sabato 23 gennaio 2016

URBANISTICA 153

Il n° 153 della rivista “Urbanistica”, il secondo a direzione Oliva con redazione milanese, mantiene abbastanza la promessa, enunciata all’esordio del nuovo ciclo, di occuparsi più della città (europea) che non dei Piani.
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In particolare vi si attiene con l’ampio (ma non sistematico: molte foto, poche planimetrie, nessuna tabella) servizio comparativo tra Milano Bicocca ed i quartieri di Copenaghen/Island Brydges ed Amburgo/Hafencity: le esperienze risultano paragonabili per entità, complessità e durata degli interventi di recupero e trasformazione di aree in precedenza produttive e/o portuali, e gli articoli (di autori diversi) ben illustrano i percorsi non-lineari di progettazione e realizzazione, con le analoghe oscillazioni riguardo al mix funzionale ed i diversi esiti di ricomposizione sociale.
Tuttavia mi permetto di evidenziare che le situazioni oggettive dei 3 quartieri sono un po’ troppo disparate, perché per Copenaghen e Amburgo si tratta di aree fisicamente centrali e con potenziali attrattive acquatiche (nel nord-est di Milano scorre solo nascostamente il Seveso interrato), per cui rivitalizzare l’area Bicocca risultava comunque più difficile, anche senza compiere gli errori giustamente evidenziati riguardo al taglio dimensionale dei negozi (in contemporanea con il fiorire dei centri commerciali sulle aree dismesse lungo l’asse di viale Zara all’esterno del confine di Milano) ed alla carenza di servizi primari (dalla farmacia alla scuola materna), che rendono le nuove residenze della Bicocca un po’ troppo “dormitorio” e – date le dimensioni – più “satellite dell’intera città” che brani integrabili nei vicini quartieri storici di Greco e Niguarda: aggiungerei altri errori:
- una università senza pensionati per studenti e insegnanti, strutture comunque rare a Milano e in Italia;
- la scarsa pedonalità di fatto, stanti le distanze tra i punti di interesse;
- la marginalità fisica dell’Hangar Bicocca, disperso in una viabilità tuttora da periferia industriale.
L’articolo sulla Bicocca, inoltre, mi sembra un po’ troppo generoso verso la intraprendenza e/o chiaroveggenza del gruppo Pirelli nel prevedere (o pilotare) enormi investimenti pubblici che la programmazione pubblica ha solo successivamente localizzato in questa direzione (rispetto ad altre potenziali), ovvero la suddetta università statale e la linea 5 del metro; mentre a mio avviso va sottolineata la compiuta unitarietà morfologica di un intervento urbano di siffatte dimensioni, per nulla abituale negli ultimi decenni, dopo i discutibili esiti dei grandi PEEP mono-funzionali, tipo Corviale (anche se non a tutti possono risultare graditi i rigidi stilemi gregottiani).
Rilevo ancora che nessuno dei 3 articoli affronta adeguatamente il tema energetico.
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L’ampio servizio iniziale commemorativo su Bernardo Secchi (e su tutti i Secchiani) illustra bene il percorso culturale e professionale di un maestro di rilievo internazionale, ma a mio avviso non aiuta a comprendere nel concreto i criteri di lettura e di progetto per il territorio della “città diffusa” sperimentati da Secchi negli ultimi decenni in Belgio e Francia: avrei apprezzato qualche spiegazione (e/o disegno) in più sui concetti di “biscotti o galettes” e di “tubi e spugne”, ecc.; comprensibile, ma poco esplicitato anche il disagio di Secchi verso la “opacità” politico-amministrativa delle città italiane dagli anni ’90.
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Il raffronto sulle forme dei tentativi di organizzazione e pianificazione delle realtà metropolitane in Europa, con i casi di Torino, Lione e Stoccarda, mostra nel concreto le enormi difficoltà nella riorganizzazione dei poteri locali all’interno di stati democratici con lunghe storie alle spalle, e purtroppo ci consola nel vedere che neanche all’estero stanno molto meglio di noi.
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Molto stimolante, e lontano dagli schemi abituali, ma ancora troppo embrionale, il servizio sui “paesaggi sonori” e su rilievo e mappatura della qualità del suono, e non più solo della sua quantità.
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Precise e preziose le 3 recensioni finali su testi relativi alla evoluzione del diritto nel “governo del territorio” (Cubiddu), alla traccia invisibile dell’archeologia per riordinare la periferia tra Roma e mare (Caravaggi-Morelli) e sulla concezione (antropologica) dell’”Urbanitè” secondo il geografo Jacques Levy.

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