mercoledì 18 marzo 2015

URBANISTICA 152

Con il n° 152 inizia una “nuova serie” della rivista “Urbanistica”, ora diretta da Federico Oliva (già presidente dell’INU), con una nuova redazione, concentrata nel Politecnico di Milano (8 redattori su 11, più i 2 vice-direttori, targati “polimi”) ed un nuovo Comitato Scientifico, di respiro nazionale ed internazionale, non più coincidente con il direttivo nazionale dell’INU. 

La linea dichiarata da Oliva, in discontinuità solo parziale rispetto alle precedenti serie, è orientata a studiare, più che i piani urbanistici, la realtà della città italiana ed europea, con accento in particolare:
-          al territorio “metropolizzato”, “una città porosa e discontinua”, i cui vuoti non sono da candidare ad automatico riempimento,
-          alla condizione sociale frammentata ed alle connesse “nuove forme di ingiustizia spaziale”,
-          alla insostenibilità della “erosione delle risorse ambientali fondamentali”.

I contenuti del n° 152 spaziano dalle riflessioni sulla specificità europea e sulle fatiche e debolezze della pianificazione urbana a scala europea (interessante il saggio di Fabrizio Barca sul riformismo possibile in alternativa alla rassegnazione e rincorsa del mercato) alla attenzione prioritaria ai “tessuti ordinari” della città, con un focus su Milano (e una inedita rivalutazione del “Piano Beruto” di fine ‘800), le grandi trasformazioni in sospeso e l’aggiustamento del PGT a cura della Giunta Pisapia; in appendice utili considerazioni sui risultati dei censimenti ISTAT 2011 da parte di Giuseppe Roma (CENSIS – sui nuovi bisogni sociali), Giuseppe Campos Venuti (INU – sul patrimonio edilizio residenziale obsoleto) e Claudio De Albertis (ANCE – sulla crisi del settore produttivo edilizio).

Mi sono riconosciuto molto nelle tematiche della “città ordinaria” e della manutenzione (già cara a Bernardo Secchi), in alternativa ai grandi interventi ed alle architetture strillate, ed in particolare nella “finestra” dell’Assessora del Comune di Trieste, Elena Marchigiani, “Goccia dopo goccia: da Trieste cronache di manutenzione della città” ho scoperto quanto siano oggi all’avanguardia esperienze simili a cui ebbi occasione di contribuire, ma già negli anni ’80, come la formazione di orti urbani e l’autogestione degli spazi pubblici da parte di organismi di quartiere; mentre invidio a Trieste la fortuna di convincere i commercianti di aree attigue alle isole pedonali a chiederne l’estensione (tuttavia nemmeno la attuale Giunta di destra del mio paese si sognerebbe di ridurre quel poco che si riuscì a strappare pezzo dopo pezzo).

Ho trovato condivisibili anche i servizi sulle correzioni di Pisapia&C. al PGT di Milano (e soprattutto sullo sforzo di ricucitura delle grandi e piccole trasformazioni in sospeso): mi pare però che gli articoli sul PGT eludano un giudizio su quel che resta – e non è poco – della impostazione originaria del PGT stesso, e cioè:
-          il carattere “liquido” della perequazione fondiaria, con i diritti di edificabilità che – almeno in teoria – decollano senza atterrare immediatamente in nessun luogo di “atterraggio”, bensì aleggiano nella “borsa” (inflazionistica?) dei diritti vaganti;
-          la mixitè funzionale tra le diverse destinazioni d’uso ancora largamente indefinita ed affidata al mercato;

aspetti che forse potrebbero essere già misurati nei loro concreti effetti.    

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