Nelle recenti commemorazioni di
Pier Paolo Pasolini, 40 anni dopo la sua
uccisione, mi è sembrato che prevalessero gli atteggiamenti agiografici e
santificatori (ben s’intende più facili ex post).
Riflettendo su talune sue
affermazioni (non solo quelle in favore dei poliziotti e contro gli studenti di
Valle Giulia), mi è parso che il suo anti-consumismo e la sua critica alla
società fossero strettamente intrecciati a posizioni anti-moderne e talora francamente
reazionarie: Quelle
che che amo di più sono le persone che possibilmente non abbiano fatto neanche
la quarta elementare, cioè le persone assolutamente semplici. Non lo dico per
retorica, ma perché la cultura piccolo borghese, almeno nella mia nazione(ma
forse anche in Francia e in Spagna), è qualcosa che porta sempre a delle
corruzioni, a delle impurezze. Mentre un analfabeta, uno che abbia fatto i
primi anni delle elementari, ha sempre una certa grazia che poi va perduta
attraverso la cultura. Poi si ritrova a un altissimo grado di cultura, ma la
cultura media è sempre corruttrice.
Accade di vedere talvolta negli
archivi RAI (o di rammentarlo direttamente, per chi ha vissuto negli anni 50)
il popolo genuino intervistato da Soldati, Gregoretti o Zavoli (o dallo stesso
Pasolini, in “Comizi d’amore”), e di condividere istintivamente tale giudizio
di Pasolini, soprattutto se confrontato con campioni di popolo televisivo
contemporaneo, dal Grande Fratello in giù.
Ma le persone semplici degli anni
50/60 indubbiamente ambivano, per se e/o per i propri figli, andare oltre la
quarta elementare, e dimenticare un presente e un passato di
miseria-fatica-sfruttamento, e nell’insieme hanno avuto un certo successo
nell’impresa (sia pure al costo di peggiorare il paesaggio umano delle
successive tele-trasmissioni).
Persone semplici che facevano
anche a meno dell’amore di Pasolini per il loro stesso “essere semplici” e che
invece, magari, per come sono diventati “meno semplici”, hanno imparato ad
apprezzarne di Pasolini i libri e i film (taluni dei quali, a mio avviso, di
altissima poesia).
PERVENUTO VIA F-B
RispondiEliminaGrazie Aldo per questo tuo breve trattato sociologico. Non so quanto consapevolmente, ma hai disegnato un po' la mia storia. Mi riconosco in pieno in quelle persone poco scolarizzate che non hanno mai frequentato salotti e salottieri, cresciuto tra il popolo vero e indaffarato, volto a sbarcare il lunario e a crescere come individuo, dentro una società che tendeva a respingere le persone semplici, e per questo: di poco conto, come sono stato io.
M.C.
PERVENUTO VIA F-B
RispondiEliminaHai dato una risposta complessa su una questione tutt'altro che semplice come il rapporto tra la personalità di PPP e i suoi convincimenti politici e sociali altrettanto complessi e contraddittori. Indubbiamente tra i pochi intellettuali italiani che ha letto da una parte la deriva consumistica della Società (aggravata oggi dalla globalizzazione sempre più spinta), d'altra l'inadeguatezza politica del partito maggioritario della sinistra e le contraddizioni storiche di una nuova sinistra che hanno aperto il varco ai populismi oggi regnanti. Non fu il solo, Bobbio ed altri intrapresero una comune strada di critica sociale e politica, ma nel caso di PPP la contaminazione confessionale (mai negata e mai posta in discussione) ha complicato ulteriormente aggiungendo contraddizioni a contraddizioni. Per chiudere con una battuta che potrebbe sembrare di cattivo gusto, ma ma non l'è, Ottenere la pace dei "sensi" in quelle condizioni era e forse è veramente difficile. Forse ciò che noi tutti vogliamo dai poeti è proprio questo: il loro "tentare" di arrivare alla "verità".
G.P.
Certamente ai poeti e a tutti gli artisti va riconosciuta la libertà di provocare anche con paradossi e contraddizioni, per disvelare verità spesso altrimenti occultate; dai pensatori, filosofi e scienziati pretendiamo più rigore, ma talvolta il confine tra i "mestieri" intellettuali non è così chiaro
EliminaPERVENTUO VIA E-MAIL
RispondiEliminaper mia colpa, non ho mai capito Pasolini, l unico suo libro che mi sia piaciuto è "ragazzi di vita", tutto il resto non l'ho capito, e i suoi film mi annoiavano, ripeto colpa mia.
Per il resto polticamente l'ho sempre trovato un po' reazionario, o per lo meno a me ha sempre dato questa impressione; riguardo alla semplicità dei poveri e degli analfabeti, mi vengono in mente le parole di mio padre, quando negli anni cinquanta emigrò dal sud, per venire nelle fabbriche del nord: "a casa nostra giù c'era una miseria, che quando al nord siamo diventati poveri. abbiamo dato una festa".
mio padre aveva la quinta elementare.
con tuto il rispetto per il suo genio,. e per la sua tragica fine.
ciao T.C.