La
telenovela dell’IMU (ora IUC?) non è ancora finita, ma grosso modo si
intuiscono i seguenti elementi:
-
nel
2014, rispetto al 2012, l’aliquota sulla prima casa sarà più bassa, ma più
basse saranno anche le detrazioni; pertanto i proprietari di case ricche (o
meglio “catastalmente ricche”) pagheranno sicuramente di meno, mentre i
proprietari di case “catastalmente medie o povere” probabilmente pagheranno di
più;
-
i
Comuni rischiano di incassare di meno, oppure di avere compensazioni trasferite
dallo Stato (alla faccia del fu-federalismo fiscale);
-
una
parte dell’imposta sulle case affittate sarà trasferita dai padroni di casa
agli inquilini, mentre le spese per gli affitti continuano a non essere
detraibili dai redditi soggetti ad IRPEF, nemmeno nella parte equivalente alla
detrazione ex-IMU in favore di chi abita in casa propria;
-
l’anno
sabbatico 2013, senza IMU sulla prima casa (o quasi), a costo di insostenibili
ed inconclusi contorcimenti legislativi e finanziari da parte di Governo e
Parlamento, si sta concludendo senza che si veda alcun risultato in termini di
rilancio dell’economia, nemmeno nel settore edilizio (come era facile prevedere: forse sarà più utile
fverifcare i possibili benefici effetti di una auspicabile stabilità normativa).
Un
bel cumulo di inefficienze ed iniquità (aspettando la riforma dei valori
catastali, la cui mancanza è alla base delle iniquità ulteriori, e che invece
sarebbe facile attuare anche in termini provvisori, applicando i valori stimati
dall’Osservatorio Immobiliare dell’Agenzia del Territorio alle superfici
effettive degli alloggi).
(Su IMU ed
equità mi permetto di richiamare le mie precedenti note, che mi sento di
confermare).
Nel
frattempo, sulla scorta di un saggia decisione del periodo Monti, che ha
esplicitato l’obbligo di trascrizione nei registri immobiliari dei “diritti
edificatori” separati dalla proprietà originaria dei suoli nei processi di
“perequazione” immobiliare attuativi dei Piani urbanistici (fugando le
fantasiose aspettative “alla lombarda” di un mero ricorso ai registri comunali
e/o ad ambiziose borse-valori del metro-cubo), la Commissione Tributaria
di Novara ha emesso il 14-11-2013 una
sentenza che giudica corretto applicare su tali “diritti edificatori” l’imposta
di registro nella misura ridotta del 3% anziché dell’8%.Al di là delle sottili
motivazioni giuridico-fiscali, mi sembra un negativo paradosso, come dimostra
il seguente esempio:
-
dal
terreno A con edificabilità complessiva 10.000 metri cubi vengono scorporati
diritti per 5.000 mc, oggetto di una transazione dal sig. X al sig. Y, tassata
al 3%;
-
in
una seconda fase il restante terreno A viene ceduto, poniamo sempre da X a Y,
con la residua volumetria di altri 5.000 mc, tassati invece all’8%;
-
nel
frattempo il terreno B, con eguale edificabilità di 10.000 mc viene
compravenduto, poniamo dal sig. X al sig. Z in unica soluzione, con tassazione
all’8%;
-
pare
evidente che il sig. Y è potentemente avvantaggiato rispetto al sig. Z.
L’occasione
mi rimanda a considerare la mancanza di logica e di finalità sociali del
sistema di imposizione sulle transazioni immobiliari, che preleva costantemente
dai patrimoni con l’imposta tassa di registro (più ammennicoli di imposte
catastali e ipotecarie) su tutti i trasferimenti onerosi di terreni e case
usate, frenando la “mobilità degli immobili”, ma anche il trasferimento di
residenza, mentre preleva solo in parte e capricciosamente gli incrementi dei
valori degli immobili, ove si annidano e sviluppano le rendite generate dai
“beni pubblici” che costituiscono la realtà complessa dell’urbanizzazione.
(Ribadisco la
mia nostalgia per l’INVIM - Imposta sugli incrementi di valore degli immobili
-, in vigore qualche decennio addietro).
Il
tema, presente nelle riflessioni degli specialisti, a partire dalle riviste
dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (purtroppo
il bel saggio di Roberto Camagni in “Le città sostenibili”, a cura di Domenico
Cecchini e Giordana Castelli, Cangemi editore - 2013, è limitato alle
imposizioni sulle trasformazioni urbane e trascura i prelievi ordinari sulle
transazioni), ma è sostanzialmente assente dalla scena politica.
(Troppo
complesso per i grandi semplificatori alla Matteo Renzi?).
PERVENUTO VIA E-MAIL
RispondiEliminaMi é capitato molto spesso di rimpiangere alcune saggezze antiche come la cultura contadina, le favole e perché no anche un superclassico come come il Manzoni. A lui credo si debba l'invenzione del termine Azzeccagarbugli. Ritengo che la figura dell'Azzeccagarbugli sia una delle maggiori manifestazioni di antidemocraticità che possa esprimere il Potere che si avvale di questo "finto" mediatore per ribadire, cercando di nasconderla, la propria arroganza cosi' instaurando una rete di complicità in cui ll'uno alimenta l'altro.
Le inutili complicazioni, che a volte si mascherano sotto il mantello della parola tecnicismo, servono soltanto a nascondere politiche che altrimenti risulterebbero difficilmente accettabili per ottenere il consenso necessario in un sistema democratico.
Da questa valutazione, neanche troppo originale ma spesso dimenticata, nasce il ruolo del tecnico "sinceramente democratico" che dovrebbe avere il ruolo di semplificare la sovrastruttura sia per onestà intellettuale, sia come fardello inutile e costoso sulle spalle dei cittadini anche se questo vuol dire ai maialini di festeggiare i cotechini peer il Natale.
Non so se Renzi farà del bene o del male ma nel'ottica che ho espresso credo che tu gli abbia fatto un grande complimento di sinistra chiamandolo semplificatore
FdR