mercoledì 24 gennaio 2018

UTOPIA21 - GENNAIO 2018: SOPRALLUOGHI - BESANÇON: UN TRAM DALLA PERIFERIA, POI ALLA CITTADELLA VAUBAN





NOTA: PER LE IMMAGINI VEDI universauser.it\utopia21
Sostiamo 24 ore a Besançon, scegliendo un albergo economico in periferia, estraneo alle abituali catene francesi, e che risulta essere probabilmente un residence per studenti e/o professori della vicina facoltà di farmacia, ancora vuoto a fine estate.

Il nucleo antico (non uso le parole ”centro storico” perché il compianto professor Virgilio Vercelloni ci diffidava, rammentando che ognuno di noi, in qualunque momento, è  comunque “storico”), meritevole di visita assieme alla “Cittadella Vauban” che lo sovrasta, dista più di 6 chilometri.

Però c’è lì vicino la fermata di un moderno tram, frequente, veloce ed efficiente (a partire dalle biglietterie automatiche di facile uso).

                            

Ci sembra una buona occasione – senza lo stress della guida dell’auto in una città sconosciuta, il discernimento della segnaletica, i litigi con il navigatore e la ricerca di un parcheggio – per guardare con calma come si presenta questa estesa periferia, come si rapporta con il centro.

Ne ricaviamo una impressione (necessariamente superficiale) ma decisamente positiva; facilitata dall’assenza di grandi centri commerciali (e annessi immensi parcheggi), che sappiamo vicini, ma che non sono lungo questo tracciato.

                   

Raccordati da aree verdi e pubbliche, con una buona e semplice sistemazione del suolo, si susseguono poli universitari e ospedalieri, nuclei di edilizia popolare di vari periodi del secondo novecento (alcuni smisurati – i “grands ensembles” degli anni 70, ma ben tenuti - altri rinnovati con discutibili soluzioni, ma con cenni di risparmio energetico),  brani di tessuto urbano a villette, ed infine le più banali, ma contenute, propaggini della città compatta.







Utenti eterogenei, con forte presenza di persone di origine magrebina oppure africana.

                       

Un ponte ci fa entrare in un bel parco ai margini del centro storico, presso l’antico ospedale settecentesco (un mio avo si dice abbia frequentato questi luoghi), poi si riattraversa la Doubs, si scorgono edifici “avveniristi” (ma non fuori scala), si lambisce un altro centro clinico/universitario ed infine il quartiere degli antichi vignaioli, fuori le mura, da cui si entra sull’omonimo ponte “de Battant” e si è arrivati sulla Grand Rue, che fa percorrere (a piedi) l’intero nucleo antico.

                    



              



Il centro antico è piuttosto esteso, e ricco di monumenti e memorie (ad esempio i fratelli Lumiere e Victor Hugo; una cattedrale con 2 absidi contrapposti ed un grande orologio astronomico) e tutte ciò che si può trovare descritto sulle guide del Touring, di Michelin e su Wikipedia, e che quindi tralascio.

Non hanno lasciato nessuna traccia invece le “fiere di cambio di Besanzone”, qui trasferite da Lione nel 1534, con cui i banchieri - Genovesi e Fiamminghi soprattutto - si scambiavano monete e lettere di credito, inventando di fatto il moderno capitalismo finanziario, come racconta Giovanni Arrighi 1: ma erano banchieri “da banco”, finita la fiera smontavano i loro banchetti, e della città usarono piazze e locande, senza lasciare cimeli murari in questo libero comune (autogestito e libero dal domino dei conti di Borgogna) devoto però alla remota autorità imperiale (mentre l’acqua della Doubs, attraverso la Saône e il Rodano, confluisce nel Mediterraneo).

Pesante impronta edificata ha lasciato piuttosto la monarchia centralista francese, appollaiando sul colle che domina la città (e l’ampia curva della Doubs che la racchiude), la grandiosa fortezza realizzata tra il 1668 e il 1683 da Sébastien Le Prestre de Vauban per Luigi XIV (ancorché inizialmente per conto degli Asburgo di Spagna), di cui possiamo tuttora ammirare (salendo con un bus-navetta) l’unitarietà e la funzionalità del progetto, e l’attuale gestione museale/multimediale (appena un po’ turbati dalla presenza, sugli spalti, di un mefitico zoo con animali equatoriali e tropicali in cattività: tigri, leopardi, struzzi...).

                        

Dalle mura, ove libere dallo zoo, si può contemplare l’ordinata estensione urbana: si ha la sensazione che con un controllo militar-amministrativo così pressante non sia possibile alcun abuso edilizio…




Da Wikipedia  ho inoltre appreso, e riassumo brevemente, la recente storia socio-economica e politica di questa città di 120.000 abitanti, vicina alla Svizzera attraverso la catena montuosa del Jura, colpita alla fine del Novecento da una drastica de-industrializzazione (tessile, orologi), ma rilanciata da una precisa scelta di sviluppo verso la ricerca bio-medica e le nano-tecnologie, in un regime di continuità amministrativa a sinistra: per quel  che può testimoniare la nostra visita turistica mordi-e fuggi, pare che il riformismo in qualche parte d’Europa funzioni ancora.




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