A cavallo del week-end dei
Santi&Morti ho seguito con interesse sia il confronto mediatico tra
Gramellini e l’Arcivescovo di Torino sul deposito delle ceneri dei defunti (in
casa propria oppure al cimitero: libertà individuale contro condivisione
comunitaria del dolore), sia uno scambio locale di e-mail tra cattolici
credenti riguardo ad Hallowen, di cui si biasimava il carattere
mercantil-scherzoso e di importazione, rivendicando invece la bontà ed
autenticità dei riti cattolici tradizionali (su cui ho purtroppo opportunità di
ripasso in occasione dei funerali, dove mi pare di cogliere una modernizzazione
della Chiesa, rispetto a modelli cultuali più macabri e ultra-terreni del
passato).
Da sponde laiche ho letto la
facile risposta “chi la fa l’aspetti”, riferita al vario sovrapporsi storico di
feste e riti cristiani ai preesistenti feste&riti di altre religioni
pre-cristiane.
Dentro a questo sovrapporsi
stratificato nei secoli, negli ultimi decenni e dalle nostre parti la ritualità
cristiana sembra perdere terreno rispetto ad usi e costumi consumistici (non
solo Halloween: Natale, Pasqua, Ferragosto e tutte le stesse Domeniche),
veicolati dai mass media e trainati dal principali modelli e produttori in
materia, cioè gli USA, e quindi da una alternativa che è cresciuta all’interno
di un mondo formalmente cristiano, ma fortemente secolarizzato e
de-sacralizzato.
Mentre mi sembrano in disarmo
tutti i tentativi di ritualità alternativa sorti in forme più antagoniste in
Occidente, dal Settecento in poi, con matrici laico-socialiste o
laico-nazionali: sia sul terreno più strettamente civile e politico (dal 4
novembre al 25 aprile al 1° maggio: gli ultimi 2 restano festivi, ma sono
fruiti in prevalenza come ponti e week-end allungati), sia ancor di più nelle
loro proiezioni sul terreno della sacralità, dalla Dea Ragione al Milite
Ignoto, dai funerali civili fino alle
caricature dei “matrimoni comunisti” in voga negli anni ’70 tra i
marx-leninisti di Servire-il-Popolo.
Si tratta comunque di processi
non lineari, dove però mi pare che non vince chi sta fermo a difendere le
trincee delle tradizioni in quanto tali, bensì chi le innova e contamina, dai
Concertoni del 1° maggio alle Giornate Mondiali della Gioventù al cospetto del
Papa, dai salmi e canti di Comunione e Liberazione alle iniziative molecolari
di matrice ecologista, che trasformano la manifestazione in azione (puliamo qui
e là, camminiamo parecchio, andiamoci in bici).
In questo ambito a mio avviso
andrebbero monitorate specificamente le trasformazioni antropologiche che
riguardano il “banchetto”, momento di congiunzione tra materia (cibo) e
spiritualità (come già era in origine il rito cristiano poi confluito nella
messa), non solo nella forma della identificazione collettiva (dove il parziale
declino delle feste di partito è affiancato dalla continua crescita delle sagre
locali, spesso fondate su “tradizioni” inventate ex-novo), ma anche nel
fenomeno del culto della cucina, dei cuochi stellati, del prodotto genuino, che
oltre ad imperversare in televisione,
permea di una nuova aura, quasi sacrale, anche il consumo privato, a
casa ed al ristorante.
PERVENUTO VIA F-B
RispondiEliminaPer farla molto semplice. Tra il back to school e il Natale c'è un buco di mercato nelle cartolerie e nella GDO da riempire. In Cina producono da anni gadget, maschere etc. legate ad Halloween per il mercato anglosassone, USA in particolare. Importare questi prodotti già pronti negli altri paesi cattolici d'Europa spingendo questa tradizione è stata un'operazione da manuale di marketing, realizzata in pochi anni. Indipendentemente da concetti complessi che investono la fede, la storia, la cultura e le trasformazioni antropologiche. Il tick or treat è semplicemente diventato dolcetto o scherzetto e il business è globale.
R.S.