Nei giorni scorsi sull’Unità si è svolto un interessante
dibattito sul futuro del PD e dintorni.
Più che un “dibattito”, però, è sembrato un “battito “, un
libero battimento di ali di farfalle, senza
risposte reciproche, senza autorevoli tentativi di sintesi, senza
apparente rapporto con la preparazione dell’assemblea nazionale del PD (che
sembra invece limitata ad una contrattazione tra correnti per farsi meno male
possibile, evitare votazioni “palesi” e trovare una sorta di “prestanome”,
meglio se anziano o malato, che sostituisca Bersani fino al congresso, senza
ipotecarne la definitiva successione).
E’ da tempo, per altro
e un po’ ovunque, che non si usa più molto confrontarsi a fondo sulle
argomentazioni, limitandosi, verso il pensiero altrui, alla battuta da talk shaw,
allo sberleffo da twitter o all’allusione per iniziati, salvo poi proporre (per
quanto riguarda il PD, ma non solo) prodigiose sintesi in forma di ”cordata”
(es. Veltroni+Franceschini, oppure Bersani+Letta e un domani forse Barca+Renzi),
ma senza produrre mai alcun chiarimento serio sui contenuti.
Tornando all’Unità, i contributi più innovativi riguardavano
il Partito, il che in questo momento non so se mi interessa (a meno che il nuovo a sinistra sia Goffredo
Bettini), mentre mi sono sembrati comunque utili i richiami del vecchio Reichlin
e di Franco Cassano ad alcune verità sociali, già note, che però spesso si
trascurano.
Alfredo Reichlin segnala ancora una volta il tragico fraintendimento
indotto dai media nella individuazione
della casta come nemico, nascondendo il
conflitto tra le masse sfruttate e la finanza internazionale: punto di partenza
a mio avviso fondamentale, però monco da un lato del contestuale ragionamento
sui limiti delle risorse del pianeta e sul crescente divario tra ricchi e
poveri a a scala mondiale, anche quando aumenta il PIL (per cui non è
sufficiente cercare di agganciare la ripresa economica in atto fuori d’Europa)
e d’altro lato monco comunque – finora - sul conseguente “che fare?” : non
pensino bastino gi appelli alle responsabltà del PD come “partito nazionale” (tanto
meno ora).
Franco Cassano rammenta che anche alle ultime elezioni il
consenso verso il centro sinistra, restringendosi, si è polarizzato nelle aree sociali del
pubblico impiego, dei pensionati e delle persone con alto livello di istruzione,
mentre i lavoratori dipendenti privati sono rimasti egemonizzati dalla destra,
ed il movimento 5Stelle ha sfondato tra i lavoratori autonomi e gli elettori
più giovani; Cassano sollecita una svolta che vada oltre la difesa dei modesti
privilegi dei “garantiti”: concordo sperando che non si tratti nuovamente di togliere
quelle poche garanzie – tipo articolo 18 - ma di estenderle in termini nuovi ed
adeguati alla multiforme realtà del precariato.
L’analisi di Cassano conferma gli insediamenti sociali
tradizionali, ma non presta molta attenzione agli spostamenti delle ultime
elezioni, che PD e SEL anno inizialmente accreditato come “richiesta di cambiamento”: giudizio ambiguo,
perché è vero che il perimetro della destra si è ridotto (divenendo in compenso
ancor più “incattivito” in senso
berlusconiano), ma la protesta aggregata dal Movimento 5Stelle è interclassista
e non è risultata “democraticamente
spendibile” per le pesanti ipoteche del suo controllo centralizzato, che però è
organico a tale fenomeno.
A proposito di operai che votano a destra, mi hanno colpito
i recenti sondaggi sull’IMU, che rilevano come una gran parte degli elettori PdL ed
anche una consistente minoranza di elettori PD sarebbero convinti dalle parole
d’ordine di Berlusconi per la soppressione integrale della tassa sulla prima
casa, in nome anche di una ripresa del settore edilizio, che sarebbe frenato
proprio dall’IMU stessa: poiché quest’ultimo argomento è veramente risibile (si
può immaginare che una tassazione inferiore all’1% annuo influenzi investimenti
in case da affittare, ma non chi volesse investire per la propria abitazione),
ne emerge il disagio “assoluto” di molti elettori, anche con bassi redditi e modeste
case (sennò non potrebbero essere così tanti) nel pagare l‘IMU - forse perché
va sborsata “a freddo” - mentre gli stessi subiscono mensilmente trattenute di
importo uguale o superiore per l’IRPEF (per non parlare delle trattenute
previdenziali); per accumulare questa massa
di consensi non bastano gli evasori fiscali con belle case e dichiarazioni dei
redditi esigue.
Riemerge forse il furore ideologico che già colpì il
centrosinistra nel 1962, quando la maggioranza degli italiani viveva ancora in
affitto, ma venne violentemente e vittoriosamente agitato il fantasma “ci
espropriano la casa” contro la legge Sullo per le aree fabbricabili di
espansione urbana.
Se questi sono i fantasmi (la casa, la casa), come combatterli,
con quale strategia, con quale linguaggio? Ancora uniti attorno al PD o divisi in “centro” e “sinistra”?
Pregiudiziale mi sembra la rinuncia al finanziamento
pubblico ai partiti, non perché giusta in assoluto, ma perché necessaria in
questa fase, in cui il PD in particolare è percepito come perno della “casta” (ancor
più che dei ceti garantiti), perché gli altri politici spesso sono o sembrano per
lo meno “già ricchi da prima”.
Ed anche la capacità di usare la “rete” per ascoltare, e
rispondere, e non solo per diffondere bollettini elettorali.
Per il resto c’è molta rete da tessere.