Le aree di crisi sono risultate:
-
“fornitura di energia elettrica, gas vapore e
aria” e “fabbricazione di coke e prodotti
petroliferi” – definizioni ISTAT
- , e ciò a causa dell’inverno particolarmente mite (dunque un segno meno per
le imprese del settore energetico, ma un segno più per le famiglie e per
le altre imprese); dal canto mio mi piacerebbe sperare che un calo dei consumi energetici si manifestasse stabilmente,
oltre l’inverno mite, anche per l’efficacia degli investimenti in materia di
isolamento termico, razionalizzazione degli impianti e differenziazione delle
fonti, e dei connessi comportamenti: ma
forse non è ancora maturato un mutamento profondo - L’industria delle costruzioni, il cui fatturato è sceso dal 2010 al 2014 da una quota “100” ad una quota 62: ciò, secondo il prof. Deaglio, in connessione con “la crescente difficoltà di carattere burocratico e procedurale” aggravata dalle inutili diversità tra “Comune e Comune, Regione e Regione” . Su questo tema mi permetto di dissentire parecchio, perché non mi risultano aggravamenti procedurali negli ultimi 4 anni (semmai un paio di tentativi – discutibili e poco efficaci – di ulteriori semplificazioni) e pertanto – fermo restando il problema di una seria riorganizzazione delle norme urbanistiche ed edilizia – a parità di condizioni normative, il settore delle costruzioni ha nel 2014 la stessa potenzialità produttiva che nel 2010. Occorre pertanto chiedersi quali siano le effettive cause del vistoso calo produttivo, e non ci vuole troppa fantasia:
o
Taglio
degli investimenti pubblici e delle risorse spendibili dagli enti locali
o
Diminuzione
del reddito e delle sicurezze delle famiglie (perdita di posti di lavoro;
precarietà che impedisce la formazione di nuove famiglie e la stipula di mutui)
o
Restrizioni
del credito
o
Scarsa
propensione delle imprese ad investimenti fissi in Italia
o
Giacenza
di immobili invenduti, soprattutto per
uffici e seconde case..
Occorre anche domandarsi, a mio avviso, se è proprio auspicabile un ritorno dell’edilizia alle quote produttive dei primi anni di questo secolo, che hanno incluso bolle speculative ed abnormi consumi di terreni agricoli, oppure se la crisi non possa essere occasione per una riconversione più virtuosa del settore edilizio, orientandolo alla difesa idro-geologica del territorio, al riuso delle aree dismesse, alla riqualificazione edilizia (risparmio energetico, prevenzione antisismica) ed alla rigenerazione urbana e – solo in tale ambito – al soddisfacimento dei bisogni effettivi di case e di città.
Qualcosa in più dell’ennesima (abborracciata?) semplificazione procedurale.
PERVENUTO VIA E-MAIL DAL PROF. MARIO DEAGLIO
RispondiEliminaGentile signor Vecchi,
Grazie per la Sua mail.
In realtà Lei non deve chiedere scusa. Però ho fatto un'analisi
tecnica, sia pure in un articolo di giornale: la maggior parte dei
settori industriali mostra sia pur deboli segni di ripresa, l'economia
nel suo complesso ha smesso di cadere dai circa sei mesi e il panorama
non è più quello di una crisi generalizzata ma quello di significative
differenze tra settori e regioni. E' un fatt.o statistico che la
contrazione del pil dipende principalmente dalla caduta del 9,8 per
cento dei la produzione di elettricità e affini. Una serie di
osservazioni puntuali mostra che la caduta dei consumi elettrici è
concentrata nei giorni più miti dell'inverno.
Quest'analisi è confortata da una serie di osservazioni parziali:
ripresa dei mutui edilizi, riduzione delle ore in cassa integrazione
aumento della oro dizione industriale in alcune regioni come il Piemonte
con Iin aumenti del 3,5 per cento.
Non ho scritto né che la ripresa fè forte nè che è duratura. E. neppure
che tutti abbiano cominciato a stare meglio.
In quanto alla crescita delle difficoltà burocratiche, La rinvio a un
articolo su. La Stampa di qualche giorno fa che denuncia ll'entrata in
vigore negli ultimi anni di circa 600 nuove norme o adempimenti per le
imprese.
Un saluto cordiale,
Mario Deaglio
PERVENUTO VIA FACEBOOK
RispondiElimina"completamente d'accordo, aggiungo il settore dell'edilizia è come sempre sovrastimato nelle sue propietà di volano dell'economia e sottostimato come produttore di beni rifugio, in sostanza trasformatore di capitali a breve redditività (finanziari) a lunga reddittività (immobiliari) ed in più è il principale agente di ridistribuzione del redditto dal basso verso l'alto. Fatto 100 il settore dovrebbe attestarsi a 50 per indicare una spirale virtuosa dell'economia."
G.P.