Di fronte al massacro di Parigi
si rischia di cadere in uno stato depressivo, mentre i media, che fanno il loro
mestiere, ci riempiono la mente di immagini, parole, pensieri, emozioni, che in
gran parte sono anche le nostre, ma rischiamo di non saperlo con certezza.
E quindi ci può stare molto bene
anche il silenzio, molto più di un minuto di silenzio (e niente applausi al
passaggio delle bare, se possibile).
Tuttavia, mentre esprimevo
molteplici “mi piace” ai pensieri solidali di molti corrispondenti su Facebook,
e coltivavo in cuor mio tutti i dubbi di un pacifista costretto alla guerra
dall’aggressione altrui (che già ho espresso nei miei precedenti commenti alle
scorrerie del Califfato), mi sono apparse stonate non solo le ovviamente le
sparate islamofobiche sulla linea Fallaci-Salvini-Santanchè, ma anche alcune
prese di posizione di parte pacifista, che adombrano parziali verità, da me
condivise, ma che mi sembrano del tutto
inadeguate alla sostanziale novità degli attentati di Parigi: ovvero al “salto
di aberrante qualità” costituito dall’attacco indiscriminato alla popolazione
civile di una metropoli europea (rispetto ai più mirati attacchi a “nemici
dell’Islam” quali la rivista Charlie Hebdo oppure negozianti e clienti innocenti
sì, ma ebraici).
Essendo istanze vicino al mio
sentire, ritengo opportuno uscire dal silenzio per chiarirmi meglio con gli
abituali interlocutori:
- la solidarietà con le vittime di Parigi
oscurerebbe (con implicito razzismo-colonialismo) la necessaria solidarietà con
analoghe vittime di attentati, sempre di matrice fondamentalista-islamica, nel
cielo del Sinai e prima in Libano Turchia Irak Pakistan India Kenia …..: mi
pare che questa obiezione non consideri il dato umano, insopprimibile, per cui il
lutto per la morte di chi mi è vicino pesa di più di quello per colui che mi è
meno vicino, differenza che si può misurare analogamente nei casi di tragedie
di origine naturale o tecnologica; e trascuri il dato politico che ci vede
membri, con la Francia, della stessa Unione Europea; e ignori il dato storico
per cui Parigi è la patria della libertà e la sua vita notturna è un emblema
della nostra libertà (anche se l’Occidente è l’inventore del moderno
colonialismo, dell’imperialismo economico-finanziario, ecc. ecc.)
- il Califfato usa armi occidentali, magari
inviate in Siria per indebolire il dittatore Assad, oppure vendute ad Arabia ed
Emirati, innanzitutto si ponga fine alla produzione ed esportazione delle armi: sono pienamente
d’accordo, tranne che sull’”innanzitutto”, perché quando la casa brucia si
chiamano i pompieri, e solo dopo si va
controllare se la costruzione era in regola con le norme di prevenzione
incendi (ovvero, solleviamo sì l’enorme problema della diffusione delle armi occidentali,
ma il Califfato che aggredisce i non-sunniti del Medio oriente e tutti i
non-islamici d’Europa ormai di armi ne ha parecchie, occidentali o meno che
siano, e sta usandole a man bassa;
- (in questo terzo casa è Famiglia Cristiana che
parla, e quindi in particolare mi stupisco per il tono) “se vogliamo eliminare l’ Isis, sappiamo benissimo quello che bisogna
fare e a chi bisogna rivolgersi”, cioè troncare con la complicità di USA e
NATO verso le potenze regionali sunnite, Arabia Saudita-Emirati-Turchia, che in
vario modo proteggono il Califfato, per i loro interessi politico-religiosi, che li contrappongono
all’Iran sciita e ad Assad alauita: credo anch’io che sui vari fronti
medio-orientali (ed anche tra gli islamici d’Europa) vi siano pesanti ambiguità
(politiche, commerciali, militari) tra molti sunniti, che non intendono
contrapporsi più di tanto ad altri “sunniti-che-sbagliano”, ma non riesco ad assumere questa granitica
certezza che ci sia un nodo gordiano da tagliare, e “puff” il fantasma dello
“Stato Islamico” si dissolve, togliendo noi occidentali (ed ancor di più noi
pacifisti od ex-pacifisti) dalla brace delle responsabilità di scelta tra pace
e guerra, violenza o non-violenza, verso un nemico che aggredisce e al momento
(e probabilmente per molto tempo) non intende trattare su alcunché (almeno con
gli stati occidentali, l’ONU e via di seguito).
PERVENUTO VIA E-MAIL
RispondiEliminacondivido le tue riflessioni, anche se io non sono mai stato particolarmente attratto dallo slogan "contro la guerra senza se senza ma",purtroppo ci sono momenti in cui l'uso della forza è necessario, e qualche volta ci sono guerre giuste che bisogna fare anche se fanno male.
ciao T.C.