mercoledì 18 novembre 2015

DOPO PARIGI, NON HO TROPPE CERTEZZE


Di fronte al massacro di Parigi si rischia di cadere in uno stato depressivo, mentre i media, che fanno il loro mestiere, ci riempiono la mente di immagini, parole, pensieri, emozioni, che in gran parte sono anche le nostre, ma rischiamo di non saperlo con certezza.
E quindi ci può stare molto bene anche il silenzio, molto più di un minuto di silenzio (e niente applausi al passaggio delle bare, se possibile).

Tuttavia, mentre esprimevo molteplici “mi piace” ai pensieri solidali di molti corrispondenti su Facebook, e coltivavo in cuor mio tutti i dubbi di un pacifista costretto alla guerra dall’aggressione altrui (che già ho espresso nei miei precedenti commenti alle scorrerie del Califfato), mi sono apparse stonate non solo le ovviamente le sparate islamofobiche sulla linea Fallaci-Salvini-Santanchè, ma anche alcune prese di posizione di parte pacifista, che adombrano parziali verità, da me condivise, ma che mi sembrano del  tutto inadeguate alla sostanziale novità degli attentati di Parigi: ovvero al “salto di aberrante qualità” costituito dall’attacco indiscriminato alla popolazione civile di una metropoli europea (rispetto ai più mirati attacchi a “nemici dell’Islam” quali la rivista Charlie Hebdo oppure negozianti e clienti innocenti sì, ma ebraici).

Essendo istanze vicino al mio sentire, ritengo opportuno uscire dal silenzio per chiarirmi meglio con gli abituali interlocutori:
 - la solidarietà con le vittime di Parigi oscurerebbe (con implicito razzismo-colonialismo) la necessaria solidarietà con analoghe vittime di attentati, sempre di matrice fondamentalista-islamica, nel cielo del Sinai e prima in Libano Turchia Irak Pakistan India Kenia …..: mi pare che questa obiezione non consideri il dato umano, insopprimibile, per cui il lutto per la morte di chi mi è vicino pesa di più di quello per colui che mi è meno vicino, differenza che si può misurare analogamente nei casi di tragedie di origine naturale o tecnologica; e trascuri il dato politico che ci vede membri, con la Francia, della stessa Unione Europea; e ignori il dato storico per cui Parigi è la patria della libertà e la sua vita notturna è un emblema della nostra libertà (anche se l’Occidente è l’inventore del moderno colonialismo, dell’imperialismo economico-finanziario, ecc. ecc.)
- il Califfato usa armi occidentali, magari inviate in Siria per indebolire il dittatore Assad, oppure vendute ad Arabia ed Emirati, innanzitutto si ponga fine alla produzione ed esportazione delle armi: sono pienamente d’accordo, tranne che sull’”innanzitutto”, perché quando la casa brucia si chiamano i pompieri, e solo dopo si va  controllare se la costruzione era in regola con le norme di prevenzione incendi (ovvero, solleviamo sì l’enorme problema della diffusione delle armi occidentali, ma il Califfato che aggredisce i non-sunniti del Medio oriente e tutti i non-islamici d’Europa ormai di armi ne ha parecchie, occidentali o meno che siano, e sta usandole a man bassa;
- (in questo terzo casa è Famiglia Cristiana che parla, e quindi in particolare mi stupisco per il tono) “se vogliamo eliminare l’ Isis, sappiamo benissimo quello che bisogna fare e a chi bisogna rivolgersi”, cioè troncare con la complicità di USA e NATO verso le potenze regionali sunnite, Arabia Saudita-Emirati-Turchia, che in vario modo proteggono il Califfato, per i loro interessi  politico-religiosi, che li contrappongono all’Iran sciita e ad Assad alauita: credo anch’io che sui vari fronti medio-orientali (ed anche tra gli islamici d’Europa) vi siano pesanti ambiguità (politiche, commerciali, militari) tra molti sunniti, che non intendono contrapporsi più di tanto ad altri “sunniti-che-sbagliano”,  ma non riesco ad assumere questa granitica certezza che ci sia un nodo gordiano da tagliare, e “puff” il fantasma dello “Stato Islamico” si dissolve, togliendo noi occidentali (ed ancor di più noi pacifisti od ex-pacifisti) dalla brace delle responsabilità di scelta tra pace e guerra, violenza o non-violenza, verso un nemico che aggredisce e al momento (e probabilmente per molto tempo) non intende trattare su alcunché (almeno con gli stati occidentali, l’ONU e via di seguito).

1 commento:

  1. PERVENUTO VIA E-MAIL
    condivido le tue riflessioni, anche se io non sono mai stato particolarmente attratto dallo slogan "contro la guerra senza se senza ma",purtroppo ci sono momenti in cui l'uso della forza è necessario, e qualche volta ci sono guerre giuste che bisogna fare anche se fanno male.
    ciao T.C.

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