Mi
sembra interessante la posizione pacifista di Guido Viale (su Huffington Post,
in replica ad un articolo di Gad Lerner su Repubblica, considerato un po’
guerrafondaio verso il Califfato Islamico), e condivido gran parte del suo
testo (cui rimando per una comprensione di insieme), tra cui la seguente
conclusione: “Gli
interventi militari possono anche giustificarsi: le popolazioni esposte alle
guerre spesso li invocano. Ma senza lotta contro discriminazioni e cultura
patriarcale, senza fermare il traffico di armi, senza vie di uscita
diplomatiche, non si fa altro che avvitarsi in un gorgo senza fondo.”, nonché le sue valutazioni sulla centralità
della risposta delle donne all’oppressione fondamentalista, e la sua centrale
convinzione che “Ciò da cui siamo minacciati non è l’invasione delle armate dell’Isis,
la moltiplicazione dei giovani indotti o costretti a farsi in bombe umane, che
possono agire ovunque senza che se ne possano prevenire le mosse, soprattutto
perché crescono sempre più spesso proprio tra di noi, nelle situazioni di
emarginazione o umiliazione, sia in Europa che nei paesi arabi in quelli
islamici dell’ex impero sovietico. ---- Dovremo abituarci a conviverci per
molto tempo”.
Mi sembrano infondate invece alcune sue altre
asserzioni, complementari, ma assai categoriche, e decisive riguardo alla
discussione sul “che fare”:
“Contro quest’arma letale non c’è
esercito, né intelligence, né guerra, né “missione umanitaria”, né “repulisti
etnico” che abbia possibilità di successo.”
Per
parte mia, invece, vorrei sperare che almeno l’intelligence possa servire a
qualcosa, e anche la guerra, nel senso, almeno, che se in Africa e Medio
Oriente il Califfato si dimostrasse invincibile, anche la baldanza degli
attentatori oltre le linee del fronte aumenterebbe alquanto.
“Interventi di polizia internazionale ne
abbiamo visti tanti e ogni volta hanno lasciato una situazione peggiore di
quella precedente, sia per l’ordine internazionale, sia per le popolazioni che
ne sono state vittime.”
Anche
di questo non sono convinto, dal confine Libano/Israele a parte dei faticosi e
contradditori interventi dell’ONU in ex-Jugoslavia, dove ad esempio Srebrenica
fu un disastro per mancato intervento e non per eccesso di intervento.
Ancora
sulle divergenze tra il compagno Viale ed il modesto scrivente: circa
quarant’anni or sono, Guido Viale stroncò un mio emendamento “non-violento”
alle “Tesi” del 1° Congresso di “Lotta Continua” …
PERVENUTO TRAMITE FACE-BOOK
RispondiEliminaCaro Aldo, sigh, il lupo perde il pelo ma non il vizio, salvo rari casi: e Guido & soci non ne fanno parte. Ai no mai cicchen....
Ciao
P.G.