Il n° 153 della rivista
“Urbanistica”, il secondo a direzione Oliva con redazione milanese, mantiene
abbastanza la promessa, enunciata all’esordio del nuovo ciclo, di occuparsi più
della città (europea) che non dei Piani.
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In particolare vi si attiene con
l’ampio (ma non sistematico: molte foto, poche planimetrie, nessuna tabella)
servizio comparativo tra Milano Bicocca ed i quartieri di Copenaghen/Island
Brydges ed Amburgo/Hafencity: le esperienze risultano paragonabili per entità,
complessità e durata degli interventi di recupero e trasformazione di aree in
precedenza produttive e/o portuali, e gli articoli (di autori diversi) ben
illustrano i percorsi non-lineari di progettazione e realizzazione, con le
analoghe oscillazioni riguardo al mix funzionale ed i diversi esiti di
ricomposizione sociale.
Tuttavia mi permetto di evidenziare che le
situazioni oggettive dei 3 quartieri sono un po’ troppo disparate, perché per Copenaghen
e Amburgo si tratta di aree fisicamente centrali e con potenziali attrattive
acquatiche (nel nord-est di Milano scorre solo nascostamente il Seveso
interrato), per cui rivitalizzare l’area Bicocca risultava comunque più
difficile, anche senza compiere gli errori giustamente evidenziati riguardo al
taglio dimensionale dei negozi (in contemporanea con il fiorire dei centri
commerciali sulle aree dismesse lungo l’asse di viale Zara all’esterno del
confine di Milano) ed alla carenza di servizi primari (dalla farmacia alla
scuola materna), che rendono le nuove residenze della Bicocca un po’ troppo
“dormitorio” e – date le dimensioni – più “satellite dell’intera città” che
brani integrabili nei vicini quartieri storici di Greco e Niguarda: aggiungerei
altri errori:
- una università senza pensionati per studenti e insegnanti,
strutture comunque rare a Milano e in Italia;
- la scarsa pedonalità di fatto, stanti le distanze tra i punti di interesse;
- la scarsa pedonalità di fatto, stanti le distanze tra i punti di interesse;
- la marginalità fisica
dell’Hangar Bicocca, disperso in una viabilità tuttora da periferia
industriale.
L’articolo sulla Bicocca,
inoltre, mi sembra un po’ troppo generoso verso la intraprendenza e/o
chiaroveggenza del gruppo Pirelli nel prevedere (o pilotare) enormi
investimenti pubblici che la programmazione pubblica ha solo successivamente
localizzato in questa direzione (rispetto ad altre potenziali), ovvero la
suddetta università statale e la linea 5 del metro; mentre a mio avviso va
sottolineata la compiuta unitarietà morfologica di un intervento urbano di
siffatte dimensioni, per nulla abituale negli ultimi decenni, dopo i
discutibili esiti dei grandi PEEP mono-funzionali, tipo Corviale (anche se non
a tutti possono risultare graditi i rigidi stilemi gregottiani).
Rilevo ancora che nessuno dei 3
articoli affronta adeguatamente il tema energetico.
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L’ampio servizio iniziale
commemorativo su Bernardo Secchi (e su tutti i Secchiani) illustra bene il
percorso culturale e professionale di un maestro di rilievo internazionale, ma
a mio avviso non aiuta a comprendere nel concreto i criteri di lettura e di progetto
per il territorio della “città diffusa” sperimentati da Secchi negli ultimi
decenni in Belgio e Francia: avrei apprezzato qualche spiegazione (e/o disegno)
in più sui concetti di “biscotti o galettes” e di “tubi e spugne”, ecc.;
comprensibile, ma poco esplicitato anche il disagio di Secchi verso la
“opacità” politico-amministrativa delle città italiane dagli anni ’90.
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Il raffronto sulle forme dei
tentativi di organizzazione e pianificazione delle realtà metropolitane in
Europa, con i casi di Torino, Lione e Stoccarda, mostra nel concreto le enormi
difficoltà nella riorganizzazione dei poteri locali all’interno di stati
democratici con lunghe storie alle spalle, e purtroppo ci consola nel vedere
che neanche all’estero stanno molto meglio di noi.
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Molto stimolante, e lontano dagli
schemi abituali, ma ancora troppo embrionale, il servizio sui “paesaggi sonori”
e su rilievo e mappatura della qualità del suono, e non più solo della sua
quantità.
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Precise e preziose le 3
recensioni finali su testi relativi alla evoluzione del diritto nel “governo
del territorio” (Cubiddu), alla traccia invisibile dell’archeologia per
riordinare la periferia tra Roma e mare (Caravaggi-Morelli) e sulla concezione
(antropologica) dell’”Urbanitè” secondo il geografo Jacques Levy.
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