lunedì 18 maggio 2015

COSA INSEGNA LO SCONTRO SULLA SCUOLA?

Non so se qualcuno rammenta che nel vago programma con cui Renzi vinse le primarie PD del 2014, i temi della scuola erano affidati ad una promessa di ampia consultazione, nel PD e nel paese, attraverso lo stesso PD.
Conquistato partito e governo, Renzi ha lanciato invece la consultazione sulla bozza “la buona scuola” direttamente “nel paese”, gestendola attraverso moderni strumenti informatici e più antichi funzionari ministeriali; alcuni circoli e spezzoni del PD di base hanno anche partecipato alla consultazione, compilando i loro bravi questionari, e formulando diligenti proposte.
Per il resto il PD è stato assente, in conformità alla sua ormai prevalente natura di comitato elettorale, tanto nella versione “ditta di Bersani” quanto nella versione “ditta acquisita da Renzi”.
I risultati della consultazione, pur consultabili nei siti governativi, non sono stati affatto spiegati all’opinione pubblica, e nemmeno ai partecipanti alla consultazione.

Poi un bel giorno il tema è piovuto nell’o.d.g. del parlamento (senza l’usbergo dei decreti legge, giustamente sgraditi al nuovo Presidente della Repubblica, e - finora - anche senza lo scudo del voto di fiducia), e ci si è accorti all’improvviso che la sintesi effettuata a tavolino tra la bozza iniziale e l’ampia consultazione (più i paletti degli alleati di centro-destra su presidi, concorsi e scuole private) non gode del consenso della maggioranza degli insegnanti e  di parte di studenti e genitori (piace solo ai dirigenti scolastici?).
Da qui la rincorsa mediatica (quasi solitaria) di Renzi-in-persona con tele e video e messaggi, e la corsa sul carro del dissenso sindacale da parte di tutti[a1]  i numerosi nemici-di-Renzi (che puntano essenzialmente a fermare la riforma per fermare Renzi), nonché la riscoperta:
- da parte del governo, del buon vecchio strumento, inedito per Renzi, della trattativa e della mediazione (fino a che punto si vedrà) 
- da parte del mondo sindacale del (meno buono) vecchio strumento del blocco degli scrutini (fino a che punto si vedrà).

Il concitato confronto mette in ombra i contenuti generali della riforma proposta (e delle eventuali alternative, invero non pervenute alla pubblica opinione) e focalizza l’attenzione su 3 punti principali del dissenso (potere selettivo dei presidi, confine tra i precari già garantibili e quelli da sottomettere a ulteriori concorsi; finanziamento pubblico agli allievi delle scuole private e finanziamenti privati alle scuole pubbliche), su cui per altro non mi sembra impossibile una decente mediazione (piegando qualche paletto di centro-destra).

Nel merito di pregi e difetti della riforma governativa già mi ero addentrato (anche compilando il mio diligente questionario per la consultazione on-line) – vedi post del 27-10-14 - , e mi riservo di tornarci a bocce ferme.
Per ora vorrei invece rilevare
-             che a quanto pare Renzi non è sempre questo grande stratega e neppure grande comunicatore, ma forse continua a giganteggiare nel mondo politico (almeno fino alle prossime regionali…) per il nanismo diffuso tra i concorrenti, singoli e associati, dentro e fuori il PD;
-          che una politica riformista fatta solo dal governo  e attraverso i media può riuscire fino ad un certo punto, se mancano soggetti politici riformisti, siano essi di sinistra oppure di centro;
-               che gli insegnanti, al di là delle parole, sono disposti a scioperare per essere immessi in ruolo (i precari interessati) e per non essere giudicati dai loro dirigenti (quasi tutti) e non più di tanto invece per le questioni sociali che a mio avviso restano scoperte in questa riforma, quali il diritto allo studio, la lotta all’evasione scolastica e l’estensione dell’obbligo scolastico fino ai 18 anni;

-          ciò non mi stupisce da parte dei sindacati autonomi e corporativi, ma alquanto da parte dei confederali, che qui difendono i privilegi relativi degli insegnanti (inclusi gli orari complessivi di lavoro e gli scatti automatici di anzianità), ma nel restante pubblico impiego (in cui vigono 36 ore settimanali per 47 settimane all’anno e nessuno scatto di anzianità) hanno subito e subiscono, senza sciopero alcuno, rilevanti fasce di precariato e addirittura hanno concordato meccanismi di carriera, quali le progressioni “orizzontali e verticali” (per altro ormai solo potenziali, essendo esaurite le risorse contrattuali) fondati esclusivamente sul merito, tramite concorsi interni o valutazioni comunque gestite dalla dirigenza. 

1 commento:

  1. PERVENUTO VIA E-MAIL
    vivo in Svizzera da 30 anni. Ho un figlio che ha fatto tutta la sua scolarità (in scuole pubbliche) qui e una moglie che insegna in una scuola superiore pubblica da 25 anni.
    Posso dirti che è un sistema che funziona molto bene a tutti i livelli e di ottima qualità. Un sistema che assomiglia moltissimo alla riforma di Renzi.
    Allora faccio molta fatica a comprendere l'opposizione a questa riforma. Mi sembra una opposizione di difesa puramente sindacale e retrograda.
    Ti abbraccio
    F.P.

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