lunedì 9 novembre 2015

HALLOWEEN E ALTRI RITI


A cavallo del week-end dei Santi&Morti ho seguito con interesse sia il confronto mediatico tra Gramellini e l’Arcivescovo di Torino sul deposito delle ceneri dei defunti (in casa propria oppure al cimitero: libertà individuale contro condivisione comunitaria del dolore), sia uno scambio locale di e-mail tra cattolici credenti riguardo ad Hallowen, di cui si biasimava il carattere mercantil-scherzoso e di importazione, rivendicando invece la bontà ed autenticità dei riti cattolici tradizionali (su cui ho purtroppo opportunità di ripasso in occasione dei funerali, dove mi pare di cogliere una modernizzazione della Chiesa, rispetto a modelli cultuali più macabri e ultra-terreni del passato).



Da sponde laiche ho letto la facile risposta “chi la fa l’aspetti”, riferita al vario sovrapporsi storico di feste e riti cristiani ai preesistenti feste&riti di altre religioni pre-cristiane.

Dentro a questo sovrapporsi stratificato nei secoli, negli ultimi decenni e dalle nostre parti la ritualità cristiana sembra perdere terreno rispetto ad usi e costumi consumistici (non solo Halloween: Natale, Pasqua, Ferragosto e tutte le stesse Domeniche), veicolati dai mass media e trainati dal principali modelli e produttori in materia, cioè gli USA, e quindi da una alternativa che è cresciuta all’interno di un mondo formalmente cristiano, ma fortemente secolarizzato e de-sacralizzato.

Mentre mi sembrano in disarmo tutti i tentativi di ritualità alternativa sorti in forme più antagoniste in Occidente, dal Settecento in poi, con matrici laico-socialiste o laico-nazionali: sia sul terreno più strettamente civile e politico (dal 4 novembre al 25 aprile al 1° maggio: gli ultimi 2 restano festivi, ma sono fruiti in prevalenza come ponti e week-end allungati), sia ancor di più nelle loro proiezioni sul terreno della sacralità, dalla Dea Ragione al Milite Ignoto, dai funerali civili  fino alle caricature dei “matrimoni comunisti” in voga negli anni ’70 tra i marx-leninisti di Servire-il-Popolo.



Si tratta comunque di processi non lineari, dove però mi pare che non vince chi sta fermo a difendere le trincee delle tradizioni in quanto tali, bensì chi le innova e contamina, dai Concertoni del 1° maggio alle Giornate Mondiali della Gioventù al cospetto del Papa, dai salmi e canti di Comunione e Liberazione alle iniziative molecolari di matrice ecologista, che trasformano la manifestazione in azione (puliamo qui e là, camminiamo parecchio, andiamoci in bici).



In questo ambito a mio avviso andrebbero monitorate specificamente le trasformazioni antropologiche che riguardano il “banchetto”, momento di congiunzione tra materia (cibo) e spiritualità (come già era in origine il rito cristiano poi confluito nella messa), non solo nella forma della identificazione collettiva (dove il parziale declino delle feste di partito è affiancato dalla continua crescita delle sagre locali, spesso fondate su “tradizioni” inventate ex-novo), ma anche nel fenomeno del culto della cucina, dei cuochi stellati, del prodotto genuino, che oltre ad imperversare in televisione,  permea di una nuova aura, quasi sacrale, anche il consumo privato, a casa ed al ristorante.  









  




1 commento:

  1. PERVENUTO VIA F-B
    Per farla molto semplice. Tra il back to school e il Natale c'è un buco di mercato nelle cartolerie e nella GDO da riempire. In Cina producono da anni gadget, maschere etc. legate ad Halloween per il mercato anglosassone, USA in particolare. Importare questi prodotti già pronti negli altri paesi cattolici d'Europa spingendo questa tradizione è stata un'operazione da manuale di marketing, realizzata in pochi anni. Indipendentemente da concetti complessi che investono la fede, la storia, la cultura e le trasformazioni antropologiche. Il tick or treat è semplicemente diventato dolcetto o scherzetto e il business è globale.
    R.S.

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