“…non c'è niente, in quello che
avete fatto oggi, proprio il nulla. niente politica, nessuna causa, nessun
progetto, nessun contenuto.”
Sul piano propagandistico questo
giudizio di Cecilia Strada (presidente di Emergency) sui cosiddetti black-blok,
provenendo dall’interno (o quasi) dei movimenti alternativi, potrebbe avere una
sua efficacia verso i militanti dispersi e potenzialmente attratti dalla
violenza distruttiva.
Ma sul piano concettuale, come
ogni demonizzazione, non regge, e a mio avviso non aiuta a capire, e quindi
nemmeno a sconfiggere, se lo si vuole, le posizioni
“anarchico-insurrezionaliste”.
I “black-blok” non spiccano per
trasparenza, nemmeno verso i movimenti attigui, ma dimostrano organizzazione,
efficienza, determinazione, conoscenza del territorio urbano e capacità di
trascinamento su parte del “paesaggio sociale” movimentista cui si rivolgono.
E’ già questa a mio avviso è, a
loro modo, “politica”, “progetto” e “contenuto”.
Inoltre, senza voler dimostrare
indimostrabili coincidenze, tali comportamenti assomigliano molto a copiose,
articolate ed anche autorevoli
“narrazioni” che percorrono gli ambienti antagonisti, da David Graeber a Erri
De Luca, dentro le quali si può ben leggere una giustificazione alla ribellione
violenta ed in forme anonime ovvero semi-clandestine.
Tali ideologie derivano da una
interpretazione parziale ed unilaterale delle contraddizioni e dei conflitti
sociali, effettivamente alimentati dalla globalizzazione e dal
finanz-capitalismo: la premessa è che l’oppressione esercitata dal potere è
pervasiva, coinvolge la comunicazione ed il linguaggio, corrompe le coscienze,
e quindi la ribellione può essere esercitata necessariamente solo da una
minoranza che ha il dono di capire e riscattare, a loro insaputa, tutti gli
altri oppressi.
Anche Guy Standing (citato giorni addietro a sproposito da Civati),
aiuta a formulare pensieri fondamentalisti, quando identifica il precariato
come classe antagonista, ignorando i lavoratori autonomi e spacciando operai ed
impiegati per “ceto medio” (e prende lucciole per lanterne, individuando
proprio nei pomeriggi milanesi dei precedenti primi di maggio il “sorpasso” dei
precari sul vecchio movimento operaio, dimenticando tra l’altro gli svariati
centomila giovani dei concertoni romani).
Criticare seriamente gli
antagonisti-violenti, prendendoli sul serio, a mio avviso è anche necessario
per sviluppare produttivamente l’auto-critica annunciata da alcuni esponenti dei
movimenti che stanno tra alternativa e antagonismo, per chiarirsi:
- sulle premesse (chi e come è
legittimato ad agire in nome degli sfruttati piuttosto che della natura e
dell’ambiente),
- sugli obiettivi (sabotare il
sistema o costruire schieramenti alternativi)
- e soprattutto sulla prassi,
perché, se ci si vuole differenziare dai black-blok e se ne intuisce il gioco
(e non si è capaci, o non si vuole, controllarli in loco), forse è meglio cercare
nuove forme di lotta, superando le manifestazioni di strada e convocare invece ad
esempio dei sit-in nei parchi oppure, sul tema Expo, marciare dimostrativamente
verso cascine abbandonate e campagne stravolte dalla cementificazione
periferica.
Personalmente ritengo che la
discriminante della non-violenza vada applicata “a prescindere”, in un contesto
formalmente democratico, anche per dimostrarne eventualmente la falsa
democraticità, perché è il solo modo per non prevaricare le volontà e le coscienze
degli “altri” oppressi, cui ci si dovrebbe rivolgere per allargare un fronte di
critica operosa alle distorsioni dello stato di cose presente; chi crede ancora
nelle scorciatoie leniniste dovrebbe dirlo, senza nascondersi dietro la lettura
della violenza come naturale espressione del disagio sociale (fenomeno
esistente ma, mi sembra, assai marginale in Europa).
POST SCRIPTUM Il giudizio di Cecilia Strada sui black-blok mi ha
ricordato la posizione di Norberto Bobbio nel dibattito con Luisa Mangoni,
negli anni ’70, secondo cui nel fascismo non c’era cultura, ma solo retorica
(confronto che mi sembra sia stato vinto “ai punti” dalla Mangoni con le sue
puntuali ricerche); rammento in particolare che Bobbio sosteneva che di Bottai
non rimaneva nulla, mentre è tuttora vigente la legge urbanistica del 1939, e
quella sul paesaggio ed i beni culturali ha funzionato da allora fino agli anni
90.
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RispondiElimina(omissis) Passando al faceto-ma-non-troppo, noto che sul piano della forma hai ceduto al “piuttosto che” usato come disgiunzione.
So che la mia è una piccola campagna senza possibilità di vittoria alcuna, ma provo a convincerti con l’ironia: la Crusca non solo lo considera un errore ma spiega anche che il suo utilizzo è venato di snobismo.
Ciao,
C.D.
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RispondiEliminaInteressante il punto sui blak blok o come si scrive, costruire è meglio che distruggere, alle volte per farlo è necessario una distruzione ma quello che non funziona del pensiero blok è che distruggono senza costruire, distruggono e basta, poi resta il nulla...da un certo punto di vista è quello che ha fatto la tv con le nostre menti....
sulla legge elettorale e la farsa discussione, un'altra legge inutile in più, forse meglio la grecia che la lunga lenta agonia non dorata come il crepuscolo di venezia, che ci toccherà, però lo valuteremo tra un po' di anni, oggi possiamo solo intuire.
ciao grazie
U.M.