – Politecnico di Milano

Francesca Leder – Università di Ferrara

Alberto Lucarelli – Università di Napoli Federico II

Sabrina Lucarelli – Direttivo Riabitare l’Italia

Stefano Lucarelli – Università di Bergamo

Giovanni Maciocco – Università di Sassari

Paolo Maddalena – Vicepresidente emerito della Corte Costituzionale

Roberto Mancini – Università di Macerata

Sara Marini – Università Iuav di Venezia

Costanza Margiotta – Università di Padova

Sergio Marotta – Università Suor Orsola Benincasa

Anna Marson- Università Iuav di Venezia

Gianni Mastrolonardo – Università di Firenze

Alfio Mastropaolo – Università di Torino

Clara Mattei – New School for Social Research, NY

Ugo Mattei, Università di Torino

Arturo Mazzarella – università di Roma

Eugenio Mazzarella – Università di Napoli Federico II

Francesco Memo – scrittore

Livia Mercati- Università di Perugia


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 17

Carlo Moccia – Politecnico di Bari

Tomaso Montanari – università per stranieri di Siena

Raul Mordenti (Università di Roma Tor Vergata)

Cristina Morini – Effimera

Andrea Morniroli – Economia Fondamentale

Stefano Munarin – Università Iuav di Venezia

Francesco Musco – Università Iuav di Venezia

Mario Angelo Neve – Università di Bologna

Elena Ostanel – Università Iuav di Venezia

Sergio Pace – Politecnico di Torino

Daniela Padoan – Presidente di Giustizia e Libertà

Francesco Pallante – Università di Torino

Pancho Pardi – Università di Firenze

Marco Parisi – Università del Molise

Rita Paris- direttore Parco Archeologico dell’Appia Antica

Rossano Pazzagli – Università del Molise

Agostino Petrillo – Politecnico di Milano

Marco Peverini – Politecnico di Milano

Massimo Pica Ciamarra – Università di Napoli Federico II, International Academy of

Architecture,

Emanuele Piccardo – Università di Genova

Vanessa Pietrantonio – Università di Bologna

Paolo Pileri- Politecnico di Milano

Valeria Pinto – Università di Napoli Federico II

Michelangelo Pivetta, Università di Firenze

Pierluigi Portaluri – Università del Salento

Alessandro Portelli – Università di Roma La Sapienza

Stefano Portelli – Università di Roma Tre

Geminello Preterossi – Università di Salerno

Matteo Proto- Università di Bologna

Gabriella Pultrone – Università Mediterranea di Reggio Calabria

Carlo Quintelli – Università di Parma

Federico Rahola – Università di Genova

Gundula Rakowitz – Università Iuav di Venezia

Cristina Renzoni – Politecnico di Milano

Laura Rescia – Università di Torino

Francesco Rispoli – Università di Napoli Federico II

Aurora Riviezzo – Politecnico di Torino

Luisa Rossi – Università degli studi di Parma

Ugo Rossi – Gran Sasso Science Institute dell’Aquila

Renzo Luigi Rosso – CNR – IRPI, Politecnico di Milano

Luca Ruali – Università Iuav di Venezia

Lorenzo Sacconi – Università Statale di Milano

Laura Saija – Università di Catania

Angelo Salento – Università del Salento

Isaia Sales – Università Suor Orsola Benincasa

Carlo Salone – Università di Torino

Battista Sangineto – Università della Calabria


Utopia21 – settembre 2025 A.Vecchi: IL PIANO UTILE? 18

Giuseppe Scaglione – Università di Trento

Enzo Scandurra – Università di Roma

Giuseppe Scandurra – Università di Ferrara

Andrea Schiavone – LABUR – Laboratorio Urbanistica

Rocco Sciarrone – università di Torino

Giovanni Semi – Politecnico di Torino

Salvatore Settis – Scuola Normale Superiore, Università di Pisa

Luca Skansi – Politecnico di Milano

Paolo Sordi (Università eCampus; Università di Roma Tor Vergata)

Laura Tedesco – Università Iuav di Venezia

Fabio Terribile – Università di Napoli Federico II

Vincenzo Tondi della Mura – Università del Salento

Graziella Tonon – Politecnico di Milano

Simone Tosi – Università Bicocca

Lucia Tozzi – Università di Bologna

Francesco Trane – Università di Ferrara

Maria Cristina Treu, Politecnico di Milano

Simone Tulumello – università di Lisbona

Paolo Urbani – Università La Sapienza di Roma

Sergio Vacca – Università di Sassari

Giorgio Vacchiano – Università Statale Milano

Pietro Valle – Politecnico di Milano

Francesco Vallerani – Università Ca Foscari di Venezia

Daniele Vannetiello – Università di Bologna

Mauro Varotto – Università di Padova

Matteo Vegetti – Università di Mendrisio

Sergio Vellante – Università della Campania Luigi Vanvitelli

Massimo Venturi Ferriolo – Politecnico di Milano

Gianfranco Viesti – Università di Bari

Marco Vigliotti – Università La Sapienza di Roma

Tiziana Villani – Università La Sapienza di Roma

Federica Visconti – Università di Napoli

Chiara Visintin – Biblioteca Arcivio Emilio Sereni

Daniele Vitale – Politecnico di Milano

Alessandro Volpi- Università di Pisa

Federico Zanfi – Politecnico di Milano

Alberto Ziparo – università di Firenze

Iacopo Zetti – università di Firenze

mercoledì 23 luglio 2025

UTOPIA21 - LUGLIO 2025: UNA SELEZIONE DAL RAPPORTO ISTAT 2025

Dal testo del Rapporto 1, una rapida panoramica sulle variazioni a breve termine e tre approfondimenti tematici a più lungo periodo: produttività, pressioni ambientali e nuzialità.

PER LEGGERE L'ARTICOLO COMPLETO DI FIGURE: https://drive.google.com/file/d/1B0XzE0Ygqlibl60uzAeIkdDcHdvUZ6Y3/view?usp=drive_link

Sommario:

  • premessa

  • elementi emergenti nel breve termine

  • approfondimento strutturale sulla produttivita’

  • approfondimento sulle pressioni ambientali

  • approfondimento sulla nuzialita’

  • i saluti istituzionali

appendice i: capitolo 3 “una società per tutte le età” 

introduzione  e principali risultati

appendice ii - capitolo 4 “sistema economico e generazioni",

introduzione e principali risultati

(in corsivo le poche parole dell’Autore).




PREMESSA


Considerando che l’anno scorso ho estratto dal Rapporto Istat annuale soprattutto dati utili a evidenziare alcune criticità profonde nel medio periodo (occupazione, salari, istruzione terziaria, divari sociali di reddito, genere, generazione e territorio)2, in buona parte riprese anche nel recente articolo sulle disuguaglianze 3, già orientato dai dati Istat per il 2024 (divari di ricchezza e di reddito, lavoro povero), in occasione del nuovo Rapporto annuale 2025 1, ho pensato di concentrare l’attenzione - dopo una breve rassegna sugli elementi emergenti nel breve termine (ove ho introdotto miei titoletti per facilitare la lettura) -  solo su alcuni temi di approfondimento (produttività, economia circolare, nuzialità.), segnalando però che il Rapporto si estende - anche con ricerche originali - soprattutto sulle questioni relative alle diverse fasce di età: Capitolo 3 “Una società per tutte le età” e Capitolo 4 “Sistema economico e generazioni", di cui in Appendice riproduco i rispettivi paragrafi iniziali, riassuntivi.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        




ELEMENTI EMERGENTI NEL BREVE TERMINE


2024: quadro d’insieme


Nel 2024, l’economia italiana è cresciuta allo stesso ritmo moderato del 2023, ed è proseguito il rientro dalla forte dinamica inflazionistica che aveva caratterizzato il biennio 2021-2022. L’occupazione ha continuato a espandersi, ed è stato conseguito un parziale recupero nel potere di acquisto dei salari reali. Gli indicatori di finanza pubblica hanno registrato un netto miglioramento, anche se il debito pubblico misurato in rapporto al Pil è tornato ad aumentare.


2025: prospettive e rischi


Nel primo trimestre del 2025 si è confermata l’espansione dell’attività economica, ma sono anche aumentati i rischi per la crescita e per il contenimento dell’inflazione, soprattutto di origine esterna. Le prospettive per l’anno in corso sono quindi molto incerte e condizionate dall’evoluzione delle tensioni internazionali sul piano politico e commerciale.

Restano inoltre da affrontare sfide importanti che da tempo limitano la crescita economica e le opportunità di benessere nel nostro Paese, come confermato dalla dinamica debole della produttività. …. 


PIL


Nel 2024 il Pil mondiale è cresciuto a un ritmo lievemente superiore rispetto al 2023. La crescita è stata robusta negli Stati Uniti (+2,8 per cento) e in Cina (+5,0 per cento), mentre l’UE27 ha segnato un modesto recupero (dallo 0,4 all’1,0 per cento). Per molti paesi, tra cui l’Italia, un importante fattore di traino della crescita è rappresentato dalla domanda estera, la cui evoluzione è al momento molto incerta.

L’Italia ha mantenuto, per il secondo anno consecutivo, un ritmo di crescita dello 0,7 per cento, che riflette un debole contributo positivo della domanda estera netta e un rallentamento della spesa per consumi e, soprattutto, per investimenti. La crescita del Pil dell’Italia è risultata inferiore a Francia e Spagna, mentre la Germania ha sperimentato il secondo anno di contrazione.


occupazione e produttività


L’occupazione è cresciuta nel 2024 a un ritmo sostenuto (+1,6 per cento l’aumento degli occupati secondo le stime di Contabilità nazionale), ma la sua dinamica settoriale, a fronte di una più modesta crescita del valore aggiunto, ha contribuito a determinare una flessione dello 0,9 per cento nella produttività del lavoro misurata per occupato e dell’1,4 per cento per ora lavorata. Tra 2019 e fine 2024 l’occupazione misurata dalla Rilevazione sulle forze di lavoro è cresciuta del 3,8 per cento, come in Germania, ma meno che in Francia e – soprattutto – in Spagna, e i disoccupati si sono ridotti di oltre il 40 per cento, ben più che negli altri Paesi, per l’effetto congiunto di fattori economici, dell’evoluzione degli inattivi e della riduzione della popolazione in età di lavoro.



inflazione e retribuzioni


Nel 2024 l’inflazione al consumo è stata in media di anno pari all’1,1 per cento (secondo l’Indice armonizzato - IPCA), riflettendo il forte calo dei prezzi dei beni energetici. L’incremento dell’indice dell’Italia è risultato significativamente inferiore al 2,4 per cento medio dell’UEM. L’inflazione è tornata a crescere dall’ultimo trimestre del 2024 e ha confermato la tendenza al rialzo nei primi mesi del 2025.

Nel 2024 le retribuzioni nominali sono cresciute a un ritmo superiore a quello osservato per il tasso di inflazione. Gli aumenti salariali, in accelerazione rispetto all’anno precedente, hanno consentito un parziale recupero della marcata perdita di potere di acquisto del biennio 2022-2023. Tra gennaio 2019 e la fine del 2024, la crescita delle retribuzioni contrattuali è stata pari al 10,1 per cento a fronte di un aumento dell’inflazione (IPCA) pari a 21,6 per cento.


deficit e debito pubblico


Nel 2024 il deficit pubblico in Italia si è ridotto dal 7,2 al 3,4 per cento del Pil. Tra le altre principali economie europee, si è avuta una riduzione marginale del deficit in Spagna e un lieve peggioramento in Francia e Germania. In Italia il saldo primario (al netto della spesa per interessi) è tornato in avanzo dopo quattro anni; l’incidenza del debito pubblico è tuttavia salita lievemente, al 135,3 per cento del Pil, per la bassa crescita del Prodotto interno lordo a prezzi correnti e l’aumento della spesa per interessi.



APPROFONDIMENTO STRUTTURALE SULLA PRODUTTIVITA’


Alla ricerca delle ragioni profonde delle debolezze sociali e ed economiche dell’Italia rispetto agli altri grandi paesi europei, che è materia di ampi dibattiti teorici (tra i più recenti, il contributo di Alessandro Penati su “Domani” 4) e di scarsi provvedimenti operativi, il rapporto Istat 2025 offre interessanti contributi attorno alla questione della produttività.


crescita modesta e produttività: introduzione


La crescita modesta dell’economia italiana nell’ultimo decennio ha risentito di condizioni macroeconomiche sfavorevoli lungo quasi tutto il periodo, ma anche di alcune caratteristiche relative alla struttura del sistema produttivo – quali la dimensione delle imprese, la specializzazione in settori tradizionali e il limitato contenuto tecnologico/innovativo dei prodotti – a loro volta negativamente associate all’efficienza e all’incremento della produttività. 

Nel 2024, in particolare, è diminuita la produttività del lavoro, del capitale e, soprattutto, la produttività totale dei fattori, che misura il contributo della conoscenza e dell’innovazione all’incremento di efficienza dei processi di produzione.

Nel periodo 2019-2023 la crescita del valore aggiunto in Italia, come nelle altre principali economie dell’UE, è stata più sostenuta nelle attività industriali ad alta tecnologia e nei servizi intensi in conoscenza rispetto agli altri settori. Lo sviluppo e la diffusione della conoscenza nell’economia non possono prescindere dalla disponibilità di capitale umano. In questo ambito in Italia l’incidenza delle cosiddette “Risorse umane in scienza e tecnologia” (occupati con un titolo universitario e/o che lavorano come professionisti e tecnici, e occupati in professioni in ambito scientifico e tecnologico) – pari a quasi il 40 per cento degli occupati nel 2023 – è inferiore di circa 10 punti percentuali rispetto a Germania e Spagna e 17 rispetto alla Francia.

Il profilo di crescita realizzato dall’economia italiana nell’ultimo decennio è stato nel complesso positivo, ma con un ritmo piuttosto modesto: al periodo di stagnazione successivo alla fase recessiva del 2011-2013 (la cosiddetta crisi del debito sovrano) ha fatto seguito un periodo di ripresa moderata, esauritasi già prima della crisi del 2020 collegata alla pandemia; il rapido recupero dei livelli pre-pandemici nel biennio 2021-2022 è stato seguito da una fase di crescita a ritmi contenuti e concentrata in settori scarsamente dinamici in termini di produttività e innovazione. Tali risultati sono riconducibili sia a fattori di contesto internazionali sia alla debolezza della domanda interna, sulla quale hanno inciso le dinamiche inflazionistiche e la perdita di potere di acquisto delle famiglie.


produttività per fattori di produzione 


Gli indicatori di produttività possono fare riferimento a un solo fattore di produzione, lavoro o capitale, oppure possono considerarsi contestualmente capitale, lavoro e progresso tecnologico. Quest’ultima misurazione della produttività dei fattori di produzione è denominata contabilità della crescita e si realizza nel quadro dei conti economici nazionali per quantificare il contributo di aspetti non direttamente osservabili – quali, ad esempio, innovazione, conoscenza, organizzazione del lavoro – e riassunti nella componente di Produttività Totale dei Fattori (PTF), che riflette l’efficienza complessiva con cui gli input primari lavoro e capitale sono utilizzati nel processo di produzione.

Nel 2024 tutte e tre queste dimensioni di produttività hanno segnato una flessione. Focalizzando l’analisi sulla competitività del sistema delle imprese, ed escludendo quindi dal campo di osservazione le attività di locazione di beni immobili, le attività del personale domestico, tutte le attività economiche appartenenti al settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche e quelle delle organizzazioni e degli organismi internazionali, la produttività del lavoro è diminuita del 2,0 per cento (+0,3 per cento l’incremento medio annuo tra il 2014 e il 2024) per effetto di un aumento delle ore lavorate maggiore del valore aggiunto, che si riscontra soprattutto in alcune tipologie di servizi ad alta intensità di lavoro (ad esempio turistici …). Anche la produttività del capitale è calata, ma appena dello 0,2 per cento (+1,6 per cento l’incremento medio nel periodo 2014-2024), per effetto di un incremento più sostenuto dell’input di capitale rispetto a quello del valore aggiunto, mentre la PTF si è ridotta dell’1,3 per cento (+0,7 per cento il tasso di crescita medio annuo nel decennio considerato) …

Scomponendo la dinamica del valore aggiunto nei contributi derivanti dall’utilizzo dei fattori primari capitale e lavoro, e dalla PTF, a fronte di una variazione media annua dell’1,6 per cento del valore aggiunto tra 2014 e 2024, la PTF ha contribuito per 0,7 punti percentuali (0,9 punti nel quinquennio che precede la crisi pandemica e 0,6 tra il 2019 e il 2024) (Figura 1.17).


diffusione della conoscenza: personale tecnico


Lo sviluppo della conoscenza e la sua diffusione nelle attività produttive non possono prescindere dalla disponibilità di capitale umano con formazione e competenze adeguate. Considerando l’aggregato delle Risorse Umane in Scienza e Tecnologia (RUST), qui definito come occupati con un titolo universitario e/o che lavorano come professionisti e tecnici, e in professioni in ambito scientifico e tecnologico, l’Italia è in una condizione di ritardo rispetto alle maggiori economie UE27 (Figura 1.23).


In Italia, l’incidenza delle RUST sul totale degli occupati (15-74 anni) sfiora il 40,0 per cento nel 2023, circa 10 punti percentuali in meno rispetto alle quote di Germania e Spagna e 17 nei confronti della Francia. Questo dato va associato sia al minore sviluppo delle attività che fanno un uso più intenso di RUST, sia alla minore presenza di dipendenti con queste caratteristiche (titolo di studio e/o inquadramento professionale) nelle singole attività. Con riferimento a questo secondo aspetto, l’Italia è ultima nella manifattura, mentre nei servizi a elevata intensità di conoscenza, pur mantenendo una posizione arretrata, le differenze con gli altri paesi sono molto più ridotte.

La disponibilità di RUST al suo interno comprende la presenza di personale dedicato alle attività di R&S, ed è strettamente connessa alla diffusione della digitalizzazione: elementi, questi, fondamentali per rendere più efficienti i processi produttivi e creare nuove opportunità di affari e di lavoro.

Nel 2023, in Italia la spesa in R&S delle imprese è intorno allo 0,8 per cento del Pil (era poco più di 0,9 nel 2019), valore nettamente più basso rispetto a Francia e Germania (l’1,4 e il 2,1 per cento rispettivamente) e simile alla Spagna. La Germania si conferma il paese più innovativo anche in termini di brevetti depositati: 3,0 ogni 10 mila abitanti nel 2023, contro 1,5 della Francia, 0,9 dell’Italia e 0,4 della Spagna (Figura 1.24, sinistra).

Se prendiamo, inoltre, in considerazione alcuni indicatori chiave della digitalizzazione – l’uso di servizi di cloud computing, la diffusione della fatturazione elettronica e dei software gestionali (Enterprise Resource Planning - ERP), l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (IA) nelle imprese con almeno 10 addetti – l’Italia presenta un quadro di luci e ombre (Figura 1.24, destra).





incidenza della digitalizzazione


A confronto con le altre maggiori economie dell’UE27 sono relativamente più diffusi l’uso dei servizi di cloud computing (circa il 60 per cento delle imprese, nel 2023) e la fatturazione elettronica, ormai universale in Italia. L’uso del cloud è stato favorito da incentivi pubblici con una forte adesione da parte delle piccole e medie imprese (PMI), e la diffusione della fatturazione soddisfa un obbligo normativo specifico: si tratta, in entrambi i casi, di interventi di successo da parte della politica, ma che non richiedono un investimento aggiuntivo in competenze. La diffusione dei software gestionali (ERP), ormai un fatto acquisito nelle imprese più strutturate, è analoga nei paesi considerati, ovunque con progressi modesti nel tempo. Emerge, per contro, un deficit crescente nella diffusione dell’IA nei processi produttivi anche nel caso delle imprese di dimensioni maggiori, per l’utilizzo della quale è più rilevante la dotazione di capitale umano, e che nell’ultimo biennio è aumentata con grande rapidità. In associazione con la minore diffusione dell’IA, si osserva che molto meno diffuso è pure l’impiego diretto di specialisti in ICT all’interno delle imprese; a mitigare questo quadro, la quota di imprese che offre formazione ICT ai dipendenti è in linea con le altre maggiori economie …

Questi dati e gli altri indicatori chiave di digitalizzazione si riflettono in una quota di imprese con un indice composito di intensità digitale elevato o molto elevato in leggera riduzione tra 2022 e 2024, mentre nelle altre tre economie è in crescita, anche se in Italia resta più elevata rispetto alla Francia.

Il ritardo digitale, tecnologico e di conoscenza che caratterizza le imprese italiane sconta le caratteristiche del tessuto produttivo e, in particolare, la prevalenza di imprese con dimensione media molto contenuta, la cui internazionalizzazione è trainata da quelle più grandi.



APPROFONDIMENTO SULLE PRESSIONI AMBIENTALI


Con riferimento a numerosi articoli su UTOPIA21, di Fulvio Fagiani 5,6,7, ed al mio articolo dello scorso settembre sui “flussi di materia” 8, il Rapporto Istat 2025 raccoglie ed espone dati significativi sulla lenta ma positiva evoluzione degli assetti socioeconomici italiani ed europei nella direzione della fuoriuscita dalle energie fossili e verso l’auspicata “economia circolare”. Anche se sappiamo che i traguardi restano lontani.

 

introduzione


La riduzione degli impatti negativi sull’ambiente naturale e sul clima esercitati dalle attività antropiche rimanda a cambiamenti nei modelli di consumo e di produzione, con un utilizzo meno intensivo di risorse naturali non rinnovabili. Confrontando il 2023 con il 2008, a fronte di una leggera crescita del Pil, in Italia si è avuta una riduzione del 23,1 per cento dei Consumi di energia delle unità residenti, del 32,0 per cento delle emissioni climalteranti e del 40 per cento circa del Consumo materiale interno. Tra il 2005 e il 2024 l’Italia ha triplicato la produzione da fonti rinnovabili, fino a circa 130 TWh, ma resta ancora indietro rispetto ai quasi 380 in Germania, e agli oltre 160 in Spagna e 150 in Francia dove, però, il nucleare – considerato energia pulita – concorre rispettivamente per ulteriori 55 e 380 TWh circa.


Nel dibattito sul rapporto tra economia e ambiente, l’evoluzione positiva della relazione tra risultati dell’economia e pressioni ambientali è nota come “disaccoppiamento” (decoupling). Il disaccoppiamento può essere relativo, se denota un rallentamento delle pressioni ambientali rispetto alla crescita economica, o assoluto, se le pressioni si riducono a fronte di una crescita del Pil.

Confrontando il 2023 (ultimo anno per il quale sono disponibili queste informazioni) con il 2008, in Italia il livello del Pil è cresciuto dell’1,4 per cento, ma nello stesso periodo si sono ridotti del 23,1 per cento il Consumo di energia delle unità residenti (Net Domestic Energy Use - NDEU …), di oltre il 32 per cento le Emissioni climalteranti (cosiddetti gas a effetto serra), e di circa il 40 per cento il Consumo materiale interno (Domestic Material Consumption - DMC …) (Figura 1.32, sinistra).

Nel 2023 il disaccoppiamento per i flussi diretti dell’Italia risulta assoluto perché, rispetto all’anno precedente, a fronte di una crescita sia pure modesta del Pil (lo 0,7 per cento) sono diminuiti gli indicatori fisici di Consumo di energia delle unità residenti (-4,5 per cento), Emissioni di gas climalteranti (-5,3 per cento) e Consumo materiale interno (-6,4 per cento).


“Le tre dimensioni del consumo di energia, delle emissioni e del consumo di materiale, anche se al lordo dell’impatto ambientale prodotto indirettamente in altri paesi tramite le produzioni importate …, hanno come fattore comune un miglioramento dell’efficienza energetica e ambientale di produzione e consumi, ma possono rispecchiare anche aspetti di natura congiunturale.”


emissioni di gas climalteranti


Le emissioni di gas climalteranti sono diminuite in misura analoga in Spagna e Francia (5,5 e 5,6 per cento) e maggiore in Germania (il 9,3 per cento, complice il calo di quasi il 5 per cento della produzione industriale); tutti e quattro i paesi nel 2023 presentano un’intensità di emissione sul Pil al di sotto della media europea: la Francia, in particolare, ha il valore più basso, anche grazie all’uso prevalente della fonte nucleare (Figura 1.32, destra).



….. sul calo del Consumo di energia delle unità residenti nel 2023 hanno inciso soprattutto la riduzione dell’impiego di gas naturale e carbone nella produzione di elettricità, il minor consumo (e produzione) da parte delle industrie energivore e il minor ricorso al riscaldamento, anche grazie al clima particolarmente mite specialmente nei primi mesi dell’anno e all’incremento dell’efficienza energetica del settore civile (anche per gli interventi di riqualificazione energetica sostenuti dal Superbonus e da altre forme di incentivazione). Nel settore dei Servizi, invece, i consumi energetici sono aumentati del 6,4 per cento, trainati dai trasporti (Figura 1.33, sinistra).

La riduzione nel 2023 del 5,3 per cento delle emissioni di gas climalteranti nell’atmosfera è riconducibile a fenomeni della stessa natura. Essa origina principalmente dall’industria della Fornitura di energia elettrica, gas vapore e aria condizionata, che ha immesso in aria il 22,2 per cento in meno di gas climalteranti rispetto al 2022. Tale risultato è stato generato dalla contrazione sia della produzione complessiva di elettricità (-6,9 per cento), sia dell’uso in tale produzione di combustibili fossili (in particolare gas naturale e carbone), grazie al maggiore ricorso a fonti rinnovabili. Al contrario, nel 2022 si era registrato un innalzamento delle emissioni climalteranti per effetto del cambiamento del mix energetico utilizzato nella produzione di energia elettrica in risposta alla crisi energetica e alla siccità record nel corso dell’anno, che era andato in favore dell’impiego di prodotti energetici a maggiore intensità di carbonio. Al risultato del 2023 hanno contribuito anche la riduzione delle emissioni delle industrie manifatturiere e del riscaldamento domestico, mentre, al contrario, sono cresciute le emissioni nel comparto dei Trasporti (+9,1 per cento) (Figura 1.33, destra).



Grazie a un migliore mix di fonti, l’intensità di emissione di CO2 dei consumi energetici – ovvero il rapporto tra emissioni e Consumo di energia delle unità residenti a fini energetici – nel 2023 si è ridotta del 2,4 per cento rispetto al 2022 (dopo essere cresciuta del 2,0 nel 2021 e del 2,7 per cento nel 2022) e dell’1,5 per cento rispetto al 2019.


flussi di materia


Per quanto riguarda i flussi di materia, le stime preliminari per l’Italia relative al 2023 evidenziano una riduzione del Consumo materiale interno. Tuttavia, questo dato va confrontato con la crescita negli ultimi anni dei flussi netti dall’estero e, quindi, dei flussi indotti a livello globale e delle corrispondenti pressioni sulla natura.

Nel complesso, questi dati suggeriscono una tendenza alla riduzione delle pressioni generate direttamente dall’economia dell’Italia e dei principali paesi europei. Per l’Italia, in particolare, le evidenze di breve periodo 2022-2023, seppur legate a fattori contingenti, si innestano su un andamento di lungo periodo complessivamente favorevole degli indicatori selezionati.








APPROFONDIMENTO SULLA NUZIALITA’


Nell’articolo sul Rapporto Istat 2024, avevo dato largo spazio alla questione del cosiddetto “Buco demografico”. Ora mi sembra opportuno riprodurre quasi integralmente il paragrafo 3.1.1. del Rapporto 2025, che analizza in prospettiva storica i dati relativi ai matrimoni, evidenziando il carattere radicale dei mutamenti avvenuti ed in atto nelle strutture familiari.


“I matrimoni, la nuzialità e le nuove forme familiari


Negli ultimi quaranta anni i matrimoni hanno registrato una progressiva e continua diminuzione, al netto di brevi oscillazioni dovute a fattori congiunturali. All’inizio degli anni Settanta del secolo scorso le nozze erano oltre 400 mila, alla fine degli anni Novanta erano scese a poco più di 280 mila. La crisi economica del 2008 ha accentuato il ritmo della diminuzione. Nel 2020 il numero dei matrimoni si è dimezzato, da oltre 180 mila del 2019, a 96,8 mila, per effetto delle misure di contenimento della pandemia da Covid-19, con molte celebrazioni rinviate agli anni successivi e altre mai recuperate. Nel 2023 i matrimoni sono stati 184.207, in diminuzione rispetto all’anno precedente (-2,6 per cento).


A influenzare il calo delle nozze è in primo luogo la riduzione delle generazioni più giovani dovuta alla denatalità persistente (cfr. par. 2.1.1 e 3.1.2); anche a parità della propensione a sposarsi, infatti, ciò comporta un inevitabile calo del numero assoluto di matrimoni. In secondo luogo, si osserva un cambiamento radicale nei comportamenti e nelle scelte familiari. Le unioni libere sono sempre più diffuse, sia come alternativa stabile al matrimonio, sia come fase iniziale che talvolta precede le nozze. Non è infrequente che i matrimoni vengano celebrati dopo anni di convivenza, anche in presenza di figli già nati. Il passaggio alla vita adulta segue, dunque, percorsi più diversificati rispetto al passato. Per gli uomini nati tra il 1982 e il 1986, la quota di quanti si sono sposati o sono andati a convivere è del tutto analoga (22 per cento circa per entrambe le scelte), ma molto diversa da quanto riscontrato in passato (per i nati nel 1957-1961 sei su dieci hanno lasciato la famiglia di origine per sposarsi e il 5,0 per cento per andare a convivere). Per le donne il matrimonio era e resta la motivazione prevalente di uscita dalla famiglia di origine, ma si dimezza dall’82,8 per cento della generazione 1957-1961 al 40,4 per cento della generazione 1982-1986, mentre crescono le unioni libere nelle coorti più recenti (dal 3,6 al 26,1 per cento delle corrispondenti generazioni) ….

La diminuzione della propensione al matrimonio è confermata dal calo dei tassi di primo-nuzialità. A partire dalla generazione del 1970, le curve mostrano un progressivo abbassamento dei livelli e un marcato posticipo delle prime nozze (Figura 3.1). Tuttavia, questo slittamento non è compensato da un recupero nelle età successive, determinando un numero crescente di primi matrimoni mancati. 



Nelle generazioni più giovani, la tendenza è ancora più evidente. L’evoluzione appena descritta può essere efficacemente narrata mettendo a confronto tre generazioni: le figlie, le attuali quarantenni (nate nel 1983), le loro madri (nate in media nel 1958) e le loro nonne (nate in media nel 1933). Per le donne nate nel 1933 il tasso di primo-nuzialità realizzato entro i 40 anni è stato pari a 879 matrimoni per mille donne, 870 per le nate nel 1958, mentre è crollato a 578 per le loro figlie (nate nel 1983); quest’ultimo valore è inferiore a quello che la ipotetica generazione delle madri aveva raggiunto già entro l’età di 25 anni (647). Nel Centro-nord il divario generazionale è ancora più marcato: il tasso di primo-nuzialità cumulato a 40 anni passa, nel Nord, da 856 per le nate nel 1933 a 477 per le nate nel 1983 e da 902 a 507 nel Centro.


Nel Mezzogiorno la flessione è meno accentuata: si passa da 890 della generazione del 1933 a 712 per la generazione del 1983 e i livelli sono decisamente più alti rispetto al resto del Paese … (Figura 3.2).






Passando dalle ipotetiche nonne alle ipotetiche madri delle attuali quarantenni si completa la prima transizione demografica, mentre nel passaggio dalle madri alle figlie si realizzano le


Nel nostro Paese è possibile individuare due tappe principali nell’ambito del processo della seconda transizione. La prima va, orientativamente, dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso alla metà degli anni Novanta. Gli anni Settanta si aprono all’insegna della legge n. 898/1970 sul divorzio e si concludono con l’approvazione della legge n. 194/1978 sull’aborto ... 

Nel 1975 viene approvato il nuovo diritto di famiglia e tra le modifiche sostanziali apportate vi sono: l’innalzamento a 18 anni dell’età minima per contrarre il matrimonio, il passaggio dalla potestà del marito sui figli alla potestà condivisa dei coniugi, l’eguaglianza tra coniugi, un nuovo regime patrimoniale della famiglia (separazione dei beni o comunione legale/convenzionale), la revisione delle norme sulla separazione.

Parallelamente si verifica uno straordinario incremento dell’istruzione femminile. Peraltro, il tempo necessario al completamento degli studi è uno dei principali fattori di posticipo tanto della nuzialità quanto delle nascite: una maggiore propensione allo studio contribuisce a procrastinare la decisione di formare una famiglia e di procreare. È, infatti, il calo della nuzialità e della fecondità, per effetto anche della posticipazione, il tratto distintivo della seconda tappa della seconda transizione demografica ….

La portata di queste trasformazioni si può efficacemente apprezzare confrontando i principali indicatori di nuzialità negli anni di calendario in cui le tre generazioni di donne compivano 40 anni (cioè rispettivamente negli anni 1973, 1998 e 2023), una età importante in cui generalmente sono già maturate le principali scelte in termini di formazione e discendenza familiare (Tavola 3.1).




Nel 1973, anno in cui la generazione delle ipotetiche nonne raggiunge i 40 anni, sono stati registrati 418,3 mila matrimoni, di cui il 95,9 per cento costituito da primi matrimoni celebrati con rito religioso; l’età media al primo matrimonio era pari a 27,2 anni per gli uomini e a 24,0 per le donne. I tassi di primo-nuzialità totali, distinti per sesso, sono una misura trasversale attraverso la quale si può valutare quanti primi matrimoni siano attesi da un’ipotetica generazione di 1.000 individui.

Sono superiori a 1.000, come avviene nel 1973, per un effetto congiunturale imputabile all’aumento della proporzione di nozze in giovane età, che incrementano il valore complessivo dell’indicatore.

I profondi cambiamenti legislativi degli anni Settanta hanno dato impulso nei decenni successivi al consolidarsi e all’emergere di nuovi comportamenti familiari: tra questi, in primo luogo, la rilevante riduzione dei primi matrimoni, ma anche l’emergere dei divorzi e dei matrimoni successivi. Nel 1998, quando la generazione delle ipotetiche madri raggiunge i 40 anni, i matrimoni sono già scesi a 280 mila, in particolare per il crollo delle prime nozze con tassi quasi dimezzati rispetto al 1973 (581 e 622 primi matrimoni rispettivamente per mille uomini e mille donne). L’età media al primo matrimonio, in rapida crescita, arriva nel 1998 a 30,2 e a 27,2 anni, rispettivamente per uomini e donne. I secondi matrimoni (o di ordine successivo) al contrario crescono fino all’8,7 per cento del totale delle celebrazioni. Aumenta rapidamente anche la quota di matrimoni civili, più di uno su cinque nel 1998. Nel 2023 sono state celebrate in Italia poco più di 184 mila nozze, di cui con il rito civile 58,9 per cento. Il rito civile è chiaramente più diffuso nelle seconde nozze (95,0 per cento), essendo spesso una scelta obbligata, ma va diffondendosi sempre di più anche tra i primi matrimoni (47,5 per cento nel 2023). Anche la scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni (74,3 per cento) si conferma in crescita rispetto al passato (47,1 per cento nel 1998).

Si osserva un progressivo avvicinamento del modello nuziale femminile a quello maschile, in particolare per quanto riguarda l’età al matrimonio. Questa tendenza riconducibile anche all’aumento del livello di istruzione tra le donne che, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, ha contribuito ad accelerare la posticipazione delle nozze. L’evoluzione è evidente anche nella composizione dei matrimoni per titolo di studio. Nel 2023, il 45,9 per cento delle unioni coniugali coinvolge almeno uno sposo con un titolo di studio elevato, per l’innalzamento generale del livello di istruzione, a fronte del 5,8 per cento nel 1973 …. Ancora più marcato è l’aumento dei matrimoni in cui entrambi i coniugi possiedono un titolo elevato: si passa dall’1,5 per cento nel 1973 al 17,7 per cento nel 2023 (Tavola 3.1).

Per le donne anche il lavoro diventa una componente importante, che influisce sui percorsi di vita e sulle scelte riproduttive. Il numero di donne che al momento del matrimonio sono in condizione non professionale diminuisce in modo significativo rispetto al passato: il peso percentuale delle casalinghe si riduce dal 21,6 del 1998 al 4,1 per cento del 2023.

Dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso emergono con chiarezza anche i comportamenti familiari tipici della seconda transizione demografica. Crescono le nuove forme familiari all’interno delle quali si annoverano i single non vedovi, i monogenitori non vedovi, le coppie non coniugate e le famiglie ricostituite.

Tra le forme familiari in espansione rientrano anche le unioni libere (oltre 1 milione e 700 mila) e le famiglie ricostituite coniugate (840 mila in media nel 2023-2024), che insieme rappresentano quasi una famiglia su dieci …. Le unioni libere sono ormai diffuse tra celibi e nubili, che rappresentano circa due terzi dei casi, come alternativa o fase precedente al matrimonio; circa un quinto è rappresentato da nuove unioni per separati e divorziati, mentre le unioni libere con almeno un vedovo sono meno frequenti.

La diffusione di unioni libere e ricostituite coniugate è più marcata nel Centro-nord e nelle aree urbane, dove rappresentano un quinto delle coppie, rispetto a poco più del 10 per cento nel Mezzogiorno. Tra le coppie in unione libera l’assenza di figli è leggermente più frequente (42,2 per cento) rispetto a quelle coniugate in prime nozze e in costanza di unione (40,7 per cento), anche per effetto dell’età più giovane e del rinvio della genitorialità.

Tuttavia, si registra una crescita costante delle nascite fuori dal matrimonio tra coppie mai coniugate, anche al secondo figlio. Questo suggerisce l’emergere di un nuovo modello familiare, orientato alla genitorialità indipendentemente dal vincolo matrimoniale, spinto sia da ragioni economiche sia da un cambiamento nei valori sociali.”



I SALUTI ISTITUZIONALI


Nella registrazione della Relazione del Presidente dell’Istat Chelli in una sala di Montecitorio 9, mi ha colpito il linguaggio dell’ onorevole Paolo Trancassini (Fratelli d’Italia), in rappresentanza della Camera dei Deputati, non dissimile da quello utilizzato l’anno precedente dalla Vice-Presidente Anna Ascani (Partito Democratico) e consono ai contenuti inclusivi e di attenzione a diversità e disuguaglianze che caratterizzano le ricerche e i testi dell’Istat.

Non so se dolermi per l’incoerenza tra tali parole diplomatiche e l’azione politica della maggioranza di centro-destra oppure rallegrarmi per l’incoerenza tra tali parole diplomatiche e gli espliciti contenuti anti-inclusivi del riferimento mondiale delle destre, l'amministrazione Trump.




aldovecchi@hotmail.it

Fonti:

  1. ISTAT – RAPPORTO ANNUALE 2025 -  https://www.istat.it/produzione-editoriale/rapporto-annuale-2025-la-situazione-del-paese-il-volume/

  2. Aldo Vecchi - DAL RAPPORTO ISTAT 2024 - su UTOPIA21, luglio 2024 - 

https://drive.google.com/file/d/1eGDNHyObg9bQol5qyMrGH-MdZRtRSrna/view?usp=sharing

    1. Aldo Vecchi – DISUGUAGLIANZE IN ITALIA. CRONICHE? - su UTOPIA21, maggio 2025 - https://drive.google.com/file/d/1hVxfLlZRUYQL8qH40XoqxtUtalvE3ZTx/view?usp=drive_link.

    2. Alessandro Penati - L’ITALIA È CONDANNATA ALLA CRESCITA “ZERO VIRGOLA” DALLA SUA CLASSE DIRIGENTE—   - su “Domani”, 8 giugno 2025 - https://www.editorialedomani.it/economia/litalia-e-condannata-alla-crescita-zero-virgola-dalla-sua-classe-dirigente-iiwajcvn

    3. Fulvio Fagiani – I RISCHI CLIMATICI CHE MINACCIANO L’EUROPA – Pubblicato su UTOPIA21 di maggio 2024 - https://drive.google.com/file/d/1KHfcw_JNgRx54sKBf7PpBl0DUq3ROhB1/view?usp=drive_link.

    4. Fulvio Fagiani – Fulvio Fagiani – IL PIANO NAZIONALE INTEGRATO ENERGIA E CLIMA: L’ITALIA VUOL TORNARE A CANDELE E CALESSE? – Pubblicato su UTOPIA21 di settembre 2024 - https://drive.google.com/file/d/1PyIKNI7jItE1fp6E_maOVhxylXdb99FS/view?usp=drive_link.

    5. Fulvio Fagiani -Fulvio Fagiani – QUALCHE BUONA NOTIZIA DALLE RINNOVABILI E DALL’EIROPA – Pubblicato su UTOPIA21 di gennaio 2025 - https://drive.google.com/file/d/1E_zcz5X690wG9aY7DkHZvjz3ydaCWbgo/view?usp=drive_link.

  1. Aldo Vecchi - ISTAT: FLUSSI DI MATERIA ED ECOSISTEMI - su UTOPIA21, settembre 2024 - https://drive.google.com/file/d/1z6gwdttZKdb0ddnQAT7K1ImlDC0ropp1/view?usp=drive_link

  2. ISTAT – RAPPORTO ANNUALE 2025: PRESENTAZIONE AL PARLAMENTO

https://www.youtube.com/watch?v=sSSKWIioi7c





APPENDICE I: CAPITOLO 3 “Una società per tutte le età” 

INTRODUZIONE  E PRINCIPALI RISULTATI


L’aumento straordinario della sopravvivenza ha trasformato radicalmente la struttura della popolazione italiana, dando origine a una società in cui oggi convivono insieme più a lungo diverse generazioni. I loro percorsi di vita hanno contribuito a ridefinire il contesto demografico, sociale ed economico del Paese. Osservarne l’evoluzione della struttura e dei comportamenti significa cogliere i cambiamenti in atto, ma anche programmare in modo più efficace gli interventi necessari per gestire meglio le possibili traiettorie e criticità future.

Per comprendere le esigenze di una popolazione che invecchia, ma che, al contempo, chiede nuove opportunità, è indispensabile adottare il punto di vista generazionale, analizzando i cambiamenti dei percorsi di vita. L’allungamento della vita in buona salute e il maggiore livello di istruzione hanno ampliato gli orizzonti delle generazioni, ma anche introdotto nuove sfide e divari: vivere a lungo non è uguale ovunque, né per tutti. Se da un lato aumentano gli anni vissuti in autonomia, dall’altro persistono forti divari territoriali e socioeconomici.

È attraverso l’approfondimento delle dimensioni territoriali che tali dinamiche possono essere comprese nella loro complessità e nelle implicazioni per il benessere collettivo. Gli squilibri tra generazioni nei territori evidenziano le specificità locali, in termini sia di tendenze demografiche sia di fattori come la tipologia familiare, che possono influenzare il potenziale supporto sociale, specie quello informale, e la capacità della società di far fronte alle sfide poste dall’invecchiamento.

Le analisi per generazione confermano un cambiamento profondo nel modo in cui si entra nella vita adulta. L’uscita dalla famiglia avviene sempre più spesso attraverso la convivenza informale, mentre il matrimonio e la genitorialità sono rimandati, o talvolta evitati del tutto. La nuzialità mostra una tendenza alla diminuzione e alla posticipazione, con una crescente diffusione di unioni libere e famiglie ricostituite. Il calo della fecondità, il più marcato degli ultimi decenni, e la crescente instabilità coniugale completano il quadro di una transizione demografica in cui i legami familiari si diversificano e si ridefiniscono nel tempo.

Appare evidente come il nostro Paese sia connotato da un modello di fecondità bassa e tardiva da molte generazioni. Alla fine della loro storia riproduttiva, le donne nate all’inizio degli anni Trenta del secolo scorso avevano avuto in media circa due figli per donna, se residenti nel Nord e nel Centro, mentre quasi tre nel Mezzogiorno. A partire dalle nate negli anni Sessanta si nota un processo di progressiva convergenza, al di sotto dei due figli per donna, in tutte le ripartizioni. Nel Nord già la generazione del 1933 era al di sotto dei due figli per donna, nel Centro quella del 1939; nel Mezzogiorno, invece, bisogna arrivare fino alla generazione del 1961.

Ma il dato di rilievo è che nel passaggio dall’ipotetica generazione di madri nate nel 1958 a quella delle loro ipotetiche figlie nate nel 1983, che hanno superato oggi i 40 anni, raddoppia la quota di donne senza figli (dal 13 per cento al valore stimato del 26 per cento), con un picco di circa tre donne su dieci nel Mezzogiorno. Parallelamente si riscontra un’accentuata posticipazione dell’età alla nascita del primo figlio, che aumenta il rischio di avere un numero di figli inferiore alle attese o di non averne affatto.

Differenze rilevanti tra le generazioni si apprezzano quando si considerano gli stili di vita. A partire dai nati degli anni Cinquanta, si osservano miglioramenti continui nei comportamenti legati alla salute: calano i fumatori e cresce l’attenzione alla pratica sportiva. Accanto a questi segnali positivi, emergono tuttavia nuove criticità: aumentano i casi di sovrappeso e di obesità già dall’infanzia, si diffondono nuove forme di fumo (sigarette elettroniche, prodotti a tabacco riscaldato), e tra i più giovani preoccupano i fenomeni di ubriacature dovute soprattutto al consumo di superalcolici.

Si è spostata in avanti anche l’età in cui si diventa anziani: i 75enni di oggi possono contare di vivere in media lo stesso numero di anni dei 64enni degli anni Cinquanta. Ma questi progressi non sono uniformi: restano marcati i divari legati al territorio, al genere, alla condizione socioeconomica.

È soprattutto nei territori più fragili, come le Aree Interne, che l’invecchiamento si intreccia con lo spopolamento, la bassa fecondità, l’emigrazione giovanile e la ridotta attrattività per i flussi migratori dall’estero. In questi contesti, la presenza di anziani soli è più frequente e rischia di rendere ancora più fragile che altrove la rete di supporto informale (famiglia, amici, vicinato) su cui contare.

Un elemento cruciale che segna le nuove generazioni di anziani è l’aumento del capitale umano: oggi più istruiti rispetto al passato, i nuovi anziani vivono mediamente meglio, attivi più a lungo e con maggiori risorse culturali. Tuttavia, anche su questo fronte emergono disuguaglianze, con le Aree Interne che presentano una minore quota di popolazione con titoli medio-alti rispetto ai Centri. Questo svantaggio si riflette, più in generale, sul benessere individuale.



APPENDICE II - CAPITOLO 4 “Sistema economico e generazioni",

INTRODUZIONE E PRINCIPALI RISULTATI


A due anni dall’uscita dalla crisi sanitaria il nostro Paese ha superato i livelli di attività pre-pandemici, realizzando un costante ampliamento dell’occupazione e, nell’ultimo anno, un parziale recupero dei salari reali. D’altra parte, dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso l’economia italiana presenta un rallentamento del ritmo di crescita, che si è aggravato dall’inizio del secolo corrente in cui si è indebolito anche l’andamento della produttività.

Questi fattori hanno prodotto effetti negativi sulla dinamica dei redditi e, più in generale, sulle prospettive di realizzazione personale e di benessere economico. Il rallentamento della crescita contraddistingue gran parte dei paesi che hanno raggiunto una fase matura di sviluppo economico e attraversano una fase di declino demografico. Tuttavia, in Italia l’intensità e l’interazione di questi fenomeni hanno prodotto effetti assai più marcati sull’economia e nella società.

In questo Capitolo i vincoli e le opportunità economico-professionali degli individui nel corso degli ultimi decenni, al loro ingresso e durante la permanenza nel mercato del lavoro, sono considerati secondo una prospettiva di confronto generazionale. Si approfondisce come i mutamenti occorsi – in particolare, la crescita dell’età media e del livello di istruzione della popolazione – si riflettano sulle sfide del futuro. L’analisi è realizzata, in gran parte, integrando a livello micro alcune tra le principali fonti statistiche e amministrative dell’Istat.

Le evidenze principali delle analisi svolte possono essere così riassunte.

Nel nuovo millennio, il ridotto tasso di crescita economica ha limitato in Italia, più che in altri paesi dell’UE27, le prospettive di maggiore benessere economico: dal 2000 al 2024, il Pil reale del nostro Paese è cresciuto meno del 10 per cento, mentre ha registrato incrementi intorno al 30 per cento in Germania e Francia, e superiori al 45 per cento in Spagna.

Nello stesso periodo, l’occupazione è cresciuta a un tasso più sostenuto (+16 per cento) e comparabile a Francia e Germania. Tuttavia, la crescita delle opportunità di occupazione è stata favorita dall’espansione delle attività dei servizi ad alta intensità di lavoro e bassa produttività e, poiché la produttività del lavoro è cresciuta anche negli altri settori meno che nelle altre principali economie europee, in Italia si è registrato un ristagno del Pil reale per ora lavorata e, di conseguenza, della dinamica salariale di medio-lungo periodo.

I cambiamenti strutturali in atto hanno incrementato il peso dell’occupazione più qualificata, anche se in misura inferiore rispetto alle altre maggiori economie europee. Negli anni più recenti è aumentata rapidamente anche la quota di occupati in professioni associate alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che rappresentano una componente strategica per la competitività e l’innovazione dell’intero sistema economico.

La diffusione dell’istruzione è stata la trasformazione più importante nel modificare le caratteristiche e le opportunità professionali delle diverse generazioni. Tra l’inizio degli anni Novanta del secolo scorso e il 2023, la quota di laureati tra i 25-34enni è salita dal 7 a oltre il 30 per cento, e fino al 37,1 per cento tra le donne, che in questa classe di età hanno raggiunto tassi di occupazione analoghi a quelli dei coetanei laureati.

Nel 2024, in termini reali il reddito da lavoro per occupato era inferiore del 7,2 per cento rispetto al 2004, con decrementi in tutte le classi di età. La maggiore partecipazione al mondo del lavoro ha comunque prodotto effetti positivi. La contrazione dei nuclei familiari, l’aumento dei componenti attivi sul mercato del lavoro e la maggiore diffusione della proprietà dell’abitazione hanno permesso di compensare pienamente la riduzione dei redditi individuali, con una crescita del 6,3 per cento del reddito familiare equivalente. Inoltre, se si considera il periodo 2011-2022 – prima della temporanea caduta del potere di acquisto dovuta al recente episiodo inflazionistico – la quota di adulti tra i 18 e i 65 anni che hanno percepito redditi da lavoro imponibili è aumentata in misura rilevante (dal 62,7 al 70,4 per cento), e si è avuta una crescita del 4,2 per cento del reddito mediano in termini reali.

Tra i fattori che contribuiscono maggiormente a incrementare le opportunità di lavoro e di crescita professionale, le analisi realizzate hanno confermato come più elevati livelli di istruzione forniscano ancora un premio in termini di maggiori salari e il territorio condizioni notevolmente le opportunità da cogliere, penalizzando alcune ripartizioni del Paese (Mezzogiorno) e specifiche aree in difficoltà localizzate anche nel Centro-nord (aree periferiche o in declino industriale).

In un contesto di prospettive limitate e condizionamenti territoriali e familiari, la capacità e le scelte individuali hanno continuato a fare la differenza. Considerando la popolazione dei circa 550 mila giovani nati nel 1992, appena maggiorenni nel 2011 e trentenni nel 2022, tra le famiglie a bassa istruzione oltre un terzo dei giovani non arriva al diploma secondario superiore, ma quasi un quinto ha completato un ciclo universitario.

La crescita dei livelli di istruzione e l’invecchiamento degli addetti hanno modificato le caratteristiche del capitale umano delle attività economiche in misura differenziata nel sistema produttivo. Tra il 2011 e il 2022, l’età media degli occupati è salita di 2,4 anni e il livello di istruzione di 0,7 anni di studio equivalenti per addetto. Il rischio del mancato ricambio generazionale è concentrato nelle unità economiche di dimensioni minori, in larga parte di autoimpiego del titolare o meno efficienti.

Inoltre, la dotazione di capitale umano qualificato sotto i 35 anni ha favorito il successo delle imprese nell’adozione delle tecnologie digitali, e influito positivamente sull’attività innovativa e sulla performance occupazionale e di crescita economica.