domenica 8 ottobre 2023

UTOPIA21 - LUGLIO 2023: ALDO SCHIAVONE: SINISTRA?

 Suggestioni e perplessità sollevate dal “manifesto” proposto da Aldo Schiavone per una nuova sinistra universalista e “umanista” (ma poco attenta a clima e ambiente).

 

Di Aldo Schiavone ho già recensito nel 2020 “Progresso” 1,2.

“Sinistra” 3 riprende alcuni concetti base del precedente saggio (che aveva uno sguardo storico lungo quanto la specie umana):

-       la consapevolezza delle potenzialità del progresso tecnologico per una completa emancipazione dell’”umano”

-       l’ipotesi di una nuova soggettività “impersonale ed universale”, capace di criticare e superare i limiti storici della tecnologia incarnata nel capitalismo.

Concetti che Schiavone inserisce ora in un ambizioso tentativo di definire un “manifesto” per la Sinistra in Italia, che include da un lato una analisi del quadro politico nazionale e internazionale (e in particolare della sinistra post-comunista) dopo la caduta del socialismo reale e d’altro lato una rilettura dei rapporti capitale/lavoro/tecnologia, su cui fondare una nuova adeguata ideologia.

 

Il testo è stato pubblicato durante la fase congressuale del Partito Democratico, ed ha assunto una qualche notorietà mediatica, anche per l’entusiastico apprezzamento da parte di Walter Veltroni (ed una più distratta attenzione da parte del candidato segretario Stefano Bonaccini).

La proposta di Schiavone per altro non è entrata in rapporto dialettico con le mozioni congressuali, ma si sviluppa su un suo terreno più “alto”, affrontando però temi che a mio avviso possono essere di utile riflessione nell’ambito delle sinistre.

 

Nelle vicende della sinistra italiana dopo il 1989 Schiavone sottolinea soprattutto il repentino abbandono di ogni strumento di critica (marxista) ai rapporti sociali, senza alcuna riflessione su questo stesso abbandono (valutazione a mio avviso valida per i gruppi dirigenti dei PDS, DS e poi PD, meno per l’insieme delle sinistre: ma ciò con effetti pratici trascurabili).

Il necessario ritorno alla analisi dei rapporti di produzione, secondo Schiavone, deve avvenire in termini nuovi, secondo il seguente schema di lettura, che esclude ogni riferimento alle vecchie “classi sociali”; anzi, escludendo a-priori che sia ancora possibile la “lotta di classe”:

-       un segmento di lavoro alto, qualificato, che si intreccia sempre più con il capitale attraverso contrattazioni individuali in cui il salario sconfina nella compartecipazione al profitto

-       una fascia residuale di lavoro salariato tradizionale, sempre più marginale per effetto di mutamenti tecnologici e delocalizzazione

-       un inferno di precarietà e lavori dequalificati, subalterni e saltuari, ai limiti della semi-schiavitù.

 

Mentre il capitalismo, rinnovandosi al ritmo della tecnologia, realizza il “valore” non più in proporzione alle quantità di lavoro incorporato nelle merci, ma soprattutto per la quantità di tecnologia inclusa nei prodotti, sempre più immateriali.

 

Riferisco più avanti sulle mie perplessità riguardo a tali affermazioni.

 

Rilevo subito invece quanto l’invito di Schiavone alla Sinistra, perché torni allo studio dei rapporti di produzione, si vanifichi di fatto:

-  sia a fronte di tali sommarie conclusioni proposte dall’Autore,

- sia dalla successiva tesi di Schiavone secondo cui lo stesso frenetico progresso tecnologico, consustanziale ma anche conflittuale con i rapporti sociali capitalistici, innescherebbe una “inquietudine”, un “inappagamento”, una “attitudine alla ricerca del nuovo e del cambiamento” e finalmente ad una “specie di ragione critica” che però “non corrisponde al punto di vista di un soggetto ben individuato. E men che meno a quello della classe operaia. La forma liquida, a legami deboli, della società contemporanea impedirebbe comunque identificazioni così precise.”  ---- Tale ragione critica “è, invece, in quanto tale, patrimonio di tutto l’umano”.--

Stanti i limiti intrinseci alle destre sovraniste e corporative, solo una nuova Sinistra, universalista, ma anche capace di valorizzare le identità nazionali e di promuovere dal basso una identità europeista, potrebbe raccogliere questa spinta emancipativa (superando l’attuale comprensibile disincanto verso la politica), e contrapporla al sistema di potere tecnocapitalista, a scala sovranazionale.

Non per riproporre però il vecchio e superato egualitarismo socialista, bensì per porre barriere di natura “etica”, da cui derivare (attraverso opportune tassazioni, locali e internazionali) le risorse per assicurare a tutti i fondamentali beni comuni, tra cui l’istruzione, la sanità, il cibo, nonché una forma sociale di lavoro, liberato dai ricatti semi-schiavistici del precariato.

Lasciando libera, in parallelo, a quanto ho capito (e certamente non condiviso), la dinamica capitalistica delle retribuzioni.

Nonché il sistema di potere delle imprese, al di fuori di ciò che divenisse “bene comune” (categorie verso cui l’Autore si dimentica di citare ambiente, clima ed energia: una dimenticanza che mi sembra grave nel XXI secolo).

 

Non mi dilungo sui dettagli di questa visione utopistica, anche affascinante, sui beni comuni sottratti al capitalismo (che è già presente in parte nel welfare socialdemocratico e per altri versi in esperienze di autogestione più o meno antagonistica), perché mi colpisce la grande debolezza teorica dell’Autore sulla soggettività, direi quasi idealistica, di questa sinistra disincarnata dalle condizioni sociali (che pure dovrebbe inutilmente studiare).

E penso che tale debolezza sia connessa alla lettura che Schiavone fa del rapporto capitale-lavoro, perché a mio avviso:

-       il segmento alto del lavoro creativo rimane pur sempre in buona parte lavoro dipendente (così è in Microsoft, Apple, Amazon, Google, ecc.), ed è in prospettiva aggredito dall’impiego dell’Intelligenza Artificiale, più di quanto non lo sarà il lavoro “tradizionale”, che in buona misura già è stato ristrutturato con la robotizzazione;

-       il segmento intermedio del lavoro tradizionale, seppur marginalizzato nel potere contrattuale e nel ruolo politico, è ben lungi dallo scomparire, sia nei paesi occidentali che a maggior ragione nel resto del mondo (basta guardare senza pregiudizi qualche statistica nazionale ed estera);

-       la tecnologia incorporata nei prodotti, più o meno immateriali, è comunque lavoro incorporato, perché la tecnologia non può incorporarsi da sola (anche i Robot e l’I.A. sono prodotti del lavoro umano);

-       la lotta di classe marxisticamente classica è forse finita e irriproducibile, ma resta immanente il conflitto oggettivo tra profitto e salari, tra capitale e lavoro, e i suoi riflessi nelle strutture del potere.

 

Aggiungo che pressoché nulla è l’attenzione di Schiavone per le problematiche ambientali, dal debito storico del suo amato “Progresso” rispetto alle energie fossili che ne hanno consentito lo slancio ‘finale’, al debito ambientale attuale dei paesi sviluppati verso il resto del mondo, per concluderne che a mio avviso “Sinistra” è un manifesto da conoscere soprattutto per muoversi ‘in direzione ostinata e contraria’: ad esempio studiare sì il sistema di potere tecnocapitalista, ma anche le sue relazioni con l’ambiente e con tutti i soggetti sociali, variamente sfruttati, dominati e manipolati nel mondo, per tentare ancora una volta di fondare alternative a partire dalle loro condizioni oggettive e soggettive, per quanto frantumate e disperse esse siano od appaiano.

Considerando anche che la crisi bio-climatica impone scadenze comuni a tutta l’umanità, ma forse più sensibili per gli sfruttati, i dominati ed i manipolati, che non per gli sfruttatori, i dominatori ed i manipolatori.

 

aldovecchi@hotmail.it

 

 

Fonti:

1.    Aldo Schiavone – PROGRESSO – Il Mulino, Bologna 2020

2.    Aldo Vecchi - ALDO SCHIAVONE E IL PROGRESSO – su UTOPIA21, novembre 2020 - https://drive.google.com/file/d/1siZxLeu_EVYxsgHD_IQNoMVN0wXWrzga/view?usp=sharing

3.    Aldo Schiavone – SINISTRA! UN MANIFESTO – Einaudi, Torino 2023

 

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