LA RIGENERAZIONE URBANA
SECONDO IL CENTRO-DESTRA
di Aldo Vecchi
Il disegno di legge all’esame del Senato non assicura l'azzeramento
del consumo di suolo e prevede ampliamenti volumetrici e sconti
fiscali ovunque si dichiari lo stato di degrado, senza considerare la
varietà delle situazioni urbane di congestione e di carenza di verde e
servizi: il tutto senza una pianificazione urbanistica di dettaglio
(proprio come nel ‘modello Milano’) e con modesti finanziamenti
pubblici. Tuttavia si riscontrano alcuni aspetti positivi: le finalità socio-
ambientali, il metodo della programmazione, l’attenzione per la
qualità progettuale.
Sommario:
- introduzione
- premessa sul consumo di suolo (e sugli eco-sistemi)
- aspetti positivi: finalita’ socio-ambientali, programmazione pluriennale,
attenzione alla qualita’
- i capisaldi (nocivi): incentivi e sconti predeterminati ‘a prescindere’ e carenza
di progettazione ‘urbana’; modesti i finanziamenti statali
INTRODUZIONE
In assenza di una iniziativa del Governo, il cui programma ha evidentemente altre priorità, il
Parlamento - e specificamente il Senato, anzi la Commissione senatoriale .... - procede
alquanto blandamente a discutere sull'argomento della Rigenerazione Urbana e, a partire
da otto diverse proposte di legge delle diverse forze politiche (già nelle precedenti
legislature), è arrivato da un testo unificato A, redatto per la maggioranza di Centro-Destra
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dal senatore Maurizio Gasparri e successivamente riformulato nello scorso agosto dal
senatore Roberto Rosso, sempre di Forza Italia: testo che commento nel presente articolo.
Il tema ha richiamato un qualche interesse, politico e mediatico, in connessione con la
meteora legislativa del provvedimento cosiddetto Salva-Milano, al momento congelato (che
ho trattato ampiamente su Utopia21 con Anna Maria Vailati nel numero di gennaio 2025 B),
e ciò potrebbe anche portare ad una improvvisa accelerazione del dibattito parlamentare
sul Disegno di Legge “Rigenerazione Urbana”, trasferendolo dalla Commissione all’Aula del
Senato.
PREMESSA SUL CONSUMO DI SUOLO (E SUGLI ECO-SISTEMI)
L’Italia non si è dotata di una legge nazionale per il risparmio del consumo di suolo, anche
se in diverse procedure formali mostra di aver preso atto della direttiva europea che tende
ad azzerare tale consumo entro il 2050 1,C. Il Disegno di Legge “Rigenerazione Urbana”,
che ha finalità congruenti con tale direttiva, ma centrate sui suoli già trasformati come urbani
e non su quelli inedificati da salvaguardare, assume “il contenimento del consumo di suolo”
come “principio fondamentale”, senza però esplicitare una definizione di “suolo
consumato”2
.
Tale carenza diviene problematica non solo per l'applicazione dello stesso Disegno di
Legge, laddove prescrive che il saldo del consumo di suolo sia pari a zero negli interventi
attuativi di Rigenerazione Urbana, ma anche alla luce delle notevoli discrepanze emerse
dalle diverse definizioni adottate dalle varie Regioni e Province Autonome, che in qualche
modo hanno tutte già legiferato in materia di consumo del suoloD: come ha invano
denunciato l’ISPRA, che per i suoi compiti istituzionali di monitoraggio ambientale, utilizza
una ulteriore definizione, questa coerente con la Direttiva Europea (vedi mio articolo su
Utopia21 di settembre 2025 E).
L’omaggio reso dal DdL “Rigenerazione Urbana” al contenimento del consumo di suolo non
esclude che - fuori dagli ambiti di degrado da rigenerare - i Comuni continuino a consentire
interventi in aree di espansione, soprattutto per quelli inferiori a 10.000 abitanti, che non
sono obbligati a occuparsi della Pianificazione finalizzata alla Rigenerazione Urbana: tant’è
che l’art. 12.2 del DdL, nel trattare della riformulazione regionale delle tariffe per gli oneri di
urbanizzazione, si premura di raccomandare “il criterio del maggiore favore per gli interventi
di demolizione e ricostruzione rispetto a quelli che determinano nuovo consumo di suolo”.
Inoltre la poco felice formulazione dell’art. 2.1.b, che include nella Rigenerazione gli
interventi “che determinino un saldo zero di consumo di suolo o di emissioni climalteranti” -
oltre a confondere gravemente gli obiettivi europei, che per le emissioni non puntano al
1
In particolare il PNIEC Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima, prevede addirittura di anticipare al
2030 l’obiettivo del ‘di suolo zero’.
2 E’ curioso rilevare che una definizione di suolo consumato era invece presente nella precedente stesura
“Gasparri”
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“saldo zero” bensì ad un abbattimento drastico (o quasi-drastico: in queste settimane si
discute se presentare alla COP di Belem un traguardo al 90% nel 2040 oppure un po’ di
meno) - apre concretamente a casi in cui un progetto di Rigenerazione Urbana sia virtuoso
in materia di emissioni climalteranti e perciò sia esentato dal ridurre a zero il saldo del
consumo di suolo.3
Su questo fronte segnalo anche:
che il “rispetto del bilancio degli eco-sistemi” tra prima e dopo gli interventi, nel caso specifico
delle “delocalizzazioni” era previsto nella versione Gasparri, ma è cancellato in quella finale;
- nella pur abbondante rassegna di obiettivi sociali ed ambientali manca l’attenzione
alla qualità dei suoli
- non compare la nozione di “ciclo di vita complessivo” di manufatti ed aree ai fini delle
valutazioni di sostenibilità degli interventi
- il concetto di "impronta ecologica” si affaccia ma con una formulazione francamente
poco comprensibile (e comunque poi non applicata nel dispositivo della norma):
“confronto tra le risorse naturali consumate dalle azioni e dalle attività svolte in un
determinato contesto urbano da rigenerare unitamente alla quantità di diossido di
carbonio (CO2) emessa e la quantità di terreno da destinare a verde necessaria per
assorbirla”, dove il terreno ‘compensativo’ è considerato solo per la CO2 e non per
l’insieme delle risorse da cui parte la definizione.
Nell’insieme la proposta di legge risulta assai lontana da quella presentata dal movimento
Salviamo il Paesaggio nel 2018 F
, che pure è tra le origini del percorso parlamentare
approdato al presente ‘testo unificato’.
ASPETTI POSITIVI: FINALITA’ SOCIO-AMBIENTALI, PROGRAMMAZIONE
PLURIENNALE, ATTENZIONE ALLA QUALITA’
Malgrado i miei fondati pregiudizi, ritengo doveroso dare atto che la proposta di legge
manifesta alcuni aspetti positivi4
:
- l’ampia declaratoria di “finalità e obiettivi”, di carattere socio-economico ed
ambientale (pur con i limiti specifici esemplificati sopra), che permane assai lontana
dalle sparate ideologiche “MAGA” che imperversano nelle Destre Mondiali, da Trump
in giù (e contaminano anche - a giorni alterni - i più alti vertici del Governo italiano ed
i meno alti loro sostenitori) contro la necessità della transizione ecologica e contro le
preoccupazioni di inclusione sociale; può essere che questa residua adesione di
3 Simile è la confusione sulla “invarianza idraulica”, che è principio valido per singoli interventi edilizi, chiamati
a non peggiorare le condizioni di dispersione e conferimento delle acque piovane, ma non per la
Rigenerazione, dalla quale è logico aspettarsi obiettivi più ambiziosi di depavimentazione e permeabilità, pure
menzionati dal Disegno di Legge, ma mischiati alla rinfusa con la suddetta “invarianza”
4 Trattandosi di un testo intermedio, che può essere riscritto meditatamente, risparmio la mie critiche puntuali
sulla qualità logico-formale, che mi sembra assai penosa: spesso la contraddittorietà dei testi legislativi è
dovuta alla frammentarietà e conclusione delle votazioni sugli emendamenti, ma ciò non dovrebbe verificarsi
nel caso di redazione di un "testo unificato”
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manifestazioni istituzionali del Centro-Destra (come il presente disegno di legge) ai
principi ed al linguaggio del welfare e del green deal europei sia una vuota litania, in
parte smentita dalle scelte operative dello stesso testo legislativo e ancor di più
smentita dall'insieme della prassi politica delle forze governative, ma devo
confessare che - di questi tempi - ho apprezzato leggere obiettivi come “migliorare la
qualità della vita delle persone e della vivibilità del territorio” "incremento della
biodiversità” “cintura verde” "contenimento delle isole di calore” “sostenibilità
ecologica” "riduzione delle disuguaglianze sociali” "partecipazione attiva dei cittadini”
“soddisfare la domanda abitativa debole, il fabbisogno strutturale di alloggi in affitto
a un costo sostenibile e la coesione sociale”
- uno sforzo - ormai inconsueto - di programmazione pluriennale (anche se 800 milioni
sono decisamente pochi5 e la durata è solo triennale), con il coinvolgimento di Stato,
Regioni 6
(e Province Autonome) e Comuni, però con il limite di escludere le Province
e le Città Metropolitane e di obbligare solo i comuni sopra i 10.000 abitanti, lasciando
alla pura discrezionalità l’eventuale coordinamento tra i comuni più piccoli, il che
significa rinunciare ad affrontare le tematiche di riequilibrio territoriale nella loro
concretezza. 7
- una certa attenzione agli aspetti qualitativi, non solo nelle enunciazioni di principio,
tra cui quella della necessaria “progettazione integrale” per prevenire barriere
architettoniche ed ogni altra discriminazione, ma anche nei dispositivi, come ad
esempio l’obbligo - non facile da attuare - di ricorrere ai concorsi di progettazione nel
conferimento degli incarichi esterni agli uffici comunali.
I CAPISALDI (NOCIVI): INCENTIVI E SCONTI PREDETERMINATI ‘A PRESCINDERE’ E
CARENZA DI PROGETTAZIONE ‘URBANA’; MODESTI I FINANZIAMENTI STATALI
Il nocciolo della proposta consiste in una serie di incentivi (aumento di 25-30% del volume
edilizio), sconti sulle aree da cedere ai Comuni per i servizi pubblici (“standard” limitati ai
maggiori volumi e dimezzati nelle zone centrali ovvero “A e B”, con ampia facoltà di
“monetizzazione”, alternativa alla cessione delle aree in loco), riduzioni degli oneri di
urbanizzazione (comunque solo sul maggior carico urbanistico; esenzione dal contributo
5 Ho provato ad attualizzare in Euro (a valore corrente 2025) le erogazioni del Piano Ina-Casa (‘Piano Fanfani’)
degli anni 50, e mi risulta un importo medio di 1 miliardo annuo, mentre per il programma pluriennale varato
nel 1978 mi risulta un importo medio annuo di 3 miliardi (salvo errori od omissioni): qui siamo invece a 266
milioni annui.
6 Lo Stato però impone alle Regioni di formulare analisi e priorità entro 3 mesi, riservandosi poi per la sintesi
nazionale 18 mesi (sui 36 di durata dei finanziamenti): forse perché la propria (inguaribile) lentezza.
7 Mentre proprio in questi giorni l’ISTAT ha reso nota la versione aggiornata della sua lettura geografica dei
fenomeni urbani (fondata sull’interpretazione delle densità abitative mediante una griglia geometrica europea
e sui dati del pendolarismo), che individua le seguenti classificazioni (in base a criteri internazionali): “Città o
Zone densamente popolate” Includono il 4% dei Comuni); “Piccole città e sobborghi o Zone a densità
intermedia di popolazione” (30% circa); “Zone rurali o Zone scarsamente popolate” (65% circa)..
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sulle plusvalenze immobiliari), agevolazioni fiscali (IMU, TARI, TOSAP, Registro,
deducibilità 50% dell’IVA da IRPEF per gli acquirenti), semplificazioni procedurali sulle
ricostruzioni, sui cambi di destinazione d’uso e sulle varianti urbanistiche.
Tali vantaggi per gli operatori, pubblici e soprattutto privati 8
, possono essere solo aumentati
e non diminuiti dalle Regioni e i Comuni devono applicarli in tutti gli ambiti dichiarati per
qualche verso come “degradati” (anche su iniziativa privata); progetti privati sono inoltre
ammessi, “nelle more” dell’approvazione dei Programmi Comunali oppure “in assenza di
programmazione comunale”.
A mio giudizio tale assetto complessivo - rigido e centralistico - è concettualmente aberrante
e concretamente assai pericoloso, perché si basa sull’assunto implicito sostanziale che le
aree urbane degradate abbiano bisogno solo di rinnovo edilizio/energetico/funzionale e
possano comunque sopportare aumenti consistenti del carico urbanistico, senza verifica
della sostenibilità delle densità edilizie e dei servizi urbani e tecnologici esistenti (infatti oneri
e standard nella proposta di legge sono commisurati solo ai volumi aggiuntivi); mentre nella
realtà le aree degradate spesso sono tali proprio perché troppo dense, prive di verde e spazi
pubblici, con strade e reti tecnologiche carenti o fatiscenti.
Pur dispiacendo ad Hegel, non mi sembra che nello stato attuale delle nostre città “tutto ciò
che è reale [sia anche] razionale”. Applicando ampliamenti indiscriminati del 25-30% si
rischia di non conseguire una "rigenerazione", bensì una conferma ed aggravamento dei
difetti accumulati dalle città.
I Programmi Comunali 9
, che NON sono Piani Urbanistici Particolareggiati (lo divengono
solo nei i casi di completa delocalizzazione per emergenze idrogeologiche), pur potendo
dettare qualcosa in materia di destinazioni d’uso, localizzazione di nuovi servizi e parametri
edilizi per eventuali “nuove costruzioni” (formulazione alquanto oscura, perché le
ricostruzioni e gli ampliamenti non sono considerate tali), nulla possono decidere sulle
suddette quantità volumetriche né sulla quantità di oneri e standard dovuti.
Tanto meno i Programmi Comunali possono entrare nel merito della progettazione
planivolumetrica dei volumi ampliati e/o ricostruiti, il che esclude il controllo pubblico anche
da parte dei cittadini (i Programmi non sono sottoposti a pubblicazione per osservazioni) sui
requisiti fondamentali della qualità urbana: anzichè rigenerare l’urbano si profila una
accozzaglia di singoli progetti edilizi privati, molto simile al “rito ambrosiano” in discussione
a proposito di Milano e della proposta di legge “Salva-Milano” (non mi dilungo in proposito
rinviando all’articolo sopra citato).
8
Il profilo genuflesso in favore degli interventi privati si riscontra anche nelle prestazioni qualitative richieste,
assai generiche e prive di soglie quantitative (sia relative sia assolute), e cioè “migliorare” l'efficienza
energetica, “favorire” il consolidamento antisismico, “migliorare” l’acustica ed infine abbattere le barriere
architettoniche, sì, ma solo “sulle parti comuni”, e non dentro le singole unità immobiliari.
9
I contenuti fondamentali dei Programmi sono la perimetrazione di:
- centri storici
- aree urbane, tra cui individuare le aree di degrado (in unica soluzione od anche a rate), anche su
proposta privata: le restanti aree esterne da qualificare come “cintura verde”;
per le aree di degrado i Programmi definiscono alcuni parametri edificatori e gli interventi pubblici, con i relativi
costi.
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Inoltre gran parte degli sconti sono previsti a spese delle casse comunali ed il vago concetto
di “rimborsi per minor gettito”, enunciato all’art. 10, risulta privo di coperture finanziarie a
carico dello stato.
Infine la selezione dei progetti da finanziare si profila come problematica (forse con troppi
margini per discrezionalità clientelari), dal momento che nel lungo e rispettabile elenco delle
condizioni per le candidature 10, per l’ammissibilità al vaglio programmatorio sarà sufficiente
rispettarne solo due (ad esempio prevedere una qualunque quantità di verde o di
parcheggi...).
aldovecchi@hotmail.it
Fonti:
A. https://www.senato.it/show-
doc?idoggetto=1423457&id=1428508&leg=19&tipodoc=Emendc
B. Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi - E’ COSI’ CHE SI SALVA MILANO? - su
UTOPIA21, gennaio 2025 https://drive.google.com/file/d/1-
mFBTsYEiA42q2V9GZ-FUCZGnJSVrKwE/view?usp=drive_link
C. Aldo Vecchi - LA STRATEGIA EUROPEA PER IL SUOLO - su UTOPIA21,
maggio 2022
https://drive.google.com/file/d/1PjBMBVMwCmUFfIBnUfOLI4fBBB5OtCMI/view?usp
=sharing
D. Aldo Vecchi - NON SI FERMA IL CONSUMO DI SUOLO - su UTOPIA21, gennaio
2024
10 Elenco completo delle “condizioni” per l’ammissibilità ai finanziamenti:
a - qualità progettuale in rapporto alla coesione sociale, al risparmio energetico, ecc.
b - adeguamento antisismico
c - verdi e parcheggi
d - standard di spazi pubblici (anche costruiti su più piani)
e - de-pavimentazione e riforestazione (per migliorare gli equilibri idrogeologici e per mitigare l’impatto visivo)
f - compartecipazione a quote di Edilizia Pubblica Residenziale/Sociale
g - “uso sociale dei luoghi”
h - “recupero e sviluppo del tessuto produttivo e commerciale compatibile con
l'insediamento e il riequilibrio insediativo”
i - “risoluzione delle opere pubbliche incompiute eventualmente ricadenti nell'area interessata
dall'intervento”
l - "progettazione universale” (convenzione di New York) ai fini del superamento delle barriere, non solo
architettoniche
m - “un consumo di suolo pari o inferiore al lotto originario, escluse le opere
infrastrutturali
www.universauser.it/utopia21
Utopia21 – novembre 2025 A.Vecchi: RIGENERAZIONE URBANA DI CENTRO-DESTRA 7
https://drive.google.com/file/d/1zOz4i3IekmCXguXLpc3mcoS_EhdvhAYY/view?usp
=drive_link
E. Aldo Vecchi – IL PIANO UTILE? - su UTOPIA21, settembre 2025
https://drive.google.com/file/d/1YJ2kWjEN-
PmV0Cchi6C99MyGng2SJ64H/view?usp=drive_link
F. Aldo Vecchi – IL CONSUMO DI SUOLO – Quaderno n° 3 di “UTOPIA21”, settembre
2018 https://universauser.it/i-quaderni/quaderno-3-il-consumo-di-suolo.html
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