Anche sulle assunzioni si
intravedono spiragli di ripresa (facilitati dall’accumulo di attese che ha
portato molte imprese a rinviarle, contando nel frattempo sui contratti a
termine).
E’ presto per capire se chi
assume apprezza di più gli sconti contributivi oppure la riduzione delle
garanzie: si apre una nuova storia contrattuale, tutta da giocare anche per i
lavoratori, seppure su un campo in salita.
Il successo della ripresa promossa
da Draghi (e quindi la tenuta di Renzi) dipende da molti fattori, anche esterni
(petrolio, Grecia, Ucraina, ISIS, accumularsi delle bolle finanziarie qua e là
nel mondo).
Anche se il governo promette un
“green act”, per “rinverdire” le politiche industriali (dopo gli opposti
danni dello “sblocca-Italia”), è comunque chiaro che questa possibile
uscita parziale dalla crisi ricalca in gran parte il vecchio modello di
sviluppo, molto poco scremato dalla crisi stessa.
Mi pare però di intuire che se il
tentativo Draghi-Juncker-Renzi fallisse, le alternative possibili a breve in
Europa sarebbero a destra e non a sinistra: Siriza e Podemos avanzano in paesi
periferici, e non al centro dell’Europa.
Se invece il tentativo riesce, le
contraddizioni “a sinistra” (lavoro, ambiente, vivibilità urbana) restano
aperte, seppure con le rappresentanze storiche indebolite e de-legittimate:
molto filo però per chi voglia ri-tessere.
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