Il sistema politico tradizionale
continua a darsi da fare parecchio per tenere in piedi il consenso al Movimento
5 Stelle (in quanto principale forza dell’“antipolitica”):
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nella sua parte sommersa, il sistema politico
tradizionale si impegna a fondo con la diffusa e persistente corruzione, di cui
l’inchiesta su Roma mostra un impressionante campionario
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nella sua parte ufficiale, il sistema politico
tradizionale si applica innanzitutto con l’incapacità o non-volontà di incidere
sul suddetto sommerso (ad esempio il pacchetto delle proposte governative sulla
giustizia aveva perso pezzi e priorità, riguadagnandole in parte solo in
rincorsa allo lo scoppio dello scandalo romano) e poi con una serie di
decisioni o non-decisioni di dettaglio molto discutibili, pur nell’ambito della
linea Renzi (che comunque genera necessariamente un certo scontento, dal job
act ai confini della platea dei destinatari degli 80 euro): penso alle partite
IVA, cui vengono dedicate promesse all’indomani della legge di stabilità che le
ha appena trattate non tanto bene, oppure al mancato rinvio delle scadenze
fiscali per gli alluvionati; e al fondo la mancata riduzione del numero e delle
indennità dei deputati, riservando i tagli per i politici solo a Senato e Provincie (ma coinvolgendo invece
gli incolpevoli dipendenti provinciali).
Tuttavia mi pare che il M5S resti
strategicamente in crisi, e che l’iniziativa della raccolta-firme-per-una-legge-di-iniziativa-popolare-per-avvicinare-un-possibile-referendum-contro-l’Euro
ne evidenzi le drammatiche dimensioni:
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per lo strumento giuridico debole e indiretto
che sta al centro della proposta
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per il contenuto avventurista di una uscita
unilaterale dall’Euro senza paracadute (come si pagano i debiti pregressi in
euro e dollari? Oppure, come si pensa di poter commerciare con l’estero senza
pagare il debito pregresso? A che prezzi salgono le importazioni?)
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per la difficoltà di avvicinare con le firme il
numero di elettori in precedenza raggiunto (8.688.231 nel 2013): anche superare 1 o 2
milioni di adesioni alla proposta di legge sarebbe una sostanziale sconfitta
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per il ripiegamento sulle firme “cartacee” da
parte di un Movimento che sbandierava la “rete” come nuovo orizzonte della
democrazia (ma riserva il diritto di voto interno “on line” ai soli soci
fondatori, per paura di cimentarsi con la viva realtà del popolo cliccante, e
del popolo in generale).
E che rasenti il patetico quando il
“non-leader” Grillo rispolvera ancora contro Napolitano il mito della “vittoria
mutilata”; in tale “mistero doloroso” il Presidente della Repubblica nel 2013
avrebbe dovuto conferire l’incarico di formare il governo ai M5S in quanto
lista più votata:
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anche se il M5S scavalcò il PD solo alla Camera
ed esclusi i voti all’estero
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anche se la vigente legge elettorale conferiva
il premio di maggioranza alla prima coalizione (nella fattispecie PD+SEL+altri)
e non al primo partito
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anche se la Costituzione non vincola il
Presidente della repubblica a conferire incarico al partito che ha preso più
voti, bensì gli affida la responsabilità di individuare chi potrà trovare la
fiducia di una maggioranza parlamentare.
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