Nel 2002 la sola CGIL, mediante
manifestazioni, e senza sciopero, riuscì a difendere i lavoratori dai
licenziamenti-individuali-senza-giusta-causa (art. 18 dello Statuto dei
Lavoratori), di fronte ad una maggioranza
governativa di centro-destra.
Nel 2014 CGIL e UIL, pur
scioperando, e manifestando, non sono riuscite ad incidere sulle decisioni in
materia di una maggioranza di centro-sinistra, con cui l’art. 18, che già era
stato de-potenziato nel 2012 da un
governo di larghe intese a dettatura europea, viene ulteriormente smantellato,
malgrado le attenuazioni ottenute in Parlamento (vedremo poi i dettagli nei
Decreti Delegati del cosiddetto Job Act).
Questa parabola mostra, al di là
delle contingenze storiche e delle qualità soggettive dei gruppi dirigenti
sindacali e politici, l’indebolimento oggettivo del potere contrattuale dei
lavoratori dipendenti italiani, minato dalla globalizzazione e logorato dalla
crisi, sottoposto alla pressione “dei mercati”
e della politica filo-padronale dei poteri sovranazionali (Commissione
Europea, BCE, FMI).
Tanto meno i sindacati, pur
raccogliendo un discreto consenso nella protesta, riescono a rendere credibile
una complessiva correzione roosveltiana (patrimoniale, investimenti pubblici)
alla politica economica del governo Renzi, condizionata anch’essa dal mercato
finanziario internazionale e dalle suddette connesse istituzioni sovranazionali
e che appare priva di serie alternative (al di là dei suggerimenti più o meno
attendibili di alcuni intellettuali, come Luca Ricolfi o il gruppo
Gallino/Silos Labini/ecc., le opposizioni propongono ricette
propagandistiche e decisamente
immangiabili: maggior debito, flat tax, uscita dall’euro, ecc.).
Non so se la linea
Renzi-Padoan(-Draghi?), con i ristretti margini cui la costringono Merkel e
Junker, può aspirare ad effettivi successi contro la crisi, ma non credo ci sia
da augurarsi un suo fallimento, che ci
farebbe stare tutti peggio, e aprirebbe, temo, più spazi a destra che non a
sinistra.
Insomma mi pare ci sia un po’
un’aria da vicolo cieco (nei cui rivoli, ad esempio, SEL tuona contro il PD, ma
continua ad affiancarlo nelle elezioni regionali).
Tuttavia mi sembra importante che
il disagio e il dissenso si esprimano e che si continuino a cercare modi
razionali per raccoglierli, oltre la rabbia anti-casta e l’astensione.
Non sappiamo quali svolte può
nascondere il vicolo cieco.
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