PREMESSA:
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Il mio personale giudizio sull’Italicum e che
presenta difetti (che ho già illustrato in precedenza; in breve: rischio di
ballottaggio tra 2 partiti poco votati; troppi deputati nominati, anche a causa
delle candidature in più collegi): ma non è l’anti-democrazia né l’anticamera
del fascismo (ESAGERUMA NENTA…);
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Maggiori rischi di autoritarismo li ho
riscontrati nel progetto di riforma costituzionale, non solo per la modalità di
selezione dei senatori, ma soprattutto per il peso eccessivo della maggioranza
della Camera (alterata dal premio di maggioranza) nella elezione del Presidente
della Repubblica e degli altri organi di garanzia;
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Poiché l’Italicum si applicherà solo per la
elezione della Camera, resterà di fatto inoperante fino al termine della
riforma costituzionale.
SVOLGIMENTO (MANCATO):
Teoricamente sarebbe stato
possibile un accordo migliorativo e pacificatore dentro il PD e la maggioranza
governativa, senza perdere tempo effettivo anche in caso di un ulteriore
passaggio della legge al Senato; oppure un accordo politico che lasciando l’Italicum
immutato anticipasse una nuova soluzione condivisa per la riforma
costituzionale.
ESITO:
1 – Renzi, violando il galateo
istituzionale, ha voluto superare in sicurezza l’ultimo passaggio parlamentare
dell’Italicum, ponendo la fiducia;
2 – la ribellione delle correnti
minoritarie del PD (che era mancata sul job act e sulle precedenti puntate dell’Italicum)
ha avuto origine dalla possibilità di far pesare il loro maggior peso virtuale dopo
la caduta del patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi;
3 - l’esito della schermaglia è stato,
all’opposto una secessione di generali senza truppa (parlamentare, e ancor meno
nel Paese) ed un sostanziale rafforzamento strategico di Renzi nel PD ed in
Parlamento (forse anche al Senato, dove però rischia di più) e della sua
tattica decisionista.
CONDIVISIONE:
Oltre le ragionevoli critiche di
metodo sulla apposizione della fiducia, Enrico Letta ha motivato la sua
opposizione finale all’Italicum con la questione della “mancata larga condivisione”.
Vista la storia recente (ed anche
i precedenti di Berlusconi con la bicamerale e con Veltroni, e poi con lo
stesso governo Letta), l’argomento non mi convince per nulla, perché Renzi, a
suo modo, la condivisione l’aveva cercata, tanto che il testo attuale fu votato
identicamente al Senato poche settimane fa con la convergenza (sia pure un po’ obtorto collo) di Forza Italia, che ora invece
all’improvviso, per bocca di Brunetta, scopre il “fascismo” nello stesso
provvedimento legislativo.
SPERANZA:
E per la sinistra italiana c’è speranza? Non certo Roberto
Speranza, il fragile bersaniano ex capogruppo parlamentare.
Sembra che le possibilità di
sottrarsi al consolidamento del “regime demo-renziano” risiedano solo nell’ipotesi di un fallimento economico di tipo greco (che
nessuno dovrebbe auspicare), contesto in vero più favorevole alle attuali
opposizioni estreme di Grillo o di Salvini.
PERVENUTO TRAMITE E-MAIL
RispondiEliminaCarissimo Aldo. Maurizio Viroli, figlio politico del compianto Norberto nella sua analisi degli eventi è assai più critico di te. Abbraccio grande. Ciao P.B.
PERVENUTO TRAMITE F-B
RispondiElimina..volevo mettere "mi piace abbastanza", ma non c'è...
P.C.
RispondiEliminaPERVENUTO TRAMITE E-MAIL
Caro Aldo,
due “pezzi” molto interessanti, e non certo perché li condivido largamente.
Ho apprezzato come sempre l’analisi, mai superficiale e priva d’indulgenze per le cosiddette voci del coro.
Sulla questione elettorale devo dire che mi lascia abbastanza indifferente la questione che il vincitore possa avere racimolato, in origine, percentuali relativamente basse.
È la caratteristica dei sistemi maggioritari con almeno 4 partiti (vedi Francia ma ormai anche il Regno Unito), mentre non è evidentemente così laddove vi siano solo 2 partiti (USA sopra a tutti).
Credo che per noi sia soprattutto una questione culturale: mezzo secolo di proporzionale assoluto prima, e parzialmente mascherato dopo, lasciano il segno nel cittadino ma anche nel politico.
Diversa la questione del peso che assumerebbe la Camera nell’elezione del Presidente della Repubblica, questione sulla quale condivido la tua critica.
Troppo numerosi e troppo recenti i casi in cui il ruolo del Capo dello Stato è risultato decisivo ed incisivo per la vita politica italiana. Vorrei quindi che continuasse ad essere un’elezione con margini di manovra rispetto ad un singolo partito.
Altrimenti tutto ciò dovrebbe far parte di una revisione ben più ampia della Costituzione, ridisegnando ruoli, ripartizione di poteri e garanzie. Ma questo è evidentemente tutto un altro discorso.
C.D.